continuazione di LE RADICI DELL'AMORE

 

«AMERAI IL SIGNORE DIO TUO... », COMANDO 0 FORTUNA?  

L'uccello che vola è libero di volare: non ha le ali legate, perché l'uccello è fatto per volare.

Chi ama è libero. Il suo spirito è sciolto da ogni laccio che gli impedisca di fare ciò per cui è stato creato: l'uomo è fatto per amare.

Non ha senso costringere a volare il passero che ha le ali malate: non ce la farà. Ma sollecitare il passerotto che non ha ancora osato volare e non ha sperimentato le sue forze, guai se non accadesse: è questa la legge dei passerotti!

Non ha senso dare il comando di amare a colui che ha lo spirito malato: si agiterà senza spiccare il volo. Ma il comando dato da Dio di amare come egli ama è il servizio che Dio stesso rende all'uomo facendogli conoscere la legge della sua natura, facendogli sperimentare di quale forza è dotato, svelandogli il segreto e l’originalità di essere uomo.

Come il passero diventa un uccello normale ubbidendo allo stimolo della madre che lo butta giù dal nido e così diventa libero, allo stesso modo l'uomo trova la sua identità originale ubbidendo alla paternità e maternità di Dio che gli comanda di amare e diventa libero.

Da questa libertà conquistata e accettata sgorga gioia, leggerezza di cuore, pace profonda; l'uomo rimane saziato.

E come il passero esercita la sua caratteristica di volare ereditandola dal padre e dalla madre, così l’uomo eredita la sua capacità di amare da Dio, che ama. Amare: è l'opera con la quale l'uomo dimostra di somigliare a Dio e di essere suo figlio.

È l'azione con cui tu dichiari, senza parole, davanti agli uomini, di essere figlio di Dio; dichiari di appartenere a un Dio buono che ama. Amare è l'azione con cui tu fai credito a Dio, è l’azione con cui egli viene glorificato da te. Vorresti tu negargli la gloria che gli puoi dare amando?

Dio ama gli uomini. Con l'amore con cui egli vuole amarli desidera che anche i suoi figli li amino; desidera che anche noi amiamo gli uomini con il suo stesso amore.

Se vogliamo capire bene cosa voglia dire amare, dobbiamo osservare ciò che questa azione comporta per Dio stesso. Come ama Dio? Dio ama donandosi. Egli dona la sua vita, dona la sua pace, dona il suo perdono, egli dona se stesso. Questo vuol dire per Dio amare: donare! Egli ci ha donato addirittura suo Figlio! 

Amare è morire. Se non amiamo è perché abbiamo paura di soffrire e di morire; l’amore infatti è esclusivo, senza ritorni, assoluto; non lascia niente di sé; si perde. Ma «Chi perde la sua vita per me, la trova »... « Chi ama (cioè chi muore) vive in Dio e Dio vive in lui ». Gesù, che ha amato fino a morire, vive per la potenza del Padre!

Per noi la parola “amare” ha lo stesso significato.

“Noi amiamo Dio” vuol dire: “Noi doniamo la nostra vita a Dio, doniamo a lui il nostro tempo, le nostre forze, il nostro cuore, la nostra mente, tutto” !

Noi vogliamo amare il nostro prossimo; anche in questo caso la parola “amare” ha lo stesso significato: “Noi amiamo il nostro prossimo quando gli doniamo noi stessi”. Sappiamo che non è facile; sappiamo pure, però, che è molto bello! Sappiamo che è addirittura un'azione divina, perché Dio ama. Se noi amiamo, facciamo la stessa cosa che fa Dio: donare se stesso.

Il comandamento dell'amore è il più grande e il primo, perché noi, creati ad immagine di Dio, possiamo compiere ciò che Dio stesso compie, possiamo fare ciò che Dio fa, - farlo con Dio e perché è Dio che lo fa in noi - possiamo amare!

Amare è il primo dei comandamenti, non ce ne sono altri più grandi di questo.

