LE ARMI DELLO SPIRITO

 

«Ci presentiamo con le armi della giustizia a destra e a sinistra» (2 Cor 6,4.7) 

«Le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio e rendendo l'intelligenza soggetta all'obbedienza al Cristo». (2 Cor 10, 3-5) 

Esistono ancora il «mondo» e la «carne» che ci costringono a vigilanza e prudenza spirituale.  Esiste attorno a noi e in noi tanta forza negativa che ci impedisce di accogliere in pienezza lo Spirito Santo, e quindi di essere attivi nel Regno di Dio.

Persino la nostra stessa intelligenza con i suoi "ragionamenti" forma barriera alla Grazia del Signore.

San Paolo, in un brano usa addirittura terminologia militare per renderci attenti e aiutarci a meditare affinché non ci lasciamo travolgere. Lo leggiamo, coi desiderio di essere attratti potentemente dalla luce di Dio e dalla sua forza.

don Vigilio Covi

 

Attingete forza nel Signore  (Ef 6, 10) 

La mia vita è un susseguirsi di vicende, un intersecarsi di volontà, di energie, di positività e negatività, un continuo esercizio di adattamento a nuove situazioni esteriori ed interiori, un costante affrontare ambienti d'accoglienza e di rifiuto, d'accoglienza superficiale o profonda, un lavorio per manifestare e per nascondere, per comprendere e per far comprendere...

La mia vita è questo movimento, e la vita di chiunque incontro sulla strada e di chiunque si trova seduto accanto a me. 

Ed io voglio vivere questa vita in Dio.  Voglio rimanere in lui.  Voglio restare nell'amore, nella luce, nella grazia!  Voglio vivere questi movimenti interiori ed esteriori come li vive un figlio di Dio, perché a questo sono stato chiamato.

E' necessaria una grande forza.  Ci sono continuamente sollecitazioni ad uscire dall'amore, a vivere di protesta, di inquietudine, a voler determinare e piegare i fatti e le persone verso i programmi.  Vivere l'amore richiede forza, quella forza che piega il proprio io.  Esser figlio di Dio dentro le varie situazioni richiede lotta, una lotta incessante.  Molte situazioni diventano tentazione, impulso a dimenticare l'essenziale, a dimenticare che Dio è amore e che io sono suo.  In alcune situazioni il diavolo stesso si intromette con le sue insidie, in altre ci sono forze provenienti dal clima spirituale dell'ambiente, del paese, della famiglia o addirittura di una cultura che vorrebbero impedirmi di essere figlio di Dio.

Ad esempio, molto spesso ho sentito dire: «ma cosa c'entra Dio con queste cose?», tanto che una domanda simile si è come piantata fissa nel cervello.  Ed io so che Dio è papà, e un papà vede anche le piccole cose, tutto quello che faccio.  Egli mi ama anche quando faccio cose che potrebbero sembrare insignificanti!  Il suo amore è manifestato o nascosto anche in una giornata di sole o in un sorriso che mi è rivolto, o in un suggerimento interiore o in un incidente o in un incontro «fortuito»! Io lo so, perché Dio è Padre.  Ebbene, anche se lo so mi riesce difficile dirlo, e talvolta anche a dirlo a me stesso, perché la cultura che impregna l'aria è atea, è riuscita a relegare Dio in ambienti chiusi e in momenti circoscritti. 

Ci vuole una forza d'amore impressionante per superare le piccole e le grandi ombre, i «dominatori di questo mondo», «gli spiriti del male che abitano nelle ragioni celesti». 

Le giornate, il lavoro, la preghiera sono campi di battaglia dove io voglio difendere la mia figliolanza a Dio, e dove io voglio vincere perché anche altri siano difesi dai miei stessi nemici. 

Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza! 

Mentre scrivevo, qualcuno ha bussato alla porta.  Quanta forza per accoglierlo!  Mi veniva da far attendere, o da trattare con fretta quella persona per avere il tempo di finire la pagina. 

Il Signore mi ha dato luce per vedere in questi pensieri delle tentazioni.  E allora ho attinto forza da Lui: Tu Gesù sai perché viene proprio ora questa persona.  L'hai mandata Tu.  Donami quanto è necessario perché io l'accolga, l'ascolti, la ami come si ama la tua Persona.

