GESU' E' RISORTO CONTINUAZIONE
2.
ALCUNI DELLA GUARDIA GIUNSERO IN CITTÀ (Mt 28,11)
Gesù
è risorto. Dio si è manifestato, ha agito con potenza. E gli uomini? Essi non
possono impedire l'agire di Dio e allora cercano di tenerlo nascosto. Nessuno
deve sapere ciò che è accaduto. Per ciò che è accaduto si trova una
giustificazione umanamente comprensibile, che metta in cattiva luce i discepoli
del Signore. Così i capi del popolo. E si fanno maestri di menzogna e
corruttori degli animi.
Perché?
Lo possiamo capire. Anch'io mi ritrovo nel cuore delle tentazioni di ignorare
quanto Dio ha fatto nella mia vita, di attribuirlo alle mie capacità o a cause
solo umane, o al caso. L'opera di Dio se è riconosciuta tale, richiede dei
cambiamenti interiori, un abbandono più pieno a Lui, un occuparmi di più delle
cose del cielo che di quelle della terra e di queste con un cuore distaccato e
sereno.
Se
riconoscessi gli interventi di Dio mi sentirei in dovere di lasciare a Lui
d'essere protagonista della mia vita e della mia salvezza, ed io invece sono
sempre soggetto alla tentazione di tener nelle mie mani le redini della mia
storia presente e futura.
Gesù,
voglio riconoscere che sei risorto. Proprio Tu, rifiutato dagli uomini, sei
salvato dal Padre. Non sono io che posso far qualcosa né per me né per gli
altri: io mi abbandono a Te con fiducia. Non faccio più la mia volontà, non
opero più secondo i ragionamenti, ma sto alla tua Parola che mi conduce a
morire a me stesso perché vuoi farmi risorgere in una nuova luce, nel ritmo di
una nuova vita in cui non sono io ad amare, bensì ad essere amato.
Così
potrò sempre gridare: alleluia!
3.
NEANCHE A LORO VOLLERO CREDERE (Mc
16,13)
Le
donne hanno tentato un gesto d'amore. I loro passi verso il sepolcro nel buio
interiore ed esteriore erano piccoli atti di un grande amore. Gesù le ha
premiate. Un premio? Forse no, solo un incarico. Gesù ha dato un incarico a chi
lo amava.
Due
discepoli s'erano scoraggiati ed hanno trasformato lo scoraggiamento in fuga da
Gerusalemme, luogo pericoloso. Gesù li ha incontrati, li ha fatti ragionare, li
ha messi a contatto con le Scritture.
Ed
essi si sono trovati in corpo la gioia.
Gli
altri hanno ascoltato le donne ed hanno visto la gioia dei due, ma sono rimasti
indifferenti: la notizia era troppo distante dalle loro capacità di
comprensione.
Anch'io
sono portato a non credere a quanto gli altri mi dicono. Io stesso ho bisogno di
«provare», di «toccare», di «vedere» per giungere a credere.
E
Tu Gesù ti pieghi a queste esigenze del mio essere orgoglioso e ostinato. Tu ti
pieghi ancora come ti sei piegato alla incredulità dei tuoi e finalmente ti sei
posto innanzi a loro senza diaframmi, senza intermediari.
Tu
mi fai sperimentare la gioia della tua Presenza, la certezza del tuo vivere
accanto a me. Il tuo perdono, la gioia della verità delle Tue Parole, qualche
luce improvvisa nel buio delle esperienze quotidiane mi danno la prova che Tu ci
sei, che sei più vivo di me, che godi una Pienezza che chiamo risurrezione. Gesù,
gli uomini mi dicono che Tu sei risorto, ma Tu me ne fai godere le conseguenze.
Gesù,
ora si, credo.
E
con questa fede vivo un'altra vita, che continua a cantare: Alleluia!
4.
RICORDATEVI COME VI PARLÒ (Lc 24,6)
La
memoria è dono prezioso: porta il passato nel presente, ravviva i rapporti con
gli uomini e con Dio. Purtroppo, alcuni ostacoli impediscono alla memoria di
rendersi utile.
Il
primo è l'egoismo: questo mi fa essere attento a me stesso, mi fa cercare la
mia comodità e così dimentico gli altri, dimentico Dio e le sue parole,
dimentico i compiti che mi sono affidati.
Le
preoccupazioni sono un altro ostacolo: esse sono l'idolatria di qualche cosa o
di qualche sentimento. Cose o sentimenti divenuti idoli cancellano la memoria di
Dio e dell'amore.
Ravvivare
la memoria.
Le
donne devono ravvivare la memoria delle parole già pronunziate dal Signore per
poter capire l'esperienza che stanno vivendo. Al posto di Gesù trovano due
angeli. Cosa significa? Turbamento e confusione, finché la memoria non viene in
aiuto: Egli aveva già detto che sarebbe morto per mano degli uomini che amava e
che sarebbe risorto dopo tre giorni. L'aveva già detto. Ecco, non è una novità.
La Sua parola Si realizza.
Ciò
che Egli ha detto è vero, avviene, si realizza. Prima la parola, poi i fatti.
Così non ci troviamo impreparati, così non ci consideriamo in balia di un mago
che opera alle nostre spalle e al di là del nostro coinvolgimento.
