26/09/2004 - Domenica 26ª del Tempo Ordinario - Anno C
Prima lettura Amos 6,1.4-7 dal Salmo 145
Seconda lettura 1Timoteo 6,11-16 Vangelo Luca 16,19-31
Domenica scorsa abbiamo ascoltato da Gesù il consiglio di farci degli amici
con la "disonesta ricchezza", perché ci possano accogliere "nelle
dimore eterne"! La parabola di oggi ai farisei ce ne dà un esempio concreto
e aggiunge altri insegnamenti utili in ogni momento.
Il ricco, senza un nome preciso, avrebbe la possibilità di aiutare i poveri,
ma non si accorge di loro. Egli è troppo occupato dall'organizzazione di pranzi
e banchetti, è occupato dai suoi invitati e dalla necessità di presentarsi vestito
alla moda come conviene in simili occasioni. Non si accorge del povero che soffre
per la fame e per le sue conseguenze, non se ne accorge nemmeno quando questi
giace davanti alla sua porta. Il ricco non commette nessun delitto, non si rende
colpevole di peccati particolarmente gravi, solo tiene gli occhi chiusi davanti
alle necessità di Lazzaro. Questa cecità influisce sul suo cuore, che rimane
egualmente chiuso.
Il povero si chiama Lazzaro, cioè "Dio aiuta"! Ogni povero potrebbe
portare questo nome, perché i poveri di solito confidano nell'aiuto del Padre,
che si fa chiamare loro amico; egli si fa identificare, come ci fa cantare il
salmo di oggi, dalla sua attenzione a tutti i bisognosi: oppressi, affamati,
prigionieri, ciechi, peccatori, stranieri, orfani, vedove. Il povero continua
ad aver fiducia in Dio, che ha dato al ricco tutte le possibilità per procurargli
ciò che è necessario, gli ha dato l'occasione di essere strumento della sua
bontà e misericordia.
La disuguaglianza riguardo alle ricchezze non risparmia di morire a nessuno
dei due; invece, invertendo le parti, continua anche dopo. E qui Gesù ci fa
una rivelazione di ciò che succede dopo: quanti dicono che dall'al di là non
è mai tornato nessuno, e quindi non possiamo essere sicuri dell'esistenza del
paradiso e dell'inferno, ascoltino con attenzione. Il ricco, stando all'inferno
tra i tormenti, vide la gioia del povero, di quel Lazzaro che in vita giaceva
alla sua porta gemendo.
Ora i gemiti sono suoi, del ricco. Gesù paragona le sofferenze dell'inferno
al bruciare di una fiamma e all'impossibilità di comunicare con chiunque. Egli
non insiste sul fatto che dobbiamo credere alla possibilità di andare all'inferno:
il ricco vi è entrato anche se non voleva crederlo. Gesù lo afferma con chiarezza,
benché il ricco sia rimasto senza nome: è per questo che noi di nessuno diciamo
che sia all'inferno, mentre pronunciamo il nome di molti che di certo sono in
paradiso!
Gesù continua la parabola. Come si può fare a convincere i ricchi perché cambino
vita? Sono utili i miracoli? Potrebbe essere utile che qualcuno risorga dai
morti? Il Signore richiamerà dalla tomba un certo Lazzaro di Betania, ma coloro
che avrebbero dovuto credere e cambiar vita non lo hanno fatto. Essi non hanno
cambiato il loro modo di rapportarsi a Gesù, e perciò nemmeno hanno cambiato
il loro modo di guardare ai poveri, né il loro modo di gestire le ricchezze.
Il Signore stesso risorgerà dai morti, ma coloro che non vogliono cambiar vita
ignorano e usano il denaro per diffondere la menzogna che conviene loro, come
ci racconta l'evangelista Matteo. Il ricco pretenderebbe i miracoli affinché
i suoi fratelli siano obbligati a credere alla verità della Parola di Dio. Ma
giustamente Gesù dice che chi non crede alla Parola non si lascia smuovere nemmeno
dai miracoli. "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro". Così risponde
Abramo alla richiesta del ricco che i suoi fratelli siano messi alle strette
da un morto che si presenta loro.
La Parola di Dio è più importante, più convincente e persuasiva di un grosso
miracolo. Questo dovrebbero ricordarlo anche tutti quelli che oggi corrono al
richiamo di veggenti. Spesso quanti corrono ovunque si reclamizzano apparizioni,
non sono disponibili se la parrocchia organizza incontri e servizi per approfondire
e realizzare l'obbedienza alla Parola di Dio!
L'amore alla ricchezza genera pretese orgogliose: chi ne è schiavo vuole essere
costretto dai miracoli a credere. Per questo la Parola di Dio è decisa ad avvertire
che si sta procurando sofferenze immani chi ripone la sua fiducia nella ricchezza.
Oggi lo fa il profeta Amos. Anche San Paolo ci scongiura di fuggire l'avidità
del denaro (vedi le righe che precedono il brano odierno 1Tm 6,7-10) e di tener
davanti agli occhi la testimonianza di Gesù per coltivare come desiderio più
intenso il suo comandamento, cioè la realizzazione dell'amore a Dio e ai fratelli,
vivendo nella fede e nella pietà con molta mitezza. Questa è la strada che ci
conduce al cielo!
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