MAESTRO, INSEGNACI A PREGARE!
La
scuola
Ho trovato un uomo di novantadue anni.
Ne avevo appena un terzo di lui. Dopo avergli detto qualcosa, commentò con tono
grave e solenne: “C'è sempre qualcosa da imparare”!
Per me quella frase, detta
incidentalmente, è stato l'inizio di una scoperta che ancora continua a
svilupparsi: la vita è tutta una scuola. La vita è una scuola di lavoro, una
scuola di amore, è una scuola di rapporti umani, una scuola per l'uso delle
cose, è una scuola di rapporto con Dio. Anzi, proprio quest'ultimo tipo di
scuola è quello che sa dare toni diversi e durevoli agli altri, come la luce
investe i colori degli oggetti e li fa risplendere nella loro bellezza.
Questa vita, tutta una scuola, avrà un
momento unico, che sarà anch'esso scuola: la morte. Imparare a morire può
esser visto quindi lo scopo di tutte le forme di scuola della vita. Imparare a
morire significa semplicemente imparare a passare da questo mondo al mondo del
Padre. Imparare a superare il mondo della materia ed entrare in quello dello
spirito, passare dalla materia ribelle che mi fa sentire e credere d'essere
padrone, al mondo di Dio dove posso abbandonarmi come figlio alle cure di un
Padre buono.
Scuola di vita e scuola di morte si
equivalgono. Per imparare a vivere da figlio, devo imparare a morire. Per
entrare a pieno titolo nel mondo del Padre ed entrarvi mettendomi al posto
giusto, devo imparare ad uscire da questo mondo normale in cui mi trovo immerso
come uno che è fuori strada. No, n potrò godere in pienezza la mia vita se non
dopo che sarò rimesso sulla via che con certezza mi porta là ove trovo
l'affetto e le ricchezze della casa del Padre mio.
Scuola per vivere e scuola per morire
trovano perciò il loro punto d'incontro e l'unità nella scuola di...
preghiera.
Scuola di preghiera è scuola che
insegna e in cui s'impara a lasciare il mondo in cui viviamo, quasi a spiccare
il volo interiore, perché nulla più, nessuna cosa e nessuna persona e nemmeno
ciò che tocca più da vicino il nostro cuore - i sentimenti interni di gioia e
di dolore - nulla più trattenga il nostro spirito. Questo deve entrare in Dio,
dove solo può trovarsi a proprio agio.
“Solo in Dio riposa l'anima mia ”,
ripeto, sicuro di interpretare le profondità di ogni uomo della terra.
Impariamo ad entrare in Lui, nella Sua
Vita.
L'ingresso è aperto: Gesù è la
porta, la guida, la strada. Vi entriamo con Lui.
Gesù è il Maestro. Gesù è il
Maestro di questa scuola, che chiamiamo della preghiera, cioè dell'incontro con
Dio, dell'ingresso in Dio. Questa scuola durerà tutta la vita perché
l'ingresso definitivo senza possibilità di ritorno avverrà nel giorno in cui
la nostra anima darà l'addio al nostro corpo, con o senza abbracci o strette di
mano. Fino a quel giorno la vita ci prepara sorprese e fatti nuovi nei quali ci
s'impone di imparare ancora da capo ad uscire ed entrare, a vivere indipendenti
da noi e ad essere del tutto figli per il Padre.
Ma abbiamo sempre il Maestro. Il
Maestro è con noi, viene con noi, anche dentro di noi.
Gesù è il Maestro che ha inaugurato
la scuola della preghiera. Già prima di Lui è stata frequentata da scolari e
maestri, ma tutti attendevano il Maestro: era Lui.
E dopo di Lui ancora molti, popoli
interi vi si sono recati: e il Maestro era sempre Lui.
Anche noi andiamo a scuola da Lui, da
Gesù. Siamo sicuri di imparare bene a pregare, a lasciare ora ciò che
lasceremo alla fine ed entrare ora dove alla fine arriveremo, nel cuore del
Padre.
