09/12/2007 - 2ª Domenica T. A. -
anno A
Iª lettura dal Salmo IIª lettura Vangelo
Quando Gesù, il Figlio dell'uomo, tornerà, vorrà trovare persone e popoli che
vivano la sua Parola e, con la loro carità, la presentino al mondo. Egli godrà
di vedere comunità di persone che vivono mettendo in pratica i suoi insegnamenti,
anzi, di più, che vivono unite a lui, compiendo la sua missione di rendere attuale
l'amore del Padre per ogni uomo. Fede e amore non possono essere disgiunti,
benché siano atteggiamenti diversi. Chi crede, lo fa realizzando l'amore di
Dio, e chi ama, ama davvero solo se lo fa a causa di Dio. Solo l'amore che procede
dalla fede può essere un amore disinteressato, gratuito, libero. Il credere
è il fondamento del vero amore, ciò che lo fa sussistere e perseverare. Per
questo Gesù cerca chi crede. È importante l'amore, perché ci fa partecipi dell'essere
stesso di Dio, ma deve essere l'amore vero, quello fondato nella fede.
Dicendo "credere" poi non intendiamo semplicemente ritener vero che
esiste un Dio al di sopra di noi, o professare una qualunque fede in qualsiasi
divinità. Nel Nuovo Testamento i "credenti" sono le persone che hanno
accolto Gesù come Signore e Figlio di Dio morto e risorto dai morti. Questo
termine distingue i cristiani persino dagli ebrei! Non che questi non credano
in Dio, ma la loro fede non è completa: essi non credono in "colui che
il Padre ha mandato"! Questo è il credere che incide nella vita dell'uomo,
lo riempie di speranza e gli dà motivazioni per vivere la carità. Il credere
del cristiano si distingue perciò dal credere di qualsiasi religione. Alcune
religioni non usano nemmeno la parola credere, perché non vi si parla nemmeno
di un Dio personale, e non vi è previsto l'incontro con Un Altro: è il caso,
per esempio, del buddismo. Nelle religioni primordiali, animiste, si pensa all'esistenza
di uno o più divinità. Queste possono essere sì pregate, cioè si può chiedere
loro di farci del bene e di non farci del male, ma non può esserci con loro
un rapporto di fiducia che vada oltre la morte. Persino nell'islam siamo sì
certi dell'esistenza di un unico Dio, ma questi non si rende disponibile ad
un rapporto vivo con l'uomo: tutte le sue paure rimangono, frutto della presenza
della morte.
Le parole di Giovanni Battista sono illuminate e completate da quelle del profeta
Isaia, che oggi udiamo in una delle sue pagine più belle e ricche di speranza.
Egli annuncia colui che vivrà dello Spirito del Signore, e che porterà quello
Spirito sulla terra perché ne sia fecondata e rinnovata. Noi guarderemo a lui
per imparare, per essere consigliati, per avere esempio di vita. I suoi giudizi
sono sicuri e stabili, e perciò impareremo da lui a valutare il bene e il male.
La sua parola è sicura e dà sicurezza a quanti la custodiscono. Quando egli
sarà ascoltato e ubbidito si avvereranno i sogni di tutti gli uomini, i sogni
di pace, di comunione, di condivisione. Il profeta lo dice con immagini molto
eloquenti: gli animali feroci non faranno più paura a nessuno, andranno d'accordo
tra loro: gli accostamenti di lupo e agnello, vacca e orsa, aspide e lattante,
pantera e capretto non saranno più sinonimo di pericolo e di inimicizia di paura
e morte. Quando sarà con noi colui che è annunciato cambieranno le cose. Ora
i violenti, i prepotenti, gli ingannatori e i fraudolenti fanno soffrire e obbligano
l'uomo a vigilare, a dubitare, a sospettare, a coltivare inquietudine e tensione,
ma quando verrà lui, il Signore, allora tutte queste situazioni cambieranno.
Allora nei cuori occupati dall'inimicizia entrerà volontà di pace e capacità
di accordo, e questa sarà un'occasione di gioia e di consolazione per tutti.
La profezia è vera, e allora bisogna prepararsi ad accogliere l'arrivo di colui
che porta lo Spirito del Signore! Giovanni Battista avvia questa preparazione.
Egli si veste da profeta e si nutre dell'essenziale per attirare gli uomini
all'attenzione, si reca nel deserto per incontrare coloro che viaggiano affinché
le sue parole e i suoi forti richiami arrivino in molti luoghi e a molte città.
La sua fatica, affrontata in obbedienza a Dio, è ripagata: grandi folle arrivano
per accogliere il suo messaggio e realizzare la conversione del cuore. Questa
avviene con la confessione dei peccati: non si può accogliere l'inviato di Dio
e continuare a giustificare i propri egoismi e le proprie disobbedienze! A coloro
che vengono a lui solo con curiosità, senza volontà di cambiare i propri orientamenti
e senza riconoscere le proprie infedeltà all'alleanza con Dio, Giovanni grida
con sicurezza: "Razza di vipere"! Chi pensa di essere a posto, di
non aver bisogno dell'Inviato di Dio, di poter giudicare gli altri mettendosi
al suo posto, costoro sono persone pericolose, persone da cui guardarsi, perché
di loro non ti puoi fidare come non ci si può fidare dei serpenti velenosi.
Non cercheremo negli altri questi atteggiamenti, baderemo di non tenerli in
noi! Cercheremo di imparare dal Signore Gesù e di custodire in noi i suoi sentimenti,
che sono di benevolenza, di fedeltà, di misericordia, di lode a Dio. A questo
ci esorta l'apostolo Paolo scrivendo ai Romani; egli ci esorta pure a far tesoro
delle Scritture, che ci sono date come grande dono da Dio. Attraverso di esse
lo conosciamo, attraverso di esse cresciamo in sapienza e discernimento e diventiamo
perseveranti nella fede ricevendo consolazione. Attraverso la frequentazione
delle Scritture nutriamo la nostra speranza, senza la quale tutta la vita perde
sapore, perde il desiderio, e la volontà si indebolisce. Amiamo le Scritture,
cercandole con perseveranza!