continuazione di: LI CHIAMO' APOSTOLI 

Filippo (della contemplazione)

Bartolomeo (dell'entusiasmo)

Matteo (dell'amore ai peccatori)

Tommaso (della direzione spirituale)

Giacomo d'Alfeo (della parentela)

Simone lo zelota (dell'amore a Gesù)

Giuda di Giacomo (dell'identità di Dio e dell'uomo)

Mattia (della testimonianza)

Paolo (del vedere Gesù)

Maria (della Chiesa)

 

FILIPPO    (della contemplazione)  

« Signore mostraci il Padre e ci basta » (Gv 14, 8)  

Io sono l'uomo delle sicurezza. Voglio arrivare subito alla conclusione, non mi piace star a pensare, valutare, considerare... Almeno così ero. Cose concrete. Anche quando Natanaele mi manifestava la sua perplessità su Gesù gli ho detto semplicemente: «vieni e vedi -. Mi è sempre pi-aciuto rendermi conto personalmente. Le cose riferite sono sempre filtrate, non sono genuine. Così credevo che anche Gesù mi riferisse cose filtrate quando parlava del Padre! Lo descriveva così bene come può fare solo uno che ha visto; ma lo stesso volevo vedere.

Voler vedere il Padre! Me l'hanno insegnato bene quel salmo che dice: «Il tuo volto Signore io cerco, mostrami il tuo volto ., ed io l'ho reso la mia preghiera preferita. Presentandosi l'occasione ne ho fatto la richiesta a Gesù: «mostraci il Padre -. Per me sarebbe stato sufficiente, poi credevo d'esser soddisfatto ed esser giunto allo scopo di tutto.

Gesù, con pazienza e... stupore, si meravigliò: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre ». Io non ci capivo più nulla. Ma come? Gesù in carne ed ossa non poteva essere mica il Padre! Il Padre è spirito, è nei cieli, non ha bisogno di vestiti né di pane, il Padre non soffre il freddo né il caldo! La risposta di Gesù non mi dava soddisfazione. Eppure se il Maestro dice così, dev'essere così. Io avevo già visto il Padre, senza saperlo, senza essermi accorto di Lui. La risposta di Gesù mi ha lasciato pensoso: come ho potuto essere cieco? Ed ho iniziato, senza scoraggiarmi, una nuova ricerca: guardando Gesù cercavo di vedere il Padre. Mi è rimasto poco tempo, poche ore, perché quella notte stessa Egli è stato consegnato. Ma ho avuto modo di tornare - con la memoria agli anni precedenti, da quando mi ha detto quel «Seguimi » che ha cambiato la mia esistenza.

Ecco i risultati delle mie osservazioni: avevo visto Gesù accogliere con delicatezza e attenzione i bambini! Era una cosa nuova. Un uomo cerca l'attenzione delle persone mature, di coloro che lo possono onorare e rendere importante. Gesù, quando incontrava bambini, i guardava con tenerezza. Ecco, sì, ho visto allora in lui l'atteggiamento del Padre; di Lui ha detto il profeta: «lo li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia .. Guardando Gesù ho visto il cuore tenero del Padre chinato su ogni sua creatura!  

Avevo visto Gesù parlare alla folla con sapienza. Diceva parole che toccavano il fondo del cuore, di cui si sentiva la verità profonda. Non occorrevano ragionamenti per convincersi. Sentivo e sentivano che quanto diceva era vero, perché toccava la mia e la nostra esperienza. Sì, le parole di Gesù realizzavano quanto Dio per bocca di Geremia aveva già annunciato: «Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore! Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo .. Ascoltando Gesù, udivo la voce del Padre!

Avevo visto Gesù chinarsi su ammalati d'ogni sorta, averne compassione, ascoltare il loro grido di speranza o intuirlo prima che lo formulassero. E da Gesù usciva una forza che sanava tutti.

Avevo visto Gesù, ma avevo così osservato coi miei occhi la bontà del Padre che «ha ascoltato le parole della mia bocca» e che «penetra da lontano i miei pensieri», tanto da conoscere la mia parola quando non è ancora sulla lingua, come prego spesso con i salmi! Avevo osservato la potenza e la bontà del Padre che fascia le ferite e risana!

Avevo visto Gesù essere mite e arrendevole con i poveri, ma duro e fermo con le persone superbe e intransigenti. Solo ora mi rendo conto d'aver visto in Lui l'atteggiamento del Padre che «guarda verso l'umile, ma al superbo volge lo sguardo da lontano» (Sal 138, 6).

Avevo visto e udito Gesù donare l'annuncio del perdono al paralitico e all'adultera, e l'avevo visto riconciliare il pubblicano, Zaccheo con gli uomini e con Dio. Certo, stavo vedendo il Padre che rimette la colpa, poiché «se anche i vostri p ti fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve» (Is 1, 18).  

Guardando Gesù avevo visto il Padre! Ma ancora più l'ho visto nei giorni e nelle ore della passione e della morte. Quando l'ho udito rivolgere a Giuda, nell'orto, il saluto «amico», lasciandosi baciare da lui, allora ho visto il cuore del Padre che non tiene conto delle offese e che nutre speranza fino alla fine! E contemplando Gesù in croce, come me l'ha descritto Giovanni - io, in preda alla paura e alla delusione, non mi ero azzardato ad andarvi - posso continuamente contemplare l'amore del Padre, di quel Padre che dà tutto se stesso per la salvezza di coloro che non lo hanno amato, accolto, ubbidito.

Osservando Gesù, avevo veramente visto il Padre!  

Il Padre dei cieli, s'è lasciato osservare da tutti in Gesù! Il velo del tempio s'è strappato. Il volto del Padre può ora essere contemplato da tutti. lo, Filippo, non cesso ora di guardare Gesù per vedere il Padre! È uno sguardo che dà gioia, che dà pace. È uno sguardo che muove l'amore e dà chiarezza e forza per conoscere i miei compiti di figlio ed avere la forza gioiosa di portarli a compimento.

So che la tentazione dell'uomo - tentazione che mi prende spesso - è quella di fermarmi a contemplare gli uomini, i loro gesti, le loro azioni. Sono attraenti, perché impregnate di quell'egoismo e di quel male che dico di voler sconfiggere e vincere. Ma guardando ad esso non ricevo -forza per superare le difficoltà e le tendenze delle mie debolezze, delle mie tentazioni. Guardando al male che c'è nel mondo ricevo solo tristezza e irritazione, che a lungo andare mi trascinano in atteggiamenti di curiosità e poi di giudizio e poi di condanna e d'accusa degli uomini: L’accusatore dei fratelli si troverebbe a suo agio in me, mentre è già stato «precipitato»! Se vado in cerca del male mi ritrovo indebolito e povero.

Guardando Gesù - contemplando in Lui il Volto del Padre - il mio cuore riceve stimolo ad amare, a godere, a superare con la speranza le angosce della creazione. Allora il mio volto può donare al mondo raggi di luce, può essere specchio di ciò che vede nei cieli. La contemplazione di Dio mi dà quella forza e quella novità che sono le vere necessità degli uomini; di ogni uomo. Dalla mia contemplazione di Dio il mondo riceve speranza, riceve atti d'amore e di compassione, riceve motivi di pace e di gioia.  