L'aula
Gesù ha inaugurato la scuola della
preghiera all'aperto, su di un monte. Non era un monte molto alto, ma
sufficientemente per dover fare un po' di fatica ad arrivarci. Come mai su di un
monte? Già altre persone chiamate in precedenza ad occupare la cattedra della
scuola della preghiera, in attesa del Suo arrivo, avevano scelto il monte per le
loro esercitazioni.
Abramo aveva scelto il Moria, Mosè il
Sinai, Elia l'Horeb e il Carmelo.
C'era un motivo. Il salmista cantava
spesso: “ ... perché invidiate il monte che Dio ha scelto a sua dimora? Il
Signore lo abiterà per sempre! ”.
il monte sembrava l'abitazione di Dio:
posto sicuro, posto tranquillo, lontano dagli intrighi degli uomini.
E così Abramo vi era salito per
offrire il sacrificio a Dio, Mosè per ascoltare la sapienza della Sua volontà
tradotta in comandamenti, Elia, senza saperlo, inaspettatamente, lo incontra
nella sua solitudine e nel giorno della sua testimonianza di fronte al popolo
radunato.
Quando uno dei discepoli lo ha
interrogato, Gesù era già sul monte. La scuola era già iniziata. Non a
parole, con la vita Gesù insegnava la preghiera, il rapporto con Dio Padre. Il
discepolo voleva anche le parole. Il Maestro lo ha accontentato. Ma la vera
scuola di preghiera Gesù l'ha continuata con la vita sui monti: Tabor,
Calvario, Monte degli Ulivi.
Perché? Perché il Maestro sale i
monti?
Il monte è luogo di solitudine, luogo
appartato. Chi sale sul monte deve staccarsi dal paese, dalle abitazioni degli
uomini, dal posto delle normali occupazioni, dal modo normale di vivere. Il
monte è luogo di desiderio; prima d'arrivarci, quanti passi, quanta fatica e
costanza! Luogo desiderato a lungo nel sudore.
Il monte è luogo di contemplazione,
con visuale di orizzonte amplissimo. Dal monte vedo a grande distanza, e le mie
normali realtà, che nelle giornate normali mi occupano totalmente, case, campi,
strade, officine, le vedo inserite come piccoli ed insignificanti punti in realtà
più grandi e vaste ed infinite. La distanza del monte mi relativizza ciò che
ritenevo assoluto ed indispensabile!
Il monte è luogo di silenzio. Le
parole degli uomini non vi arrivano e le mie grida non raggiungono orecchi che
possano comprendere. Silenzio. Solo nel cuore può gorgogliare un mormorio, che
piano piano diventa dialogo. Mi sente colui da cui riceve movimento la mia vita,
ed io odo, nel cuore, la pace e la gioia infinita di Colui che - senza nome - mi
ama come un padre silenzioso. Pian piano sul monte il mio cuore comprende i moti
del cuore di quel padre... e li trasforma in parole per la mente, e la mente ne
trae spunto per muovere la volontà.
Il silenzio del monte è tempo
d'incontro. Il monte è l'aula della scuola di preghiera.
Chi vuoi vivere questa scuola non potrà
ogni giorno, e forse mai, lasciare la casa e salire un'erta montagna. C'è chi,
in pianura, non ha mai visto i monti e chi non è più sorretto dalle sue gambe
per affrontare i sentieri.
Idealmente però ognuno dovrà salire
il monte: staccarsi dalle sue cose e dai legami con le persone che lo occupano
normalmente, trovare spazio nel cuore oltre i lavori e le faccende d'ogni
giorno, voltar le spalle e chiudere la porta a tutto ciò che preme o pretende
di possedere il nostro tempo. Inoltre farà un cammino che procede lentamente,
ed avrà pazienza e continuerà con perseveranza senza stancarsi o scoraggiarsi
se s'accorgerà che la meta, la vetta, non è ancora raggiunta. Il desiderio
d'incontrare il Padre sarà sostegno e spinta e nutrimento continuo.