Gesù,
Tu hai parlato. Io vivo delle tue parole. Quando le ricordo entro nei tuoi modi
di agire e così i tuoi miracoli non mi sorprendono. Tu hai detto tutto già.
Spesso
dimentico e allora i fatti cui mi fai partecipare risvegliano la memoria di ciò
che ho udito dalla tua bocca e godo della tua fedeltà. Gesù, sei veritiero.
Voglio ricordare, ricordare tutto, per vivere in pienezza e collaborare con Te.
E
il mio cuore continuerà a sussurrare: alleluia!
5.
NOI SPERAVAMO CHE FOSSE LUI (Lc 24,21)
I
due incamminati ad Emmaus sono diventati i portavoce di molte persone che di
fronte a Dio hanno coltivato le speranze non conformi alle promesse. È molto
facile anche per me attendere o pretendere interventi di Dio che rendano più
comoda la mia vita su questa terra. Mi è facile dimenticare che ho una patria
al di fuori di questo tempo e di questo spazio e vorrei che il mio Dio
intervenisse per non farmi soffrire le conseguenze del peccato mio e degli
altri.
Quando
Dio si degna mandare qualcuno accanto a noi, noi speriamo che questa persona
risolva le difficoltà. E qualcuno, quando s'accorge che io gli sono mandato da
Dio come un dono suo, comincia a nutrire speranze che io possa con un tocco
magico togliere gli ostacoli dal cammino su questa terra. E invece Gesù non
libera Israele dai Romani. Gesù non esaudisce quelle speranze. Gesù non
favorisce l'illusione che la nostra patria sia questo mondo. Siamo pieni di
speranze di corta visuale e mal orientate.
Gesù,
Tu hai ben altro da donarci, hai un'altra libertà da farci godere. Tu conosci
un modo di vivere che supera dall'interno le sofferenze e le ingiustizie del
mondo. Sei proprio Tu colui che mette nel mio cuore la gioia di appartenere a
Dio, sei Tu che metti nel mio cuore un amore per tutti gli uomini e mi fa
desiderare per loro una salvezza insperata: la salvezza dal buio,
dall'incredulità, dalla violenza del mondo. Tu sei colui che mi fa capace di
portare i pesi dell'umanità, di sopportarli, di prenderli sulle spalle con Te
perché ogni uomo possa essere alleggerito e conoscere la gioia.
Tu
vuoi per noi non l'allegria, l'unica parvenza di gioia che dà la terra, ma vuoi
per il nostro cuore la gioia continua che dà il cielo.
Gesù,
sei risorto per la nostra vera, grande liberazione, che ci toglie dal dominio
dell'orgoglio e dell'egoismo e ci mette a servizio dell'amore. Ci liberi dalla
schiavitù della terra e ci fai sedere nei cieli.
Per
questo ti canto: alleluia!
6.
SCIOCCHI E TARDI DI CUORE (Lc 24,25)
Probabilmente
queste due parole non rendono del tutto la forza e la gravità dei termini che
Gesù ha usato verso i due fuggitivi in cammino verso Emmaus. Sciocchi e tardi
di cuore! I due viandanti parlavano dei fatti accaduti a Gesù Nazareno: la sua
morte ha chiuso una capitolo della loro vita.
L'annuncio
della Sua Risurrezione non ne ha aperto un altro. Nelle vicende che sapevano
raccontare non cercavano i segni di Dio, anzi lo escludevano dai loro
ragionamenti.
Sciocchezza
peggiore non c'è. A questa sciocchezza s'abbina per forza di cose una durezza
di cuore che impedisce di riconoscere gli interventi straordinari della potenza
e dell'amore del Padre.
Io
non posso rinfacciare nulla ai due amici, perché io pure mi ritrovo spesso così
schiocco e duro di cuore.
Qualsiasi
delusione mi abbatte, qualsiasi piccolo fallimento o contrattempo mi fa star
male. Nel mio ragionare non tengo conto che Dio è al di sopra dei miei buchi
nell'acqua, non mi affido a Lui che sa scrivere diritto su righe storte, che
vuole usare di ogni cosa e di ogni vicenda per guidare la mia vita su strade
nuove, sue, che io non potrei prevedere.
Gesù,
sgridami pure per la mia ostinata sciocchezza. Dovrai riprendermi ancora spesso
per farmi notare che tutto coopera al bene per coloro che amano Dio. Non ci sarà
più nulla che mi farà cadere nella tristezza o nello sconforto, se Tu continui
a ricordarmi che tutto è già segnato nelle Sacre Scritture, che il Padre già
conosce i miei passi e li ha avvolti nella nube luminosa del suo amore.
Affidarmi
a Te in ogni circostanza.
Tu,
che riempi di gioia il mio continuo: alleluia!
7.
QUANDO FU A TAVOLA CON LORO PRESE IL PANE (Lc 24,30)
Il
viandante che conosce le Scritture accetta l'invito. Non solo conosce le
Scritture, ma le sa leggere nei fatti, le sa collegare con quanto successo in
città. I fatti visti così assumono un significato di presenza di Dio, e le
Scritture lette così parlano al cuore, lo infiammano, lo riempiono.
