09/11/2008 - 32ª Domenica del T.O.
- anno A
Iª lettura 1Re 8,22-23.27-30 dal Salmo 94 IIª lettura 1Pt 2,4-9 Vangelo Gv 4,
9-24
"Credo la Chiesa, santa". Un altro attributo della Chiesa è quello stesso di Dio, il solo santo! Abbiamo visto il significato di questa parola quando parlammo dello Spirito Santo. Essendo la Chiesa opera dello Spirito di Dio, anch'essa gode di questa qualifica e della chiamata a manifestare agli uomini la santità di Dio. La Chiesa è santa perché in essa è presente Gesù, il Figlio di Dio, e perché è guidata dallo Spirito Santo. È santa perché in essa molti uomini ricevono lo Spirito Santo, e ne diffondono la consolazione, la gioia, la forza, la bontà! Essa è santa, perciò, anche se raccoglie in unità e in obbedienza a Dio uomini peccatori. La loro presenza nella Chiesa non diminuisce la sua santità, anzi, possiamo dire che le dà l'occasione di manifestarla accogliendoli, amandoli, perdonandoli, facendoli crescere con pazienza verso la statura del Figlio di Dio! Chi guarda solo gli uomini trae la conclusione che la Chiesa è solo peccatrice, ma chi guarda il volto e la mano di Dio ne va fiero, e lo ringrazia di averlo reso figlio della Chiesa stessa. Nessuno di noi può accusare la Chiesa di peccato, perché questo è dei singoli membri. E finché io sono e sarò peccatore non posso vantarmi al di sopra degli altri membri della Chiesa, nè pretendere che essi siano senza peccato, ma posso pregare sia per me che per gli altri perché siamo perdonati. La Chiesa, come il paradiso, raccoglie una folla di peccatori perdonati, perdonati e amati da Dio! Non dobbiamo lasciarci impressionare da chi continua a criticare la Chiesa perché in essa ci sono preti e vescovi antipatici e peccatori. Accettiamo questa critica perché nella Chiesa ci sto io, che sono davvero peccatore, ma continuiamo ad amarla, perché da essa, e solo da essa, possiamo essere perdonati! Le azioni principali della Chiesa sono appunto i santi Sacramenti, che mettono gli uomini a contatto con la santità e la potenza di Dio. Quando Gesù ha sfamato i cinquemila con i cinque pani e i quattromila con i sette pani, non ha offerto il pane direttamente a nessuna delle persone affamate e sedute in attesa sull'erba. Egli ha dato agli apostoli i pezzi di pane perché li distribuissero. Il pane di Gesù era nelle mani di Pietro e di Giovanni, di Giacomo e di Bartolomeo, di Tommaso e di Giuda. Non c'erano alternative, e nemmeno oggi c'è altra possibilità: nessuno può vedersela da solo con Dio, nessuno può dire "Cristo sì, la Chiesa no". Cristo è il capo della Chiesa, non lo trovi altrove! Per questo la Chiesa è santa!
San Paolo si sofferma a dare consolazione ai credenti: essi ritenevano che
i fedeli che morivano non avrebbero potuto essere presenti al ritorno glorioso
di Gesù; pensavano infatti che il Signore sarebbe ritornato di lì a poco! L'apostolo
li assicura che il Signore non farà differenze: quando verrà chiamerà anche
i suoi fedeli già morti! Egli sa godere della nostra e della loro presenza allo
stesso modo. Non siamo ancora capaci di immaginare l'onnipotenza dell'amore
di Dio, per questo facciamo fatica a pensare alla risurrezione! Il Signore ci
vuole con sè!
Egli ci vuole con sè come le vergini prudenti e sagge, di cui ha parlato raccontando
la parabola. Tutte le dieci vergini sanno che lo sposo che esse devono accompagnare
festosamente alle nozze sta per arrivare. Sanno che egli può venire di giorno,
ma che potrebbe anche tardare e arrivare nel cuore della notte. Quelle che sono
davvero desiderose di fargli festa si tengono pronte e tengono pronta anche
la riserva di olio per le loro lampade. Alcune invece non hanno pensato alla
riserva: che cosa significa? Significa che il loro amore allo Sposo, che deve
essere festeggiato, è del tutto assente, o fasullo, apparenza ingannevole. Quando
arriva la chiamata, l'amore pronto e deciso delle ragazze prudenti e sagge non
serve ad aiutare quelle pigre e simulatrici. Esse sono riconosciute come tali,
e il loro posto rimane quello in cui si trovano, un posto senza luce, senza
calore, senza la gioia dell'amore!
Gesù ha raccontato questa parabola per aiutarci ad essere vigilanti, sempre
pronti ad incontrarlo in maniera da essergli graditi. Egli non può e non vuole
far nulla contro o indipendentemente dalla nostra volontà. Se noi non vogliamo
essere salvati, egli non ci può salvare. Nostra salvezza è accogliere il Salvatore
che ci viene incontro, Gesù, lo sposo che si dona a tutti e accoglie l'amore
di ognuno per farlo partecipe della gioia piena ed eterna. Egli stesso soffrirebbe
di doverci dire: "Non vi conosco!". Se noi ci disinteressassimo di
lui, egli non potrebbe far altro che dare questa risposta alla nostra eventuale
preghiera di essere accolti. Egli ci apre la porta con grande desiderio se ci
trova desiderosi di lui. Questa è la vera sapienza: cercarlo con amore, cercarlo
di buon mattino, come dice la prima lettura, cercarlo con insistenza e perseveranza.
Da chi lo cerca egli si lascia trovare. Chi non lo cerca rimane con il vuoto
nel cuore e la tristezza nello sguardo, perché non vede nemmeno il significato
del proprio vivere e del proprio morire.
Ripeteremo perciò: Ha sete di te, Signore, l'anima mia! Ripeteremo questa preghiera
cercando in ogni momento di vivere così come sappiamo che piace a Gesù, lo sposo
che ci vuole con sè per riempirci di gioia e di pace.