In ogni occasione e in tutti gli ambienti siamo collaboratori di Dio se ci lasciamo guidare dall'amore: non dalla ricerca del guadagno, non dalla ricerca del benessere, non dalla ricerca dell'altro, non dalla ricerca dell'amore, ma dall'amore!

Com'è facile esser travolti dall'avidità delle cose, invece che esser guidati dall'amore, e sempre quasi senza accorgerci, e sempre giustificati da un'infinità di buone ragioni…

Così succede che m'arrabbio con mio fratello perché ha rotto il parafango della mia macchina: amo questa macchina più di mio fratello!

M'arrabbio con un bambino perché ha lasciato cadere il vaso di fiori più bello: amo di più il vaso di fiori che non il bambino.

M'arrabbio con il vicino di casa perché ha sporcato le mie scale: amo più la pulizia che il mio prossimo.

M'arrabbio con me stesso perché non sono arrivato a finire un lavoro o non sono arrivato in tempo ad una riunione: amo di più la mia bella figura che non la pace del cuore.

M'arrabbio perché l’amico tarda a venire a cena: amo più il mio tempo o il mio stomaco che l'amico: gli preparo un ambiente teso e inospitale.

Potrei continuare..., ma ho già capito: prima di arrabbiarmi devo amare! Amare le persone... perché le cose, il tempo, l’ordine e la pulizia, gli inviti, il denaro, sono tutti strumenti dell’amore: non ho il diritto di trasformarli in strumenti e occasioni di rabbia o d'indignazione. Quando m'arrabbio sciupo un’occasione di amare. Se m'arrabbio per una cosa “andata storta”, oltre che il danno materiale me ne procuro uno più grosso spirituale: non avrò più la capacità di godere di ciò che è “andato dritto”, né di vedere i lati positivi che Dio può trarre anche da quella situazione storta. Soprattutto, se m'arrabbio, mi privo di un'occasione di amare Dio con tutte le forze e con tutto il cuore: forze e cuore vengono occupati dal male accaduto, vengono assoggettate ad esso.

Amare Dio con tutto il cuore comporta mettermi in sintonia con lui anche nel suo amore per i fratelli, e anche per quelli che non son riusciti a conservare amore per me. Che cosa vuole Dio per loro? la morte? il castigo? no! Per essi Dio vuole un rinnovamento, una conversione. Per essi Dio vuole che si aprano nuovamente all'amore.

Io favorisco questa volontà di Dio se continuo ad amare, se non tronco la corrente d'amore divino che può giungere loro attraverso di me.

Non è bene che io dipenda dall'atteggiamento negativo di chi mi offende e mi lasci trascinare in un atteggiamento altrettanto negativo.

È necessario invece che io dipenda sempre dal Padre che non distoglie mai da nessuno il proprio amore. Sono suo figlio. Gli posso assomigliare almeno in questo!

Ogni esercizio delle nostre facoltà nasce dall'esempio. Noi facciamo e ripetiamo quello che vediamo.

Il Figlio fa quello che vede fare dal Padre. Il Figlio impara dal Padre tutto quello che deve fare e dire. Noi, per amare, dobbiamo guardare il Padre che ama e che è amato dal Figlio; dobbiamo guardare il Figlio che riceve tutto l’amore dal Padre e vive di questo amore amando in modo perfetto, donandosi. In questo modo ciascuno non appartiene a se stesso, ma all'altro cui si dona, cui dona la propria vita, il proprio spirito che ama, lo Spirito di amore; ed è amore così concreto che non si può non vedere: è Spirito Santo.

Ecco perché il primo comandamento è: ama Dio, convertendo, cioè rivolgendo e indirizzando a lui te stesso, il tuo cuore, la mente, l'anima, le forze. 

E poiché l’amore che circola nella Famiglia Divina (la Trinità) è perfetto, noi entriamo a conoscere questo amore e amiamo perfettamente; ma poiché tale amore è infinito, noi non finiamo mai di crescere in esso. Ciò non comporterà che noi stiamo tutto il giorno in chiesa: si può amare Dio lavorando, lo si può amare nei campi, in officina, lo si può amare anche mentre si prepara la minestra o si va a scuola!

