17/04/2005 - 4ª domenica di Pasqua - A
Prima lettura Atti 2,14°.36-41 dal Salmo
22/23
Seconda lettura 1Pietro 2,20b-25 Vangelo Giovanni 10,1-10
Quando il sacerdote ha terminato l'omelia, con voce chiara tutti insieme proclamiamo
il Credo, la professione di fede che da secoli unisce i cristiani di tutto il
mondo. Questo elenco di verità è detto "Simbolo della fede": esso
in forma sintetica propone quelle verità senza le quali non possiamo ritenerci
cristiani. Attraverso di esso riconosciamo chi è nostro fratello e lo distinguiamo
da chi non può dirsi tale. È il segno di riconoscimento, non solo per i cattolici,
ma anche per gli ortodossi e i protestanti, espressione di quella fede comune
che fa di noi fratelli in Gesù Cristo. Se qualcuno introducesse delle varianti
al Simbolo della fede sarebbe da ritenersi eretico, rientrerebbe tra quei falsi
fratelli da cui gli apostoli ci raccomandano di difenderci, perché pericolosi
per la nostra vita. Cambiare qualcosa al Credo significa infatti accettare un'immagine
diversa di Dio, e quindi dell'uomo, e con ciò minare le basi della nostra convivenza
e del nostro modo di amarci e stimarci l'un l'altro. Non per nulla la formulazione
del Credo ha assorbito tante energie, ha impiegato tanti decenni e impegnato
tanti dibattiti a Concili e sinodi. All'inizio il Credo era breve, poco più
del nostro attuale segno di croce. Col passare del tempo i santi padri hanno
avvertito che bisognava difendere i fedeli da sottili eresie che avrebbero,
a lungo andare, reso la fede vana, inefficace per la speranza e senza frutto
di carità. A varie riprese, ogni volta che si rendeva necessario, furono indetti
Concili per trovare le esatte e complete formulazioni per la fede dei cristiani,
in armonia con i santi Vangeli e con la tradizione genuina della Chiesa. Il
Simbolo che proclamiamo oggi si chiama niceno-costantinopolitano, perché ha
trovato la formulazione nel concilio di Nicea (325) e fu completato in quello
di Costantinopoli (381). Un cristiano non può accontentarsi di sapere a memoria
il simbolo della fede, ma deve averne assimilato e compreso i contenuti, cosa
che avviene in lunghi periodi di partecipazione alla liturgia e agli incontri
di catechesi.
Il vangelo di oggi ci aiuta anche a comprendere il valore del simbolo della
nostra fede! Questo è come la voce del pastore che le pecore riconoscono. Noi,
nella grande abbondanza di parole e discorsi che ci vengono proposti e anche
gridati, dobbiamo saper distinguere ciò che è vero da ciò che ci inganna, ciò
che viene dal Signore da ciò che è propinato dal suo nemico. Ecco, il Credo,
pur nella sua formulazione scarna, è un criterio sicuro. Se qualche dottrina
o qualche attraente discorso si discosta da esso, dobbiamo rafforzare la nostra
attenzione. Caso mai dobbiamo farci aiutare da qualcuno che conosce meglio la
nostra fede.
Riconoscere la voce del nostro Pastore è di vitale importanza, per non seguire
falsi pastori e trovarci poi su strade senza pace che non ci portano che a cercare
di soddisfare gli egoismi nostri o altrui! Per quest'opera di discernimento
ecco il Credo, ma ecco anche coloro che nella Chiesa hanno il carisma e il compito
di rappresentare il Pastore, la guida e il difensore!
Oggi tutta la Chiesa prega il Padre che faccia sempre dono di queste persone
al suo popolo, perché ne abbiamo bisogno, perché siamo sempre poveri, deboli
e ignoranti. Abbiamo bisogno di chi ci orienti a Gesù, la porta delle pecore:
se sbagliamo porta non entriamo nella pace e nella casa del Padre! Gesù insiste
a dire che lui è la porta, la porta vera, quella usata da chi agisce alla luce,
da chi non vuole ingannare. I ladri non passano per la porta, ma cercano altri
ingressi perché devono passare inosservati e agire di nascosto per non essere
riconosciuti. Il pastore, e chiunque in accordo con lui ama le pecore, entra
per la porta. Ebbene, Gesù è la porta per tutti coloro che amano gli uomini!
Se vedo che qualcuno evita Gesù, starò attento, non mi fiderò di lui! Se qualcuno
evita Gesù o lo accantona nei suoi ragionamenti e nelle sue scelte è una persona
che devo ritenere un pericolo per me!
Gesù è il mio pastore, egli è la mia porta! "Salvatevi da questa generazione
perversa!" dice oggi S.Pietro, esortando ad affrettarsi a correre da Gesù!
Non importa se con lui dovremo soffrire esercitando pazienza, ma con lui saremo
al sicuro, perché egli è "il pastore e guardiano delle vostre anime"!
Preghiamo quindi perché il Signore chiami giovani a seguirlo e servirlo, e preghiamo
perché coloro che percepiscono questa vocazione rispondano generosamente. Nella
Chiesa ci sarà ancora chi esercita per i fratelli il carisma e il servizio del
pastore! E naturalmente preghiamo anche per coloro che già lo esercitano, perché
siano forti e sereni e il loro lavoro sia efficace!