Man mano che avanza guarderà più
lontano e s'accorgerà di vedere le cose in cui è immerso come piccole,
leggere, senza forza: non occupano più tutto lo spazio davanti agli occhi, è
saranno così grandi da sembrare schiaccianti. Anzi, perderanno del tutto la
loro importanza, perché si farà viva, come suono lontano ed incerto, e poi
sempre più sicuro e attraente, la voce che penetra le midolla, la voce di Colui
da cui viene ogni giorno la vita, la voce di Dio. Finalmente! E se rimango»sul
monte", nel silenzio attento a quella voce, essa diverrà la sola, l'unica,
che poi prende il posto di quella del mio cuore. E il mio cuore stesso arriverà
a sentirla come propria. Gesù, il Maestro, vuole portarmi a divenire una cosa
sola col mio Dio, così come Egli è uno coi Padre.
Il
Maestro
Il Maestro della nostra scuola è Gesù.
Egli tiene conto di cose vecchie, di esperienze già racimolate da noi e dagli
uomini prima di noi, addirittura del popolo, e ne introduce di nuove. Sì, perché
Egli è nuovo, uomo nuovo, la cui vita ed esperienza è ricca di novità. La
scuola per vivere e morire - la scuola di preghiera cioè - l'ha iniziata Lui e
l'ha conclusa. i suoi amici e discepoli hanno continuato a pensare e parlare di
Lui. Egli è ancora il Maestro, anche se i discepoli sono cambiati. Allora erano
pescatori, oggi oltre ai pescatori ci sono molti altri che non conoscono le reti
della pesca.
La scuola di Gesù non concede diplomi
di riconoscimento, né allora né oggi, né richiede certificati per
l'ammissione. E' richiesto solo il desiderio d'imparare, l'umiltà di
riconoscere di non essere ancora capace di vivere e di morire, di non essere
ancora totalmente passato da questo mondo a quello del Padre.
E' richiesto il desiderio d'imparare a
pregare!
Questa scuola non conosce vacanze o
ferie. Chi se le concede è uno che marina la scuola: nella sua vita ci saranno
come dei vuoti, sarà come una casa incustodita e spalancata, ove ladri e vento
mettono disordine e paura.
Non ci sono molte lezioni teoriche: la
scuola consiste essenzialmente in esercizi pratici costanti e crescenti
d'intensità.
La classe è unica, dove ognuno, mentre
impara è anche maestro. Ciò avviene senza accorgersene. Più uno è attento ad
imparare, più - senza saperlo - è maestro, o meglio, aiutante del Maestro.
Questi rimane invisibile, mentre gli aiutanti sono visibili ... ! La loro
visibilità è un aiuto, e nel contempo un freno: chi non tiene gli occhi del
cuore fissi sul Maestro e s'accontenta di vedere i suoi aiutanti, sarà attirato
e distratto dai loro difetti, da ciò che loro ancora manca. Chi dimentica che
gli aiutanti del Maestro sono ancora scolari è illuso e sarà con facilità
deluso e difficilmente avrà coraggio e gioia nel continuare la scuola.
Aiutanti validi del Maestro saranno
quelli che staranno sempre imparando e camminano con Lui; anche se sono ai primi
passi, giovano a molti. Chi si crederà maestro e pensa di esser capace di
insegnare, questi è come quella bella automobile, lucida e pulita, che deve però
esser trainata da un infangato trattore. E chi siede al suo volante è
prigioniero, e gode limitatissima libertà.
Detto questo comprendo come io non
posso mettermi ad insegnare a pregare. Mi limiterò a vedere alcuni aspetti di
questa scuola di vita e di morte che è la preghiera. Così come io li ho finora
percepiti e in parte vissuti, con le limitate capacità che possiedo cercherò
di esprimerli. Non vorrei, e sarei spiaciuto, che queste comunicazioni fossero
accolte come assoluto e che qualcuno si limitasse a confrontare la propria vita
con quel che dico della mia. lo mi permetto di dire quanto dirò solo perché tu
possa cominciare a percorrere la strada del Monte su cui il Padre già ti
attende.