Un
viandante sconosciuto, ma in tal modo si fa conoscere subito come uno che
conosce Dio e lo sente vicino. È uno ricco di sapienza, di quella sapienza di
cui il mondo è vuoto, di quella sapienza che non soddisfa solo la mente, ma
soprattutto il cuore e lo convince portandolo alla pace.
Questo
viandante accetta l'invito, entra, si siede là dove i due gli indicano, mentre
le ombre della sera fanno evidenziare ancor più la luce dei suoi occhi. Le sue
mani si muovono in un gesto... semplice, normale, comune: spezzano il pane. È
Lui!
I
due vedono le mani del maestro. Non è successo nulla di strano, nulla di
grande, eppure tutte e due hanno visto Colui che li ha amati fino alla morte. Il
pane che si spezzava è stato il lampo che li ha risvegliati, li ha rimessi a
contatto con il Dio dell'amore, Colui che spezza il pane per tutti, che si offre
come pane spezzato.
Gesù,
Tu continui a spezzare il pane e continui a rileggere per me le Scritture. La
mia vita è piena di fatti che solo Tu sai interpretare come segni dell'amore di
Dio! Grazie perché continui a metterti al mio fianco per farmi vedere nelle
Parole della Scrittura la sapienza di Dio per ogni circostanza del mio vivere e
grazie che ancora tieni in mano il pane che mi nutre, che mi unisce ai fratelli,
che - spezzandosi - mi fa riconoscere la Tua Presenza di Risorto e mi fa godere
di gioia intima e piena.
Alleluia!
8.
SONO PROPRIO IO! (Lc 24,39)
Mi
pare che Gesù sia stupito e meravigliato dell'accoglienza che Gli riservano i
Suoi: non lo conoscono più! Come mai? Ed essi come possono capire? Non era Egli
morto e sepolto?
Ed
io, come mi metto di fronte a questa situazione strana, incomprensibile,
assolutamente nuova? Cosa devo pensare?
Gesù
è risorto. È ancora Lui, ma non è più come prima. Le sue mani sono ancora
forate, i suoi piedi mostrano una larga ferita. La sua voce è tenera e ferma,
piena di amore e di sicurezza. I segni sono inconfondibili: Gesù di Nazareth
crocifisso.
Ma
non più quello di prima, nemmeno se mangia pesce arrostito. La sensazione che
Egli sia totalmente diverso ed incomprensibilmente diverso continua a
disorientare i suoi.
Toccatemi
e guardate: sono proprio io!
Io
continuo le perplessità degli undici: sarà vero? È proprio Lui in carne ed
ossa? Come fare a credere?
Il
cuore: solo il cuore può rivelarmi la verità. L'amore che da Lui continua a
irradiare sprigiona amore nel mio cuore. La gioia che Egli gode contagia di
gioia il mio cuore. La pace che lo riempie trasmette pace a tutte le fibre del
mio essere.
Si,
Gesù, sei veramente risorto. Sei Tu colui che incontro, sei Tu, Gesù di
Nazareth! E t'incontro a porte chiuse, ti vedo nonostante i miei occhi
increduli, ti riconosco presente a me e agli altri. Il mio cuore non s'inganna:
è il tuo amore vivo e reale quello che Tu ora riversi in me, lo riconosco. Tu
sei risorto e la tua vita ora supera le mie capacità d'incontrarti. Dalla tua
pienezza un briciolo basta per conquistarmi e dirti ancora: Grazie, Gesù, mio
Signore.
Il
mio cuore ti sente vivo e la mia mente cede alle ragioni del cuore. Sei
veramente risorto.
Per
questo non cesso di dire: alleluia!
9.
PER LA GRANDE GIOIA ANCORA NON CREDEVANO (Lc 24,41)
Per
qualche tempo ho pensato che S. Luca si fosse sbagliato a scrivere. Se nei
discepoli è sorta la gioia, è segno che credevano d'avere di nuovo tra loro il
Signore che era stato crocifisso! Come può dunque l'evangelista scrivere che
ancora non credevano?
Ma
che cos'è credere? Qui sta il problema: forse non sempre la gioia grande è
segno di fede. I discepoli hanno ritenuto vera la presenza del loro Maestro:
egli era di nuovo con loro. Essi sono contenti: ma erano contenti perché il
loro incubo era finito, si sono risollevati dalla delusione, potevano godere
ancora i benefici della presenza di Gesù. Questa loro gioia era - probabilmente
- frutto egoistico dell'egocentrismo. Questa loro gioia non era segno di fede,
era entusiasmo, soddisfazione, vittoria.
Il
vero credere è diverso. Il vero credere è quel movimento del cuore che porta
ad offrire se stesso, a donarsi, ad affidarsi. Io credo a Gesù risorto quando
mi presento a morire con Lui, quando offro obbedienza alla sua Parola, quando
sostituisco i miei sentimenti con i Suoi, quando non reagisco a quel che succede
attorno a me ed invece agisco in dipendenza di quell'amore che continua a
muoversi nel cuore del Padre. Anche questo mio morire fa nascere gioia, ma non
una gioia entusiastica, bensì profonda, serena, stabile, una gioia la cui fonte
è in cielo e non in ciò che vedono i miei occhi, vedessero pure il Signore.
