DOMENICA 2ª di Quaresima - Anno C | |||
I LETTURA |
Salmo | II Lettura | Vangelo |
Genesi 5, 5-12.17-18 | 26 |
Filippesi 3,17-4,1 |
Luca 9, 28-36 |
Abramo, ricevuta una promessa da parte di Dio, gli chiede un segno. Gli viene concesso: il fuoco scende sugli animali del suo sacrificio, mentre egli viene preso da “un oscuro terrore”.
Questa paura provata dall’amico di Dio è somigliante a quella che coglie i tre discepoli di Gesù quando si accorgono di essere alla presenza di Dio sul monte. Questi tre discepoli erano quelli che facevano opposizione al disegno che il Padre stava rivelando loro tramite Gesù!
Otto giorni prima infatti il Signore aveva cominciato a rivelare la propria futura passione, morte e risurrezione, e Pietro aveva opposto resistenza. Giacomo e Giovanni desideravano la gloria umana chiedendo i primi posti. Gesù prende con sé proprio questi discepoli e li porta a pregare. Solo la preghiera potrà cambiare loro il cuore e aprirlo alle realtà nuove, divine, sante e misteriose.
La preghiera infatti è il tempo in cui ci si lascia immergere nella presenza divina, e in essa si riceve un nuovo vestito, una nuova forza interiore, una luce nello sguardo che può poi penetrare i misteri dell’amore del Padre. I tre discepoli non hanno ancora imparato a pregare come Gesù, perché non hanno ancora imparato a offrirsi al Padre, ma Gesù è il maestro della preghiera, è la preghiera stessa: egli viene trasformato, sul suo volto appare la gloria di Dio e persino le sue vesti fanno trasparire i segni della vittoria (bianco candore) e della novità e grandezza (folgori) di Dio! Con lui parlano Mosè ed Elia, approvando il discorso che otto giorni prima Gesù aveva iniziato, ma nel quale non era riuscito a coinvolgere i suoi.
Uomini di fede, Mosè ed Elia, avevano fondato e condotto e custodito il popolo d’Israele come popolo di Dio. Mosè aveva dato le dieci parole da vivere per essere santi, come Dio è santo, e attraverso molte incomprensioni e sofferenze aveva portato il popolo a godere la libertà per servire Dio stesso nella gioia; Elia aveva difeso la stessa fede da infiltrazioni di varie idolatrie, e per questo è stato perseguitato. Tutti e due hanno goduto della “visione” della gloria di Dio: ora essi sono testimoni che le parole di Gesù annuncianti il suo esodo da questa terra al Padre, anche se difficili da accettare, sono proprio quelle che essi hanno profetizzato.
Ora, terminato il colloquio con Gesù, se ne vanno. Pietro vorrebbe rimanessero: certo, se Mosè fosse visto con loro dai sommi sacerdoti e dagli scribi, Gesù non verrebbe rifiutato!
Il discorso di Pietro lascia capire che egli non ha assimilato le parole di Gesù, non sa cosa dire, è frastornato. La nube li spaventa tutti e tre: la nube è un segno della presenza di Dio stesso! Essi hanno paura, non sono abituati a stare alla presenza di Dio in maniera così forte! Temono per la propria vita. Ma il Padre vuol solo aiutarli a conoscere Gesù e la sua missione: egli è il Figlio, l’eletto, cioè colui che deve realizzare le profezie di Isaia, che parlano appunto di sofferenza e di morte per il Servo di Dio, di morte per la salvezza dei peccatori! Egli è il Figlio che dev’essere ascoltato come è stato ascoltato Mosè, e più ancora: egli è la Parola del Padre, ascoltando lui ascoltiamo il Padre stesso!
San Paolo con due pensieri attualizza per noi l’insegnamento del vangelo.
Se non accettiamo la croce del Signore rischiamo di rimanere invischiati negli idoli di questo mondo, che accontentano solo le esigenze del ventre!
Guardiamo alla patria eterna in cui regna il nostro Salvatore, che sa trasfigurare anche il nostro misero corpo. La nostra vita in questo mondo può già essere cambiata tanto da rivelare nientemeno che la gloria di Dio! Continuiamo a rimanere aggrappati a Gesù!