La tua Guida diretta ed il Tuo unico
Maestro che ti sosterrà e ti darà il cibo, e ti porterà - sì, talvolta ti
porterà di peso - e sarà la tua sicurezza, è (e non devi cercare altri) Gesù.
Nelle pagine seguenti, dopo aver visto
qualche raggio della bellezza della preghiera, vedremo dove sono le sue radici.
Saremo condotti a dare uno sguardo a ciò
che la nutre e infine ad alcuni modi concreti nei quali trova la sua espressione
ed il suo sviluppo.
Bellezza
della preghiera
E' più facile sentir parlare della
necessità e dell'obbligo di pregare. E' vero. Se uno non prega, se uno cioè
non cerca il contatto con Dio, si priva della vita.
Ma ho visto che noi uomini, più o meno
siamo fatti così: se uno mi dice che devo fare una cosa, mi sembra che mi si
faccia violenza e reagisco in modo da contraddire, quasi a voler difendere la
mia libertà a costo di morire.
Mostrami l'utilità e la bellezza di ciò
che è necessario, ed io lo sceglierò senza fatica!
Ho provato a far così con la
preghiera, ed ho trovato veramente che la preghiera ha una bellezza in sé, ed
ha pure una capacità di render belle le cose e le persone.
Non è una mia scoperta! lo sono stato
aiutato da molti altri che l'hanno ripetuto nei secoli, a cominciare dal
salmista (Sai 92,2) che dice: “E' bello dar lode al Signore e cantare al Tuo
Nome, o Altissimo! ”.
Perché pregare è bello?
Vediamo prima di metterci d'accordo su
ciò che è la bellezza.
Ho osservato che le cose belle, hanno
tutte in comune un principio che le rende gradite agli occhi e al cuore
dell'uomo. Tale principio è l'unità dei vari elementi di cui una cosa è
composta, unità che diviene armonia di linee o di colori o di suoni.
Un fiore, ad esempio, è bello perché
è armonico, ordinato: tutti i petali, i sepali, gli stami ed i pistilli hanno,
pur essendo molti e diversi, un unico centro ove confluiscono e da cui partono.
Questa unità è armonia ed è percepita da noi come bellezza.
L'unità e l'armonia piace all'uomo
perché trova in essa qualcosa di eterno, di sapiente, di consono alle
aspirazioni più profonde anche di quelle che non si sanno esprimere e che non
si sa di avere.
La preghiera è bella perché - se è
vera preghiera - è armonia. E' infatti il momento in cui tutte le facoltà
dell'uomo (memoria, intelligenza, affettività, corpo ecc.) e tutte le
esperienze della sua vita si armonizzano coi centro di se stessi, si agganciano
al punto da cui siamo partiti e a cui tendiamo, Dio, il Padre.
Quando prego, quando cerco il rapporto
con Dio, tutte le mie capacità e i fatti della mia vita si agganciano con Gesù
e trovano unità.
E siccome Gesù è il cuore del mondo,
il centro a cui il Padre vuole sottomettere ogni cosa, il centro cui aspirano i
cuori di tutti gli uomini ed il punto d'irradiazione di tutte le cose, la mia
preghiera diviene anche il momento in cui la mia vita s'inserisce nel disegno
universale di tutti gli elementi del mondo: è perciò il momento più bello, il
momento più desiderato dal cuore di Dio, il momento che dovrebbe e che vorrei
fosse continuo, ininterrotto, sempre attuale e intenso.
E' la preghiera continua, che dà
costanza all'armonia e bellezza della vita.
La preghiera è bella! è il rapporto
di chi ama ed è amato, di chi scopre d'esser amato, si meraviglia e ama a sua
volta. Essere amati ed amare è bello, è il momento più bello: avviene nella
preghiera, che è attenzione all'amore di Dio e risposta d'amore.
La preghiera è bella perché è la
piena realizzazione dell'uomo: nella preghiera ci sentiamo realizzati come figli
del Padre: siamo quel che dobbiamo essere!