Io, il discepolo della curiosità e della concretezza, ti esorto ad adoperare molto tempo per contemplare il Padre in Gesù! Diventerai un dono prezioso per I tuoi fratelli di fede e per tutti gli uomini!

 

BARTOLOMEO

(dell'entusiasmo) «Come mi conosci?» (Gv 1, 48) 

Io, figlio di Tolomeo, ho ricevuto un bel nome quando sono stato circonciso: Natanael, «Dio ha dato». La mia vita, la mia presenza qui, e, ancor più, il mio essere tra quelli che seguono Gesù, è dono di Dio! Pur essendo un vero israelita, uno di quelli della prima ora, che non si sono corrotti né con l'oro, né con le divinità straniere, voglio ammettere con riconoscenza che ciò è dovuto solo alla bontà di Dio. Non ho nulla di cui vantarmi! Tutto il bene, tutto ciò che è bello viene dal Padre! 

Devo ammettere che nella mia semplicità e nella mia capacità di stupirmi ha posto le radici una caratteristica del mio temperamento: l'entusiasmo! Mi entusiasmo facilmente! Vedo le cose belle, doni di Dio, e mi entusiasmo. Incontro persone in cui ha agito la misericordia e la sapienza di Dio, e mi entusiasmo Così molti mi hanno preso per un tipo simpatico, e mi vogliono bene. Chissà che Filippo, proprio per questo, non sia venuto così in fretta da me a raccontarmi dell'uomo di Nazareth, sapendo che questa notizia mi avrebbe subito entu-siasmato? Io invece l'ho subito deluso. Conoscevo Nazareth: nulla di speciale, nemmeno i suoi abitanti. Perciò gli ho risposto freddamente con una frase che è divenuta famosa: «Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?». Deludere ed esser delusi è tipico dagli entusiasti. Così la natura che ci presenta le magnifiche catene di monti deve accompagnare le stesse con innumerevoli valli. Entusiasmo e depressione sono gemelli.

I miei entusiasmi mi rendono simpatico. Ma se mi mancano divento subito antipatico, pensoso, quasi vuoto. Molte esperienze m'i sono state di insegnamento e di luce. Mi sono reso conto che l'entusiasmo non regge la fede. C'è voluto molto ad accorgermene, ma quel famoso giovedì notte, quando con gli altri anch'io sono fuggito, mi sono accorto che ciò che è necessario per sostenere la fede è l'amore, un amore che sa compromettersi, provato e silenzioso. L'amore frutto dell'entusiasmo non regge le difficoltà. La fede entusiastica si lascia soffocare facilmente dalle prime situazioni in cui viene richiesta ed adoperata nella concretezza della vita.

Ho imparato a mie spese. Dopo quella notte e quel sabato tremendo, muto e terrorizzato, il mio carattere è sensibilmente cambiato. L'entusiasmo ha lasciato il posto alla riflessione, alla interiorizzazione dei fatti e delle parole. Ammiravo Maria, la Madre di Gesù, che apprezzava e desiderava il silenzio: come aveva potuto accostarsi alla croce? come aveva potuto mantenere la pace ed una saldezza di fede incrollabile pur in una situazione più terribile della mia? non era mai stata entusiasta di Gesù, né delle sue opere. Quando godeva di Lui, lo godeva nel silenzio; quando io mi entusiasmavo per qualche miracolo, Lei chiudeva gli occhi e si raccoglieva. E rimaneva nella pace. Nemmeno il Calvario gliene ha scossa la profondità. Un atteggiamento che in qualche misura ho riscontrato anche in Giovanni. Ed è stato l'unico, lui, il più giovane, ad avere coraggio.

Ho riflettuto a lungo su queste cose. Mi sono accorto che la gioia dell'entusiasmo, gioia che diviene subito esteriore, attira l'attenzione degli altri su me stesso. Chi mi vede esultare entusiasta per Gesù, non guarda più a Lui, ma è attratto dal mio modo di essere. In questo sta la menzogna. Ed è uguale a quella della depressione, della tristezza che viene dalle delusioni. Anche in tal caso i frutti sono della stessa radice: l'attenzione di chi mi sta attorno viene attratta dal mio «io», come fosse una calamita che polarizza tutto attorno a sé. Giochi dello spirito umano. Ed eccomi allora in preda alla menzogna. La menzogna consiste nel nascondere Dio. Quando io in qualsiasi modo metto in mostra me stesso attirando su di me l'attenzione degli uomini, invece che aiutarli ad orientarsi a Dio, sono nella menzogna. Così facevano gli spiriti immondi che Gesù faceva tacere. Li faceva tacere perché proclamavano la verità con spirito di menzogna: attiravano l'ammirazione su di sé invece che aiutare ad obbedire e adorare Gesù.

in qualche sia pur debole misura anche il mio entusiasmo, come le mie depressioni, tendono a divenire centro d'attenzione, a distogliere me e gli altri dalla contemplazione e dall'obbedienza a Dio.

Con fatica, ma con gioiosa decisione, mi sono avviato sulla via del silenzio. Ho cominciato così: quando vedevo qualcosa o qualcuno che tendeva ad entusiasmarmi, provavo a chiedermi cosa intendesse dirmi il Signore attraverso quell'incontro. E quando qualcosa mi portava alla depressione, ancora mi chiedevo quale fosse il messaggio di Dio per me.

Così succedeva e succede che non mi chiudo in me stesso, rimango invece aperto al rapporto con Dio. Rimane su di me lo Spirito Santo, ed Esso mi fa continuare nella serenità e fiducia e nello stupore silenzioso dei modi di fare del Padre. 

La mia strada diviene man mano sempre più pianeggiante! Qualcuno mi dice che sto diventando indifferente. Non me la prendo, perché so che divengo invece attento a Dio più che alle cose. Qualcun altro mi dice che mi trova più riflessivo, quasi imperturbabile. Altri mi dicono altre cose. Tutti dicono qualcosa, fondato sul loro grado di esperienza nella vita spirituale. Chi vive in intimità con Gesù, mio unico Signore, mi sorride silenziosamente e con gli occhi mi dice la sua comprensione.

Giovanni il Battista aveva esortato ad abbattere le montagne ed a riempire le valli per preparare una via piana al Signore che viene. Che abbia inteso qualcosa di simile a questa mia esperienza? Abbassare i monti dell'entusiasmo e alzare le valli delle depressioni perché il Signore possa camminare senza ostacoli nei nostri cuori e agire in essi senza impedimenti?

Anche se il Battista non lo intendeva, te lo dico io ora, dopo aver provato personalmente, io, Bartolomeo di Cana di Galilea.

Ora, dopo queste esperienze, capisco un po' come mai Gesù mi ha conosciuto di colpo, la prima volta che mi ha visto, sotto il fico. Ora che ho conosciuto Lui, Egli m'è divenuto luce che mi fa "conoscere" chi incontro. Di essi vedo se sono di Dio o se ancora non gli appartengono. Sono un pover'uomo, ma per grazia di Dio illuminato da Lui. 