Gesù,
sei buono e comprensivo. Tu accontenti anche i desideri superficiali dei tuoi
discepoli e così li prepari ad incontrare i tuoi desideri profondi. Tu mi vuoi
condurre a donare la mia vita a Te come un atto d'amore puro, ma hai compassione
della mia povertà e di quando in quando soddisfi anche la mia ricerca di
consolazioni. Questa tua condiscendenza fa sorgere in me una fede sempre più
forte e la decisione di crescere in Te, che sei il Santo di Dio!
Tu
sei il mio canto: alleluia!
10.
NEL SUO NOME SARANNO PREDICATI A TUTTE LE GENTI LA CONVERSIONE E IL PERDONO (Lc
24,47)
Il
frutto della nuova presenza di Gesù è proprio diverso da quello che
s'aspettavano i due discepoli di Emmaus. Essi speravano in una liberazione
d'Israele dal dominio dei Romani, mentre Egli di fatto porta la liberazione di
tutti gli uomini dal loro comune nemico, il Maligno. L'uomo liberato dal dominio
dell'uomo non è ancora libero, anzi, può diventare a sua volta dominatore e
oppressore di altri più poveri di lui.
È
solo l'uomo libero dal maligno che cerca pace e comunione. L'uomo che si
converte e cui è tolto il peccato diventa benedizione. La presenza di Gesù
risorto, la Sua presenza nuova e stabile, ha proprio questo scopo: portare
l'uomo alla conversione e far giungere a lui il perdono del Padre. Egli, il
Risorto, vuol mettere tutto il mondo sulla strada dell'umiltà. Con l'umiltà
Egli ha vinto la tentazione, ha superato tutti gli ostacoli all'amore che un
cuore d'uomo può incontrare. Con l'umiltà Egli è giunto al punto da apparire
un fallito pur di non perdere l'amore, che è la presenza di Dio, e Dio lo ha
fatto trionfare sulla morte. Ora all'annuncio della sua risurrezione dai morti,
gli uomini si lasceranno convincere a dire il loro si a Dio, a piegare il
proprio orgoglio, a piegare le proprie ginocchia per chiedere la misericordia a
colui che ha amato il peccatore fino a dare il Figlio Unigenito.
Grazie
Gesù che con la tua morte e risurrezione hai dato il via a un nuovo movimento
nell'umanità: il movimento del ritorno al Padre, il movimento dell'umiltà che
riconosce a Te il primato e che fa da piedistallo all'amore. L'amore nel mio
cuore non regge senza l'umiltà e l'umiltà viene a me con il perdono che ricevo
e col continuare a rivolgermi a Te e a lasciare a Te l'iniziativa della mia
vita.
Gesù
mi hai salvato e mi continui a salvare. Ti ringrazio e faccio risuonare il mondo
del canto: alleluia!
11.
E IO MANDERÒ SU DI VOI QUELLO CHE IL PADRE MIO HA PROMESSO (Lc 24,49)
Padre
e Figlio sono uniti nell'agire verso di noi. Il Padre promette e il Figlio
realizza la venuta di una nuova presenza su di noi.
«Io
manderò...». Gli Apostoli si pongono in attesa fervida del Nuovo! E noi
sappiamo che Colui che è mandato dal Figlio perché promesso dal Padre è la
novità assoluta: è la Presenza di Dio nella povertà dell'uomo. Gesù Risorto
può ormai realizzare le promesse del Padre, mandando lo Spirito Santo a
rivestire i Suoi.
«Manderò
su di voi!». I discepoli di Gesù ricevono un nuovo vestito, una nuova identità,
un nuovo ruolo nell'umanità: essi saranno i portatori dello Spirito di Dio. La
loro presenza nel mondo sarà preziosa proprio per questo, perché saranno il
luogo dove lo Spirito di Dio alberga, saranno il faro da cui lo Spirito di Dio
s'irradia, si diffonde, si effonde su tutta la terra. Quant'è preziosa la vita
dei discepoli di Gesù dispersi in tutti gli ambienti, in tutti i luoghi, in
ogni situazione! Essi non sono preziosi per il lavoro che eseguono, nemmeno
quello umanitario; non sono preziosi per i miracoli che compiono a favore
dell'umanità. Essi sono preziosi perché, segretamente, da essi si diffonde
Spirito Santo!
La
loro presenza benché silenziosa a nascosta in qualunque angolo della terra è
garanzia e luogo di presenza divina e strumento della sua irradiazione benefica
e salutare.
Signore
Gesù, grazie del tuo Spirito Santo! Voglio esserti vicino e fedele, rimanere
ostinatamente Tuo perché il dono del Padre mi rivesta e così la mia vita possa
essere utile al mondo. Che io non sia mai trovato sale senza sapore, uomo senza
Spirito di Dio. Rendimi pure incapace di parlare e incapace di compiere
qualsiasi opera, ma non privarmi del tuo Spirito che rende prezioso il mio
vivere agli occhi tuoi e al cuore degli uomini.
Così
tutti potranno cantare: alleluia!
12.
L'ALTRO DISCEPOLO CORSE PIÚ VELOCE DI PIETRO (Gv 20,4)
I
due corrono. Hanno ricevuto una notizia incompleta. Anzi la notizia era
completa, ma nella loro mente e nel loro cuore non trovava un posto tranquillo.
