MAESTRO, INSEGNACI A PREGARE!

La scuola 

Ho trovato un uomo di novantadue anni. Ne avevo appena un terzo di lui. Dopo avergli detto qualcosa, commentò con tono grave e solenne: “C'è sempre qualcosa da imparare”! 

Per me quella frase, detta incidentalmente, è stato l'inizio di una scoperta che ancora continua a svilupparsi: la vita è tutta una scuola. La vita è una scuola di lavoro, una scuola di amore, è una scuola di rapporti umani, una scuola per l'uso delle cose, è una scuola di rapporto con Dio. Anzi, proprio quest'ultimo tipo di scuola è quello che sa dare toni diversi e durevoli agli altri, come la luce investe i colori degli oggetti e li fa risplendere nella loro bellezza. 

Questa vita, tutta una scuola, avrà un momento unico, che sarà anch'esso scuola: la morte. Imparare a morire può esser visto quindi lo scopo di tutte le forme di scuola della vita. Imparare a morire significa semplicemente imparare a passare da questo mondo al mondo del Padre. Imparare a superare il mondo della materia ed entrare in quello dello spirito, passare dalla materia ribelle che mi fa sentire e credere d'essere padrone, al mondo di Dio dove posso abbandonarmi come figlio alle cure di un Padre buono. 

Scuola di vita e scuola di morte si equivalgono. Per imparare a vivere da figlio, devo imparare a morire. Per entrare a pieno titolo nel mondo del Padre ed entrarvi mettendomi al posto giusto, devo imparare ad uscire da questo mondo normale in cui mi trovo immerso come uno che è fuori strada. No, n potrò godere in pienezza la mia vita se non dopo che sarò rimesso sulla via che con certezza mi porta là ove trovo l'affetto e le ricchezze della casa del Padre mio. 

Scuola per vivere e scuola per morire trovano perciò il loro punto d'incontro e l'unità nella scuola di... preghiera. 

Scuola di preghiera è scuola che insegna e in cui s'impara a lasciare il mondo in cui viviamo, quasi a spiccare il volo interiore, perché nulla più, nessuna cosa e nessuna persona e nemmeno ciò che tocca più da vicino il nostro cuore - i sentimenti interni di gioia e di dolore - nulla più trattenga il nostro spirito. Questo deve entrare in Dio, dove solo può trovarsi a proprio agio. 

“Solo in Dio riposa l'anima mia ”, ripeto, sicuro di interpretare le profondità di ogni uomo della terra.

Impariamo ad entrare in Lui, nella Sua Vita. 

L'ingresso è aperto: Gesù è la porta, la guida, la strada. Vi entriamo con Lui. 

Gesù è il Maestro. Gesù è il Maestro di questa scuola, che chiamiamo della preghiera, cioè dell'incontro con Dio, dell'ingresso in Dio. Questa scuola durerà tutta la vita perché l'ingresso definitivo senza possibilità di ritorno avverrà nel giorno in cui la nostra anima darà l'addio al nostro corpo, con o senza abbracci o strette di mano. Fino a quel giorno la vita ci prepara sorprese e fatti nuovi nei quali ci s'impone di imparare ancora da capo ad uscire ed entrare, a vivere indipendenti da noi e ad essere del tutto figli per il Padre. 

Ma abbiamo sempre il Maestro. Il Maestro è con noi, viene con noi, anche dentro di noi. 

Gesù è il Maestro che ha inaugurato la scuola della preghiera. Già prima di Lui è stata frequentata da scolari e maestri, ma tutti attendevano il Maestro: era Lui. 

E dopo di Lui ancora molti, popoli interi vi si sono recati: e il Maestro era sempre Lui. 

Anche noi andiamo a scuola da Lui, da Gesù. Siamo sicuri di imparare bene a pregare, a lasciare ora ciò che lasceremo alla fine ed entrare ora dove alla fine arriveremo, nel cuore del Padre. 

 

L'aula 

Gesù ha inaugurato la scuola della preghiera all'aperto, su di un monte. Non era un monte molto alto, ma sufficientemente per dover fare un po' di fatica ad arrivarci. Come mai su di un monte? Già altre persone chiamate in precedenza ad occupare la cattedra della scuola della preghiera, in attesa del Suo arrivo, avevano scelto il monte per le loro esercitazioni. 