Nella preghiera - a tu per tu col cuore
di Dio - si scoprono le ricchezze del Suo e del nostro cuore, tesoro che
altrimenti rimarrebbe nascosto.
Anche Gesù ha confidato a Marta che la
parte buona e bella della vita è quella in cui Maria si è messa ad ascoltare
la Sua Parola per amore. “ Maria ha scelto la parte buona ”! Noi diciamo “
buona ”, ma l'equivalente espressione ebraica intende anche “ bella ”!
Maria ha scelto la parte bella e buona!
La preghiera non solo è fatta di
bellezza sua intrinseca, ma ha il potere di comunicare la bellezza a ciò che la
tocca, persone e cose. “ Guardate a Lui e sarete raggianti ” ci fa ripetere
un salmo (34, 6) e Isaia (56,7) scopre nella preghiera anche le radici di questa
pianta che è la bellezza, la gioia: “ Li colmerò di gioia nella mia casa di
preghiera! ”.
Un giornalista cecoslovacco, Zverina,
ha scritto alcuni anni fa: “ L'uomo più bello è colui che prega ”. La
preghiera, l'armonia della preghiera, porta alla luce, sul volto dell'uomo, la
sua intima ed intrinseca bellezza. Tu sei più bello quando preghi!
La preghiera rende bello l'uomo che la
vive, ma rende bello anche tutto il resto. Tutte le cose, per mezzo della
preghiera, si collocano al loro posto nell'infinita varietà dell'universo,
ricevendo e donando armonia.
Ho avuto modo di contemplare molte
chiese. Sapete quali erano più belle? quelle dove qualcuno seduto o
inginocchiamo stava pregando. Ho visto molti mazzi di fiori, ben composti e ben
ordinati, preparati dal fioraio per qualche matrimonio. Ma il più bello era
quello preparato dalla vecchia sagrestana per amore del suo Signore.
Sono entrato in molte case. Le più
belle non erano quelle profumate e coi tappeti appesi alle pareti, ma quelle
dove si respirava preghiera: qui il sedere su una dura panca era riposo, più
che là su morbide poltrone vellutate.
Tutto viene reso bello dalla preghiera,
anche il discorrere dell'uomo con gli altri uomini, anche il suo modo di
lavorare, addirittura anche il suo riposo o divertimento!
Il canto di un coro che, cantando,
prega, ha una bellezza indicibile e inspiegabile da chi non sa. Il coro
preoccupato di far bella figura anche se esegue canti famosi lascia freddezza.
Nulla supera la bellezza del volto di
un uomo o di un bambino in preghiera!
Eppure quante persone rifuggono la
preghiera! La fuggono come fosse un tormento, non scorgendone la bellezza e
l'armonia. E se l'accettano per un senso del dovere, l'accorciano, la riempiono
di... cianfrusaglie e parole e pensieri, perché non sia preghiera. E'
un'esperienza che in varia misura tutti abbiamo vissuto.
Quando non voglio mettere in
discussione la mia vita, quando non voglio cambiare modi di fare o decisioni
prese, quando ci sono cose, relazioni, atteggiamenti cui sono attaccato più che
alla Volontà di Dio, allora non mi piace pregare: non sento bella la preghiera.
Appunto perché pregare è lasciarsi inserire nella Vita, nel disegno di Dio.
Per poterlo fare Dio può chiedere cambiamenti, proprio come è necessario,
perché una pianta di fiori possa svilupparsi, cambiargli la terra o, come si
deve, per accendere una lampada, girarla nel suo supporto! Dio può chiedere
cambiamenti, ed allora... la preghiera non piace, e la si esclude dalla vita o
ci si illude di pregare formulando parole che cercano di convincere Dio a fare
la nostra volontà.
Perché la preghiera sia bella deve
essere vera! e per essere vera l'uomo deve avere nel cuore quella parola che salì
alle labbra di Maria quando l'Angelo le ha comunicato un modo nuovo di vita per
lei: “ Eccomi, sono la serva del Signore”. Eccomi, Signore, fa di me come mi
dirai.
