2/09/2001 - Domenica
22ª
del Tempo Ordinario - Anno C fgr@cinquepani.it
Prima
lettura |
Salmo |
Seconda
lettura |
Vangelo |
Siracide 3, 17-18. 20. 28-29 |
67 |
Ebrei 12, 18-19. 22-24 |
Luca
14, 1. 7-14 |
Gesù
accoglie l’invito di un capo dei farisei. Egli sa che questi non lo amano, ma
proprio per questo essi hanno bisogno di lui. Essi infatti lo osservano, cioè
stanno a spiare i suoi gesti e le sue parole. Egli non se ne spaventa e guarisce
un uomo malato di idropisia proprio perché quel giorno è un sabato, il giorno
in cui Dio vuole comunicare la sua gioia agli uomini. Questo episodio non appare
nel brano di oggi, ma è utile ricordarlo prima di fermare la nostra attenzione
sulle parole che Gesù rivolge ai suoi commensali che stavano a osservarlo. Ora
è lui che osserva. I suoi occhi vedono e il suo cuore nota il modo di fare di
quegli uomini religiosi invitati a mangiare insieme a lui.
Gli
invitati cercano i primi posti. Si reputano importanti, non attendono che il
padrone assegni loro il posto, se lo prendono. A tavola si comportano proprio
come si comportano nel loro rapporto con Dio.
Essi,
ritenendosi religiosi, si ritengono in diritto di fare quel che vogliono nel
rapporto con Dio: questi dovrà obbedire alle loro decisioni!
Comprendiamo
così che le parole di Gesù non suonano come una semplice regola di galateo, ma
come un tentativo di correggere il modo di considerare Dio, il modo di vivere
con lui. Gli uomini devono vivere con umiltà il proprio rapporto col Padre,
attendere da lui l’invito e l’assegnazione del posto. Non è del posto a
tavola che si tratta, ma del posto nel suo cuore, e del rapporto con gli altri
suoi figli.
Un
vero figlio non cerca il posto, cerca il Padre! Ed è contento del posto che il
Padre gli dà, perché quello è il posto dell’amore! Coloro che vantano
diritti di fronte a Dio sono peggio dei pagani, peggio dei peccatori, che sono
invece capaci di umiliarsi. Coloro che vantano diritti davanti a Dio in pratica
giudicano Dio stesso, si reputano migliori di lui, si ritengono capaci di
istruirlo!
Un
altro insegnamento offre Gesù rivolgendosi a colui che l’aveva invitato.
Anche questa esortazione, strana, sgorga dal cuore di Gesù che sta contemplando
il modo di fare del Padre. Nessuno può ripagare Dio dei suoi benefici! E Dio
ama proprio gli uomini incapaci di ripagarlo, incapaci di restituire quanto
ricevono da lui; egli ama soprattutto i poveri e i sofferenti, anche i ciechi e
gli zoppi, nonostante questi venissero esclusi dalla possibilità di offrire
sacrifici nel tempio di Gerusalemme.
Se Dio
agisce in questo modo, non dovranno gli uomini imitarlo? Gesù consiglia a colui
che può imbandire banchetti di farlo pure, ma invitando a goderne non coloro
che possono ripagare, bensì coloro che non lo faranno mai, perché troppo
poveri. Facendo così egli “obbliga” Dio a ripagarlo, e Dio lo farà! Il
Padre ripagherà quando potrà farlo in maniera divina, nel modo più grande
possibile, anche se per questo deve attendere fino al tempo della
“resurrezione dei giusti”, quando darà il premio a tutti! I poveri sono i
suoi preferiti, e quanto si fa a loro cade automaticamente sul conto di Dio:
egli si sente debitore!
I due
consigli di Gesù sono sottolineati anche dalla prima lettura. Questa ci
trasmette le parole di un padre che insegna a vivere al proprio figlio. Gli
insegna l’umiltà. Lo esorta a essere modesto, a farsi piccolo, a stare in
ascolto, a tendere la mano ai poveri. In tal modo la sua vita diventa gloria di
Dio!
Pure
la seconda lettura ci rammenta che la presenza di Dio noi non la troviamo in
esperienze eclatanti o eventi grandiosi, ma nella esperienza quotidiana e
gioiosa e nascosta del nostro mondo interiore che si mette in comunione con
coloro che vivono presso Dio nei cieli!
Grazie, Signore Gesù, che ami i poveri e i peccatori: tra essi ci sono anch’io! Amato da te, posso cercare di imitarti e divenire così un segno e un dono del Padre per qualche altro nel mondo. Gloria a te!