Abramo aveva scelto il Moria, Mosè il Sinai, Elia l'Horeb e il Carmelo.

C'era un motivo. Il salmista cantava spesso: “ ... perché invidiate il monte che Dio ha scelto a sua dimora? Il Signore lo abiterà per sempre! ”. 

il monte sembrava l'abitazione di Dio: posto sicuro, posto tranquillo, lontano dagli intrighi degli uomini.

E così Abramo vi era salito per offrire il sacrificio a Dio, Mosè per ascoltare la sapienza della Sua volontà tradotta in comandamenti, Elia, senza saperlo, inaspettatamente, lo incontra nella sua solitudine e nel giorno della sua testimonianza di fronte al popolo radunato. 

Quando uno dei discepoli lo ha interrogato, Gesù era già sul monte. La scuola era già iniziata. Non a parole, con la vita Gesù insegnava la preghiera, il rapporto con Dio Padre. Il discepolo voleva anche le parole. Il Maestro lo ha accontentato. Ma la vera scuola di preghiera Gesù l'ha continuata con la vita sui monti: Tabor, Calvario, Monte degli Ulivi.

Perché? Perché il Maestro sale i monti? 

Il monte è luogo di solitudine, luogo appartato. Chi sale sul monte deve staccarsi dal paese, dalle abitazioni degli uomini, dal posto delle normali occupazioni, dal modo normale di vivere. Il monte è luogo di desiderio; prima d'arrivarci, quanti passi, quanta fatica e costanza! Luogo desiderato a lungo nel sudore. 

Il monte è luogo di contemplazione, con visuale di orizzonte amplissimo. Dal monte vedo a grande distanza, e le mie normali realtà, che nelle giornate normali mi occupano totalmente, case, campi, strade, officine, le vedo inserite come piccoli ed insignificanti punti in realtà più grandi e vaste ed infinite. La distanza del monte mi relativizza ciò che ritenevo assoluto ed indispensabile! 

Il monte è luogo di silenzio. Le parole degli uomini non vi arrivano e le mie grida non raggiungono orecchi che possano comprendere. Silenzio. Solo nel cuore può gorgogliare un mormorio, che piano piano diventa dialogo. Mi sente colui da cui riceve movimento la mia vita, ed io odo, nel cuore, la pace e la gioia infinita di Colui che - senza nome - mi ama come un padre silenzioso. Pian piano sul monte il mio cuore comprende i moti del cuore di quel padre... e li trasforma in parole per la mente, e la mente ne trae spunto per muovere la volontà. 

Il silenzio del monte è tempo d'incontro. Il monte è l'aula della scuola di preghiera. 

Chi vuoi vivere questa scuola non potrà ogni giorno, e forse mai, lasciare la casa e salire un'erta montagna. C'è chi, in pianura, non ha mai visto i monti e chi non è più sorretto dalle sue gambe per affrontare i sentieri.

Idealmente però ognuno dovrà salire il monte: staccarsi dalle sue cose e dai legami con le persone che lo occupano normalmente, trovare spazio nel cuore oltre i lavori e le faccende d'ogni giorno, voltar le spalle e chiudere la porta a tutto ciò che preme o pretende di possedere il nostro tempo. Inoltre farà un cammino che procede lentamente, ed avrà pazienza e continuerà con perseveranza senza stancarsi o scoraggiarsi se s'accorgerà che la meta, la vetta, non è ancora raggiunta. Il desiderio d'incontrare il Padre sarà sostegno e spinta e nutrimento continuo. 

Man mano che avanza guarderà più lontano e s'accorgerà di vedere le cose in cui è immerso come piccole, leggere, senza forza: non occupano più tutto lo spazio davanti agli occhi, è saranno così grandi da sembrare schiaccianti. Anzi, perderanno del tutto la loro importanza, perché si farà viva, come suono lontano ed incerto, e poi sempre più sicuro e attraente, la voce che penetra le midolla, la voce di Colui da cui viene ogni giorno la vita, la voce di Dio. Finalmente! E se rimango»sul monte", nel silenzio attento a quella voce, essa diverrà la sola, l'unica, che poi prende il posto di quella del mio cuore. E il mio cuore stesso arriverà a sentirla come propria. Gesù, il Maestro, vuole portarmi a divenire una cosa sola col mio Dio, così come Egli è uno coi Padre. 

