10/10/2010 - 28ª DOMENICA DEL T.O. - C


1ª lettura 2Re 5,14-17 dal Salmo 97 2ª lettura 2Tm 2,8-13 Vangelo Lc 17,11-19

"Lungo il cammino verso Gerusalemme…": così inizia il vangelo di oggi, così viene presentato il fatto narrato da Luca. Gesù sta andando verso la sua passione e l'offerta della sua vita. Questo è lo scopo di Gesù, questo egli sta attendendo. Questo percorso è lo sfondo da tener presente ascoltando ciò che è successo. I lebbrosi si tengono a debita distanza e gridano per farsi sentire da lui e chiedergli attenzione. Essi non chiedono null'altro che pietà, perché tutto è sottinteso: dato che sono lebbrosi è chiaro che hanno bisogno di ricuperare la salute per poter godere nuovamente la dignità sociale e la considerazione dei parenti e di tutti gli altri uomini. Gesù comprende. Non fa un gesto eclatante, ma chiede un'atto di obbedienza, obbedienza a lui e alla Legge, che prevede che gli ammalati guariti vadano dai sacerdoti a farsi riconoscere la guarigione. Essi non sono ancora guariti, e per questo la loro obbedienza è un atto di fede in Gesù. Così il Signore imita il profeta Eliseo, che non ha guarito dalla lebbra l'ufficiale siro Naaman con un gesto eccezionale, ma chiedendogli una semplice obbedienza. Una differenza non da poco tra Gesù e il profeta è che ora sono dieci i lebbrosi che ubbidiscono e subito si trovano guariti. L'attenzione del racconto veterotestamentario va alla riconoscenza che l'ufficiale straniero vuole dimostrare al profeta. Eliseo non accetta regali perché la guarigione non è certamente opera sua, ma di Dio. L'ufficiale allora decide di riconoscere quel Dio, che l'ha guarito, come suo Dio e di servirlo e adorarlo anche dopo esser tornato a casa sua. Il pagano che si converte all'adorazione dell'unico Dio è un esempio di come dev'essere la vera riconoscenza: non solo dire grazie, ma riconoscere chi è Dio, riconoscere che egli è il Signore, colui che va servito e ascoltato e obbedito.
Nel racconto evangelico Luca si sofferma appunto su questo aspetto. Uno dei dieci lebbrosi, neanche a farlo apposta uno straniero - e quindi da tutti quelli che circondavano Gesù ritenuto escluso dal regno di Dio - cambia direzione al suo cammino. Non appena si accorge della guarigione avvenuta, pensa a esprimere il suo grazie. Corre da Gesù, e il grazie diventa un riconoscere la sua divinità gettandosi ai suoi piedi. Questo gesto dà gioia al Signore, che rimane tuttavia meravigliato del fatto che soltanto lui sia tornato. Gli altri nove hanno ritenuto un diritto l'essere guariti? Lo hanno ritenuto cosa dovuta solo per il fatto che erano dello stesso popolo del Signore?
L'essere guariti non è tutto. A colui che ritorna e professa la sua fede, Gesù può dire: "La tua fede ti ha salvato". C'è una salvezza che dobbiamo cercare e desiderare, ben più della salute del corpo. È la salvezza dall'influsso di questo mondo, dei suoi pensieri, delle sue abitudini, delle sue illusioni e delle sue menzogne. Questa salvezza la può godere solo chi cerca Gesù, chi desidera lui solo e lui più di tutto. Questa salvezza è quella grazia che ci prepara a godere anche la salvezza che ci fa stare per l'eternità nel cuore del Padre. Ci sono persone salvate, che hanno ricevuto il dono di essere al sicuro dal mondo per aver trovato Gesù: questi non disperano più per il fatto di essere malati o di soffrire di menomazioni fisiche, e cercano ormai solo di conquistare altri a conoscere il Signore e ad amarlo con tutto il loro cuore.
San Paolo soffre in prigione, dopo aver patito molto anche per malattie e persecuzioni. Egli dice chiaramente che soffre e che offre le sofferenze per molti altri "perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù". Egli ci dà così esempio e insegnamento per vivere tutte quelle sofferenze che incontriamo nella nostra vita. Subiamo ingiustizie? Riceviamo offese, siamo incompresi e oggetto di ingratitudine? Grazie alla nostra fede non ne teniamo conto: la sofferenza e la fatica di non tenerne conto le offriamo a Dio per la salvezza di molti. Ricordiamo l'insegnamento dei pastorelli di Fatima, che hanno offerto le loro sofferenze, sia quelle di incomprensione per l'esperienza delle apparizioni sia quelle della malattia che li ha portati alla morte, per la conversione dei peccatori. È una parola diversa, ma il contenuto è lo stesso. La conversione dei peccatori è la salvezza. Gli uomini sono peccatori fin che non sono orientati a Gesù. La loro conversione è il volgersi a lui per sceglierlo come Signore della loro vita, e questa è la salvezza. Gesù ci ha dato molti segni per aiutarci a comprendere che a lui ci possiamo volgere con fiducia e perseveranza. È lui è la salvezza da tutto quel male che regna nel mondo e che produce disperazione e sofferenza. Gesù, Signore nostro, abbi pietà di noi!

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