serie 6. parte 8

Vangelo secondo Marco: capitolo 15,6-21

Testo del Vangelo
(trad. CEI 2008
)

Lectio

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: "Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?". 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.
11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: "Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?". 13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!".
14Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Ma essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!". 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!". 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

Signore Gesù, sei ancora davanti a Pilato. Tu sai che non ci si può fidare di ogni uomo indiscriminatamente, nemmeno, e tanto meno, se è potente. Pilato vorrebbe liberarti, ma nemmeno lui può fare quello che vuole: ha paura. Ha paura di quei capi religiosi che, senza pietà e senza motivo, vogliono la tua morte. Egli tenta una possibilità, ma senza decisione. Approfitta dell'arrivo di una folla che vuole assistere alla liberazione di un prigioniero. La Pasqua infatti è la festa della libertà del popolo, ed egli è solito fargli un regalo liberando un carcerato. Pensa infatti che quel popolo conosca e ami te, Gesù, ma quella folla invece è un ammasso di gente, di cui la maggioranza non ti ha mai incontrato.
Tra i prigionieri uno era famoso, un ribelle omicida. Egli porta un nome che potrebbe essere il tuo, Signore Gesù: si chiama Bar-abbà, figlio del padre. Sei tu il Figlio del Padre, lui semmai è figlio non del Padre che dà la vita, ma di colui che la toglie, dell'omicida, il diavolo. Pilato propone di liberare te, e ti chiama "il re dei Giudei": lo dice con disprezzo per loro, che rimpiangono un re. Egli sa che il popolo non ha verso di te invidia, come l'hanno i capi dei sacerdoti. Ma questi hanno grande ascendente sul popolo e propongono con forza e decisione di chiedere la liberazione dell'omicida. Purtroppo Pilato si lascia condizionare. Egli non ha più iniziativa né libertà, non riesce a valutare le conseguenze delle sue parole, tanto che chiede cosa deve fare di te alla folla! Egli sa che tu non sei colpevole di cosa alcuna, che non potresti essere condannato, eppure rimette la propria decisione a una folla che si lascia condizionare da chi grida più forte.
E così risuona il grido: "Crocifiggilo". È il completo rifiuto di te. Non sei più considerato membro del tuo popolo, sei ritenuto maledetto da Dio e da tutti.
Mio Signore Gesù, abbi pietà di me. Nessuno è innocente davanti a te: tu sei l'unico senza peccato, e su te pesano ora i peccati di tutti, soprattutto il mio. Il grido della folla continua, mentre tu, segretamente, ti offri al Padre per amarmi e per salvarmi.
Alla ultima domanda di Pilato nessuno è capace di rispondere. Tu non hai fatto nulla di male, ma è proprio per questo che ti offri al posto di quelli che hanno fatto il male e sempre il male.
Ora Pilato accontenta i malvagi. Egli, malvagio come loro, non può che accondiscendere alla loro invidia. Ne gode Barabba, e tu vieni coperto del tuo sangue a colpi di flagello: preparazione al supplizio spietato e feroce della croce.
I soldati non ti hanno mai conosciuto; si divertono al vederti soffrire. La cattiveria dell'uomo arriva fino a questo punto: divertirsi per la sofferenza dell'altro. Ti fanno spettacolo, ti scherniscono inscenando la coronazione del re con un manto di porpora (Es 28,4) e una corona di spine e il saluto romano che si dà all'imperatore. Colpi sul capo, sputi e prostrazioni canzonatorie. Davanti a te si deve piegare ogni ginocchio (Fil 2,10): qui ora si piegano anche le ginocchia dei soldati. Non importa la loro intenzione. Gesù, io piego le ginocchia davanti a te e al tuo dolore, e tu abbi pietà di me. "Sono diventato loro oggetto di scherno, quando mi vedono scuotono il capo" (Sal 109,25).
Con le tue vesti poi esci dalla città, anzi, vieni condotto "fuori". Tu lo sai che il figlio deve essere gettato fuori della vigna (12,8; Ebr 13,12). Ora questa tua parola avviene, e tu soffri nella speranza. Soffri perché verrà il castigo per coloro che uccidono il figlio, ma nella speranza, perché coloro che ora ereditano la vigna, la faranno fruttificare per il suo padrone.
Tu, come il seme, vieni gettato nella terra e muori, ma il frutto sarà grande e il pane sufficiente a nutrire tutta l'umanità per una vita nuova.

Vorrei essere io il cireneo che porta la tua croce, anche se costretto: vorrei che tu avessi sollievo, Signore Gesù. Simone potrà dire ai suoi figli che ha portato il tuo peso, che ha condiviso con te il cammino verso il Calvario. E quei figli, quanto saranno fieri del loro padre!
A portare la tua croce dobbiamo essere costretti, ma quale vita ci dona questo peso: ci fa tuoi veri discepoli!

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