26/08/2001 - Domenica
20ª del Tempo Ordinario - Anno C
Prima
lettura
Geremia 38, 4-6. 8-10
Salmo
39
Seconda
lettura Ebrei
12, 1-4
Vangelo
Luca 12, 49-57
“Perché
non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”.
Con queste parole Gesù termina un discorso, impegnativo e forse anche doloroso
per le folle che l’ascoltano.
Egli
sa che tutti i suoi uditori hanno dei criteri di valutazione delle cose, ma li
usano solo per quelle materiali. Tutti infatti, per es., osservando il tempo
atmosferico sanno discernere, dalla direzione del vento o dalla temperatura, se
farà bello o se farà brutto. Nessuno invece vuol usare discernimento per
valutare i fatti e trarne conclusioni. Nessuno vuole dire: dato che Gesù libera
gli oppressi, fa sì che i ciechi vedano, annuncia la gioia ai poveri, significa
che è lui il Messia promesso, l’Inviato di Dio! Nessuno osa dirlo: tutti
aspettano che si pronuncino i
capi o gli scribi, oppure i più religiosi, come i farisei. Tutti hanno
paura a trarre le conseguenze da sè. Le conseguenze di un sano discernimento
infatti, quando ci saranno, creeranno divisione anche tra le persone più care,
persecuzione, in qualche caso persino morte. Morirà per primo lui stesso, Gesù!
Egli attende questo momento, e lo attende non come una disgrazia, ma come un
battesimo, cioè un nuovo inizio, un passaggio ad una nuova vita per se stesso e
ad una nuova situazione per tutto il mondo. Egli sa che la sua passione e morte
darà l’avvio ad un movimento paragonabile al fuoco che divampa in una
foresta! Tutto cambierà! Un fuoco è purificazione, è preparare il posto a
cose nuove, è luce che illumina la notte.
Gesù
attende che divampi questo fuoco, fuoco che egli stesso ha portato. È il
Vangelo, la vita nuova nello Spirito, la vita gioiosa di chi sa d’essere amato
dal Padre: questa novità susciterà invidia, gelosia, rabbia. Molti si
riveleranno lupi capaci di avventarsi contro coloro che seguono l’Agnello e
vivono come agnelli!
Questa
situazione non è nuova: già Geremia e molti profeti l’hanno attraversata. La
prima lettura ci presenta il momento in cui è stato perseguitato il profeta
Geremia. Egli ha sperato nel Signore, come canta il salmo: ”Ho sperato: ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato…
Mi ha tratto dalla fossa della morte, … ha reso sicuri i miei passi”. Anche
Gesù è stato liberato dalla morte, in modo sorprendente: egli è stato
liberato dopo esservi entrato, dopo averla vissuta. Egli è più grande dei
profeti, il suo battesimo è completo: è entrato ed uscito dalle acque di morte
con la risurrezione, senza bisogno di uomini che lo potessero liberare, come
invece avvenne per Geremia! Egli è davanti al nostro sguardo sulla croce
e seduto alla destra del trono di Dio! Noi teniamo lo
sguardo fisso su di lui, pensiamo
a lui, alle varie fasi della sua storia vissuta tra i peccatori. In questo modo
siamo continuamente rafforzati e preparati ad affrontare la
nostra lotta contro il peccato e la fatica a vivere in mezzo alle ostilità
che la nostra fede incontra. L’autore della lettera agli Ebrei ci esorta a “correre”
senza indugi in quella fede che è opera di Gesù, e che egli ha perfezionato in
noi, ed è stata vissuta, fino a versare il sangue, da un
gran numero di testimoni.
Con
l’esempio di questi anche noi potremo davvero, senza paura e senza esitazione,
giudicare da noi stessi ciò che è
giusto.
È
giusto che sii tu, Gesù, a guidare la nostra vita. Tu ti sei offerto per noi
alla morte, non ti sei vergognato di chiamarci fratelli nonostante i nostri
peccati, hai portato una pace contraddetta sulla terra. Io mi offro a te: se
incontrerò la croce, so che ci sei anche tu a portarla, e non temerò! Potrò
dirti: “Io sono povero e infelice, ma
di me ha cura il Signore!”.