Corrono per cogliere il significato. Corrono perché in essi c'è un'attesa. Non
saprebbero esprimere che cosa attendono, ma in fondo sentono che qualcosa deve
succedere.
Non
avevano capito come mai era stato possibile che Gesù fosse morto, il Messia di
Dio, e quell'incomprensione li tiene in attesa. Corrono. Uno corre più veloce
dell'altro. Non siamo tutti uguali, non arriviamo tutti insieme. Le nostre
capacità sono diverse, pur avendo un solo cuore che corre nella stessa
direzione, che attende gli stessi eventi.
Mi
piace vedere l'altro discepolo arrivare per primo, arrestarsi, attendere Pietro
e lasciarlo entrare nel sepolcro. Un atto d'amore, un atto di delicatezza, un
atto di obbedienza e di fede. Non c'è notizia così allarmante, né novità così
sconvolgente che giustifichi il mettersi davanti all'altro, il dare al fratello
il secondo posto, il prendere iniziative per conto proprio. L'altro discepolo è
più veloce, ma cede il passo.
Fossi
capace d'essere così attento al fratello! Questa prontezza all'amore è
prontezza alla fede: egli «vide e credette»: la corsa è finita, ora si può
riposare. Chi compie gesti d'amore riceve il dono della fede, e chi crede smette
ogni affannosa attesa e inizia a godere la pace.
Gesù,
Tu vedi il correre dei tuoi due amici e doni loro la possibilità di giungere a
credere senza vederTi. Anch'io mi chino alla tua Presenza nascosta, dove trova
riposo ogni mia attesa e dove ogni mio correre si placa nel tuo silenzio. Amerò
il fratello che corre accanto a me, mi lascerò attendere e lo attenderò per
esprimerti insieme un grande «alleluia».
13.
DONNA, PERCHÉ PIANGI? CHI CERCHI?
(Gv 20,15)
Ogni
lacrima ha la sua ragione. Maria sa benissimo il perché del suo pianto. Il suo
Signore è morto ed inoltre non c'è più il suo cadavere. Alle sue spalle
risuonano due domande serene, forse con un leggero tono di rimprovero.
È
uno sconosciuto che lei conosce colui che interroga. Perché piangi? Una domanda
che viene dall'amore.
«Qual
è il motivo del suo pianto?» certamente Gesù vuole portare Maria a dimensioni
più profonde di vita. Quella domanda vorrebbe esprimere una nuova sapienza.
«Se
Io ho accettato la morte, perché tu la piangi? Se mi ami fa quello che ho fatto
Io, accetta la mia morte, offri la Mia vita al Padre, come Io l'ho offerta. Se
Io ho amato fino alla fine, fino a dare la vita, non dovresti tu rallegrarti e
godere della Mia fedeltà, essere fiera della Mia vittoria su ogni odio e su
ogni tentazione di fare una Mia volontà diversa da quella del Padre?».
«Chi
stai cercando? Stai cercando qualcosa che ti dà consolazione, sei dispiaciuta
di non poter fare per Me quello che vuoi tu, invece che quello che Io m'aspetto
da te?»
Dolci
rimproveri i Tuoi, Gesù.
Avresti
ragione di rivolgerti pure a me, spesso. Le mie tristezze sono manifestazione di
un mio vivere terreno, carnale, che non ha accettato la Tua Croce, che non ha
continuato ad offrire se stesso come Tu ti sei offerto. Gesù, guarderò a Te
con attenzione più profonda. Quello che a Te è successo non è un male da
piangere, ma un fatto da osservare come l'hai vissuto, e imitarti inserirmi in
esso per condividere la Tua vita: la Passione e la Croce.
E
Tu mi farai cantare: alleluia!
14.
PACE A VOI (Gv 20, 19-20)
Con
questa parola Gesù si presenta ai suoi riuniti nello sgomento e nel rimorso. E
questa parola la ripete più volte. Gli preme che essa penetri nel cuore e
rimanga impressa nella mente. È una parola che sottolinea un dono.
Sì,
«pace a voi» non è un augurio né un saluto, è l'annuncio di un dono.
Difatti Egli accompagna la parola con gesti ed altre parole che trasmettono vita
nuova e nuovi compiti. Egli mostra le mani e il costato: le sue ferite accolte
per amare fino alla fine sono ancora e sempre presenti nella sua carne: il suo
amore per i suoi è ormai definitivo e stabile. Il Suo amore si riverserà
sempre su di loro, la Sua vittoria sarà sempre fonte di gioia! Egli continua
dicendo: «Come il Padre ha mandato Me, così Io mando voi!». Il suo compito
Egli lo passa ai suoi. E infine alita il suo soffio su di essi: «Ricevete lo
Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati...».
Così
Gesù completa la pace! Pace, che significa: godi anche tu di ciò che Io godo.
Prendi parte alle mie ricchezze, vivi della mia vita. La più bella parola che
Gesù avesse potuto rivolgere ai suoi è stata questa: pace! Il dono della sua
vita d'amore! Egli stesso, Gesù - come ha scritto S. Paolo - è la pace: Egli
è la nostra pace! Gesù è il dono di Dio, è la gioia del cuore del Padre, è
la ricchezza di Dio di cui Egli ci vuol far godere.