 

Il Maestro 

Il Maestro della nostra scuola è Gesù. Egli tiene conto di cose vecchie, di esperienze già racimolate da noi e dagli uomini prima di noi, addirittura del popolo, e ne introduce di nuove. Sì, perché Egli è nuovo, uomo nuovo, la cui vita ed esperienza è ricca di novità. La scuola per vivere e morire - la scuola di preghiera cioè - l'ha iniziata Lui e l'ha conclusa. i suoi amici e discepoli hanno continuato a pensare e parlare di Lui. Egli è ancora il Maestro, anche se i discepoli sono cambiati. Allora erano pescatori, oggi oltre ai pescatori ci sono molti altri che non conoscono le reti della pesca. 

La scuola di Gesù non concede diplomi di riconoscimento, né allora né oggi, né richiede certificati per l'ammissione. E' richiesto solo il desiderio d'imparare, l'umiltà di riconoscere di non essere ancora capace di vivere e di morire, di non essere ancora totalmente passato da questo mondo a quello del Padre.

E' richiesto il desiderio d'imparare a pregare! 

Questa scuola non conosce vacanze o ferie. Chi se le concede è uno che marina la scuola: nella sua vita ci saranno come dei vuoti, sarà come una casa incustodita e spalancata, ove ladri e vento mettono disordine e paura.

Non ci sono molte lezioni teoriche: la scuola consiste essenzialmente in esercizi pratici costanti e crescenti d'intensità. 

La classe è unica, dove ognuno, mentre impara è anche maestro. Ciò avviene senza accorgersene. Più uno è attento ad imparare, più - senza saperlo - è maestro, o meglio, aiutante del Maestro. Questi rimane invisibile, mentre gli aiutanti sono visibili ... ! La loro visibilità è un aiuto, e nel contempo un freno: chi non tiene gli occhi del cuore fissi sul Maestro e s'accontenta di vedere i suoi aiutanti, sarà attirato e distratto dai loro difetti, da ciò che loro ancora manca. Chi dimentica che gli aiutanti del Maestro sono ancora scolari è illuso e sarà con facilità deluso e difficilmente avrà coraggio e gioia nel continuare la scuola.

Aiutanti validi del Maestro saranno quelli che staranno sempre imparando e camminano con Lui; anche se sono ai primi passi, giovano a molti. Chi si crederà maestro e pensa di esser capace di insegnare, questi è come quella bella automobile, lucida e pulita, che deve però esser trainata da un infangato trattore. E chi siede al suo volante è prigioniero, e gode limitatissima libertà.

Detto questo comprendo come io non posso mettermi ad insegnare a pregare. Mi limiterò a vedere alcuni aspetti di questa scuola di vita e di morte che è la preghiera. Così come io li ho finora percepiti e in parte vissuti, con le limitate capacità che possiedo cercherò di esprimerli. Non vorrei, e sarei spiaciuto, che queste comunicazioni fossero accolte come assoluto e che qualcuno si limitasse a confrontare la propria vita con quel che dico della mia. lo mi permetto di dire quanto dirò solo perché tu possa cominciare a percorrere la strada del Monte su cui il Padre già ti attende. 

La tua Guida diretta ed il Tuo unico Maestro che ti sosterrà e ti darà il cibo, e ti porterà - sì, talvolta ti porterà di peso - e sarà la tua sicurezza, è (e non devi cercare altri) Gesù.

Nelle pagine seguenti, dopo aver visto qualche raggio della bellezza della preghiera, vedremo dove sono le sue radici.

Saremo condotti a dare uno sguardo a ciò che la nutre e infine ad alcuni modi concreti nei quali trova la sua espressione ed il suo sviluppo.

 

Bellezza della preghiera 

E' più facile sentir parlare della necessità e dell'obbligo di pregare. E' vero. Se uno non prega, se uno cioè non cerca il contatto con Dio, si priva della vita.