Basta cominciare! Ci sono molti momenti in cui la nostra mente non è impegnata: possiamo occuparla dicendo: “Signore, io ti voglio bene. Ti ringrazio perché anche tu mi vuoi bene”; possiamo anche semplicemente rimanere sotto il suo sguardo, lasciarci guardare da lui, che è nostro Padre, nostro Signore.

Ci accorgeremo con stupore di essere cresciuti anche nell'amore del prossimo!

Amare Dio con tutto il nostro cuore: è molto bello! Vale la pena cominciare o continuare a farlo.

Amare, più che un comando, lo scopriremo una grande fortuna!

 

L'AMORE: DEBITO E CREDITO 

L'amore dona, inventa doni senz'altra ragione che l'amore.

Dio, quando ha amato, ha creato! Dio ama sempre, sempre quindi crea! L'amore è creativo!

Il dono, uscito da colui che ama, va fuori; chi ama non aspetta più il ritorno del dono: il suo amore è sazio già quando il suo dono è stato ricevuto da un’altra persona.

Ma l’amore che si riceve fa amare.

« Grazie»!

Quanto amore “povero” è racchiuso in questa risposta! L'amore di chi è povero e riconosce d'aver ricevuto, riconosce che quello che ha non è suo, anche se lo usa costantemente: guarda sempre a chi gliel'ha dato e pensa sempre a lui.

Il nostro grazie è il non voler distogliere lo sguardo dalla persona che ci ama per attaccarci al dono ricevuto. Il nostro povero grazie è un restituire il dono alla sua originalità, al suo scopo primario: era stato dato come espressione di un atto d'amore, diventa occasione di un nuovo atto d'amore: il mio sguardo rivolto benevolmente a chi mi ha amato per primo.

Siamo sempre in debito.

Con Dio non saldiamo mai il conto. Ma l'amore è proprio l'umiltà di sapere questo e la gioia di dire: grazie! un grazie pieno del desiderio di usare tutto per lui e riportare tutto a lui. È giustizia.

Ciò che vale con Dio vale con i suoi figli!

« Non abbiate con nessuno altro debito se non quello di amarvi gli uni gli altri ».

L'amore è un debito che io cerco di saldare, ma non che venga pagato nei miei riguardi: io rimetto, condono i debiti d'amore dei fratelli, perché voglio poter continuare a dire al Padre: «Rimetti i miei debiti, come io li rimetto ai miei debitori»! Mi è più facile farmi osservatore dei fratelli e ricordare loro il debito che hanno verso di me, piuttosto che saldare totalmente il mio debito. E questo non lo potrò saldare fino a che qualcuno si occupa di amarmi! Il mio amore sarebbe vero e gratuito solo quando nessuno mi amasse e nessuno rispondesse ai miei atti d'amore. Per questo Francesco d'Assisi pregava così: «Ch'io non cerchi tanto d'essere amato, quanto d’amare, di essere compreso, quanto di comprendere, di essere consolato, quanto di consolare ». 

Più restituiamo a Dio e ai fratelli, più ci svuotiamo, più restiamo vuoti. Ma essere vuoti non vuol dire solo «essere vuoti». Vuol dire anche essere aperti: aperti e disposti a ricevere ancora da Colui che può donare.

Essere vuoti, svuotarci, vuol dire metterci sempre più in atteggiamento di poter ricevere con maggior purezza, con maggior capacità, ciò che Dio vuole mettere in noi: forse saranno le stesse cose che già ora abbiamo, lo stesso amore, la stessa delicatezza, la stessa sensibilità che possiamo donare in questo momento ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, oppure saranno doni nuovi che egli solo conosce e che ci può versare nelle mani quando le trova libere!

E questo nostro compito di restituzione, di rendere agli uomini e di rendere a Dio, questo compito di ringraziamento, di amore concreto per il Padre, il Figlio e lo Spirito e per i fratelli, questo compito in cui riconosciamo la nostra incapacità, la nostra debolezza e povertà, diventa quasi una richiesta concreta a Dio di riempire il vuoto che si fa in noi mentre doniamo, cioè mentre imitiamo lui, che dona! 