Quando una persona è in sincera
ricerca della Volontà di Dio e non vuole avere una propria volontà, ma solo
lasciarsi dire dal Signore quale è la Sua, allora si cerca la preghiera, che
diventa bella, perché è libera da tutto ciò che potrebbe condizionare la
nostra relazione con Dio.
La mia preghiera è libera quando di me
stesso non sono preoccupato e l'unica persona importante è Gesù. In me non
devono “stare in piedi ” i peccati, ma nemmeno le cose buone, le mie doti e
le mie
capacità: devo esser pronto a lasciare
che il Padre, come viticoltore, faccia la sua potatura su di me. Ogni buon
coltivatore pota i rami che portano frutto! Anche le mie buone qualità le
lascio a disposizione del Padre, che me le faccia usare o che me le tolga, o non
me le faccia adoperare. Egli sa.
Se la mia preghiera è libera sarà
pure bella, e semplice, e disinteressata.
Ecco, io vengo, Signore, per fare la
Tua volontà!
Questo sarà la base, il punto di
partenza di ogni vera preghiera: l'abbandono di sé al cuore sapiente e buono
del Padre, in Gesù. Allora la preghiera diverrà una costante del cuore
dell'uomo, rinnovato e ringiovanito di bellezza.
Esercizio: fermarsi
mezz'ora con Gesù, senza dirgli nulla. Gustare la sua presenza, leggendo
all'inizio un breve brano del Vangelo. Lasciare che Lui parli, dica quel che
piace a Lui, ciò che Egli cerca e vuole. Stare a vedere quel che Egli fa e in
che modo lo fa in quell'episodio che abbiamo letto.
Che
cos'è la preghiera?
Spesso non sono nemmeno in grado di
definire quelle cose che sono mie, che posseggo, soprattutto se esperienze di
vita. Per poter dire che cos'è la preghiera dovrei perlomeno esser sicuro che
essa è mia. Ma è proprio mia la preghiera?
Di
chi è la preghiera?
Normalmente viene data di essa questa
definizione: “ relazione d'amore con Dio”. Traducibile nella frase: “Mi
ami - Ti amo”. Tutte le altre parole della preghiera o sono contenute in
queste, o sono una preparazione ad esse oppure una conseguenza.
Devo quindi ammettere che la preghiera
non è mia, non è perlomeno tutta mia, non è solo mia. E' relazione, relazione
d'amore, deve essere quindi di almeno due persone.
La preghiera non è solo mia perché
l'amore non è solo mio. Anzi, san Giovanni nella sua prima lettera (4, 10) dice
precisamente che “non siamo noi che amiamo Dio, ma è Lui che ha amato noi”.
L'iniziativa dell'amore è di Dio. Egli è il Padre: è Lui che ha amato e che dà
la capacità di amare.
Possiamo perciò e siamo costretti a
dire che la preghiera non è nostra, non è mia, è tutta dì Dio, è opera di
Dio!
San Paolo in vari modi e senza tanto
ragionare cerca di insegnarci che le cose stanno proprio così.
“ L'amore di Dio è stato riversato
nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5, 5):
l'amore che può essere in noi, non è nostro, viene da Dio; noi ne siamo
fragili recipienti! “ Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza perché
nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente chiedere, ma lo Spirito stesso
intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili ” (8, 26): c'è in
noi Qualcuno che tiene il vero rapporto con Dio! “ Nessuno può dire»Gesù è
il Signore»se non sotto l'azione dello Spirito Santo ” (1Cor 12, 3): anche
l'atteggiamento di obbedienza al Figlio di Dio non è opera nostra. “ Non
sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? ” (1Cor
3, 16-17; 6, 19) e ancora: “ Noi siamo il tempio del Dio vivente! ” (2 Cor
6, 16). Sono parole dell'Apostolo che traducono in vario modo ciò che Gesù
aveva detto ai suoi nel cenacolo (Gv 17, 2,3): “ lo in loro e Tu in me”.