Ma ho visto che noi uomini, più o meno siamo fatti così: se uno mi dice che devo fare una cosa, mi sembra che mi si faccia violenza e reagisco in modo da contraddire, quasi a voler difendere la mia libertà a costo di morire.

Mostrami l'utilità e la bellezza di ciò che è necessario, ed io lo sceglierò senza fatica!

Ho provato a far così con la preghiera, ed ho trovato veramente che la preghiera ha una bellezza in sé, ed ha pure una capacità di render belle le cose e le persone.

Non è una mia scoperta! lo sono stato aiutato da molti altri che l'hanno ripetuto nei secoli, a cominciare dal salmista (Sai 92,2) che dice: “E' bello dar lode al Signore e cantare al Tuo Nome, o Altissimo! ”.

Perché pregare è bello? 

Vediamo prima di metterci d'accordo su ciò che è la bellezza.

Ho osservato che le cose belle, hanno tutte in comune un principio che le rende gradite agli occhi e al cuore dell'uomo. Tale principio è l'unità dei vari elementi di cui una cosa è composta, unità che diviene armonia di linee o di colori o di suoni. 

Un fiore, ad esempio, è bello perché è armonico, ordinato: tutti i petali, i sepali, gli stami ed i pistilli hanno, pur essendo molti e diversi, un unico centro ove confluiscono e da cui partono. Questa unità è armonia ed è percepita da noi come bellezza. 

L'unità e l'armonia piace all'uomo perché trova in essa qualcosa di eterno, di sapiente, di consono alle aspirazioni più profonde anche di quelle che non si sanno esprimere e che non si sa di avere. 

La preghiera è bella perché - se è vera preghiera - è armonia. E' infatti il momento in cui tutte le facoltà dell'uomo (memoria, intelligenza, affettività, corpo ecc.) e tutte le esperienze della sua vita si armonizzano coi centro di se stessi, si agganciano al punto da cui siamo partiti e a cui tendiamo, Dio, il Padre.

Quando prego, quando cerco il rapporto con Dio, tutte le mie capacità e i fatti della mia vita si agganciano con Gesù e trovano unità.

E siccome Gesù è il cuore del mondo, il centro a cui il Padre vuole sottomettere ogni cosa, il centro cui aspirano i cuori di tutti gli uomini ed il punto d'irradiazione di tutte le cose, la mia preghiera diviene anche il momento in cui la mia vita s'inserisce nel disegno universale di tutti gli elementi del mondo: è perciò il momento più bello, il momento più desiderato dal cuore di Dio, il momento che dovrebbe e che vorrei fosse continuo, ininterrotto, sempre attuale e intenso.

E' la preghiera continua, che dà costanza all'armonia e bellezza della vita.

La preghiera è bella! è il rapporto di chi ama ed è amato, di chi scopre d'esser amato, si meraviglia e ama a sua volta. Essere amati ed amare è bello, è il momento più bello: avviene nella preghiera, che è attenzione all'amore di Dio e risposta d'amore.

La preghiera è bella perché è la piena realizzazione dell'uomo: nella preghiera ci sentiamo realizzati come figli del Padre: siamo quel che dobbiamo essere!

Nella preghiera - a tu per tu col cuore di Dio - si scoprono le ricchezze del Suo e del nostro cuore, tesoro che altrimenti rimarrebbe nascosto.

Anche Gesù ha confidato a Marta che la parte buona e bella della vita è quella in cui Maria si è messa ad ascoltare la Sua Parola per amore. “ Maria ha scelto la parte buona ”! Noi diciamo “ buona ”, ma l'equivalente espressione ebraica intende anche “ bella ”! Maria ha scelto la parte bella e buona!

La preghiera non solo è fatta di bellezza sua intrinseca, ma ha il potere di comunicare la bellezza a ciò che la tocca, persone e cose. “ Guardate a Lui e sarete raggianti ” ci fa ripetere un salmo (34, 6) e Isaia (56,7) scopre nella preghiera anche le radici di questa pianta che è la bellezza, la gioia: “ Li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera! ”. 

Un giornalista cecoslovacco, Zverina, ha scritto alcuni anni fa: “ L'uomo più bello è colui che prega ”. La preghiera, l'armonia della preghiera, porta alla luce, sul volto dell'uomo, la sua intima ed intrinseca bellezza. Tu sei più bello quando preghi!