 

MATTEO

(dell'amore ai peccatori)

«Gesù stava a mensa in casa di lui»  (Mc 2, 15) 

La prima volta Gesù ha accettato di venire da me, in casa mia, a mangiare. Dopo quel giorno io sono sempre andato con Lui. È venuto a mangiare da me. Non me lo sarei aspettato, anzi. Chi conosce e osserva la legge non va in casa dell'esattore delle tasse; egli è persona immonda, la sua casa è luogo impuro. Perché mai Gesù è venuto da me?

Forse che Egli aveva un'altra legge nel cuore? Oppure io stesso, dal momento che ho deciso di seguirlo non ero più immondo, né la mia casa era più la casa di un pubblicano, ma la casa di un amico di Dio? Mi pare questa sia la risposta più vera. Gesù è il Santo, e chi s'avvicina a Lui e lo accoglie si ritrova purificato!

Anche al mio collega di Gerico, Zaccheo, è successa la stessa cosa. Ha guardato a Gesù con amore di tra le foglie del sicomoro; da quel momento egli non era più peccatore, non più nella tenebra, perché ha ritrovato la strada e aperto le finestre del cuore alla luce. Da quell'istante era figlio di Dio: perché non entrare in casa sua? È Gesù la giustificazione e la santificazione.

Dove Egli arriva e viene accolto, là è compiuta la Legge, là scompare la tenebra del peccato. Egli può andare ovunque.

Solo chi è peccatore, ovunque vada contamina tutto. A meno che non vada da Lui, lo accolga, lo tenga nel cuore. Anch'io, da quando amo Gesù, m'accorgo di essere libero, libero di andare ovunque senza contaminarmi. 

Sì, è strano. Se amo Gesù tutto mi diventa possibile. Se amo Gesù mi riesce perfino di amare il peccatore. Quando tutto il mio amore è per l'unigenito Figlio di Dio, sembra che il mio cuore respiri amore e ne abbia veramente per tutti, anche per quelli che mi hanno fatto soffrire. È stato il peccato a farmi soffrire, essi ne sono stati vittime. Hanno bisogno d'essere amati. lo, amando Gesù, divento uno con lui e mi ritrovo a comprendere e volere di essere donato anch'io con Lui perché essi incontrino le braccia del Padre. 

Mi sono accorto che l'amore per i peccatori esiste in me solo quando amo solo Gesù.

Ti sembrerà un controsenso, ma non è così: è proprio vero. Se amo qualcun altro, divento difensore degli uomini contro altri uomini. Se amo qualcun altro invece che solo Gesù, comincio a dividere categorie e classi, uomini e donne, giovani e vecchi. Le differenze della vita divengono spade che dividono i cuori. Per avere amore per tutti devo proprio limitarmi ad amare solo il Figlio di Dio.

Quando amo sodo Gesù sono libero: da simpatie e da antipatie, libero da sensi di inferiorità e di superiorità. Quando amo solo Gesù mi ritrovo libero dai giudizi degli altri e dai miei giudizi sugli altri. Quando giudico gli altri avviene spesso che il loro peccato - vero o presunto - influisce sul mio cuore, sul mio amore, sulla mia libertà: mi ritrovo dipendente dalle azioni degli altri, al punto da non amarli o da arrabbiarmi, se le loro azioni mi sembrano sbagliate. Il giudizio mi viene così facile! Sembra innato in me. E difatti mi pare di poter dire che sia questo il vero pomo d'Adamo! Il giudizio infatti mi viene spontaneo perché credo di poter decidere cos'è il bene e cos'è il male per gli altri, e per me! Partecipo dell'aver mangiato dell'albero della conoscenza del bene e del male: è un grosso impedimento all'amore, è entrare nella tenebra fitta, un non capirci più nulla.

Posso uscirne solo fidandomi di Gesù: solo a Lui, solo al Figlio, appartiene quell'Albero! Egli sa il bene e il male per me e per gli altri, e perciò in qualsiasi occasione obbedirò a lui.

Non mi chiederò più cos'è il bene e il male, lo chiederò a Lui! Alla sua Parola darò piena fiducia, senza giudicarla. Di me è stato scritto: «Alzatosi, lo seguì». In quella parola c'è tutto questo anelito del mio cuore, desiderio di lasciare ogni giudizio a Gesù, poiché Egli solo ha ricevuto il compito di giudicare. Io voglio essere attento a Lui e pensare quello che Lui pensa, fare quello che Lui fa! 

Mi sono accorto a più riprese che solo quando guardo a Gesù riesco ad amare gli uomini. Vedo infatti che Gesù è venuto per donare amore ai peccatori, è venuto per dare loro la certezza della benevolenza del Padre. Gesù ha uno sguardo di preferenza per coloro che sono fuori strada, e si rallegra, come il pastore che ritrova la pecora perduta, quando può incontrare i loro occhi. Ho visto la gioia di Gesù quando ha potuto dire a Zaccheo: «Scendi, devo venire a casa tua!». Io non riesco ad amare i peccatori, soprattutto quelli che hanno peccato contro di me. Ma se ricordo il mio Maestro, allora posso unirmi a Lui per donare a tutti l'amore del Padre! L'amore di Gesù per i peccatori è veramente un mistero. Egli ama colui che fa il male perché costui è una persona da riportare al Padre! E del Padre sappiamo che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva! Attraverso Gesù arriva al peccatore l'amore del Padre. Quanto più è fitta la tenebra, tanto più è gradita ed apprezzata la luce! Così mi spiego la bellezza e la grandezza della fede di coloro che sono stati grandi peccatori. Anche il peccatore è chiamato ad essere santo! Anch'io, peccatore e pubblicano, sono stato chiamato ad essere santo! Alla scuola di Gesù ho imparato a vedere nell'uomo non ciò che egli ha fatto, ma la grandezza cui Dio lo chiama, la intenzione del Padre su di lui. In tal modo il mio cuore rimane sempre nell'amore, rimane sempre in Dio!  

Io, Matteo Levi, non sono degno di dirti queste realtà: ;ma Gesù è degno che le sue intenzioni vengano conosciute. Perciò, anche se sono lontano dal praticarle appieno, te le comunico, e tu, col tuo esempio, mi aiuterai a viverle ogni giorno, rinnovando l'amo- re nel Figlio di Dio che mi ha chiamato con sé.

  

TOMMASO (della direzione spirituale) «

 Non era con loro » (Gv 20, 24)

 Non ho mai fatto bella figura, ed il mio nome è stato legato addirittura a proverbi e detti che mi disonoreranno nei secoli. Ma - non m'importa. Sono lieto d'essere nel numero di coloro che sono stati scelti da Gesù e con quanto dirò voglio indicarti una strada per renderti strumento di un modo di presenza di Lui.

Io che non ho creduto alla risurrezione del Signore se non dopo aver toccato, io che ero assente all'incontro del miei fratelli col Signore, voglio ora riparare a quel grave atto di sfiducia. Non avevo dato a Gesù la fiducia che Egli avesse potuto comunicarne il suo messaggio attraverso i fratelli e non ho dato fiducia ai fratelli che la loro gioia fosse motivata per davvero dalla risurrezione di Gesù. Egli è stato buono con me, ed io ora gli voglio fare spazio! Non ti voglio convincere, ti voglio fare una proposta.

