05/09/2004 - Domenica 23ª del Tempo Ordinario - Anno C
Prima lettura Sapienza 9,13-18 dal Salmo 89
Seconda lettura Filemone 9-10.12-17 Vangelo Luca 14,25-33
Di fronte a Dio è necessario avere tanta umiltà, proprio tanta, anzi, tutta!
La prima lettura ci aiuta a vederne i motivi, riconoscendo anzitutto la nostra
ignoranza, e poi ammettendo che la nostra comprensione delle realtà, sia materiali
che spirituali, è appesantita da condizionamenti non indifferenti: dobbiamo
fare i conti infatti con il corpo materiale e la sua debolezza e fragilità.
I progetti di Dio sarebbero per noi irraggiungibili, se egli stesso non ci concedesse
la sua sapienza, e i suoi disegni inimmaginabili, se egli non ce li facesse
vedere. Noi non conosciamo a fondo neppure le cose che vediamo e tocchiamo,
tanto che prendiamo per buone quelle che sono veleno, ci lasciamo incantare
da ragionamenti che ingannano, seguiamo come benefattori persone che fanno solo
i loro interessi e ci lasciano poi più soli che mai. È veramente necessario
metterci con umiltà davanti al nostro Dio e implorare la sua sapienza, la luce
del suo Spirito, la forza che viene da lui, perché non compiamo errori e perché
egli stesso agisca dentro le nostre opere: "Insegnaci a contare i nostri
giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. … Sia su di noi la bontà del Signore,
nostro Dio: rafforza per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre
mani rafforza"! Questo salmo ci aiuta a pregare con umiltà e verità, e
ci prepara ad ascoltare le parole serie e decise di Gesù. Egli da alcune domeniche
ci fa notare come l'attaccamento ai beni materiali ci renda stolti, occupi il
nostro cuore, fatto invece per le realtà spirituali, ce lo chiuda ai fratelli,
figli di Dio.
Ora che siamo stati preparati la sua parola diventa esigente al massimo: "Chiunque
di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo".
Gesù pronuncia queste parole cosciente delle conseguenze: i discepoli potrebbero
abbandonarlo; ma, da questo momento, egli vuole assicurarsi non che siano numerosi,
ma che siano veri discepoli, persone che amano lui più di qualsiasi altra cosa.
Come potrebbe altrimenti avere il coraggio di affidare loro i beni spirituali
del suo regno? Chi ha degli interessi materiali da difendere non riesce a godere
della comunione di Spirito Santo con nessuno, né col Signore né con i suoi fratelli.
Per rimanere con lui in modo fruttuoso e stabile è necessario impegnare tutto
il cuore con la sua Persona.
Se io voglio seguire Gesù, ma rimanessi saldamente attaccato a tutti gli affetti
che ho, sarei certamente diviso dentro di me. I miei parenti ed amici infatti,
anche quelli che dicono di volermi molto bene, non riescono a comprendere ed
accettare tutte le decisioni che prendo per seguire il Signore, e non posso
pretenderlo: egli mi fa sentire le sue chiamate nell'intimo del mio cuore, e
le fa sentire solo a me. Vediamo infatti genitori che tentano di ostacolare
le scelte di fede dei loro figli, fratelli che disapprovano o deridono i loro
fratelli che cercano di vivere nello spirito delle beatitudini, amici che abbandonano
i loro amici quando questi intendono essere fedeli ai comandamenti e alle scelte
della Chiesa.
Gesù ci aiuta con due semplici parabole. Chi vuol far dono di un'opera pubblica
alla sua città, anche per l'ambizione del proprio nome, non comincia nemmeno
se non è sicuro di riuscire: sarebbe canzonato da tutti. Un re, che intendesse
muover guerra ad un altro più forte di lui, fa prima grandi calcoli con i suoi
generali per essere sicuro di non venir schiacciato e reso schiavo con il proprio
popolo: caso mai, pur di salvarsi, cerca di trattare per la pace. Allo stesso
modo, chi vuol affidarsi a Gesù e seguirlo, deve esaminare la propria capacità
di vivere senza farsi condizionare da parenti e amici, anzi, addirittura contro
il loro parere, e la capacità di vivere senza disporre di denaro, comodità e
ricchezze.
Per stare con Gesù è necessario disporsi a fare ciò che ha fatto Simone di Cirene:
portare la croce dietro a lui, condannato, deriso e schernito da tutti.
San Paolo, - vedi la seconda lettura, - propone all'amico Filemone di andare
contro corrente nel suo rapporto con Onesimo, lo schiavo fuggito. Le usanze
comuni obbligherebbero a castigarlo duramente, ma l'amore a Gesù lo deve portare
ad instaurare una familiarità nuova anche con gli schiavi. L'appartenenza alla
Chiesa e l'amore a Gesù sarà più efficace delle abitudini inveterate!
Quanta umiltà è necessaria, e quanta forza, per sostituire le convinzioni di
questo mondo con la sapienza di Dio! Questa però dà vita, dà pace, rende santo
il nostro vivere. Uniti a Gesù la nostra vita "porta molto frutto"!
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