13/01/2008 - Battesimo del Signore - anno A
Iª lettura Is 42,1-4.6-7 dal Salmo IIª 28 lettura At 10,34-38 Vangelo Mt 3,13-17

Credo in un solo Dio Padre! Così comincia la nostra professione di fede. Già ho detto che "credo" qui non si riferisce al fatto che so che esiste Dio, ma al fatto che mi affido a lui. Noi poi non riusciamo a pensare all'esistenza di più divinità, perché abbiamo il concetto che Dio è l'Essere increato da cui dipende l'esistenza di tutto l'universo, l'essere perfetto cui non manca nulla! Quindi è chiaro che Dio è uno, non ne possono esistere molti. In passato, e forse tuttora, nella mente di qualcuno sussiste la convinzione dell'esistenza di due divinità, quella del bene e quella del male: questa credenza è stata chiamata dualismo. Esistono tuttora culture e religioni che prevedono l'esistenza di più divinità: è politeismo. In queste culture o religioni le divinità possono essere paragonate a spauracchi: l'uomo deve comprare il loro favore con riti o sacrifici adeguati. Potremmo dire che queste divinità favoriscono una cultura da tangentopoli spirituale, e pure la stregoneria; qualcuno cioè si sente autorizzato a stabilire di chi è la colpa di eventuali disgrazie, e chi deve espiare, anche con la morte, per placare qualche divinità offesa. Noi affermiamo che di divinità ne esiste una, e soprattutto che questa ha verso di noi un rapporto di amore. Il nostro Dio è Padre, è colui che ci ha voluti e quindi ci ama! Con quest'unico termine - Padre - esprimiamo un'infinità di concetti, e di sentimenti. Anzitutto l'uso di questa parola afferma la nostra certezza che noi viviamo grazie a lui. Da lui ha origine la nostra vita, da una sua decisione d'amore; egli è superiore a noi sempre, sia per quanto riguarda l'intelligenza che la sapienza di vita. Il significato del termine padre si arricchisce poi nell'ascolto di Gesù, che ci rivela aspetti inauditi del rapporto d'amore di Dio verso di noi. Chiamandolo Padre, noi automaticamente penseremmo al rapporto che il nostro padre terreno è riuscito ad instaurare con noi, ma ascoltando Gesù vediamo che nessun padre terreno potrebbe eguagliare la sapienza e l'amore di Dio Padre!

Il tempo natalizio termina con questa festa nella quale celebriamo una grande epifania del Signore: Dio stesso fa udire la sua voce dal cielo per confermare quanto già Giovanni il Battista ha annunziato. Questa conferma solenne e straordinaria avviene nel momento in cui Gesù vive pubblicamente l'umiltà. Egli ha fatto quanto facevano i peccatori. È entrato con loro nell'acqua che purificava dai peccati, da quegli atteggiamenti ed azioni che tengono l'uomo in contrasto con Dio. Egli era senza peccato, perché non si è mai messo in contrasto col Padre, non ha mai sospettato di lui, ha sempre desiderato compiere la sua volontà. Alla protesta di Giovanni, che riteneva esagerato per Gesù compiere un'azione che l'avrebbe fatto apparire peccatore, dice: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Ci è difficile capire questa affermazione. Dobbiamo ricorrere ai profeti per comprendere. Gesù sapeva che volontà di Dio era che il "giusto suo servo" fosse ritenuto malfattore. Isaia infatti dice: "egli si addosserà la loro iniquità. … È stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori" (53,11-12). Gesù vuole adempiere ogni giustizia, vuole cioè che anche questa Parola di Dio trovi compimento per poter salvare gli uomini, tutti peccatori. La Parola che viene dall'alto è un'approvazione di questo gesto di Gesù, approvazione pure prevista dal profeta: "Il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato" (52,13). Infatti Dio lo sta esaltando mentre lo chiama "Figlio mio prediletto". A nessuno degli angeli è mai stata rivolta una parola così bella, ci dice la lettera agli Ebrei. "Figlio mio prediletto" è una doppia espressione che ci fa intuire la grandezza di Gesù! Figlio mio era il re cui appartiene il potere su tutti i popoli, come dice il salmo secondo. Prediletto è il figlio di Abramo, il figlio nato grazie alla promessa di Dio e per suo intervento, figlio che sarebbe stato destinato a dar vita ad una numerosissima discendenza e ad essere benedizione per tutti i popoli. "In cui mi sono compiaciuto" è una terza espressione con cui possiamo individuare il Servo di Dio, quel servo che compie tutte le promesse. La Parola, che viene dal cielo mentre una colomba si posa su Gesù, è una Parola che per tre volte lo dichiara il Messia, il consacrato di Dio, inviato per redimere il mondo dal peccato e dare speranza a tutti gli uomini. "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui", così dice ancora Isaia nella lettura di oggi. Il fatto cui Giovanni Battista assiste è il realizzarsi anche di questa profezia.
Ora noi possiamo guardare a Gesù senza timore di sbagliarci, possiamo guardare a lui con totale fiducia: egli gode della fiducia di Dio, egli compie davvero ogni giustizia. Assumendo su di sè i peccati deposti nell'acqua da tutti i peccatori, egli rende noi giusti, graditi a Dio, liberi dalla paura di dover ricevere castighi meritati. San Pietro, nel discorso pronunciato davanti alla famiglia di Cornelio, ci aiuta a fissare il nostro sguardo su Gesù, consacrato da Dio, e vissuto come sua manifestazione. Al suo passaggio si poteva vedere e toccare con mano la concretezza dell'amore di Dio! Lo accogliamo in noi, perché possa continuare a beneficare e santificare, donare vita e dare un senso alla vita! Osservando Gesù partecipiamo alla gioia di Dio Padre! Gesù infatti ristabilisce gli uomini nell'amore, li rendi di nuovo figli per Dio!

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