L'amore è un credito.

Osserviamo l’immagine di una scodella piena d'acqua che si svuota per ricevere il budino, oppure l’immagine di una bottiglia che si svuota perché possa ricevere del vino: è la stessa immagine del nostro cuore che deve svuotarsi dei doni che ha ricevuto, per poter ricevere i nuovi doni di Dio... e poi ancora, finché non riceve lui stesso!

I doni che egli ci dà in questo momento, non ce li offre perché restino in noi, ma perché continuino il loro cammino verso i fratelli. Noi siamo come canali della grazia di Dio, canali dei doni di Dio.

 

Che cosa ho io da rendere a te, o Dio ?

Ogni attimo di tempo,

ogni palpito del cuore,

ogni risorsa d'amore,

ogni gesto delle mani.

Tutto viene da te, tutto ridono a te.

Farò posto nel mio cuore

perché tu lo possa riempire.

Farò posto a te nel mio cuore

perché tu lo possa usare

come una riserva del tuo amore,

dove ogni fratello può attingere.

La mia vita sarà una fontana

che dà acqua perché ne riceve

e ne riceve perché ne dà!

 

L'acqua è il tuo amore diventato mio,

ma che non resta a me:

vuol continuare ad essere

amore che ama!

L'amore è un debito,

L'amore è un credito.

 

I CONFINI DELL'AMORE 

Per Dio i confini che gli uomini pongono non sono confini. Per Dio i confini che gli uomini pongono sui terreni, sui territori, sui muri, sono delle spine nel cuore: sono delle divisioni tra i suoi figli. 

Dio vede i confini come delle occasioni e manifestazioni di separazione e di sfiducia tra fratelli, tra coloro che egli desidera e vuole siano uniti e si amino l’un l’altro come se stessi.

L'uomo non separi ciò che Dio ha unito.

Dio ha unito i suoi figli dando loro uno stesso spirito, mettendo in loro gli stessi desideri, la sua stessa forza, il suo stesso amore: essi non devono né dividersi né dividere. 

Noi cristiani credenti abbiamo un compito impegnativo davanti a Dio nel mondo, in questo mondo pieno di divisioni e di forze che separano gli uomini gli uni dagli altri. Abbiamo il compito di vederci chiaro in tutte le situazioni, in quelle piccole di dimensioni familiari, ma anche in quelle di dimensioni nazionali e internazionali.

Dobbiamo vedere i pericoli di divisione e di lotta, saper distinguere gli atteggiamenti e gli spiriti da cui provengono e quindi anche scoprire e indicare i mezzi per evitarli.

Abbiamo il compito di far tutto il possibile per evitare le guerre e i conflitti sociali o nazionali, e di promuovere ogni cosa che accresca la pace.

Sappiamo molto bene che, come la guerra viene dal Maligno, così la pace può venire soltanto da Dio.

Molte persone si fanno strumento del maligno in questo mondo.

Noi cristiani abbiamo il compito di farci strumento di Dio; di lasciare che Dio stesso abiti in noi e, attraverso noi, nel nostro popolo, perché egli possa agire. Sappiamo che Dio opera sempre in direzione della pace, dell'amore, in direzione del perdono, della comprensione, della concordia.

Noi fratelli, noi cristiani abbiamo questo compito: lasciare che Dio sia presente in noi e in noi possa agire e possa operare col suo Spirito di unità, e possa ricomporre quello che è spezzato; così, il mondo sarà preservato anche da ogni divisione: Dio è il più forte.

Dio è più forte del Maligno che cerca di porre divisione nel cuore dell'uomo e tra gli uomini, togliendo loro la pace.

Possiamo assolvere questo nostro compito non per paura delle discordie o della guerra, ma per amore, per amore di tutti i nostri fratelli sparsi nel mondo.

Possiamo essere come quei dieci per amore dei quali Dio avrebbe risparmiato la città di Sodoma, se vi si  fossero trovati. È una grande grazia poter essere quel piccolo numero di persone per amore del quale tutto il mondo viene salvato! È un piccolo numero di persone amate da Dio perché egli, in esse, riconosce se stesso: infatti si è legato a loro per mezzo del suo Figlio Gesù: non può distruggere se stesso! Questo piccolo numero di credenti salverà il mondo - e già tante volte lo ha salvato - da grandi stragi e distruzioni. 