La preghiera rende bello l'uomo che la vive, ma rende bello anche tutto il resto. Tutte le cose, per mezzo della preghiera, si collocano al loro posto nell'infinita varietà dell'universo, ricevendo e donando armonia.

Ho avuto modo di contemplare molte chiese. Sapete quali erano più belle? quelle dove qualcuno seduto o inginocchiamo stava pregando. Ho visto molti mazzi di fiori, ben composti e ben ordinati, preparati dal fioraio per qualche matrimonio. Ma il più bello era quello preparato dalla vecchia sagrestana per amore del suo Signore.

Sono entrato in molte case. Le più belle non erano quelle profumate e coi tappeti appesi alle pareti, ma quelle dove si respirava preghiera: qui il sedere su una dura panca era riposo, più che là su morbide poltrone vellutate.

Tutto viene reso bello dalla preghiera, anche il discorrere dell'uomo con gli altri uomini, anche il suo modo di lavorare, addirittura anche il suo riposo o divertimento!

Il canto di un coro che, cantando, prega, ha una bellezza indicibile e inspiegabile da chi non sa. Il coro preoccupato di far bella figura anche se esegue canti famosi lascia freddezza.

Nulla supera la bellezza del volto di un uomo o di un bambino in preghiera!

Eppure quante persone rifuggono la preghiera! La fuggono come fosse un tormento, non scorgendone la bellezza e l'armonia. E se l'accettano per un senso del dovere, l'accorciano, la riempiono di... cianfrusaglie e parole e pensieri, perché non sia preghiera. E' un'esperienza che in varia misura tutti abbiamo vissuto.

Quando non voglio mettere in discussione la mia vita, quando non voglio cambiare modi di fare o decisioni prese, quando ci sono cose, relazioni, atteggiamenti cui sono attaccato più che alla Volontà di Dio, allora non mi piace pregare: non sento bella la preghiera. Appunto perché pregare è lasciarsi inserire nella Vita, nel disegno di Dio. Per poterlo fare Dio può chiedere cambiamenti, proprio come è necessario, perché una pianta di fiori possa svilupparsi, cambiargli la terra o, come si deve, per accendere una lampada, girarla nel suo supporto! Dio può chiedere cambiamenti, ed allora... la preghiera non piace, e la si esclude dalla vita o ci si illude di pregare formulando parole che cercano di convincere Dio a fare la nostra volontà.

Perché la preghiera sia bella deve essere vera! e per essere vera l'uomo deve avere nel cuore quella parola che salì alle labbra di Maria quando l'Angelo le ha comunicato un modo nuovo di vita per lei: “ Eccomi, sono la serva del Signore”. Eccomi, Signore, fa di me come mi dirai.

Quando una persona è in sincera ricerca della Volontà di Dio e non vuole avere una propria volontà, ma solo lasciarsi dire dal Signore quale è la Sua, allora si cerca la preghiera, che diventa bella, perché è libera da tutto ciò che potrebbe condizionare la nostra relazione con Dio. 

La mia preghiera è libera quando di me stesso non sono preoccupato e l'unica persona importante è Gesù. In me non devono “stare in piedi ” i peccati, ma nemmeno le cose buone, le mie doti e le mie

capacità: devo esser pronto a lasciare che il Padre, come viticoltore, faccia la sua potatura su di me. Ogni buon coltivatore pota i rami che portano frutto! Anche le mie buone qualità le lascio a disposizione del Padre, che me le faccia usare o che me le tolga, o non me le faccia adoperare. Egli sa.

Se la mia preghiera è libera sarà pure bella, e semplice, e disinteressata.

Ecco, io vengo, Signore, per fare la Tua volontà! 

Questo sarà la base, il punto di partenza di ogni vera preghiera: l'abbandono di sé al cuore sapiente e buono del Padre, in Gesù. Allora la preghiera diverrà una costante del cuore dell'uomo, rinnovato e ringiovanito di bellezza. 

Esercizio: fermarsi mezz'ora con Gesù, senza dirgli nulla. Gustare la sua presenza, leggendo all'inizio un breve brano del Vangelo. Lasciare che Lui parli, dica quel che piace a Lui, ciò che Egli cerca e vuole. Stare a vedere quel che Egli fa e in che modo lo fa in quell'episodio che abbiamo letto. 

