serie 3. parte 3

Vangelo secondo Marco: capitolo 5,35-43

Testo del Vangelo
(trad. CEI 1977)

Lectio

35 Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?".
36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, soltanto abbi fede!".
37 E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.
39 Entrato, disse loro: "Perché fate tanta confusione e piangete? La bambina non è morta, ma dorme".

40 E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina.

41 Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!".

42 Subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva già dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.

43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Signore Gesù, hai appena congedato la donna con parole di salvezza e la stai ancora assicurando della validità della sua fede, quando t'accorgi che Giairo, che cammina accanto a te, riceve la tragica notizia della morte della figlia. Colui che gli porta questa notizia gli fa pure notare l'inutilità di un tuo intervento. Per lui la morte è la vittoria che conclude ogni lotta, che esclude e cancella ogni altra possibilità. Per gli uomini questo è tragicamente vero: chi ha mai strappato qualcuno dal potere della morte? Solo Dio, pregato dai grandi profeti Elia ed Eliseo, ha potuto ridare la vita a un morto. Viene perciò suggerito a Giairo di lasciarti, di non chiederti più nulla: non ha più senso farti venire in casa, equivarrebbe a farti perdere tempo.
Tu sei attento a questa notizia e alla reazione di Giairo. Egli è tentato di scoraggiarsi, di deporre la sua fede in te: quella notizia è tentazione, motivo per separarsi da te. Per te invece questo è il momento prezioso in cui ti puoi manifestare! Tu porti a compimento quanto hai iniziato, come il Padre, che "completa per me l'opera sua". Non doni a Giairo argomenti convincenti, gli dai invece una parola, quella che spesso è stata rivolta dagli angeli agli uomini che non potevano contare sulle proprie forze o sulle capacità umane. La tua è una grande parola che prelude e introduce l'intervento diretto di Dio: "Non temere". È la parola che nelle Scritture risuona trecentosessantasei volte, ogni giorno dell'anno! Non temere. Che cosa deve fare Giairo? "Solo abbi fede"! Egli deve continuare a camminare al tuo fianco, deve lasciar fare a te, che puoi intervenire là dove nessuno finora è mai intervenuto. Tu vuoi vedere quella fede che spera contro ogni speranza (Rm 4,18), quella fede che non mette nulla al di sopra di te, perché tu sei mandato da Dio a compiere le sue opere: opera che manifesta la presenza di Dio è la vittoria sulla morte.
Quanto stai per fare, Gesù, è manifestazione di Dio. Tu sai che Dio non si manifesta agli increduli, perché nella sua mitezza e umiltà non vuole costringere nessuno a credere: credere è opera di libertà e di amore. Per questo, anche se tutti vorrebbero vedere, perché la curiosità muove tutti, tu permetti solo a tre dei tuoi discepoli di accompagnarti. Gli altri si fideranno del loro racconto e della loro fede. Pietro, Giacomo e Giovanni possono vedere l'opera di Dio compiuta da te. Tu certamente ti fidi di tutti i tuoi discepoli, ma vuoi che anch'essi imparino che più importante del vedere è l'ascoltare. I tre testimonieranno, e gli altri nove condivideranno l'ascolto con tutte le altre persone, che non si reputeranno così nè meno degne nè separate dai discepoli.
La notizia della morte della figlia è vera: sono già iniziati i riti funebri, con pianti, lamenti e urla di gente appositamente remunerata. La morte non lascia gli uomini indifferenti. Essa fa sempre soffrire, e la sofferenza, se condivisa, sembra più leggera. Tu, Gesù, hai visto molte volte la sofferenza provocata dalla morte, ma ora essa tocca colui che crede in te. Egli è accanto a te in silenzio, non sa come reagire, non sa cosa pensare e cosa fare. La sua fede cede ogni iniziativa a te.
Tu fai tacere le grida, spegni i lamenti, sorprendendo tutti, perché nessuno ha mai impedito di piangere la morte. Per te la morte non è la situazione definitiva dell'uomo, che per Dio vive sempre! Lo dice sempre, nelle sinagoghe, anche Isaia profeta: "Di nuovo vivranno i tuoi morti. Si sveglieranno ed esulteranno…" (26,19). Tu vedi tutto con gli occhi di Dio. Non ti importa che ti deridano: gli uomini ti derideranno ancora, proprio quando donerai loro in maniera perfetta e definitiva l'amore del Padre e la sua gloria.
Chi non crede deve uscire, e tu li cacci fuori senza ripensamenti, come hai cacciato fuori dal tempio coloro che vi erano entrati per motivi diversi dalla fede e come il Padre ha cacciato fuori dal paradiso l'uomo che non ascoltava più la sua voce. Può restare con te solo chi ha fede in te e da te spera e attende una parola divina. Questa parola tu la rivolgi agli orecchi ormai spenti della ragazzina: la tua voce però risuona anche nel regno dei morti.
Senza temere impurità tu prendi la mano fredda con la tua mano potente, proprio come dice il profeta: "Ti tengo per la destra e ti dico: "Non temere, io ti vengo in aiuto"" (41,13). Talità kum! La tua parola, che non ha nulla di magico ed è compresa da tutti, pronunciata con autorità divina, risveglia la fanciulla, che ti ubbidisce. Ella ha l'età di chi può ubbidire liberamente e coscientemente a Dio, l'età di chi può cominciare ad amare e donare la propria vita. Ella ha dodici anni. Quando tu avevi dodici anni (Lc 2,42) ti sei distanziato dai tuoi genitori per occuparti delle cose del Padre: essi hanno sofferto l'angoscia, come se tu fossi morto. Ti hanno riavuto, ma come risorto, come un figlio che non appartiene a nessun altri che a Dio!
I genitori che ora vedono riaprirsi gli occhi della figlia rimangono stupefatti. È finita la loro angoscia. Ma la ragazza, d'ora in poi, è dono tuo. I genitori imparano a considerare i loro figli e le loro figlie come persone che vivono davvero soltanto quando rispondono alla tua voce, quando ascoltano la tua parola. Allora essi sono veramente vivi, non più in balia delle forze della morte. Allora acquista senso la loro crescita e il loro nutrirsi! Anche la vita ricevuta da te è vera vita che ha bisogno del pane: tu te ne occupi, come una mamma. E i genitori pure ubbidiranno a te quando danno da mangiare ai loro figli.
Gesù, non vuoi che si parli del miracolo: è necessario invece riflettere per capire chi tu sei. Tu sei il Dio che dà la vita, tu sei la vita! Non racconterò a nessuno il prodigio, ma vivrò in modo che tutti possano comprendere che tu sei il mio Dio, la mia luce, la mia vita, la mia gioia!

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