Gesù un giorno ci ha detto: « Dove sono due o tre riuniti nel mio Nome, Io sono in mezzo a loro ». Voglio proporti di essere con costanza e continuità uno di quei due che si riunisce nel Nome di Gesù! Potrà costarti molto, potrà essere un peso grande, ma pensa alla bellezza e all'opera che Gesù può compiere se Egli è presente! Che Egli abbia un luogo concreto di presenza, è più importante della mia libertà e della mia autonomia! Gesù, il Salvatore unico dell'uomo, presente nella concretezza di un rapporto tra discepoli!

Anche tu puoi essere uno dei due che vivono in continuità uniti nel nome di Gesù! 

Questo succede certamente già in molti modi, quando ti riunisci ad esempio per la preghiera o per qualche celebrazione. Ma la unità che puoi vivere in tali occasioni è molto limitata e non dura a lungo. Più durevole e maggiormente profonda è l'unità vissuta da coloro che sono chiamati a vivere in comunità! Ma c'è un modo, quello che voglio proporti chiunque tu sia, che riesce possibile ad ogni cristiano, anche se non ha una chiamata particolare di vita!

Puoi cercare unità con un discepolo di Gesù che sia per te come padre, padre spirituale. Con lui il tuo cuore può essere totalmente aperto, e l'unità nel Nome di Gesù può raggiungere tutte le dimensioni della vita, le più profonde. L'unità voluta e cercata per amore di Gesù con un padre spirituale, rende vera e piena e concreta la parola che Gesù ha detto e così anche la Sua presenza può assumere dimensioni e concretezza inaspettate.

Me ne sono accorto dai frutti: frutti di pace e di gioia e di amore mi rendono certo che in quell'unità lo Spirito di Gesù è all'opera. L'unità che posso vivere, unità di figlio col padre, è nientemeno che specchio dell'unità che vive Dio Figlio e Padre!

Vivere in pienezza quest'unità ti costerà, come a Gesù, cui il suo vivere l'unità col Padre è costato morire. Essere unito al Padre che ama i peccatori è costato a Gesù rimanere nell'amore e nell'offerta di sé anche sul Calvario: un aspetto dell'unità che noi chiamiamo obbedienza e che ha ili colore del rinnegare la propria volontà e le proprie idee.

Vivere l'unità per amore di Gesù con il padre spirituale è vivere obbedienza, è morire. Ma lo farai volentieri perché a questo prezzo Gesù può rendere concreta oggi la sua potenza d'amore. Vivere l'unità col padre spirituale non è anzitutto vivere con uno che mi comandi e mi guidi, ma è essere unità ad uno che ama Gesù e che cerca con me il suo Regno. Io lo chiamerò padre, perché attraverso di lui consegno la mia vita al Signore. Egli sarà da parte sua mio servo e fratello, o meglio, servo di Gesù e figlio di Dio per me. Io cercherò di non fare nulla senza essere unito a lui, e di fare tutto con la sua approvazione e benedizione: così è garantito un luogo a Gesù: la nostra relazione di unità.

Il Padre dei cieli ci vedrà come fratelli che camminano insieme facendosi l'uno guida all'altro; fratelli tra i quali soffia lo Spirito d'amore, e dov'è lo Spirito, là Gesù dà garanzia e impegna la propria opera.

Questo tipo di unità lo posso vivere e lo voglio offrire a Gesù non solo mentre sono pieno di difetti o ricco di peccati o inguaiato nei problemi. Voglio offrire a Gesù questa possibilità di presenza sempre! Non solo mentre sono in formazione! Del resto, come discepolo del Signore e figlio di Dio, sono sempre in formazione, sempre a scuola!

Ti propongo uno stile di vita nuovo, ne sono certo. Ma da quel giorno, l'ottavo della risurrezione, nel quale mi sono trovato Gesù vivo e concreto davanti a me, non posso che cercare persone che si offrano per donare a Lui la possibilità d'essere ancora concretamente all'opera. So che lo ami: coraggio! So che ti preme di più la Sua Persona che non la tua personalità: coraggio! È preziosa agli occhi del Signore la morte del suoi fedeli. È prezioso al Padre il tuo morire nell'apertura e nell'obbedienza perché così Egli può generare ancora il Figlio, darlo al mondo, renderne fruttuosa la Sua presenza di Risorto! Egli, il Risorto, si è reso presente in continuità solo nella comunità riunita: forma anche tu comunità unita nel Suo Nome almeno con un suo discepolo, e cosi gli offri nuova possibilità di operare!

Io, Tommaso, porto un nome che s'addice all'invito che t'ho rivolto. Mi chiamo Gemello! Il gemello non ha vita da solo: cresce con un altro, nasce con un altro. Il mio fratello gemello voglio sia Gesù! Ed Egli mi ha indicato la via, l'unità con i suoi. Dal giorno in cui il mio esser solo ha generato in me l'incredulità, e Gesù me ne ha liberato, non voglio più esser solo, non voglio più vivere solo. La mia vita la voglio legata ad un altro amico di Gesù, per amore Suo! Non ti voglio imbrogliare; che nessun giorno e nessuna notte ti possa trovare solo. Rischieresti di non vedere Gesù, di non accorgenti di Lui, di non essere Suo. Lega la tua vita allo spirito di un amico di Dio, e sarai salvo! 

 

GIACOMO D'ALFEO (della parentela)

« Miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio »   (Lc 8, 2 1)

 

 

Mi hanno invidiato perché sono «fratello del Signore». È vero, sono suo parente stretto, cresciuto si può dire insieme. Anch'io per tanto tempo ho ritenuto motivo di vanto l'essere della sua parentela. Quando ho ricevuto - con gli altri - lo Spirito di fuoco, allora mi sono accorto dell’inutilità, anzi, del peso della parentela.

Essere parente di Gesù aveva significato per me conservare con Lui un legame inoperoso e sterile. Era un legame che mi impediva di cogliere il significato del gesti di Gesù; li vedevo come motivo di vanto per me, se erano gesti apprezzati dal pubblico. li vedevo come motivo di vergogna, se il pubblico non approvava. Il legame di parentele non mi lasciava libero di amare Gesù come Figlio di Dio. E rischiava Inoltre di farmi prendere posizione con Lui per non lasciarlo del tutto libero di agire come il Padre lo ispirava.

Ho avuto molto da imparare da Sua Madre. Chi era più parente di lei? Eppure quale distacco! In lei cresceva un amore di ubbidienza e di ascolto verso il suo figlio. Benché tutte le donne la invidiassero, mai si vantava d'esser qualcuno per Lui! Tra loro due non c'era più il legame di parentela, c'era solo l'amore del Padre.

Quando anche su di me è sceso il Fuoco, s'è purificato anche il mio amore per Gesù: si è liberato dalle varie incrostazioni dei legami umani. Quel fuoco è stato per me una vera liberazione: solo allora ho percepito quale dimensione profonda avesse l'unità spirituale col Figlio di Dio, quale vita nuova e vera, a differenza dell'unità della parentela carnale! È tutt'un'altra cosa!

