24/11/2002 - Domenica 34ª Gesù Cristo Re dell’universo - Anno A

Prima lettura

dal Salmo

Seconda lettura

Vangelo

Ezechiele 34, 11-12. 15-17

22

1 Corinzi 15, 20-26. 28

Matteo 25, 31-46

Tu mi conduci, Signore, nel regno della vita! Con queste parole acclamiamo oggi il nostro Signore Gesù, Signore della storia e Re dell’universo! Questo è il titolo con cui lo amiamo, un titolo che lo mette al di sopra di qualsiasi autorità gli uomini abbiano sopra di sé.

Il titolo di Re è stato dato al Messia promesso quando il popolo d’Israele ha voluto darsi un re! Questo re, prima Saul e poi Davide, doveva tener presente che la propria regalità non era un’autorità assoluta, bensì un servizio, in attesa di Colui che sarebbe venuto a rappresentare definitivamente l’autorità del Dio d’Israele. Questa autorità poi, autorità divina, è un’autorità che assomiglia di più a quella di un pastore per il suo gregge, che a quella di uno dei re degli altri popoli. Non per nulla le immagini che vengono usate nella Bibbia per descrivere il significato e la funzione della regalità nel popolo d’Israele non vengono prese dai troni dei regnanti! Queste semmai servono per capire come non può e non deve essere la vera regalità. Gesù stesso infatti dirà: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti». (Mt 20, 25-28)

Il profeta Ezechiele ci presenta appunto il modo di fare di Dio verso il suo popolo, un atteggiamento di amore vero, che si prende cura di tutti, e tra tutti dei più deboli! Ce lo presenta con l’immagine del pastore, che anzitutto controlla che le pecore ci siano tutte, le conduce dove c’è l’erba, le porta a riposare! Questo pastore non abbandona la pecora perduta, ma la cerca, e si cura della malata come di quella sana e forte. Tutte le sue pecore sono sue: la sua autorità è affetto e amore, è attenzione e giustizia. Egli è persino attento che una pecora non prevalga su un’altra! Così Dio ha previsto il compito di chi guida il popolo, così egli descrive la regalità del vero Re, e quindi del futuro Re!

Le immagini usate dal profeta sono ben note a Gesù. Oggi egli presenta "il Figlio dell’uomo" come re seduto sul trono che agisce proprio come un pastore. Re e pastore sono immagini che si riferiscono a Dio stesso, ma da Gesù riferite al Figlio dell’uomo; questo è un titolo messianico che in altri passi egli attribuisce a se stesso. In questo brano egli si presenta quindi con l’autorità divina, autorità che ama e che giudica. Anche il suo giudizio è basato sull’amore. L’amore dell’uomo verso l’uomo viene riconosciuto da Gesù come amore rivolto a sé!

Riconoscere che Gesù è Messia e Dio non significa per noi possedere una nozione in più, una conoscenza ulteriore, ma è un modo nuovo di vivere: chi riconosce Gesù come re e Dio, agisce come lui, si comporta verso gli altri come un pastore con le sue pecore! Chi riconosce Gesù, quindi, ama, è attento al debole, al bisognoso, a chi è indifeso, e si fa verso di lui portatore dell’amore del Pastore!

Alla fine della vita e alla fine della storia noi avremo un giudice per le nostre azioni. Egli, stranamente, non guarderà chissà quali nostri peccati, ma ricorderà gli atti di attenzione e di amore che avremo rivolto a coloro di cui egli si fa difensore! Avremo fatto nostro il suo amore per le pecore smarrite e per quelle deboli, per la ferita e la malata? Egli riconoscerà il nostro amore alle persone bisognose come rivolto a se stesso!

C’è chi legge "questi miei fratelli più piccoli" come un’espressione che designa i suoi discepoli. Sarebbero particolarmente benedette perciò quelle persone, anche pagane, che aiutano i cristiani perseguitati e quelli che viaggiano come missionari. Se però accostiamo questa pagina evangelica a molte altre, possiamo comprendere come Gesù ci voglia sempre portatori della sua benevolenza e del suo amore delicato e attento verso chiunque.

Possiamo vedere queste sue parole realizzate nella vita di molti santi e di un’infinità di credenti lungo la storia della Chiesa! Egli è sempre il buon pastore che, alla fine, da vero re giudicherà gli uomini, e anche i suoi discepoli, in base all’amore disinteressato che avranno esercitato! Così potrà con gioia consegnarci al Padre, come regno nel quale persino la morte, frutto dell’egoismo, è stata vinta! (2ª lett.)