21/08/2011 - 21ª Domenica del T.O. - anno A
1ª lettura Is 22,19-23 dal Salmo 137 2ª lettura Rm 11,33-36 Vangelo Mt 16,13-20
Il profeta Isaia ci narra un cambiamento voluto da Dio tra i funzionari del regno
di Ezechia. Il maggiordomo Sebna viene destituito e il suo potere affidato ad Eliakim.
Quel potere è chiamato "chiave", chiave che apre e chiave che chiude.
Nessun altro avrà una chiave uguale a quella: è un potere unico per tutta la casa,
o, meglio, per "la casa di Davide", cioè per tutto il popolo. Colui che
riceve questa chiave viene paragonato pure ad un piolo ben fissato al terreno, inamovibile.
Ascoltando il vangelo comprendiamo che il fatto descritto dal profeta è una profezia
di quanto avviene nei dintorni di Cesarea di Filippo, città dove Gesù si è recato
con i suoi discepoli. Questa città, fondata da poco, si trova all'estremo nord della
Palestina, un luogo confinante con popoli pagani, famosa per i suoi templi che attiravano
pellegrini ad adorare quelle divinità contro le quali a suo tempo si era scagliato
il profeta Elia. Uno di quei templi era dedicato addirittura all'imperatore di Roma,
Augusto Cesare: uno schiaffo in faccia agli ebrei dei dintorni. Gesù non ha paura
a recarsi proprio in quella regione, dove pure scaturivano le acque del fiume Giordano,
tanto significativo per la storia del popolo e della sua salvezza. In questo luogo,
dov'è difficile vivere la fede di Abramo, Gesù porta i discepoli. E proprio qui
li interroga per sapere fino a che punto la sua persona ha incidenza nella loro
vita.
"Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?", questa la prima domanda.
I discepoli devono conoscere la gente e sapere cosa c'è in fondo al loro cuore e
in che rapporto stanno con lui. Da questo si renderanno conto se possono essere
in comunione con loro. Tutti i discepoli sanno rispondere, perché tutti odono i
discorsi della gente. Gesù è ritenuto uno dei profeti risuscitato dai morti. La
gente pensa davvero bene di Gesù, ma non lo ha capito. Se è uno dei profeti, benché
risuscitato, si sa già tutto di lui e lui non ha nulla di nuovo da dire. Quelli
che credono così non cercheranno Gesù per imparare o per orientare diversamente
la propria vita: essi sanno chi sono stati e cos'hanno detto e fatto i profeti,
quindi ritengono di conoscere abbastanza Gesù.
"Ma voi, chi dite che io sia?". È la seconda domanda, più impegnativa.
Risponde solo uno, Simone, il pescatore. La sua risposta è novità: "Il Figlio
del Dio vivente"! Gesù capisce che una risposta del genere non può essere la
conclusione di un ragionamento, ma è un dono di Dio, che vuol far conoscere il Figlio
agli uomini. Gesù esprime la sua gioia e meraviglia per questa parola di Simone.
Questi lo conosce davvero, e su quella Parola che manifesta la sua divinità può
fondare il nuovo popolo, quello che porterà a compimento il compito affidato al
popolo d'Israele, compito che non è stato mai realizzato a causa dell'infedeltà
dei capi. Gesù quindi passa le chiavi del regno di Dio dal popolo d'Israele al nuovo
popolo, che egli, come edificio, appoggia sulla roccia delle fede vera. Le chiavi
vengono date al "maggiordomo" di questo nuovo edificio, cosicché egli
possa aprire e chiudere: Dio stesso accetta e sancisce quanti egli decide.
Simone riceve un nome nuovo da Gesù, il nome che si addice alla fede da lui professata
davanti a tutti, fede che sarà fondamento sicuro per i credenti. Questo non è ancora
il momento di diffondere a tutti la conoscenza di Gesù che Pietro ha manifestato.
Gesù dovrà spiegare il significato del titolo "Figlio dell'uomo" con cui
si autodefinisce, altrimenti sarà frainteso. "Figlio dell'uomo" è il titolo
che il profeta Daniele dà a colui che regnerà su tutti i popoli, ma soltanto dopo
esser passato per la tribolazione.
Noi intanto ammiriamo non tanto la fede di Pietro, quanto Gesù stesso, che passando
per la morte sarà esaltato nella risurrezione. Ammirando questo mistero diremo con
San Paolo: "O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza
di Dio! … Chi mai è stato suo consigliere? … A lui la gloria nei secoli."