Gesù,
Tu sei la mia pace! L'unica comunione profonda che si può stabilire tra me e
gli altri sei Tu, l'amore per Te. Solo la comunione fondata in Te è sicura,
fidata e durevole, e oltrepassa le capacità umane! Gesù, sei proprio e solo Tu
la nostra pace. Ti adoro e Ti accolgo per essere uno col Padre e uno con gli
uomini!
E
così ti posso cantare: alleluia!
15.
SE NON VEDO NELLE SUE MANI... (Gv 20,25)
Chi
si meraviglia? Non certo io. Tommaso, ti hanno capito tutti e una stragrande
folla di uomini ti ha approvato.
Credo
solo ciò che posso constatare con i miei occhi e con le mie mani. Il che vuol
dire che credo solo a me stesso, alle mie percezioni, alle mie sensazioni, al
mio io. Il che vuol dire che Dio non può far nulla senza di me, che Egli deve
dipendere da me. E ciò significa che io sono orgoglioso, superbo, cuore chiuso,
incapace di lasciarmi amare e quindi incapace di amare.
Tommaso
ha detto quello che avrei detto anch'io, perché io sono così chiuso ed
orgoglioso. Se fossi diverso sarebbe già miracolo, dono di Dio. Il mio «io»
prevale dappertutto, anche senza che io me ne accorga e soprattutto senza che io
mi opponga. E così divento motivo di sofferenza per gli altri che devono
sopportarmi, se non subire umiliazioni e praticamente anche disprezzo. Gli altri
non si sentiranno più liberi di dirmi nulla; percepiscono la mia sfiducia nei
loro confronti. Divengo per loro un peso, un ostacolo alla gioia, una nube nel
loro cielo.
Quanto
hai fatto soffrire i dieci tuoi amici, Tommaso. Per una lunga settimana sei
stato un freno, una spina, un tormento. Tutta colpa di quell'«io» che non cede
ad una evidenza continua: sì, Tommaso vedeva il cambiamento di dieci uomini: la
loro veste di sacco si era mutata in abito di gioia, ma Tommaso non voleva
ammetterne la causa. Era ostinato, chiuso nel suo egocentrismo.
Gesù,
Tu non hai solo da vincere la morte, devi anche vincere l'orgoglio ostinato
della mia mente che chiude il cuore. Devi sempre esercitare pazienza e
commiserazione, come hai fatto con Tommaso.
Chissà
quante volte, anche senza accorgermi, ti faccio attendere e faccio soffrire i
miei fratelli e tengo a freno tutta la Chiesa col mio orgoglio, con
l'accondiscendere alle pretese del «mio io»!
Gesù,
vieni a rompere questa durezza, perché ti possa cantare: alleluia!
16.
MIO SIGNORE E MIO DIO! (Gv 20,28)
In
ginocchio davanti a Gesù, Tommaso s'è vergognato della propria ostinazione, ha
spezzato la durezza del cuore, ha riconosciuto la propria indegnità: le sue
ginocchia si sono piegate fino a terra. «Mio Signore e mio Dio!»
Il
passaggio dall'incredulità alla fede è brusco, improvviso. Non lascia il tempo
per accorgersi di quel che succede. E non è solo un movimento che si gioca
nella mente, ma coinvolge tutta la persona fino a far piegare le ginocchia.
La
fede! è un dono di Dio. Un dono grande perché cambia tutto l'uomo, lo porta su
un altro piano di esistenza.
Chi
riceve il dono della fede e lo accoglie si trova come sbalzato dalle sue
sicurezze, da tutti gli appoggi a cui si aggrappava e vive come immerso in un
mare che lo culla con dolcezza. Egli stesso non sa darsi spiegazioni; sa solo
che ora non è più lui a determinare tutto, a decidere tutto col rischio
perenne di sbagliare e di perdersi, ma ora un altro si prende cura di lui. Egli,
il credente, può abbandonarsi, può rilassare lo spirito e il corpo, lasciarsi
portare da colui le cui braccia sostengono l'universo. La fede, dono grande!
Essa mi permette di scoprire l'amore, di accorgermi che sono voluto, benvoluto,
amato, accompagnato, accolto! Mi permette di dire a quel Dio che conosco come
Creatore: eccomi, mi lascio guidare da Te, mi lascio cullare da Te, mi lascio
perdere in Te.
Grande
pace per chi crede! Nuova vita nel cuore di colui cui viene donata la fede.
Mio
Signore e mio Dio! Tu Gesù sei oggi davanti a me con le braccia spalancate e
con la ferita del costato scoperta per dirmi che chi s'abbandona al Padre, chi
crede in Lui e in Te, anche se muore vivrà!
Permettimi
perciò di continuare il mio canto: alleluia!
17.
VENIAMO ANCHE NOI CON TE (Gv 21,3)
Di
nuovo sul lago con le reti in mano. L'iniziativa è di Pietro, accolta,
appoggiata ed eseguita da altri sei. Chissà che significato aveva quel remare
nella notte! Nostalgia dei tempi passati? perditempo? necessità per sfamarsi?
non lo sappiamo. Una cosa sembra probabile: Lui non è stato interpellato.