 

Che cos'è la preghiera?

Spesso non sono nemmeno in grado di definire quelle cose che sono mie, che posseggo, soprattutto se esperienze di vita. Per poter dire che cos'è la preghiera dovrei perlomeno esser sicuro che essa è mia. Ma è proprio mia la preghiera?

 

Di chi è la preghiera? 

Normalmente viene data di essa questa definizione: “ relazione d'amore con Dio”. Traducibile nella frase: “Mi ami - Ti amo”. Tutte le altre parole della preghiera o sono contenute in queste, o sono una preparazione ad esse oppure una conseguenza. 

Devo quindi ammettere che la preghiera non è mia, non è perlomeno tutta mia, non è solo mia. E' relazione, relazione d'amore, deve essere quindi di almeno due persone.

La preghiera non è solo mia perché l'amore non è solo mio. Anzi, san Giovanni nella sua prima lettera (4, 10) dice precisamente che “non siamo noi che amiamo Dio, ma è Lui che ha amato noi”. L'iniziativa dell'amore è di Dio. Egli è il Padre: è Lui che ha amato e che dà la capacità di amare.

Possiamo perciò e siamo costretti a dire che la preghiera non è nostra, non è mia, è tutta dì Dio, è opera di Dio! 

San Paolo in vari modi e senza tanto ragionare cerca di insegnarci che le cose stanno proprio così.

“ L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5, 5): l'amore che può essere in noi, non è nostro, viene da Dio; noi ne siamo fragili recipienti! “ Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente chiedere, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili ” (8, 26): c'è in noi Qualcuno che tiene il vero rapporto con Dio! “ Nessuno può dire»Gesù è il Signore»se non sotto l'azione dello Spirito Santo ” (1Cor 12, 3): anche l'atteggiamento di obbedienza al Figlio di Dio non è opera nostra. “ Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? ” (1Cor 3, 16-17; 6, 19) e ancora: “ Noi siamo il tempio del Dio vivente! ” (2 Cor 6, 16). Sono parole dell'Apostolo che traducono in vario modo ciò che Gesù aveva detto ai suoi nel cenacolo (Gv 17, 2,3): “ lo in loro e Tu in me”. 

Tutte queste parole, confermate peraltro dal nostro spirito, ci fanno concludere che noi siamo solo il luogo della preghiera! La preghiera non è nostra, la preghiera è in noi! è nostra solo in quanto si svolge nel luogo del nostro spirito, della nostra anima, nel nostro corpo. Noi siamo il tempio in cui lo Spirito chiama Gesù: “ vieni, Signore Gesù ” (Ap 22, 17), il tempio in cui Gesù adora il Padre e gli ubbidisce: “Ecco, io vengo a fare la Tua Volontà” (Ebr 10, 9), il tempio in cui il Padre si compiace del proprio Figlio Gesù, il luogo in cui        si incontrano Padre, Figlio e Spirito Santo in dialogo d'amore eterno. Ma questo è proprio vero?

Credo che possiamo riscontrarne la verità a vari livelli, con varie prove. Anzitutto l'esperienza di molti santi: hanno trascorso anni ed anni lunghissimi di aridità così oscure da chiamarle addirittura notte dello spirito. Non avevano parole né sentimenti da presentare a Dio. Eppure erano santi, uomini e donne di Dio. La preghiera viveva in loro, senza che essi lo sapessero e la sentissero. 

Un'altra controprova è la preghiera in lingue. Vari cristiani hanno fatto e stanno facendo l'esperienza di balbettare con Dio, di non dire nulla pur formulando parole di lingue sconosciute.

La preghiera è in essi, ma non appartiene a loro. 

Pietro, Giovanni e Paolo, e molti altri, hanno avuto delle estasi: momenti di assenza da questo mondo e presenza a Dio. Chi agiva in essi in quel momento? Non la loro volontà, né le loro facoltà. La loro preghiera in quelle circostanze non dipendeva da loro.

