serie 5. parte 10

Vangelo secondo Marco: capitolo 12,35-44

Testo del Vangelo
(trad. CEI 1977)

Lectio


35 Insegnando nel Tempio, Gesù diceva: "Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide?
36 Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo:
Disse il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi.
37 Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?". E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.

38 Diceva loro nel suo insegnamento: "Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,
39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
40 Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa".

41 Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte.
42 Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
43 Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: "In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
44 Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere".

Signore Gesù, nessuno più t'interroga, tutti riconoscono che la tua sapienza supera i ragionamenti di quelli che si ritengono e sono chiamati maestri. Ma tu ti accorgi che nessuno sa chi tu sei. È vero che c'è stato chi ha gridato che tu sei il Figlio di Davide (10,47) e che vieni ad instaurare nuovamente il suo regno (11,10): sanno che sei il Messia, ma un Messia atteso come un rivoluzionario politico. Non puoi lasciare la folla, e soprattutto i tuoi discepoli, in questa illusione. E allora poni tu a tutti una domanda, perché almeno comincino a dubitare delle loro certezze e a convincersi di non essere in grado di conoscere i disegni di Dio senza di te. La tua domanda riguarda un'affermazione degli scribi, affermazione vera e basata sulle Scritture, ma gli scribi stessi non la sanno spiegare in modo esauriente, perché non ti conoscono e non ti riconoscono: "In che senso gli scribi dicono che il Cristo è Figlio di Davide?". Essi lo dicono basandosi su molte Scritture (Is 9,1; 11,1; Ger 33,5; 33,14; Ez 34,23…), ma dimenticano quello che Davide stesso disse nel suo canto 110: "Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra", cioè disse Dio al mio Messia…, quindi il Figlio di Davide è destinato alla destra di Dio, ad esercitarne l'autorità e a sottomettere i suoi nemici. Il figlio di Davide supera di gran lunga suo padre. Il regno del figlio di Davide coincide col regno di Dio. Il figlio di Davide ha quindi dignità divina. Tutti ascoltano. Avranno capito i tuoi nemici, Gesù, che saranno messi da Dio stesso sotto i tuoi piedi? Anche se riusciranno ad ucciderti, la parola di Dio non resterà senza effetto. Gesù, ora ti sei rivelato a quanti non hanno pregiudizi contro di te. Hai quasi concluso il tuo insegnamento, quello che puoi donare a tutti, nel tempio.
Ancora un particolare ti preme. Uno scriba ha parlato amichevolmente e con sapienza, e gli scribi fanno delle affermazioni vere sul Cristo. Ciò non vuol dire che gli scribi siano esemplari, ciò non significa che si deve prendere l'esempio dal loro modo di vivere per piacere a Dio e per prepararsi al suo regno. La folla ti ascolta volentieri, tu perciò dai un avvertimento importante. Come Dio, che guarda il cuore e non l'apparenza, così noi non guardiamo le vesti e l'esteriorità e il nome e la qualifica di una persona. Il suo essere gradito a Dio non dipende da questo. Gli scribi sono riveriti da tutti, dai profani e dai religiosi, sulle piazze, nelle sinagoghe, nei banchetti. Tu ci dici ancora che questi non sono motivi sufficienti per imitarli: se non conoscono te, saranno tra quelli considerati nemici da Dio e posti sotto i tuoi piedi. Essi sanno persino approfittare della sofferenza delle persone più deboli, le vedove, per arricchirsi. E ancora sanno strumentalizzare le preghiere nella loro ricerca di gloria umana: quella preghiera prolungata diventa bestemmia. Non entri nel merito del loro insegnamento: per questo essi stessi hanno dovuto ammettere più volte di conoscere poco e solo superficialmente le Scritture. È il loro comportamento che li rende degni di sfiducia. Ciò che Dio dice, essi non lo fanno. Ciò che tu hai insegnato non è da loro vissuto: tu hai detto che bisogna servire e dare la vita (10,31), pregare con fede perdonando (11,24s). Nessuno li condanna per la loro ipocrisia, vanagloria ed egoismo. Ciò non vuol dire che essi non meritino e non ricevano il castigo. Riceveranno quello di Dio, che è il più severo.
Dopo una giornata così intensa sei stanco, Gesù, ma continui ad osservare quanto avviene qui, nel tempio. Ora sei nel cortile delle donne, di fronte alle stanze del tesoro, dove sono posti i recipienti che accolgono le offerte dei devoti. Sono offerte date a Dio, come i sacrifici bruciati sull'altare. Ti siedi, per osservare con calma come la gente del tuo popolo ama Dio, tuo Padre: tu lo senti come amore dato a te! Odi il tintinnio delle molte monete che risuonano cadendo dentro le tredici casse a forma di trombe capovolte, e odi pure l'ammontare di ogni somma donata, di cui un sacerdote tiene registro. "Tanti ricchi ne gettavano molte". Sul loro volto tu non vedi nulla di nuovo, nulla degno di nota. Quelle molte monete non cambiano nulla nella loro vita. È amore quel tintinnio o è vanità? Tu continui ad osservare, e, finalmente, vedi la gioia di Dio. E questa vuoi che la contemplino i discepoli e che la contempliamo noi. Non è uno scriba in lunghe vesti, non è un ricco generoso, è una donna, vedova e povera, senza mezzi e senza affetti, non considerata né apprezzata. Ecco la gioia di Dio, perché? "Essa ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere": essa cioè ha fatto come hai rivelato che devono fare i tuoi discepoli per essere tuoi discepoli, e che hanno già cominciato a fare quando hanno lasciato tutto per seguirti (10,28). Daranno ancora se stessi, come stai per fare tu: "dare la propria vita in riscatto per molti" (10,45). È gioia di Dio chi ti somiglia e ti segue nell'affidare al Padre la propria vita con una fede che ci fa capaci di amarlo con tutto il cuore e tutta l'anima.

 

 

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