Ed allora ho cominciato a desiderare questa nuova unità anche con gli altri miei parenti, genitori, fratelli, zii e cugini vari. Li amavo tutti, anzi, credevo d'amarli. Ed essi mi amavano, mi dicevano di amarmi e di cercare il mio bene. Cercando il mio bene sono arrivati al punto da volermi distogliere dal seguire Gesù. Quando sono venuti a cercarlo per portarselo via, perché ritenuto in fase di esaurimento psichico, quale pressione hanno esercitato anche su di me, a parole e senza parole!

Mi comunicavano, anche a distanza, una grande oppressione con i loro pensieri di critica e i foro giudizi e con le loro «giustificate» pretese. Tutte le strade erano lecite a loro pur di privarmi detta mia libertà. Chi mi diceva che Gesù era un esaltato, chi insisteva che devo avere i piedi per terra e non fidarmi troppo di quel che dice lui. Chi mi voleva convincere che tutti gli altri undici erano stati plagiati e non dovevo pure io correre quel rischio. Altre volte ricorrevano a stratagemmi affettivi: quando i miei genitori fossero diventati vecchi, dovevo occuparmi di loro; e c'erano ancora fratelli più piccoli cui avrei dovuto provvedere col mio lavoro...

Altre volte i ragionamenti sembravano proprio convincermi: puoi far del bene anche qui, al nostro paese, in casa nostra. Era vero: potevo far del bene... ma fare del bene non è seguire Gesù! Seguire Gesù è diverso dal far del bene: anche il pagano può far del bene, come pure il fariseo. Se Gesù mi chiede di seguirlo, questo è «il bene» che Dio mi chiede di fare.

Quante lotte interiori a causa dei miei parenti! Qualcuno di foro ha finito col credermi, con l'amarmi ancora più: erano quelli che avevano cominciato a veder di buon occhio Gesù. Altri hanno finito col rompere con me: l'esser parenti non è servito che ad eliminarmi della loro cerchia. E sono quelli che con Gesù hanno conservato solo un rapporto di interesse: «Forse un giorno potremmo aver bisogno di lui, o per la salute o per il lavoro»...

In ogni caso mi sono accorto che con essi devo avere un cuore vigilante. Essi portano la mia attenzione sempre a me stesso distogliendomi dal dono della mia vita a Dio. «Sta attento alla salute, guarda di non ammalarti Mangia di questo o di quest'altro: te lo porto io se non te lo danno! Non strapazzarti... non... non...». Mi pare sempre di dover rispondere loro quello che Gesù stesso ha detto a Simone Pietro quando non lo voleva veder soffrire:

«Va' via da me, Satana! Non pensi secondo Dio, ma porti i pensieri del mondo». È proprio così, nella stragrande maggioranza dei casi. I miei parenti vorrebbero riempire la mia sequela con i pensieri del mondo, vorrebbero farmi tornare indietro. I loro discorsi sono terreni, umani, carnali, mentre io ormai ho scelto un altro mondo e quindi ho altre prospettive, quelle della vita spirituale ed interiore. Io cerco il Regno di Dio anche a prezzo della mia salute, a costo della mia vita. Quanta vigilanza!  

Credevo di amarli, i miei parenti. A Pentecoste mi sono accorto che l'amore che avevo per loro non era amore: era solo un sentimento naturale, come un pezzo della mia anima desiderosa di star bene.

l'amore vero per i parenti avrebbe dovuto manifestarsi col donare ad essi ciò che io avevo di più prezioso, di maggiormente arricchente. Il mio tesoro è Gesù!

L'amore vero ai parenti mi fa comunicare loro Gesù: con le parole, senza parole, col cuore. Ecco il mio nuovo amore per foro. Non li amo perché parenti, li amo perché io sono di Gesù, perché Egli li ama e desidera farsi conoscere anche da loro.

L'amore «di parentela» che avevo con Gesù ha dovuto scomparire, esser spezzato perché potessi amarlo con l'amore del Padre e lasciarmi amare da Lui. L'amore di parentela coi miei parenti deve anch'esso esser spezzato perché io possa esser posseduto pienamente dallo Spirito Santo, dall'amore divino che è spirituale e viene solo incatenato e condizionato dai sentimenti umani chiamati amore. Questo modo di rompere i legami affettivi, pur sembrando crudeltà, è invece come lo spezzare la noce. Non la puoi godere fin che non la spezzi. Fin che non si rompono i legami affettivi non si può ricevere e donare l'amore vero, quello di Dio, se non parzialmente. La mia esperienza, simile a quella degli altri undici, non lascia dubbi.

Io, Giacomo di Alfeo, fratello del Signore, ti voglio esortare a donare tutto il cuore a Gesù. Anche se i tuoi cari te lo vogliono impedire, non desistere. Li ami molto di più quando sei «tutto» del Signore! Ed essi stessi quando vedranno che sei fermo e s'accorgeranno che la tua è vita e non infatuazione d'un momento, te ne saranno riconoscenti. Passerà qualche anno, il tempo della tua fedeltà e della pazienza di Dio.  

 

SIMONE LO ZELOTA   (dell'amore a Gesù)

Egli parlava del tempio del suo corpo. (Gv 2, 21)

 

Anche Gesù ha adoperato la parola da cui è nato il mio soprannome: «lo zelo per la tua casa mi divora»! Anche Gesù era zelota: non come me. Io cercavo con passione una via politica alla libertà della mia nazione. Mi ero immerso in una serie di convinzioni che mi davano prestigio agli occhi degli uomini. Ero, o mi credevo, nella veste del liberatore.

Gesù ha chiamato anche me a seguirlo.

In un primo tempo pensavo e sognavo la rivoluzione che Egli avrebbe dovuto programmare e sostenere. Lentamente, ma con costanza e stupore, mi rendevo conto che Gesù era diverso dai miei pensieri. Egli non parlava di governo né di politica. Parlava di convivenza nell'amore da praticare, non da far praticare. Parlava di giustizia da vivere, non da pretendere. Con estrema lentezza comprendevo, guardando Gesù, che gli uomini non hanno bisogno di capi migliori, hanno bisogno di servi. E i servi non comandano, ma amano. Gesù era per davvero servo che voleva rimanere a servire e fuggiva gli uomini che volevano alzarlo sul piedestallo del dominio. Quando venivano per prenderlo e farlo re, Egli s'è dileguato. Sapeva chi lo voleva a capo delle nazioni: il Maligno. Sì, Satana gli avrebbe dato il dominio purché l'avesse adorato. Comandare sugli altri, dominare le nazioni, è la conseguenza dell'adorazione di Satana. I fatti lo dimostrano! Il mio zelo per la politica ha preso una nuova direzione. Prima mi battevo perché il tempio, cioè l'istituzione giudaica, fosse libera dalle intromissioni romane. Volevo che il tempio, cioè la mia nazione organizzata attorno al tempio, fosse l'unica forma di autorità per i miei fratelli di Giudea e di Galilea. Ora vedo che l'unico tempio attorno al quale vale la pena stringersi è la persona del mio Maestro, Gesù!

L'istituzione del tempio, pur essendo ereditata dai padri, è ancora una forma di oppressione dell'uomo: Gesù lo aveva fatto notare il giorno in cui, com'era scritto del Messia, ha usato la sferza nel piazzale per far uscire pecore e buoi. L'istituzione del tempio era divenuta impedimento all'incontro dell'uomo col Padre. Favoriva un incontro dell'uomo con un Dio anonimo, un Dio trasformato in commerciante! Se gli davi una colomba ti dava il perdono, se gli davi una pecora ti dava amicizia. Un Dio uguale a quello dei pagani. Mi rendevo conto che anche se il tempio fosse diventato libero dai tributi, non avrebbe dato libertà ai cuori. 