Ecco, attingendo forza dal Signore le tentazioni divengono occasione per esercitare l'amore, per vivere la Tua vita, o Dio! 

Signore Gesù, Tu hai forza per ogni situazione, perché in ogni circostanza io possa restare nell'amore.  Vengo a Te, che hai vinto ogni tentazione, vengo a Te, che sei rimasto di Dio persino sulla croce. 

In Te trovo forza per vincere i pensieri del mondo, così diversi dai tuoi, per scegliere ciò che Tu scegli nella tua luce, che vede sempre il Padre. 

Signore Gesù, abbi pietà di me! 

 

State dunque ben fermi,

cinti i fianchi con la verità (Ef 6,14a) 

Inizia così la descrizione dell'armatura di Dio, quella che il cristiano deve indossare per resistere a tutte le prove, le sollecitazioni contrarie alla fede. 

Un'armatura interiore, descritta usando le immagini di quella del soldato in stato d'allarme.  San Paolo confida così di esser capito dai cristiani di Efeso: cercheremo di comprendere anche noi. 

Il soldato sta in piedi e si cinge le vesti.  Le vesti sciolte intralciano i movimenti: una cinghia è necessaria per potersi muovere con destrezza e libertà in ogni direzione. 

Che cosa corrisponde a questa cinghia nel cuore del cristiano?  Che cosa dà libertà e destrezza e prontezza? 

La verità!  La verità è il primo criterio di discernimento spirituale che aiuti il credente a vivere in mezzo ai pericoli della sua fede.  Vorrei spendere qualche parola a tradurre il termine «verità».  Lo usiamo in troppe accezioni senza arrivare al fondo del suo significato.  L'etimologia di questa parola nella lingua del Nuovo Testamento (greco) ci fa pensare a qualcosa «che non è nascosta», «che non è nell'oscurità».  Quante cose sembrano essere nell'oscurità per la mente dell'uomo, quante nascoste ai suoi occhi!  Gli uomini in cerca della verità non si contano, tanto che più d'uno, arrendendosi, crede che la verità stia nel non esserci verità.  Se guardiamo bene, l'ultima realtà che rimane nascosta agli occhi umani è il Volto di Dio.  La verità è Lui, l'inizio e la meta di tutto: è Lui che scoprendosi o rivelandosi, dà luce, significato e valore a tutto. 

Egli ha trovato una strada per manifestarsi, per farsi vedere dall'uomo:

la Persona umana di Gesù: Gesù è la verità, la rivelazione di Dio. 

E Gesù dà a chi lo ama lo Spirito di verità: mette i suoi nella possibilità di rivelare qualche aspetto della vita, della gloria, dell'amore di Dio.

Così io comprendo la parola di s. Paolo, che cioè il rivestirsi della verità è un'arma che tiene a bada le varie tentazioni e tensioni mondane dalla vita di fede. 

Poco fa, parlando con una persona che mi adulava - così almeno sembrava a me - sorgeva nel mio cuore un movimento di stizza, di di rabbia.  Ed ecco, grazie alla bontà di Dio, il ricordo: «rimani nella verità»: «tu ora devi manifestare qualcosa di Dio, tu ora devi far risplendere la pazienza del Padre».  E così sono riuscito a dominare la rabbia. 

Un'altra volta avevo premura: era già suonata l'ora di iniziare una celebrazione, e una persona mi intratteneva con i suoi problemi.  La fretta stava entrando in me, quella fretta che non permette un ascolto vero e nemmeno un servizio di Dio adeguato. «Sta nella verità»: «in te questa persona deve sperimentare l'ascolto di Dio, in te quelli che ascolteranno la Messa devono vedere la misericordia e la pace del Padre».  Così la tentazione della fretta s'è dileguata.

Il ragazzino che rubava in canonica è stato scoperto: due possibilità o tentazioni fanno capolino: o prenderlo a calci, o lasciar correre con un po' di compassione. 

