02/10/2005 - 27ª DOMENICA DEL
T. O. - anno A
Prima lettura Isaia 5,1-7 dal Salmo 79/80
Seconda lettura Filippesi 4,6-9 Vangelo Matteo 21,33-43
Domenica prossima ritornerai a celebrare l'Eucaristia! Questo è il giorno
della gioia di Dio: egli vuole godere di te! È il giorno della gioia
di Dio per la creazione dell'uomo: possa egli godere della tua fede e del tuo
amore per lui, della tua obbedienza alla sua parola che ti rammenta di santificare
le feste. Noi abbiamo ricevuto una festa solenne, quella della risurrezione
di Gesù! Egli stesso "otto giorni dopo" stette tra i suoi discepoli
per donare loro la pace, per farsi riconoscere anche dal discepolo incredulo,
per riempirli di gioia e del suo santo Spirito! Noi non lasciamo passare l'ottavo
Giorno senza riunirci per incontrarlo, per ascoltare la sua Parola e ricevere
il suo Corpo ed il suo Sangue. Non possiamo davvero fare a meno del giorno del
Signore, giorno attraverso cui si manifesta la nostra identità! Siamo
cristiani? Lo si vede in questo giorno! Amiamo Gesù? Lo si vede in questo
giorno! Non possiamo amare Gesù senza amare il suo Corpo, senza desiderare
e volere ciò che lui ha fatto, senza continuare ciò che lui ha
cominciato. Egli ha dato inizio alla Chiesa, come Corpo di cui continua ad essere
il Capo: noi lo amiamo vivendo secondo le sue intenzioni! Rinuncerai ad andare
ai monti o al mare, rinuncerai a varie gioie per vivere la gioia di questo giorno,
ed essere così testimone per molti della importanza di Gesù Cristo
e della sua Chiesa!
Isaia ci presenta l'amore di Dio per il suo popolo, un popolo scelto ed educato
con cura perché diventi modello di giustizia e di comunione per tutti
gli altri popoli. L'immagine usata dal profeta è quella della vigna,
vangata e coltivata senza risparmio di fatica da un contadino, che, poi ovviamente,
si attende da essa uva pregiata. Anche Gesù farà uso di quest'immagine
per aiutarci a riconoscere in lui la vigna che porta frutto abbondante attraverso
i suoi discepoli.
Ed ecco che Dio domanda: "Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che
io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa
ha fatto uva selvatica?" "Ebbene, la vigna del Signore è la
casa di Israele:
egli si attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi".
Il popolo d'Israele, invece che diventare esempio di fedeltà, si è
corrotto e, seguendo gli egoismi e i vizi dell'uomo, ha assunto dei modi di
vivere uguali a quelli dei popoli pagani che non conoscono Dio! Gesù
se ne accorge: egli stesso, che con molti segni dà le prove di essere
colui che è stato promesso dai profeti e che porta in sè la pienezza
dell'amore divino, viene giudicato e rifiutato. I capi del popolo non sanno
riconoscerlo, anzi, spesso si rifiutano di ammettere l'evidenza dei fatti e
meditano già di eliminarlo. Ecco quindi che egli, con amore, mette in
luce questa menzogna, sia per favorire un'eventuale conversione di alcuni, sia
per impedire che le scelte dei capi diventino ostacolo alla fede in lui da parte
dei piccoli e dei semplici. Per questo racconta una parabola. Usa le immagini
proposte da Isaia, che parla di una vigna, oggetto di tutte le cure del suo
padrone. La vigna è buona, ma i vignaioli, malvagi, fanno i propri interessi
e non riconoscono i diritti del padrone. Questi tenta molte volte di convincere
con le buone maniere i suoi servi, ma inutilmente, inviando dei servi fedeli.
Infine manda il proprio figlio, sicuro che, benché malvagi, quei servi
l'avrebbero rispettato. Qui noi comprendiamo che Gesù parla di se stesso,
rivela il proprio compito e la propria identità, ma predice anche la
propria morte violenta.
I capi di Israele, che hanno molti interessi materiali, non sanno più
riconoscere il proprio ruolo, non vogliono nemmeno dipendere da Dio, che ritengono
non capace di intervenire nella storia: di questa vogliono essere essi stessi
padroni indiscussi. Gesù predice quindi anche la loro rovina: essi rifiutano
colui che è scelto da Dio, e Dio perciò toglierà loro ogni
autorità. Questa verrà data ad altri: un altro popolo, che Gesù
ha iniziato a "piantare" scegliendo e formandone le colonne nella
persona dei suoi apostoli. Il popolo che darà gloria a Dio portando nel
mondo la sua "giustizia" è la Chiesa: anch'essa però
dovrà fare attenzione a vivere sempre unita al Figlio di Dio! San Paolo
ci offre degli orientamenti perché noi, nella Chiesa, siamo dei validi
costruttori. Anzitutto non ci possiamo ritenere autosufficienti, ma ricorriamo
a Dio con la preghiera fatta sia di domanda che di ringraziamento. In tal modo
egli stesso ha la possibilità di formarci un cuore sempre nuovo, un cuore
che desidera ciò che è "vero, nobile, giusto, puro, amabile,
onorato". Questo è l'esempio che abbiamo dai santi, anzi, anche
da lui, l'apostolo che ha vissuto innumerevoli difficoltà per la sua
fede: terremo sempre presenti gli esempi umili, miti e forti dei nostri fratelli
approvati da Dio!