28/12/2003 - Domenica della S.Famiglia - Anno C
Prima lettura 1 Samuele 1,20-22.24-28
dal Salmo 83
Seconda lettura 1 Giovanni 3,1-2.21-24
Vangelo Luca 2,41-52
La prima lettura ed il Vangelo ci portano nel tempio. Negli episodi narrati
da tutt'e due le letture è una madre che apre il cuore e la bocca.
Anna vuol andare ad offrire il sacrificio soltanto dopo che il figlio, Samuele,
avuto come esaudimento della sua preghiera, sarà svezzato. Il suo sacrificio
sarà il figlio stesso, che ella consacrerà al Signore e lascerà quindi che resti
nel tempio per il servizio di Dio! Ella dimostra così di non averlo voluto per
possederlo o dominarlo, ma per poterlo donare. Il bambino è arrivato come un
dono da parte di Dio, lei come madre vuole donarlo al Signore, riconoscente
di essere stata ascoltata ed esaudita!
Maria e Giuseppe continuano la tradizione di recarsi ogni anno a Gerusalemme
per la festa di Pasqua. Il loro cuore è sempre tutto di Dio, e a lui vogliono
affidarsi: con il pellegrinaggio rinnovano la propria adesione a lui. È Pasqua,
e questa volta il loro peregrinare fa esperienza della futura vera Pasqua, ritrovandosi
per tre giorni privi del figlio. Questi, ormai capace di decisioni proprie,
rimane nelle aule del tempio, là dove si ascolta la Parola di Dio e si discute
sul suo significato. Egli pensa forse che i genitori lo abbiano portato con
sé per farlo rimanere nel tempio come Samuele? Egli vuole occuparsi delle cose
del Padre, come ha imparato dai genitori: questo non significa forse rimanere
ad ascoltare e approfondire la Parola di Dio?
I genitori lo cercano angosciati. Lo cercano in pianto per tre giorni, come
per tre giorni i discepoli piangeranno l'assenza di Gesù, chiuso nel sepolcro.
La sofferenza dei genitori è un preludio di quella dei discepoli.
Questi genitori hanno sofferto, non perché Gesù è rimasto nel tempio, ma perché
essi non sapevano dove fosse. Essi erano certamente felici che il loro Figlio
fosse amante della Parola e di Dio. Erano saliti al tempio e lo avevano preso
con sé proprio per manifestare e rafforzare il loro e il suo amore a Dio e consolidare
la propria appartenenza al popolo d'Israele.
La domenica odierna viene chiamata della Sacra Famiglia: in essa osserviamo
questa scena evangelica perché essa doni qualche consolazione o impulso alla
vita delle nostre famiglie. La decisione di Gesù può dire qualcosa ai nostri
ragazzi e ai giovani? La ricerca affannosa di Maria e di Giuseppe può consolare
i genitori di oggi, o può dar loro lo spunto per trattare i propri figli con
atteggiamento diverso da quello che hanno? I rapporti vissuti da Gesù con Maria
e Giuseppe possono essere d'aiuto a instaurare rapporti nuovi all'interno della
famiglia?
Noi godiamo al vedere che a dodici anni Gesù sa prendere decisioni autonome,
e le sa prendere per mettersi in ascolto di Dio e approfondire la comprensione
della sua Parola. Questa scelta di Gesù ragazzo ci sollecita a non perder tempo
in frivolezze. La sua risposta poi aiuta i genitori a donare fiducia ai loro
ragazzi quando desiderano compiere scelte di fede coraggiose e impegnative.
La loro maturità si misura dalle scelte che fanno, non dall'età! I figli appartengono
prima di tutto a Dio, ed egli li può chiamare anche a dare a lui la loro vita.
In questo essi trovano pienezza, la gioia più profonda, la realizzazione. "Non
sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?". Gesù ritiene sia
ovvio per tutti quanto egli compie! Poi però ubbidisce ai suoi e torna a Nazaret
e sta loro sottomesso. Occuparsi delle cose del Padre suo significherà per lui
fare quello che gli diranno Giuseppe e Maria. Egli esprimerà in questo modo
il suo amore a Dio Padre, e amando papà e mamma vivrà quel comandamento che
poi donerà ai suoi discepoli. Questo comando ce lo ricorda oggi S.Giovanni nel
breve tratto che leggiamo dalla sua lettera.
Amarci gli uni gli altri è il segreto per la stabilità e la gioia di ogni famiglia.
Dire che dobbiamo amarci gli uni gli altri però non basta: chi è capace? È capace
di vivere questo "comandamento" chi crede in Gesù Cristo! I genitori
che credono in Gesù si amano tra loro e coltivano un amore serio e liberante
verso i propri figli. I figli che credono in Gesù sanno amare i propri fratelli
e sorelle in modo sereno, libero da invidie, da gelosie, da egoismi. I figli
che credono in Gesù sanno rispettare e onorare i propri genitori, e curarsi
di loro quando ne hanno bisogno. La famiglia che crede in Gesù cresce unita,
aperta a farsi carico dei problemi anche di altre persone! Guardiamo con costanza
alla famiglia di Nazaret, dove Gesù è il centro. Questo sguardo ci farà stare
attenti alla presenza di Dio, disponibili a portare il suo amore sulla terra!
Quando siamo suoi servi, come Samuele e come Gesù, siamo veri, lieti, e utili
al mondo!