C'è un nuovo tempio per cui impegnare il mio zelo! È il «corpo» di Gesù! È Gesù vero uomo l'unico luogo ove incontriamo il Padre. È Lui, la sua Persona, l'unico luogo di libertà. È con Lu-i che in ogni luogo, in ogni momento, ci troviamo in casa nostra perché Egli è la dimora del Padre.

Anch'io, come gli altri miei fratelli, ho compreso un po' solo dopo che Gesù ha soffiato su di me il Suo Spirito. Prima mi rimaneva un mistero.

A molti rimane mistero. Tra le persone che amano essere intelligenti, che cercano i sottili ragionamenti, si diffonde un modo di pensare pericoloso. Credono che la missione di Gesù sia finita e siano rimaste alcune belle idee, convinzioni da avere, parole da praticare. Essi le chiamano addirittura teologie! Ma dimenticano che l'uomo si salva nell'incontro con la Persona di Gesù: persona concreta, uomo in carne ed ossa, non fantasma, come Egli ci ha fatto notare il giorno in cui ci ha spaventati presentandosi in mezzo a nei a porte chiuse. Il figlio di Zebedeo ha scritto una lettera per mettere in guardia i credenti dagli anticristi che riducono il Vangelo ad una serie di belle idee e distolgono così i cuori dall'amare la Persona di Gesù. Io non ho scritto, ma quale zelo mi divora per l'unico vero « tempio che è il suo corpo»! Gesù è presente, è con noi ogni giorno, perché lo possiamo amare. Amando Lui amiamo il Padre ed entriamo nella sua intimità.

Amando la Persona di Gesù troviamo salvezza da questo mondo che rovescia i valori, che distrugge l'uomo e le convivenza umane. Amando la Persona di Gesù ricostruiremo ancora l'armonia nel nostro cuore e nella nostra casa e nella nostra convivenza sociale. Amando la Persona di Gesù i regni di questo mondo non fanno più paura e non fanno più problema. 

La missione di Gesù non è finita. La continuiamo noi, i dodici, membra del Suo Corpo. Solo quando rimango unito alla Sua Persona, con amore per Lui, m'accorgo di continuare il Suo compito, il Suo morire nell'amore. Quando invece voglio convincere gli altri delle belle idee che ho su Dio e sull'uomo, allora Dio è morto in me.

Voler convincere è già dominare!

La vita di Dio non si comunica - almeno mai l'ho sperimentato - con le convinzioni, ma con la testimonianza. E l'unica testimonianza che dona vita divina è l'amore per Gesù! 

Io, Simone soprannominato Zelota, ti voglio donare la mia perla: amare Gesù! Egli è il tesoro nascosto nel campo! questa è la vita eterna, che rimane oltrepassando ogni esperienza e ogni avvenimento terreno, che ringiovanisce man mano che gli anni passano. Amare la persona di Gesù. Quando amo Gesù, Dio non è lontano, è nel mio cuore! e nulla e nessuno più è necessario.

  

GIUDA Di GIACOMO   (dell'identità di Dio e dell'uomo) 

Costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede » (Gd 20)  

Ho imparato a non vantarmi di nulla. Mi vantavo del mio nome: era il più ambito e bello perché il nome del padre della tribù fortunata e benedetta. Ma proprio questo mio nome è stato distrutto dal traditore dell'Uomo e dell'umanità. Ora mi vanto solo del Nome di Gesù. Di questo Nome vado orgoglioso. È il Nome che mi unisce a Dio, il Nome che mi tiene gli occhi rivolti al cielo, il Nome che riempie il mio cuore di speranza e d'amore. Il Nome di Gesù è il Nome legato per sempre al Padre dei Cieli. È il nome unico che sostituisce quello triplice del padri per identificare il Dio vero, quello che ama gli uomini ed entra nella loro vita.

Conoscevamo e distinguevamo il Dio vero ed eterno col nome del padre Abramo, di Isacco e di Giacobbe: il Dio che attraverso la loro fede obbediente era entrato nel nostro sangue, nella nostra storia. Il Dio unico lo conoscevamo attraverso la triplice ubbidienza d'amore di questi tre padri: ora lo conosciamo non più così, ma attraverso l'unico Figlio Gesù. L'identità di Dio, dell'unico vero e santo Dio, ci viene data da Gesù.

Se gli uomini fanno a meno o ignorano questo Nome, non arrivano a conoscere Dio! Per questo voglio mettere in guardia i cristiani: essi assumono facilmente - cedendo all'insidia del voler essere accolti nel mondo - il linguaggio degli uomini del mondo, che parlano di Dio senza identificarlo. Guardando a Dio senza una identità concreta, storica, incarnata nell'umanità, facilmente vedono un Dio fatto di idee, distante, con caratteristiche deformabili o trasformabili dalle varie culture e dai vari condizionamenti delle abitudini morali e sociali. Il Dio dei filosofi è un Dio senza volto e senza mani, e così il Dio di quei «teologi» che guardano più agli uomini che a Gesù! E così questo Dio diventa o spauracchio o uno che giustifica tutto, non più capace di chiedere cambiamenti di vita, di programmi, non più capace di chiamare!

Guardiamo, fratelli, solamente al Dio Padre di Gesù! Conosciamo Dio solo amando e condividendo Gesù: allora lo scopriremo vivo, capace di parlarci e di chiederci scelte radicali, capace di chiederci povertà, sacrificio, servizi all'umanità.

Se conosciamo Dio attraverso il Nome di Gesù lo troveremo Padre: non un Dio nelle nostre mani, ma un Dio capace di tenere la nostra vita nelle Sue mani.

Il Nome di Gesù è l'unico Nome importante. Esso va tenuto nel cuore, negli occhi, sulle labbra.

È il Nome che salva dall'egocentrismo e dalla confusione, salva dall'idolatria e dalla superstizione. Salva dalla superbia e dall'orgoglio.

Mi sono accorto che il Nome di Gesù è il Nome che oltre a manifestare la vera identità di Dio, manifesta pure la vera identità dell'uomo, la mia identità. 

Senza il Nome di Gesù io sono semplicemente uomo, creatura sì di Dio, ma in balia di forze superiori, perdente, pauroso. Col Nome di Gesù io non sono più solo uomo, ma figlio: col Nome di Gesù si evidenze la mia realtà eterna, quella che possiedo agili occhi di Dio: sono amato da Lui, ho un Padre, sono luogo dell'amore di Dio.

Se mi chiamo uomo, rimane in evidenza la morte, la fine. Se mi chiamo figlio, viene in luce l'amore, l’eternità. Se mi chiamo uomo c'è l'ombra del peccato mio e della società. Se mi chiamo figlio giunge lo splendore del perdono. Il Nome di Gesù è indispensabile: senza di esso conosco solo la materia, la fine, la paura, la morte, non conosco me. Col Nome di Gesù conosco il mio rapporto con Dio: so chi sono: sono un essere amato da Dio!