«Cingi la verità»: «Tu riveli l'amore e la serietà di Dio, la misericordia e la fermezza».  E allora trattenni i piedi, ma lo portai con fermezza alla restituzione.  E cosi potemmo mangiare insieme la torta della riconciliazione e stringere amicizia. 

Grazie, Signore Gesù, che ci rivesti della verità: Tu sei la verità e doni a noi di trasmetterla, di esserlo con la nostra vita che traduce in gesti umani l'infinita bontà e grandezza e fedeltà di Dio, del Padre tuo e nostro. 

 

«Rivestitevi con la corazza della giustizia»

(Ef 6,14b) 

Ho pensato per lungo tempo, sotto l'influsso di un proverbio latino, che la giustizia fosse il dare a ciascuno il suo.  Con questo proverbio si è fatto strada ben presto il concetto che gli altri a me devono il mio, e quindi l'attenzione ai diritti, ai doveri degli altri verso di me, ad un orientamento chiaramente egocentrico nelle relazioni interpersonali, anche con Dio.

Le conseguenze nessuno le immagina, perché tutti le conoscono, perché sono le conseguenze del peccato originale: «a me spetta ... », «io voglio», «io mi appartengo»...

Quando faccio qualcosa penso: «Che cosa me ne viene?».  E quando programmo un'azione o una giornata penso: «Cosa o quanto ci guadagno?».  E se qualcuno mi chiede un servizio lo subordino alla mia «giustizia»: la ricompensa.

Mi sono accorto che questa comprensione della giustizia mi porta fuori del «cuore» di Dio, fuori della sua vita.  Egli non è cosi, Egli non pensa in termini di guadagno.  Dio è gratuità, è amore di papà.  Essere giusti secondo Dio significa essere disinteressati, avere amore di padre, essere dono.

Mi trovavo a svolgere un servizio gratuito per i miei compagni di scuola.

Scrivevo a macchina gli appunti del professore.  Lo facevo con gioia e libertà di cuore.  Mi hanno detto che era giusto che mi fossi fatto pagare: era «giusto».  Sono entrato in questo concetto di giustizia e ho cominciato a lasciarmi pagare, poi a farmi pagare, a calcolare il guadagno: non servivo più i miei compagni, servivo me stesso.  Ho perso la gioia e la libertà interiore.  Fretta, pensieri di denaro e di guadagno occupavano il mio cuore.  Ero uscito dalla «giustizia» di Dio, non ero più nel suo modo di agire, avevo perduto una dimensione importante dell'essere uomo: non ero più un «uomo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera».  Avevo perduto la dimensione paterna dell'amore, della vita, e avevo acquistato la dimensione egocentrica, fonte di schiavitù alle cose, al denaro, a sentimenti legati a ciò che passa.

La giustizia di Dio è la corazza, una difesa sicura dai pensieri e sentimenti dell'egoismo. «I giusti vivono per sempre» (Sap 5,15), quelli che indossano la giustizia come corazza!  Quelli che si coprono dell'amore misericordioso di Dio, della sua pazienza, della sua gratuità, e a sua paternità.  Questa è la giustizia di Dio!  Questa è la vera giustizia che conferisce all'uomo la somiglianza con Dio, vita eterna, santità e gioia.  L'uomo che sa di assomigliare a Dio nella sua pazienza e nella sua gratuità diviene forte, capace di serenità e di gioia anche nella tribolazione.  L'uomo che sa di vivere la gratuità di Dio diviene capace di portare senza turbamenti situazioni difficili, di incomprensione, di solitudine, come Giuseppe, sposo di Maria, uomo giusto. 

Tu, Gesù, sei il giusto.  Tu sei colui che mostra agli uomini gli atteggiamenti paterni di Dio.  Tu sei forte nelle tue decisioni e deciso nelle tribolazioni perché sai di avere nel cuore i sentimenti del Padre, nella mente i suoi pensieri, nei fatti la sua volontà.  Tu sei giusto, perché sei «come il Padre», dono gratuito. 

Gesù, grazie per la giustizia di cui rivesti anche la mia persona quando sto con Te e mi immergo in Te. 

Abbi pietà di me! 

