19/09/2004 - Domenica 25ª del Tempo Ordinario - Anno C
Prima lettura Amos 8,4-7 dal Salmo 112
Seconda lettura 1Timoteo 2,1-8 Vangelo Luca 16,1-13
Ancora un insegnamento riguardo alla ricchezza. Forse Gesù esagera? Se ci guardiamo
attorno nel mondo, ci accorgiamo quanto grandi sono i danni e le sofferenze
procurate dalla bramosia delle ricchezze. Questa bramosia rovina non solo i
rapporti tra i parenti stretti, ma anche i rapporti sociali e le relazioni tra
i popoli. Quante, e quanto grandi le ingiustizie che si commettono: chi le compie
non riesce a tenerle nascoste se non a se stesso! Non giudichiamo perciò esagerato
il continuo e diversificato richiamo di Gesù su questo argomento.
La prima lettura è del profeta Amos. Egli era nato povero ed era vissuto svolgendo
un lavoro umile, anzi, disprezzato: raccoglieva il letame dietro al bestiame
che altri pascolavano! Dio sceglie sempre i più poveri e disprezzati, perché
nelle parole pronunciate da persone ignoranti e illetterate risplenda la sua
grandezza e sapienza. Ed ecco che Dio, con la bocca del giovane profeta, grida
la sua Parola ai ricchi, a coloro che ritengono di poter fare il bello e il
brutto tempo. In particolare egli denuncia le frodi e gli imbrogli degli addetti
al commercio, i loro programmi di arricchire a spese dei poveri, costretti a
rivolgersi a loro per acquistare i beni di prima necessità. Con un giuramento
Dio dice: "Certo non dimenticherò mai le loro opere".
Con una parabola Gesù ci vuole insegnare come vanno usate le eventuali ricchezze
di cui veniamo in possesso, perché non ci siano di danno per l'eternità, anzi,
ci servano per la nostra salvezza.
Un amministratore s'è fatto padrone di ciò che era incaricato di amministrare:
allora il suo padrone gli toglie il lavoro. Egli rimane disoccupato. Per vivere
non gli resta che fare il manovale. Non è abituato. Dovrà mendicare? È vergognoso!
Ha ancora un po' di tempo a disposizione: egli lo sfrutta bene, e, fin che ne
ha la possibilità, regala una parte dei beni del suo padrone ad alcuni che avevano
dei debiti con lui. Questi dovranno essergli riconoscenti vita natural durante:
si garantisce così il futuro. Egli ha saputo usare con scaltrezza la propria
autorità, e la propria disonestà!
Gesù sta pensando ai suoi discepoli: fossero così attenti e pronti a pensare
al dopo, decisi a far passi coraggiosi in vista di quel futuro che dura l'eternità!
Non può che lodare la previdenza dell'uomo interessato a garantirsi la sopravvivenza
in questo mondo: vorrebbe vedere gli uomini altrettanto impegnati nel pensare
e preoccuparsi del Regno di Dio! Fossero i suoi discepoli, che sono figli della
luce, così risoluti, pronti e coraggiosi nel prendere le decisioni necessarie
ad assicurarsi la vita eterna! Essi userebbero diversamente anche il denaro!
Questo non diventerebbe il loro padrone. Egli lo chiama "mammona d'ingiustizia":
gli uomini lo prendono come una sicurezza o una garanzia, e ne usano come se
potesse appartenere loro per sempre. Ma un giorno quel denaro verrà a mancare:
non ci seguirà quando passeremo il confine del tempo. Allora ci sentiremo ingannati
da esso; ma l'inganno ci pesa addosso già fin d'ora, perché, se riteniamo importante
il denaro, esso modifica il nostro rapporto con Dio e con gli uomini! Non saremo
capaci d'essere figli per Dio né fratelli per gli altri uomini.
Un rapporto così stretto col denaro ci priva dello Spirito Santo. Esso è quindi
una ricchezza "ingiusta", perché distorce e distrugge il nostro giusto
rapporto con Dio e con i fratelli.
L'amministratore condonò grossi debiti in modo disonesto per garantirsi un'amicizia
su questa terra. Non sarò io capace di acquistarmi, con quel denaro che ho,
in modo onesto, un'amicizia nel Regno dei cieli? I poveri vi saranno accolti
certamente, perché Dio è loro amico, amico degli oppressi, dell'orfano e della
vedova! Se questi poveri diventano miei debitori, intercederanno per me, ed
io sarò accolto nelle tende di Dio! Impegnerò le mie ricchezze per amare e servire
i poveri!
Gesù continua l'insegnamento. Di poco conto è la quantità di denaro che l'uomo
possiede. È di poco conto, e per di più non può essere posseduto definitivamente,
ma solo per un po' di tempo. Esso non ci appartiene, ci è solamente affidato,
e noi ne siamo solo amministratori. Se sarò fedele ad usare i beni e le ricchezze
della terra per amare i poveri, potrò ricevere compiti maggiori, quelli che
procurano la vita divina agli uomini, servizi e incarichi nella Chiesa!
Se saprò distaccarmi dal denaro, farne un dono dell'amore di Dio ai poveri e
ai piccoli, egli mi renderà strumento di salvezza eterna, e salverà anche me!
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