Col Nome di Gesù tra me e Dio, non mi importa più se sono piccolo, insignificante, addirittura peccatore, perché so a chi appartengo, in quali mani è posta la mia vita. E quelle mani danno il vero valore. Che valore può avere la penna d'oro in mano al bambino che gioca a paragone con la matita di legno in mano all'artista? Le mani che la possiedono la rendono preziosa!

Con il Nome di Gesù io so a chi appartengo, conosco la mia vera identità.

Ecco perché ti raccomando di non dimenticare nel «sottinteso» il Nome di Gesù: rischieresti di dimenticare e di vanificare la tua vita e la vita del tuo Dio entrando in una vera confusione ove tutto è appiattito e uguale: le religioni uguali, i comportamenti uguali, le scelte indifferenti, ecc. Non distingueresti più le tentazioni di Satana dalle ispirazioni dello Spirito Santo, le reazioni umane delle proposte divine.

Io, Giuda di Giacomo, rendo grazie a Dio per il Nome che mi è stato rivelato, nome nuovo che possiede la mia vita: il Nome di Gesù. Il nome di mio padre, Giacomo, non dice più nulla della mia vita. Se vuoi conoscermi chiamami Giuda di Gesù!

  

MATTIA    (della testimonianza)

 «Divenga, insieme a noi, testimone della Sua risurrezione » (At 1, 22)

 Ero vissuto accanto e con i dodici fin dall'inizio, fin da quando Egli è stato battezzato da Giovanni, eppure Gesù non mi ha mai chiamato. Misteri di Dio, disegni della sua imperscrutabile Sapienza!

Ora anch’io sono chiamato tra i dodici. Il modo con cui sono stato scelto è problema secondario: ciò che importa è che il Signore mi ha scelto. Si è servito di uomini, della loro semplicità e della loro fede. E siccome Gesù aveva dato loro potere di legare e di sciogliere, io sono stato... legato alla missione degli Undici attraverso la loro chiamata. Ed eccomi apostolo e testimone per voi della risurrezione di Gesù.

Mi sono chiesto spesso il significato del mio compito: essere testimone della Risurrezione del Signore: è il significato della mia vita. Non credo d'averne esaurito la scoperta, ma quanto ho intuito - anche se non completo - te lo comunico. 

Fino a quando ero testimone della morte di Gesù ero triste, avevo paura, ero preoccupato del giudizio dei capi e temevo il loro volto. Ero deluso, convinto d'esser fallito, di essere stato plagiato. La morte me la vedevo imminente, terribile, senza significato. Il mondo con la sua realtà mi dominava: la mia vita era un segno che la forza del male aveva vinto. Dio non aveva più nulla da dire, non lo interrogavo, proprio come fosse morto.

Ora so che Gesù è risorto e voglio esserne testimone: ecco il mio compito: essere lieto, fiducioso. Egli è vivo di una vita più piena, perciò sono contento anche della Sua morte e contento di partecipare anch'io della sofferenza del suo morire, poiché so di dar nuovamente alla Sua gloria occasione di manifestarsi. È faticoso esser lieto nelle sofferenze: sì, quando il dolore o l'angoscia mi porta l'attenzione su di me stesso, e vedo l'ombra della morte, allora è grande fatica godere per la vita di Gesù. La testimonianza è veramente martirio. Sono l'ultimo arrivato e già me ne accorgo. Testimoniare Gesù risorto mi pare sia già un porsi fuori dalle vedute normali del mondo, fuori dal modo di vivere generale, fuori dagli interessi che coltivano gli uomini.

Da quando ho voluto iniziare questa testimonianza mi sono ritrovato fuori dal mondo. Me l'hanno detto: sei fuggito dal mondo. Non ti fanno più reagire le cose del mondo, non ti interessano più avvenimenti e fatti di cui s'interessano le folle, quelle della piazza e quelle del circo. Ti sei rifugiato in un comodo recinto, chiuso da convinzioni che formano barriera. 

Sembra che i miei accusatori abbiano azzeccato. Ma qualche parola non rispecchia la mia esperienza. Non sono fuggito dal mondo, sono stato chiamato e liberato dai pesi che il mondo fa portare inutilmente e dalla menzogna dei suoi interessi vani e vuoti. Se questa libertà la sperimentassero i miei accusatori, s'affretterebbero a pagare qualunque prezzo pur di esserne costantemente arricchiti. Sono stato chiamato e posto ancora nel mondo come segno di un'altra possibilità di vivere, di una vita diversa che reagisce a fatti più grandi e duraturi della cronaca quotidiana. Io sono chiamato al compito di reagire al fatto di portata universale che è la Risurrezione di Gesù.

Reagire ad essa significa godere, significa adorare, significa tacere! Reagire ad essa significa amare gli uomini con un amore diverso: con un amore che non tocca solo le loro dimensioni terrene, ma quelle eterne; un amore che dona all'uomo la conoscenza del Padre perché sappia d'essere figlio per sempre e impari con pazienza a vivere da figlio ogni giorno. Sono nel mondo come testimone d'un altro mondo.

Questa è la mila croce, questa la mia gioia.

Quella che sembra fuga è invece scoperta. Quelli che sembrano recinti sono braccia pronte ad accogliere, dono per coloro che sono delusi del vecchio mondo. Il vecchio mondo, quello che testimonia la morte, è dominato dal denaro e quindi dalla paura (di perderlo e di non guadagnarne) o dalla sfrenata ricerca di trasformarlo in piacere e in sicurezza per quell'avvenire che non sappiamo se ci sarà. Il vecchio mondo, che mi vorrebbe di nuovo possedere, mi mostra tesori arrugginiti e vorrebbe che io li apprezzassi e non dicessi che ormai sono spazzatura. 

Sono lieto e mi vanto di poter dire a tutto il mondo che l'unica persona viva per sempre è Gesù; e che l'unica parola che risuonerà intatta nei secoli è la Sua-, e che l'unico capace di dar gioia e pace e fraternità vera è ancora Gesù.

E infine ti do la notizia personale: quando tu reagirai solo a Gesù, e gli darai la pienezza dell'amore e dell'obbedienza, allora sarai felice e godrai piena pace e riuscirai a donare amore a tutti: sarai una delle mani di Dio che carezzano gli uomini di tutto il mondo. 

Io, Mattia, apostolo di Gesù per la gloria di Dio, ti invito ad ascoltare il Signore quando ti chiama con la voce degli altri suoi discepoli. Farà uscire il tuo cuore dal mondo terrestre ed entrerai nel mondo di Dio. Allora vivrai come testimone dell'invisibile e la tua vita avrà il significato ed il sapore dell'eternità.

  

PAOLO   (del vedere Gesù) 

«Io ritenni di non saper altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo » (1 Cor 2,2) 

Non sono nel numero dei dodici, benché voi mi chiamiate apostolo. E lo sono in realtà: l'ultimo, il minimo, come dice il mio nome. E siccome mi riservate onore insieme con Pietro, che ha iniziato queste pagine, voglio collaborare ad esse terminandole. Io ho incontrato Gesù. Non l'ho incontrato come i dodici in Galilea durante i;i suo apostolato. L'ho incontrato fuori della Palestina, in altro modo. Ma ho incontrato Lui! Egli si è messo davanti a me, mi ha colpito con il suo sguardo e con la sua voce e mi ha chiamato. Quelli che mi conoscevano non mi riconobbero più.

