14/09/2003 - Domenica 24ª del Tempo
Ordinario - Anno B
o Festa dell'Esaltazione della S.Croce (vedi altro
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Prima lettura Isaia 50,5-9a dal Salmo 114-115
Seconda lettura Giacomo 2,14-18 Vangelo Marco 8,27-35
Sentendo il profeta Isaia noi pensiamo a Gesù. Noi sappiamo che egli è stato
flagellato, schiaffeggiato, sputacchiato, insultato. Gesù è stato accusato e
ingiustamente condannato, mentre, tacendo, si affidava al Padre e non temeva
il potere degli uomini. Egli è il vero servo del Signore, che ha continuato
a rimanere nell'amore e nella fede, anche quando lo circondava l'odio e la malizia
del mondo. Gesù aveva continuamente presente questa profezia, Parola di Dio.
Sapeva che questa era la volontà del Padre. Soprattutto quando parlava nell'intimità
con i suoi discepoli, egli cercava le occasioni per rivelare questo mistero,
quasi in segreto, perché per essi era difficile comprenderlo e ancor più accoglierlo
e condividerlo. Questo mistero, che fa parte della volontà di Dio per il suo
Messia, è il punto principale della rivelazione che Gesù vuole trasmetterci
oggi. Egli porta i discepoli lontano, ai confini con le terre pagane. Anche
questo ha il suo significato: l'essere distante da luoghi e persone conosciuti,
l'essere in un luogo dove si può passare inosservati, favorisce l'intimità e
la libertà interiore per accogliere orientamenti nuovi di vita.
Gesù parla usando il metodo dei rabbini: pone delle domande, aiutando gli interlocutori
a riflettere e a prendere posizione. Le domande di Gesù sono soltanto due. "Chi
dice la gente che io sia?"; questa è la prima. È necessario sapere cosa
dice la gente? Gesù vuol preparare il terreno per la domanda importante e decisiva,
però ha la sua importanza saper rispondere anche a questo interrogativo. Sarebbe
come dire: in quale mondo viviamo? Verso di me quale posizione prende la gente
cui voi annuncerete il vangelo? Potete condividere qualcosa con la gente? E
che cosa? Che cosa occorrerà dire alla gente, e che cosa non servirà annunciare
perché già patrimonio della sua cultura? Quali possono essere le difficoltà
che la gente oppone all'annuncio del vangelo?
Le risposte della gente sono varie, ma tutte hanno due elementi in comune. La
gente dice che Gesù è uno dei profeti già conosciuti, morto e quindi risorto.
Pensando a Gesù tutti pensano ad un risorto, uno però di cui si sa già cosa
potrebbe dire: si sa cosa hanno detto i profeti. La gente è disposta a credere
al miracolo di una risurrezione, non però ad accogliere una persona nuova, che
possa dire o domandare qualche cosa che cambi la vita!
La seconda domanda di Gesù si rivolge direttamente al cuore dei discepoli: "E
voi chi dite che io sia?" Anche i discepoli devono esprimersi. La loro
risposta viene formulata da Pietro per tutti. Essi sanno chi è Gesù. La risposta
è vera: Gesù è il Cristo, cioè il consacrato da Dio, il Messia atteso da tutto
il popolo d'Israele!
La risposta è vera, ma Gesù impone di non comunicarla a nessuno. Questo silenzio
è importante. Anzitutto chi incontra Gesù deve rendersi conto personalmente
della sua identità, e questo non è solo frutto di una conoscenza intellettuale,
ma anche di un coinvolgimento. Inoltre non è detto che una risposta esatta e
vera sia anche compresa senza fraintendimenti. Lo stesso Pietro infatti rifiuta
la rivelazione che gli fa Gesù. Pietro rifiuta l'idea che il "Cristo"
possa morire e risorgere. La sua risposta è esatta, ma la comprensione di essa
è ancora più lontana dalla realtà che non la conoscenza che di lui ha la gente.
Gesù deve rimproverare Pietro, che si fa portavoce di Satana, di colui cioè
che non accetta la croce come via alla vita, come volontà del Padre, come strumento
di salvezza! Pietro immagina e vuole un Messia senza croce, lo vuole grande
e stimato agli occhi degli uomini. Egli deve aspettare quindi a parlare del
Cristo, ad annunciare Gesù come il Salvatore: deve aspettare di incontrarlo
risorto dai morti con i segni della passione e della croce. Può parlare di Gesù
con frutto chi ha incominciato a soffrire con lui e per lui, chi accetta con
amore a portare la croce dietro a lui, chi non pensa a salvare la propria vita!
La fede in Gesù non è un bell'ornamento. Ce lo dice anche S.Giacomo oggi. La
fede è come l'amore, che non viene fatto esistere solo dalle belle parole. La
nostra fede deve rivelarsi con i suoi frutti, e frutto della fede è il camminare
dietro a Gesù portando la nostra croce.
Oggi esprimiamo a Gesù il nostro amore concreto accettando quelle croci che
egli ci ha preparato: potremo così parlare di lui ai fratelli in modo attraente
ed adeguato!