Grazie della tua Parola: e «forma alla giustizia» e plasma in me l'uomo vero che piace al Padre e che sa donare gioia e pace agli uomini.

 

Avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. (Ef 6,15) 

La calzatura ovviamente non è un'arma, ma è una componente essenziale del vestiario di un soldato. Senza scarpe il soldato si muove ben poco, deve temere le spine, i sassi, i serpenti... deve perdere tempo a badare a questi 'nemici' così banali, che nonostante la loro poca incidenza rischiano di fargli perdere terreno, di impedirgli l'attenzione al vero nemico e di farlo cadere nelle sue mani. 

Trasferire queste immagini nel campo della vita spirituale: che cosa sono le spine, i sassi appuntiti, i serpenti e gli scorpioni che ritardano i movimenti? Con che cosa ci si può difendere stabilmente da queste cose? 

Il cristiano s'imbatte ogni giorno ed ogni momento della sua vita in cose e fatti che attirano la sua attenzione e rischiano di impegnare - inutilmente - le sue energie. 

Possono essere piccole malattie del corpo, piccole offese che suscitano risentimenti nell'animo, permalosità, occasioni di gelosia o di invidia, brutte figure temute o fatte, sbagli nell'amministrazione del denaro, peccati di omissione, spirito di tristezza che ci troviamo addosso senza sapere il perché... Queste e altre cose ci impediscono di essere testimoni del Signore Risorto, ci impediscono di ricevere e di trasmettere lo Spirito Santo attorno a noi, ci fanno ripiegare su noi stessi, e così cadiamo in atteggiamenti egocentrici che distruggono la vita spirituale e rendono inefficace la Presenza di Gesù nel nostro cuore. 

Calzatura che ci fa passare sopra a tutti questi 'piccoli' impedimenti con grandi effetti è lo zelo per propagare il Vangelo della pace. Zelo! Desiderio ardente che Gesù sia conosciuto e accolto.

La Buona Notizia (vangelo) che Dio ci comunica le sue ricchezze, che Dio ci ha dato il suo Figlio e con lui il perdono e la vita, è una notizia che non deve trovare ostacoli, una notizia così importante per tutto il mondo, per cui non si può badare a piccolezze. Lo zelo per il Vangelo, l'amore per Gesù che dev'essere fatto conoscere a tutto il mondo ci rende insensibili alle offese, alle ingiurie, ai risentimenti, ci rende superiori alle brutte figure, agli sbagli, ai motivi di gelosia, ai nostri stessi peccati.

Lo zelo per il Vangelo riesce a ridicolizzare e minimizzare tutti questi piccoli inciampi occasionali che, se ci si badasse, potrebbero ostacolare davvero il Regno di Dio in noi e attorno a noi. E lo ostacolano per davvero in molte anime di cristiani, anche di sacerdoti, che non hanno la calzatura ai piedi: non hanno zelo per la proclamazione e la propagazione della Buona Notizia. 

Chi pensa solo a vivere, magari onestamente, chi pensa solo a guadagnarsi il Paradiso, chi vive il proprio essere cristiano come un dovere o un piacere personale continuerà ad esser vinto da piccole cose, a cadere e inciampare in sassolini che paiono montagne. 

Chi è zelante per l'annuncio della salvezza che viene da Gesù, chi cerca che il suo Maestro sia conosciuto e amato, chi impegna la fantasia e le energie in questo messaggio non vede e non s'accorge neppure di tante cose che - altrimenti - lo rattristerebbero, scoraggerebbero, e gli impedirebbero di essere testimone dell'amore di Dio. 

Vivere con Gesù, per farlo conoscere come il dono gioioso di Dio che trasforma in luce i nostri giorni tristi! Gesù! 

Grazie, Signore Gesù, che mi hai messo nel cuore il tuo Vangelo, la buona notizia della tua Presenza da diffondere con le mie parole e con la testimonianza della mia vita, che è serena e fiduciosa perché ci sei Tu!

 

Grazie, Signore Gesù!

 

Tenete sempre in mano lo scudo della fede

con il quale potrete spegnere

tutti i dardi infuocati del maligno  (Ef 6,16)

  continuazione ...