Egli mi ha mandato a esser confermato nell'incontro con Lui ed a continuarlo da un discepolo pauroso, ma capace di preghiera. Questi mi ha aiutato a conoscere Colui che avevo incontrato sulla strada e ha accolto nel Suo Nome il dono della mia vita. Mi ha inoltre dato parole e orientamenti da parte di Gesù.

Ho incontrato Gesù. 

E da allora non cesso di cercare persone per rivelare loro questo Nome che è l'unica salvezza. 

Qualcuno mi dice che incontrando le persone incontro Gesù, che Gesù è nei fratelli, nei fratelli cristiani e nei fratelli pagani; nei fratelli oppressi e nei fratelli poveri. Ma se io mi metto in questa ottica, non riconosco più quel Gesù che mi ha incontrato sulla strada di Damasco. Se vedo in ogni uomo Gesù, perdo la lingua, non ho cioè più coraggio di annunciargli la sua salvezza.

Se vedo in ogni uomo Gesù, che Gesù vedo? Un Gesù che mi chiede solo un bicchier d'acqua o l'elemosina di un sorriso o di una giornata di fatica. Invece il Gesù che ho incontrato quel giorno mi ha chiesto tutta la vita, un cambiamento radicale, un salto nella fede. Gesù l'ho incontrato nella Sua Persona, non in quella degni altri! 

Così oggi non venitemi a dire queste cose, che annacquano la vita cristiana: la rendono sterile, senza frutto; e rendono le comunità cristiane sonnolenti e senza slancio e senza vocazioni a vita totalmente offerta al Regno di Dio. 

Gesù lo incontro prima di incontrare i fratelli.

Nei fratelli vedo persone amate da quel Gesù che mi ha conquistato, che mi ha accecato, che mi ha guarito.

Nei fratelli vedo persone che Gesù - quello che ho incontrato io solo mentre gli altri non si rendevano conto - vuole salvare. Nei fratelli vedo il desiderio e la sete di conoscere il Figlio di Dio, il desiderio inespresso e spesso inconscio di diventare figli per Dio, fratelli di Gesù!

 Quando incontro Gesù nella Sua Persona, allora ho coraggio e gioia per donare ai fratelli la Sua Sapienza, il Suo Nome, la Sua luce. 

C'è un prima che non può essere sottinteso. Prima Gesù solo, a tu per tu! 

Che ne direbbe Pietro? Mi ha confidato un suo segreto: Gesù per tre volte gli ha chiesto: « Mi ami tu? ».

E Pietro, di meraviglia in meraviglia s'accorgeva, non solo che Gesù non gli chiedeva se avesse capito, se avesse imparato, se avesse studiato le sue lezioni, ma anche che Gesù non gli chiedeva se amasse «le sue pecore» e i «suoi agnelli», ma se amava solo Lui.

Così Pietro stesso s'è convinto che per pascere gli agnelli di Gesù egli avrebbe dovuto amare unicamente Gesù!

Per nutrire e guidare e curare e custodire le pecore di Gesù egli deve amare la persona di Gesù.

Mi trovo pienamente in sintonia con le deduzioni di Pietro. Io stesso infatti, dove credete che avessi preso la forza per sopportare insulti e catene, lapidazioni e naufragi, viaggi e fatiche? Non la ricevevo dagli uomini, ma solo da Gesù che incontravo e incontro a tu per tu; nei Suoi occhi vedo l'amore del Padre per tutti gli uomini e allora nessuno più mi ferma, perché lo amo. Nulla più mi blocca o mi fa paura perché Egli mi ama!

Non sono gli uomini che mi attirano, è Gesù che mi manda!

Gesù è veramente l'uomo in cui abita corporalmente la pienezza della divinità. Se ho Lui nel cuore, gli uomini che mi incontrano possono incontrare la Sua parola, il Suo amore, la Sua salvezza. Sono stato chiamato e mandato per portare il Nome di Gesù. Lo voglio portare a tutti, anche a te: ecco, prendilo, adoralo nel cuore, mormoralo con le labbra, piega le ginocchia e lasciati cambiare. Siate un tutt'uno, tu e Gesù.

 

Io, Paolo di Tarso, non ho altro da dirti: anch'io, non sono più io che vivo, vive in me Gesù.

  

MARIA

(della Chiesa)

« Fate quella che vi dirà »    (Gv 2, 5) 

Ho sempre ritenuto mio compito e mio amore il tacere, il ruminare nel silenzio quanto vedevo e udivo. Così col silenzio e l'amore, ho potuto scorgere la guida di Dio e la Sua presenza paterna in ogni situazione.

Anche voi fate quello che vi dirà il mio figlio Gesù!

L'ho fatto anch'o, e ognuno che l'ha fatto è beato! È Lui, Gesù, la Parola sicura di Dio! Obbeditegli, e sarete salvi.

Io sono stata eletta ad essere la vostra Madre. Ne godo e ne soffro, soffro come per le doglie del parto finché non siete nati a Dio, godo di vedervi uniti alla vita del mio Figlio, membra del Suo Corpo, partecipi dalla Sua Missione.

Sono la vostra Madre: vi porto tutti nei cuore, ma vi vedo nati solo quando vi vedo uniti a mio Figlio Unico. Solo allora il mio compito per voi è realizzato. Vi seguo ancora, sempre, con amore, ma con distacco: come per Gesù, divento anche per voi «donna»: quando siete uniti a Lui voglio che tutto il vostro cuore sia solo Suo. Se mi contemplerete ancora e mi chiamerete beata mi vedrete con gli occhi rivolti al Figlio di Dio, e anche voi con me guarderete a Lui.

Se sarete capaci di tenere gli occhi fissi su di Lui, allora sarete uniti, sarete famiglia, vi chiamerete Chiesa! Chiesa santa e Chiesa madre! Voi stessi se sarete uniti a Lui e in Lui tra voi, diventerete Madre! Potrete anche voi soffrire e godere. Soffrirete gli uni per gli altri fino a che nei vostri fratelli non è cresciuto il Figlio al punto da occupare tutto i1 cuore, e godrete perché parteciperete al dono di donare vita di Dio, vita eterna, agli uomini! Voi sarete Chiesa, santa Madre! Madre di santità.

Vedrete in me il vostro modello di Madre Chiesa: anche voi direte agli uomini: «Fate quello che Egli vi dirà».

Avrete in me un aiuto, un sostegno, una consolazione. E perciò anche voi. Chiesa santa, ascolterete e mediterete con amore, nel silenzio continuato, tutto ciò che il Padre ha fatto, tutto ciò che Gesù ha vissuto. Senza amore e senza silenzio voi, Chiesa, non sarete Madre: dal molto parlare nasce vento, dal silenzio nasce il Figlio di Dio. Sono beata perché ho nascosto nel silenzio i misteri di Dio, ma essi mi hanno trasformata, ed ora tutto il mio essere grida «silenziosamente» con gioia il Nome che vi fa vivere: Gesù!

 

Nulla osta: Mons. Severino Visintainer, Vic. Gen. - Trento, 10/6/85

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