25/03/2007 - 5ª Domenica del T.Q. - anno C
Iª lettura Is 43, 16-21 dal Salmo 125 IIª lettura Fil 3, 8-14 Vangelo Gv 8, 1-11
Continuiamo a osservare con san Bernardo i gradini su cui si gonfia la nostra superbia. Il sesto gradino sarebbe "l'arroganza: credersi il migliore". Forse riteniamo di non esserci mai soffermati su questo pensiero. Può essere, ma può essere che non ce ne siamo accorti. Infatti, talora ci arrabbiamo perché qualcuno dice male di noi. Non ci azzardiamo a dire a voce alta d'essere i migliori, ma poco ci manca! Settimo gradino è la "Presunzione, ingerirsi in ogni cosa". Capita anche a me…, nonostante mi ritenga davvero umile (!), di voler dare il mio parere in ogni situazione, e di avere quindi il diritto di essere sempre interpellato! I prossimi gradini sono la "Difesa delle proprie colpe": è così difficile piegare il capo, accettare di essere riconosciuti colpevoli, che pur di non far brutta figura, difendiamo e troviamo giustificazioni per i nostri peccati, dimenticando che per essi Gesù è morto. Talora siamo capaci poi di una "Confessione ipocrita di colpe non commesse per ingannare l'opinione altrui". Anche questa è superbia, anzi, è una superbia perfida: cercare di farci applaudire dai peccatori, da quelli che si vantano delle proprie malvagità. Questi a volte si ritengono grandi nel mondo, e noi vogliamo stare alla pari con loro, perché nemmeno essi ridano di noi! Ci preme di più essere ritenuti eguali agli altri, che essere giudicati bene da Dio. La "Ribellione contro i superiori e i fratelli" è il decimo gradino, che porta inevitabilmente a vantarci della "Libertà di peccare". Ormai con questi passi siamo molto lontani dal santo timor di Dio. Siamo arrivati molto in basso, all'ultimo stadio della superbia, "L'abitudine al peccato". Quando c'è l'abitudine al peccato, nemmeno ci accorgiamo in quale situazione ci troviamo. Per far risplendere nuovamente la santità che Gesù vuole vivere in noi occorrerà molta fatica, sarà necessario cominciare a ricordarci della giustizia di Dio, quella giustizia che non sopporta il male e non può accordarsi con un animo superbo.
In questa domenica di Quaresima veniamo confortati da un messaggio molto delicato
e consolante. Noi siamo peccatori, lo siamo davvero, ma Dio non vede solo il
peccato, Dio vede e osserva qualcos'altro. Egli detesta il peccato, sì, ma vuole
salvare l'uomo peccatore! Egli vuole che anche noi impariamo a tener d'occhio
il nostro futuro, così che il passato non possa condizionarci nell'obbedire
a Dio e impedirci di fare il bene.
Leggendo il fatto narrato nel vangelo, me ne viene alla mente uno analogo accaduto
nella vita di Maometto, raccontato e apprezzato dai suoi seguaci come ammirabile
esempio di misericordia del loro "profeta". Gli portarono una donna
colta in flagrante adulterio, e gli chiesero se la dovevano uccidere. Egli rispose:
"No, ritornate quando sarà nato il bambino"! Dopo nove mesi, nato
che fu il bambino, tornarono con la donna, ma Maometto disse: "Andate,
tornate tra due anni, quando il bambino sarà svezzato". Misericordia così
grande non si era ancora vista! Tornati dopo due anni, il "profeta"
finalmente disse: "Adesso sì, uccidetela". Maometto è stato in qualche
modo misericordioso sì verso il bambino, ma non verso la donna peccatrice. Gesù
è misericordioso verso la donna peccatrice, perché egli guarda tutta la verità:
gli uomini sono tutti peccatori, e quindi tutti meriterebbero la morte. Ma Dio
non gode della morte, egli gode della vita dell'uomo, anche se peccatore, e
perciò lo invita a ravvedersi.
Trovandosi davanti alla donna peccatrice Gesù non dimentica il peccato di tutti
gli altri. Egli è venuto per tutti, quindi anche quelli che ora stanno accusando
la donna hanno bisogno di lui. Purtroppo essi, pur costretti ad ammettere d'essere
peccatori, non si fermano da Gesù, nè attendono la parola del perdono di Dio.
Soltanto la donna rimane con Gesù per ascoltare il suo giudizio che la giustifica.
Noi vogliamo fermarci con lei. Non vogliamo soltanto ammettere di essere peccatori,
ma crediamo che Gesù ci può perdonare il peccato, e perciò non ci allontaniamo
dalla sua presenza. Solo la sua bocca può pronunciare per noi il giudizio misericordioso
di Dio, quel giudizio che ci salva. Solo Gesù ci fa rialzare e ci rimette in
comunione con gli uomini che, grazie alla sua parola, si sono già rialzati prima
di noi e hanno promesso di "non peccare più".
Gesù è il tesoro di fronte al quale possiamo ritenere spazzatura anche le belle
qualità per le quali ci aspettiamo di essere valutati. Conoscere lui è la vera
ricchezza della nostra vita. Lo conosciamo prima attraverso la "partecipazione
alle sue sofferenze": la nostra mortificazione quaresimale ha questo scopo
e ci introduce quindi a conoscere anche "la potenza della sua risurrezione"!
La nostra conoscenza di Gesù sarà sempre condita di umiltà, come ci dà esempio
l'apostolo San Paolo nella sua lettera. Corriamo verso di lui, senza giudicare
e senza condannare nessuno, anzi, cercando, per quanto possiamo, di coinvolgere
tutti nella gioia di questa corsa verso Gesù. È lui l'unico vero uomo che ci
osserva con gli occhi misericordiosi del Padre e ci presenta a lui arricchiti
del suo sacrificio!