15/01/2006 - 2ª domenica del Tempo Ordinario - anno B
Prima lettura 1Sam 3,3b-10.19 dal Salmo 39/40
Seconda lettura 1Corinzi 6,13c-15°.17-20 Vangelo Giovanni 1,35-42

Cominciamo a vedere il primo comandamento: Non avrai altro Dio all'infuori di me! Questo è il primo, non solo perché il primo ad essere pronunciato, ma anche nel senso che sostiene tutti gli altri, come il primo anello di una catena sostiene tutti gli altri anelli. Tutti i comandamenti infatti traggono la loro forza da questo! È possibile che ci sia un altro Dio? Se Dio è il Creatore di tutto, non è possibile che ve ne siano altri! Eppure che differenza tra il Dio che conosciamo noi cristiani e quello che conoscono i musulmani o quello temuto dagli animisti dell'Africa! Ci sono differenze abissali, tanto che noi dobbiamo dire loro: il vostro Dio non è il nostro! Cioè: la conoscenza di Dio che voi avete non corrisponde alla nostra! E arriviamo alla conclusione: ci sono molti dèi! Ma che cosa significa la parola " Dio "? Con questo termine intendiamo quel Qualcuno o qualcosa su cui ci appoggiamo per avere sicurezza, garanzia per il futuro, salute, vita, realizzazione dei nostri sogni, soddisfazione e successo in tutte le situazioni. Per questo possiamo dire che ci sono tanti "dèi". Anche a noi talora è capitato o capita di dare tutto il peso e di porre tutta la speranza nel possedere una determinata cosa o nel raggiungere un determinato obiettivo: diciamo che uno ha come proprio dio il denaro, oppure il pallone, o la moda, o la discoteca, o la casa, o la tintarella, o l'automobile, o il lavoro, ecc.! Non avrai altro Dio all'infuori di me! Questa parola deve rimanere impressa nella nostra mente, confortati da molte altre affermazioni della S.Scrittura: "Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n'è altri" (Is 45,22)!

Oggi meditiamo un episodio importante della vita di Gesù. Giovanni il Battista lo osserva e lo indica ai propri discepoli, da lui stesso sollecitati ad attendere il Messia, il consacrato di Dio inviato per riunire i suoi figli dispersi. Due di essi capiscono e ubbidiscono: cominciano a seguire il Signore. Questi si accorge, e prende l'iniziativa di chiedere loro cosa vogliono. È interessante osservare che egli non chieda loro se cercano qualcuno, ma qualcosa! Di solito noi, quando preghiamo, chiediamo molte cose a Dio, certamente cose buone, ma sempre "cose". Questo indica che siamo attenti a noi stessi, ai bisogni che riteniamo di avere, ai progetti che ci siamo fatti e che vogliamo raggiungere nella nostra vita. Gesù vuol vedere se i due discepoli di Giovanni cercano qualcosa, ritenendo quindi che lui sia uno che soddisfa e serve i desideri dell'egoismo dell'uomo realizzando i loro progetti.
Meno male che i due invece non cercano qualcosa. Essi hanno capito che il Messia viene a trasmettere una nuova vita, a cominciare un'era nuova, e perciò da lui vogliono anzitutto imparare! Chiedono perciò: " Maestro, dove abiti? " lasciando intendere che desiderano stare con lui per imparare a vivere, per mettersi a sua disposizione come discepoli che lo servono e gli offrono la propria fatica. Questo è il vero atteggiamento da tenere davanti a Gesù e al Padre! In tal modo trattiamo il Signore come vero signore della nostra vita e non come servo che deve accontentarci in tutto quello che noi riteniamo importante. È lui che sa ciò che è buono per noi, e soprattutto sa come la nostra vita può mettersi a disposizione del Regno di Dio! Quando Andrea infatti gli presenterà suo fratello Simone, ecco che Gesù gli darà un nome nuovo, per evidenziare il fatto che l'incontro con lui dà un nuovo significato e un nuovo ruolo alla vita dell'uomo! Chi incontra Gesù ripete infatti la storia di Samuele, il ragazzo che, chiamato nella notte da Dio, si mette a sua disposizione per collaborare ai suoi progetti per il suo popolo.
San Paolo mette in evidenza uno di quegli aspetti della nostra vita che cambia radicalmente quando incontriamo Gesù. Dato che il Signore risorto ci trasmette il suo Spirito, non riteniamo più il nostro corpo fatto per seguire gli istinti e accontentare gli impulsi del piacere sessuale. Il cristiano si distingue decisamente dagli altri in questo aspetto della vita. Il cristiano ha desiderio di purezza per il proprio corpo, vuole rispettare il corpo degli altri, non fa barzellette con i misteri più sacri della vita, non gioca con le facoltà più grandi, delicate, misteriose del suo corpo, quali sono la capacità di trasmettere la vita e di esprimere l'amore. Il cristiano che si prepara al matrimonio, non fa le prove con se stesso e con un'altra persona. Dio non vuole che facciamo le prove con il mistero della vita. Si fanno le prove con le cose che si possono buttare via, non con la nostra vita e con quella degli altri, preziosa e irripetibile. Il giovane cristiano perciò si prepara esercitandosi nell'amore paziente, nell'amore fedele, nel dimostrare a chi ama che lo ama davvero perché sa attendere e sa soffrire per lui, nel far vedere che ama la persona e non il piacere sessuale che questa gli può dare. " Glorificate Dio nel vostro corpo! " dice l'apostolo a conclusione della sua esortazione. " I vostri corpi sono membra di Cristo! " Oggi possiamo vedere le conseguenze che il nostro incontro con Gesù Cristo ha generato nella nostra vita!

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