Benché pochi, piccoli, disprezzati, agnelli in mezzo a lupi, noi cristiani abbiamo un compito di dimensioni mondiali. Non occorre che siamo visti, che siamo messi in mostra agli occhi di tutti: occorre solo che ci siamo, che siamo presenti nel mondo, pur nascosti come il lievito nella farina, così nascosti da non poter esser visti, come il sale nella minestra o nel pane; presenti anche se non ci si può udire, perché silenziosi come gli agnelli in mezzo ai lupi! L’importante è che ci siamo, che siamo presenti come una presenza di Dio stesso.

Gli uomini del mondo, anche tutti gli uomini messi insieme, non saranno mai capaci di evitare una guerra: non saprebbero come fare, non vedendo con chiarezza, non sapendo ciò che noi sappiamo.

È un dono immenso per il mondo che noi ci siamo, che noi viviamo, che siamo presenti ovunque, come un numero di dieci, come un piccolo numero, quel tanto che basta perché Dio sia presente.

Benché piccolo, quel numero è sufficiente: non è la quantità delle persone che conta, ma la presenza dell'Onnipotente in mezzo ad esse.

Coloro che credono in Gesù possono essere piccoli, umili, disprezzati, ma Dio stesso è presente in mezzo a loro: e dove egli è presente, dove vede presente il proprio Figlio Gesù, può operare.

Noi rimaniamo uniti a questo suo Figlio in cui egli si compiace. È il modo più sublime ed efficace per amare il mondo. Per noi non esistono confini!

 

L'AMORE E LA PAURA 

Queste due parole non stanno bene insieme. L'una esclude l'altra. Conosciamo il detto «Il contrario della paura non è il coraggio, ma l'amore » e conosciamo anche la parola di s. Giovanni: «L'amore perfetto scaccia il timore» (1 Gv. 4, 18).

Quanta paura c'è nel mondo!

Quante persone vivono nella paura, nel timore.

La paura è il regalo che ci fanno i nostri idoli.

Se ti metti a servire (fare gli interessi de) il denaro, ti trovi coperto di paura.

Se ti metti a servire il potere, t'invade la paura.

Se ti metti a servire il divertimento, ti prende la paura.

Se ti metti a servire te stesso, ecco la paura di fare brutta figura.

Se ti metti a servire la tua salute, non rimani a lungo senza paura.

Soltanto il Dio vivente, soltanto Gesù Cristo non ti darà paura.

Egli ti dà amore. E l'amore è come la luce nella notte: quando sorge, il buio scompare! La paura lascia il posto alla serenità e alla pace.

L'amore è la medicina contro la paura. C'è anche qualcuno che ha paura di Dio: quando comincerà ad amarlo, la paura se ne andrà! 

Chi ama Dio crede al suo amore: non si ha paura di colui da cui si è amati.

La paura è un sintomo della malattia più brutta: la mancanza dell'amore e della fede nell'amare, perché chi non ama non crede di essere amato, e viceversa.

Ecco dunque il rimedio della paura: iniziare ad amare con tutto il cuore il proprio Dio!

Lo Spirito di Dio che viene riversato nel cuore di coloro che sono sottomessi al Signore, perché lo amano, scaccia ogni timore. Di qui la parola di san Paolo:

“Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre»” (Rm. 8, 15).

 

 

CONCLUSIONE 

Le radici del tuo amore sono immerse in Dio. Anzi, le radici del tuo amore sono Dio.

Amalo con tutte le forze, e nella tua vita ci saranno unità e armonia, maturità e completezza. Non ti vergognare di colui che non si vergogna di te! Egli ti accoglie ogni giorno per compiere insieme a lui la sua opera più grande: l'Amore!

E i frutti saranno gustosi e dolci ad ogni palato

Nulla osta: cens. eccl. Iginio Rogger, Trento, 7.1.1978

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