È
un andare al largo senza Gesù. È tentare un'azione senza il mandato, senza
averne ricevuto il compito. È faticare, faticare tutti insieme senza concludere
nulla. Sembra che una mano invisibile abbia convogliato tutti i pesci verso un
riparo irraggiungibile quella notte.
La
fatica dei sette amici non riceve ricompensa.
Succede
ancora così. Anche a me. Lavoro e faccio lavorare, sudo e faccio sudare, ma se
non è Lui a dirmi i tempi e i modi del lavoro, tutto si scioglie e svanisce
come bolla di sapone. È Gesù il Signore della Chiesa e della mia vita. È Lui
il Signore unico del mondo. Le vere reti, quelle che contano e nelle cui maglie
si possono impigliare i pesci le tiene in mano Lui. Inutile che io mi arrabatti.
Prima devo attendere il suono della sua voce, il segno della sua mano. Prima
devo sedermi ai suoi piedi e ascoltare. Quello che io voglio fare, anche se
voglio farlo per Lui non avrà esito. Ciò che Lui mi dice di fare, nonostante
tutto, porterà frutto insperato.
Gesù,
senza di Te anche i tuoi sono... inconcludenti. Senza di Te per quanto ci
arrabattiamo, facciamo ridere i pesci!
Ti
voglio rinnovare la promessa di obbedirti, di attendere le tue indicazioni, di
chiedere a Te luce per ogni decisione, per ogni attività, prima di iniziarla.
Tu hai promesso di essere con noi ogni giorno, per questo ho speranza di poter
mantenere questo mio voto, per offrirti attività e riposo secondo i tuoi
desideri.
Manifestali,
perché sorga sempre dal mio cuore e dal cuore di molti un nuovo: alleluia!
18.
SI GETTÒ IN MARE (Gv 21,7)
L'acqua
è bagnata... ma Pietro non se ne dà pensiero. Qualcuno gli ha suggerito che il
forestiero sulla spiaggia potrebbe essere il Signore. Nulla lo può più
fermare. Il Signore? Corre senza badare a ostacoli. Ed ecco Pietro, davanti a
Gesù Risorto. Egli non l'aveva riconosciuto. Che abbia avuto gli occhi bendati?
Quali sono gli occhi che lo possono riconoscere? Solo gli occhi dell'amore, e
dell'amore puro, disinteressato.
Il
discepolo che Gesù amava era il discepolo che amava Gesù senza interesse,
senza ricerca di gratificazione, senza paura di far figuracce, senza timore di
essere associato al Suo fallimento e alla Sua sofferenza. Questo cuore che ama
di amore puro, può riconoscere il Signore là dove nessun altro potrebbe
sospettarlo.
L'amore,
dunque, riconosce.
E
l'amore ascolta. Pietro, che, nonostante tutto, vuole amare così com'è capace,
ascolta il suo amico, si fida di lui ciecamente.
Mi
piace Pietro, il «Capo», ascoltare l'altro discepolo, prenderlo sul serio come
fosse il suo superiore.
L'amore
decide. Pietro non ha bisogno di spinte. L'amore, anche se non ancora provato -
o meglio non ancora trovato perfetto - è capace di decisioni. La decisione di
Pietro lo separa dal gruppo e lo avvicina a Gesù. Eccolo, ansimante, presso il
suo maestro.
Gesù,
il mio amore per Te è meno provato di quello di Pietro. Non so se avrei
prontezza e decisione a lasciarmi giudicare folle e intempestivo per Te. Voglio
però riconoscerTi sempre là dove chi ti ama ti indicherà ai miei occhi. E Tu,
col tuo sorriso e la tua bontà, farai scaturire dal mio cuore tiepido un po'
d'amore sincero, che ti sia gradito.
Allora
nessuno mi impedirà di cantare: alleluia!
19.
MI VUOI BENE TU PIÚ DI COSTORO?
(Gv 21,15)
La
veste di Pietro gocciola ancora. Quelle gocce dicono una ad una che Pietro ama
il suo Signore. Non c'è bisogno di parole. Eppure è proprio il Maestro a porre
la domanda inaspettata, quella domanda cui si vorrebbe sempre aver già risposto
coi fatti senza aver bisogno di compromettersi con le parole.
«Mi
ami tu più di costoro?». È una domanda adatta proprio per me. Ora non è la
risposta di Pietro che interessa, ma la mia risposta. La domanda è ripetuta,
intensa, più esigente. La mia risposta deve radicarsi, impiantarsi bene nella
mente e nel cuore. Sì, ti amo, Gesù. tutto quello che faccio, lo voglio fare
come per Te e non per gli uomini, né per me stesso. Voglio che tu viva in me
fino a poter dire: non son più io che vivo, ma Tu in me!