Anche noi facciamo esperienza, talvolta, che, senza volerlo e senza cercarlo, addirittura controvoglia, sale dal nostro intimo un dialogo con Gesù, o una delle tante orazioni imparate a memoria, o una frase del Vangelo. Chi sta pregando in noi? 

lo sono, - soltanto - o fortunatamente, luogo di preghiera, santuario frequentato da Dio. Egli, Dio Trinità, sta dialogando con Amore immenso del Padre per Gesù e di Gesù per il Padre.

Quale grazia per me essere il luogo della preghiera di Dio!

Questa grazia è carica di conseguenze!

Una prima è questa: non mi sforzo di pregare, di trovare parole da dire a Dio, come se il dialogo con Lui fosse un'attività che dipende da me. E' invece una passività. Mi lascio usare da Dio per la Sua preghiera, il Suo dialogo: lo accolgo in me! 

Un'altra conseguenza sta nel fatto che non conosco più luoghi e momenti riservati alla preghiera, perché sempre e dovunque sono io il luogo di preghiera e il tempo della mia vita è tempo di preghiera. In ogni momento della giornata Padre e Figlio si amano e in ogni luogo ove io mi trovi possono scegliere me per dimostrarsi fiducia e obbedienza. 

La vita intera, così, diventa luogo della preghiera eterna e continua unione con Dio, in Dio. 

Ed io? La mia intelligenza, la mia volontà, la mia memoria, la mia carica d'amore restano escluse? No, anzi: proprio esse in misura sempre crescente possono rendersi attente a ciò che si svolge in me ed esserne coinvolte. La volontà può far smettere le altre facoltà di occuparsi con se stesse e con le cose esteriori affinché la memoria possa ricevere comunicazione delle Parole del Padre e di Gesù e l’intelligenza ne sia coinvolta a tradurle in atteggiamenti del cuore e del corpo, e la capacità di amore si orienti ad immedesimarsi e fondersi in quello di Dio. 

La preghiera nascosta in me, mi diviene così esplicita, tanto che corro il rischio di crederla mia. 

Per poter essere completamente immerso da questa Preghiera e viverla passivamente, devo anche darmi da fare per trovare spazi di luogo e di tempo in cui l'azione dello Spirito Santo (la preghiera) divenga percepibile alla mia anima e cosciente.

Li devo cercare perché sono peccatore, incline al male, e vivo in un ,mondo che dà molto spazio al male.

Cerco perciò il luogo adatto, senza rumori, senza distrazioni per gli occhi, senza oggetti che mi portino via la memoria a dover ricordare impegni, lavori, persone...

Cerco il tempo più adatto alla mia attenzione: non sarà il tempo in cui ... non so fare altro per la stanchezza! Sarà un tempo in cui sono ancora riposato. Sarà un tempo sufficientemente lungo, misurato sui miei ritmi personali interiori. Se per... depositare preoccupazioni e ricordi e immagini mi ci vuole mezz'ora, il tempo della vera Preghiera comincia dopo quella mezz'ora.

Voglio infatti che il Dialogo d'amore di Dio non rimanga sottinteso e inconscio, ma che mi prenda tutto!

Quando sono sicuro di... sentire la Preghiera di Dio in me?

Quella preghiera che comincia con la parola “ io ” è iniziativa mia.

Spesso mi inganna, non è vera Preghiera. 

Quella che comincia coi “Tu ” ha garanzia d'esser vera Preghiera: Tu Padre! 

Tu Gesù sei degno...

Tu Spirito Santo...

 

Così la preghiera di quei due che sono saliti al tempio a pregare: l'uno diceva: io non sono come... e l'altro: Tu, abbi pietà di me! 

Questa era preghiera! è la preghiera che Gesù, annoverato tra i peccatori, rivolge al Padre. L'altra non era preghiera, era solo illusione. 

Sto attento e accolgo la preghiera che comincia col “ Tu ”! Infatti Gesù e il Padre sono sempre attenti l'Uno all'Altro!  

Esercizio: dopo un po' di silenzio, provare ad osservare Gesù unito al Padre: il Padre è contento di Gesù, perché?

e provare, lentamente, a iniziare frasi con queste parole: Tu, Gesù, sei degno di onore, perché...

Tu, Gesù, sei degno di...

Tu, Gesù, sei...

continua