30/01/2005 - 4ª del Tempo Ordinario - Anno A

Prima lettura Sofonia 2,3; 3,12-13 dal Salmo 145/146
Seconda lettura 1Corinzi 1,26-31 Vangelo Matteo 5,1-12

La domanda di perdono, all'inizio della celebrazione, può svolgersi in diversi modi. Si può recitare insieme il "Confesso" come pure delle invocazioni appropriate, intercalate dal canto "Signore, pietà", o "Kyrie, eleison"! Questa invocazione, frequente in molti Salmi, la troviamo anche in bocca a persone bisognose d'aiuto che si rivolgono a Gesù con speranza e fiducia. Siamo pure noi malati, insidiati, oppressi, tentati, e abbiamo bisogno della vicinanza di Gesù, del suo aiuto, della sua misericordia e del suo perdono. Non vogliamo solo essere perdonati da lui, ma da lui anche ricevere spirito di fortezza e di perseveranza per rimanergli fedeli e contribuire così all'edificazione della Chiesa. Con i nostri peccati infatti abbiamo reso debole la testimonianza della Chiesa stessa, privando quindi le persone del mondo di quella luce che avrebbe potuto orientarle nelle loro tenebre. Per questo riconosciamo i nostri peccati davanti ai fratelli e chiediamo anche a loro il soccorso della preghiera! Dopo aver chiesto perdono, domandiamo l'intervento potente e rappacificante del Signore sia per noi che per tutta la Chiesa e per il mondo che ci circonda!
La consapevolezza del nostro peccato ci obbliga a tenere un atteggiamento di umiltà, sia di fronte a Dio che di fronte agli uomini. Anche il fatto che noi, membri della Chiesa, siamo peccatori, e che tra di noi non ci sono i grandi del mondo, le persone considerate dai più, i membri delle categorie stimate, anche questo ci deve tenere in umiltà. È ciò che scrive l'apostolo San Paolo ai Corinzi ed è ciò che ci fa gustare oggi il profeta Sofonìa.
La nostra umiltà piace al Signore, perché gli permette di manifestare la sua presenza in tutta la sua "potenza"! Noi ci gloriamo non di noi stessi, ma di lui, di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo: egli è la nostra sapienza, ci rende giusti davanti a Dio, ci fa santi, cioè partecipi della vita di Dio stesso, e ci redime, ci rialza cioè dalla vergogna del peccato alla fierezza d'essere figli del Padre!
Siamo poveri e deboli, eppure possiamo andar fieri della nostra chiamata. La parola che Gesù rivolge ai discepoli iniziando i suoi insegnamenti, così come ce li trasmette l'evangelista Matteo, è una parola di gioia e di consolazione. La liturgia ce la fa ascoltare ogni anno alla festa di Tutti i Santi, come per dirci che la vita degli amici di Gesù ne è la fedele spiegazione e realizzazione! Oggi la risentiamo con gioia e con trepidazione.
Beati! Gesù ripete, rivolto a noi, questo elogio. Beati! È come dicesse che è contento di noi. È contento di noi, suoi discepoli, perché stiamo vivendo la sua stessa vita, stiamo accogliendo in noi il suo Spirito, che è santo e ci fa portatori dell'amore del Padre per tutte le sue creature. Beati! Gesù vede che siamo poveri, e che non vogliamo diventare ricchi, perché ci siamo accorti che la ricchezza rende l'uomo avaro, duro di cuore e oppressore dei fratelli. Ci siamo accorti che sono i ricchi che cedono alla tentazione di non credere alla paternità di Dio, e che sono i ricchi che perseguitano i credenti e cercano di sedurli affinché approvino i loro peccati. Beati i poveri in spirito, beati quelli che liberamente decidono di vivere nella povertà! Essi sono già dentro il regno dei cieli, benché siano afflitti. Ma beati anche questi afflitti, perché Dio stesso si piega su di loro per toccarli con la sua consolazione! E ancora beati, perché la loro mitezza li rende capaci di godere del poco, del niente, anzi, di Dio, loro Padre! Vivono sulla terra non come padroni preoccupati che il loro nome sia scritto sui fogli catastali, ma vivono sulla terra godendo della sua bellezza, godendo che essa sia proprietà di Dio, Padre di tutti. Essi cercano di essere giusti, cioè di fare la volontà del Padre, e così si trovano la misericordia nel cuore. Il loro cuore è puro, libero dalle idolatrie che impediscono di contemplare il volto nascosto di Dio! Essi poi, non essendo attaccati ai beni della terra, diffondono pace, la vera pace, che è la comunione dei beni del cielo! Gli uomini non li sopportano, li perseguitano, perché essi, facendo la volontà d'amore del Padre e accogliendo il Figlio suo, sono rimprovero all'egoismo, all'orgoglio superbo e ai vizi di chi vuole continuare su queste strade di rovina. Beati, gli amici di Dio, ma perseguitati, insultati, calunniati.
Sto leggendo le lettere di un missionario in Cina alla fine del XIX secolo: quante crudeli persecuzioni subivano lui e coloro che accoglievano il vangelo! In Turchia ho saputo del giovane che, pur non essendo cristiano, dai suoi compagni è stato buttato dalla finestra dell'università perché teneva un vangelo nel suo zaino. Ho ascoltato i racconti di profughi dell'Iran e dell'Iraq, fuggiti dai loro paesi per aver abbracciato la fede in Gesù: sofferenze sopportate con molta gioia, pur dovendo abbandonare tutte le cose di questo mondo, gioia d'aver trovato pienezza di vita in Gesù!
Beato chi trova Gesù e vive con lui, per lui, in lui! Il suo cuore è sereno e in pace, il suo cuore è ricco d'amore, di quell'amore che lo rende simile a Dio!

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