Qual
è l'amore che Gesù chiede a Pietro? io voglio dargli quell'amore che Lui
chiede e non quello che io mi immagino. Mi sembra di capire che Gesù anzitutto
chiede a Pietro un amore superiore a quello di tutti gli altri: non devo porre
limiti all'amore. Il mio amore può - con umiltà - tendere al massimo del dono
di me stesso. Se vedo come gli altri lo amano vedo la direzione dell'amore, ma
non la quantità! Non dovrò mai dire: è abbastanza! Inoltre l'amore che Gesù
merita di ricevere da me è quello stesso che il Padre ha per Lui. Il termine
usato da Gesù nelle prime due domande sembra alludere a questo Suo desiderio:
è essere amato dal discepolo con l'amore con cui il Padre lo ama! è un amore
che dà tutto e che dà tutta la fiducia! Così vorrei amare Gesù. E la terza
volta Gesù disse: mi vuoi bene? Hai l'amore dell'amico per me? Vuoi, cioè,
stare al mio fianco per guardare nella mia stessa direzione, percorrere la mia
strada, collaborare nel mio compito? Gesù, così ti voglio amare, non per avere
qualche vantaggio dalla tua amicizia, o qualche considerazione, o per sentirmi
meglio, ma per accompagnarti sulla tua via, esserti segno dell'amore del Padre!
E
se quest'amore costerà, mi rallegrerò delle voci dei tuoi santi che
riecheggiano: alleluia!
20.
PASCI LE MIE PECORELLE (Gv 21,17)
Per
chi ama Gesù non c'è tempo da perdere. Essi sono troppo preziosi nel mondo,
dove gli uomini cercano a tastoni il loro nutrimento. Quelli che amano Gesù
sono gli unici che godono di sazietà e che sono in grado di additare le
sorgenti d'acqua e le praterie abbondanti. Perciò Egli stesso, il Signore, dice
a Pietro: pasci le mie pecorelle. Fa' da pastore, guida ai verdi pascoli e alle
fresche acque le mie pecore, quelli che pongono in me la fiducia.
Chi
ama Gesù non ha tempo di bearsi... non ha tempo di pensar a se stesso. Dovrà
rubarsi sì il tempo di pensare a Gesù, di guardarlo e ascoltarlo, interrogarlo
e ripetergli l'amore, ma tutto questo per essere un segno di salvezza, una luce
nell'oscurità del mondo, un indice puntato nella direzione delle verdi pasture,
un bastone d'appoggio o di difesa nelle stanchezze e nei pericoli.
Chi
ama Gesù riceve compiti d'amore.
Ho
gradito sentirmi sottolineare come Gesù non abbia chiesto a Pietro se lo ha
capito, né se ama le sue pecore. Solo chi ama Gesù sarà capace di assumere
compiti nel Suo Regno, e non chi lo ha studiato, né chi ama gli uomini!
Chi
conosce Gesù conosce la via dei suoi pascoli che non deludono e il luogo della
sorgente che ristora: chi ama Gesù.
Me
ne son potuto accorgere più volte, sia quando sono stato ingannato, che quando
sono stato avviato al cibo che soddisfa ogni desiderio.
Gesù,
voglio portare i miei fratelli là dove io ho trovato sazietà, voglio
accompagnarli da Te. Tu sei e solo Tu colui che salva, Tu solo il Pastore, Tu
solo il Pane, Tu l'acqua viva, Tu il vino della gioia. Coloro che mi dai di
pascere li accompagnerò a Te.
Allora
si leverà un coro di voci che faranno udire un gioioso alleluia!
21.
TU SEGUI ME (Gv 21,22)
Pietro
è preoccupato. La sua preoccupazione, però, non è preoccupazione di salvezza,
è solo uno spirito di curiosità con sfumature di gelosia che s'impadronisce di
lui. È un atteggiamento per nulla utile al Regno di Dio. È un pensiero
apparentemente innocuo, ma inutile. E ciò che è inutile nel Regno di Dio ruba
il posto a ciò che è necessario. Il sale senza sapore prende il posto del vero
sale!
Gesù
s'accorge e difende Pietro. «Tu segui me».
Tre
anni prima Pietro aveva udito queste parole e le aveva prese sul serio. Ora
ancora le stesse parole risuonano rivolte ancora a lui. Come mai?
Il
seguire Gesù non è un fatto che riguarda il passato. Non è un fatto compiuto.
Seguire Gesù è un movimento che avvolge tutta l'esistenza, non solo i piedi!
Seguire Gesù vuol dire seguirlo nei suoi pensieri, nel suo modo di fare, nel
suo modo di essere, nelle sue intenzioni, nel suo donarsi.
Gesù
risorto, colui che è ogni giorno con noi continua ogni giorno a dirmi: Tu segui
me. Tu tieni d'occhio me, fa' piccoli passi sopra i miei. Non confrontarti con
gli altri, confrontati solo con me. Tu segui me. Tu stai seguendo me: non hai il
diritto di perdere tempo a considerare ciò che io chiedo agli altri. Tu fa' ciò
che io chiedo a te, riempiti il cuore di me.
Pietro
capisce che la risurrezione di Gesù non segna il termine della sua formazione.
Egli è entrato in una scuola che non finirà mai. La sua è una formazione
permanente. Il suo Maestro anche se è risorto, sta ancora davanti a lui come
Maestro unico.
Gesù,
perdonami. Spesso seguo e inseguo pensieri vani e inutili. Perdo tempo prezioso
in parole inutili. Perdonami.
Voglio
seguire Te, imparare da Te, lasciarmi formare mente e cuore da Te ogni giorno,
finché potrò cantare per sempre, insieme a Te: alleluia!