10/05/2009 - 5ª domenica di Pasqua - B
Iª lettura At 9,26-31 dal Salmo 21 IIª lettura 1Gv 3,18-24 Vangelo Gv 15,1-8

"Sia santificato il tuo nome". Proseguendo la preghiera continuiamo a fissare il nostro sguardo sul Padre per incontrare il suo: ne coglieremo i desideri più profondi. A Gesù infatti preme tanto questo, più ancora che siamo capaci di pensare alle nostre necessità. Egli sa che l'osservare le nostre preoccupazioni non ci giova, non ci cambia, non ci migliora. Guardiamo cosa preme al nostro Padre, facciamo nostri i suoi pensieri, e gli assomiglieremo! Leggendo le Scritture scopriamo che uno dei desideri più forti di Dio è la santificazione del suo nome. Non è un desiderio egoistico di Dio, anzi, è il modo con cui egli vuole beneficarci in profondità. Infatti, ascoltando il profeta Ezechiele, veniamo a sapere che Dio, per santificare il suo nome, raduna i suoi figli, li purifica e dona loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo! La santificazione del nome di Dio è un'espressione che riassume una serie di benefici a nostro favore. Dio si fa conoscere a tutto il mondo e si fa ammirare da tutti attraverso quanto riesce a compiere con noi e per noi. Egli soffriva al vedere il suo popolo disperso tra molti popoli, dopo la deportazione a Babilonia; oggi vede noi angosciati per la solitudine e ci vede più che mai deboli nelle tentazioni con cui il mondo ci seduce e ci inganna. Egli sa che il nostro cuore si è lasciato corrompere da molti idoli del mondo contemporaneo e perciò ci vede estremamente bisognosi di purificazione: l'idolatria del benessere, del piacere e dei presunti diritti ci fa perdere di vista il valore della croce e ci impedisce di guardare il Padre come un vero papà. Egli stesso troverà i modi di togliere dal nostro cuore la menzogna dei falsi dei. Adopererà il rimprovero? Dovrà ricorrere a farci sperimentare il dolore e la sofferenza della malattia, del lutto, della persecuzione? Il suo amore per noi arriverà con l'attenzione del medico che, pur di guarire, porge medicine amare, o del chirurgo che amputa un membro pur di salvare la vita al paziente? Il nostro Padre poi vuole renderci partecipi della sua vita donandoci il suo santo Spirito: ci raduna e ci purifica per averci come suoi figli, per godere la nostra vicinanza e perché la nostra vita diventi piena e perfetta, piena del suo stesso amore e perfetta della sua misericordia.

La prima lettura ci narra il ritorno di Saulo a Gerusalemme dopo aver incontrato Gesù, che l'ha abbagliato e gli ha conquistato il cuore. Chissà cosa si attendeva il giovane convertito avvicinandosi agli apostoli e agli altri credenti! E invece non trovò che diffidenza. Tutti avevano paura di lui, di lui non si fidavano. Dovette intervenire Barnaba, che lo aveva già conosciuto a Damasco e aveva goduto del cambiamento del suo cuore. Superata questa difficoltà, nella città santa Saulo incontrò una nuova prova: gli ebrei, a cui riusciva ad annunciare la sua fede nel nome di Gesù, tentavano di ucciderlo, cosicché la comunità si vide costretta a farlo partire per la sua città natale, Tarso. Egli sperimentò così una seria potatura! Attraverso la sua esperienza comprese le parole che Gesù aveva affidato ai suoi apostoli durante l'ultima Cena. In quella occasione il Signore aveva parlato del Padre paragonandolo all'agricoltore che si avvicina alle piante di vite con la forbice e, senza pietà, ne taglia i tralci. Il giovane Saulo dovette sentirsi una vite che soffre la potatura! L'agricoltore sa che il frutto della vite sarà più bello e più buono dopo tale potatura, e così anche il frutto spirituale della vita di un credente sarà maggiormente efficace per il Regno di Dio dopo che egli si sarà lasciato "lavorare" dal Padre. Ogni credente fa l'esperienza di una potatura, che può avvenire tramite circostanze provvidenziali: una malattia, eventi che impediscono di compiere quanto si desidera, di realizzare il proprio sogno riguardo alla professione o riguardo al formarsi una famiglia, pali tra le ruote o contrattempi di vario genere. Il credente sa che queste prove, che mettono alla prova ed esercitano la sua pazienza, sono conosciute dal Padre e sono guidate dal suo amore provvidente che vede molto più avanti della nostra intelligenza e del nostro desiderio. In ogni caso il credente, o, meglio, noi, cerchiamo di rimanere in pace, tranquilli e fiduciosi. Rimaniamo uniti al Figlio di Dio, a Gesù, strettamente aggrappati a lui, che ha portato una croce che, invece di impedirgli di salvarci, gli ha permesso di realizzare pienamente la salvezza di tutti gli uomini! Uniti a lui anche nella sofferenza causata dai contrattempi e dalle potature più pesanti, la nostra vita porterà frutto, un frutto maturo, gradito a Dio e utile agli uomini. Chi rimane unito a Gesù, benché talora non possa realizzare nulla che sia apprezzato dal mondo, la sua presenza, misteriosamente, sarà di grande utilità per molti!
L'apostolo che si sentiva particolarmente amato da Gesù, Giovanni, ci esorta a coltivare uno dei frutti immancabili in chi rimane unito al Signore: l'amore. L'amore va vissuto con tutte le nostre possibilità, a parole e a fatti. E i fatti che nascono dall'amore ci rassicurano di essere nella verità, sono una prova che siamo in Dio e che Dio è in noi.
Oggi quindi il Signore ci illumina il cammino: le prove e le croci non sono castighi, ma segni dell'amore del Padre, che ci forma perché anche noi diveniamo capaci di amare come lui! Sperimenteremo così che dopo esserci uniti a Gesù nella morte di croce saremo uniti a lui anche nella gioia della risurrezione.

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