Tutte queste parole, confermate
peraltro dal nostro spirito, ci fanno concludere che noi siamo solo il luogo
della preghiera! La preghiera non è nostra, la preghiera è in noi! è nostra
solo in quanto si svolge nel luogo del nostro spirito, della nostra anima, nel
nostro corpo. Noi siamo il tempio in cui lo Spirito chiama Gesù: “ vieni,
Signore Gesù ” (Ap 22, 17), il tempio in cui Gesù adora il Padre e gli
ubbidisce: “Ecco, io vengo a fare la Tua Volontà” (Ebr 10, 9), il tempio in
cui il Padre si compiace del proprio Figlio Gesù, il luogo in cui
si incontrano Padre, Figlio e Spirito Santo in dialogo d'amore eterno. Ma
questo è proprio vero?
Credo che possiamo riscontrarne la
verità a vari livelli, con varie prove. Anzitutto l'esperienza di molti santi:
hanno trascorso anni ed anni lunghissimi di aridità così oscure da chiamarle
addirittura notte dello spirito. Non avevano parole né sentimenti da presentare
a Dio. Eppure erano santi, uomini e donne di Dio. La preghiera viveva in loro,
senza che essi lo sapessero e la sentissero.
Un'altra controprova è la preghiera in
lingue. Vari cristiani hanno fatto e stanno facendo l'esperienza di balbettare
con Dio, di non dire nulla pur formulando parole di lingue sconosciute.
La preghiera è in essi, ma non
appartiene a loro.
Pietro, Giovanni e Paolo, e molti
altri, hanno avuto delle estasi: momenti di assenza da questo mondo e presenza a
Dio. Chi agiva in essi in quel momento? Non la loro volontà, né le loro facoltà.
La loro preghiera in quelle circostanze non dipendeva da loro.
Anche noi facciamo esperienza,
talvolta, che, senza volerlo e senza cercarlo, addirittura controvoglia, sale
dal nostro intimo un dialogo con Gesù, o una delle tante orazioni imparate a
memoria, o una frase del Vangelo. Chi sta pregando in noi?
lo sono, - soltanto - o fortunatamente,
luogo di preghiera, santuario frequentato da Dio. Egli, Dio Trinità, sta
dialogando con Amore immenso del Padre per Gesù e di Gesù per il Padre.
Quale grazia per me essere il luogo
della preghiera di Dio!
Questa grazia è carica di conseguenze!
Una prima è questa: non mi sforzo di
pregare, di trovare parole da dire a Dio, come se il dialogo con Lui fosse
un'attività che dipende da me. E' invece una passività. Mi lascio usare da Dio
per la Sua preghiera, il Suo dialogo: lo accolgo in me!
Un'altra conseguenza sta nel fatto che
non conosco più luoghi e momenti riservati alla preghiera, perché sempre e
dovunque sono io il luogo di preghiera e il tempo della mia vita è tempo di
preghiera. In ogni momento della giornata Padre e Figlio si amano e in ogni
luogo ove io mi trovi possono scegliere me per dimostrarsi fiducia e obbedienza.
La vita intera, così, diventa luogo
della preghiera eterna e continua unione con Dio, in Dio.
Ed io? La mia intelligenza, la mia
volontà, la mia memoria, la mia carica d'amore restano escluse? No, anzi:
proprio esse in misura sempre crescente possono rendersi attente a ciò che si
svolge in me ed esserne coinvolte. La volontà può far smettere le altre facoltà
di occuparsi con se stesse e con le cose esteriori affinché la memoria possa
ricevere comunicazione delle Parole del Padre e di Gesù e l’intelligenza ne
sia coinvolta a tradurle in atteggiamenti del cuore e del corpo, e la capacità
di amore si orienti ad immedesimarsi e fondersi in quello di Dio.
La preghiera nascosta in me, mi diviene
così esplicita, tanto che corro il rischio di crederla mia.
Per poter essere completamente immerso
da questa Preghiera e viverla passivamente, devo anche darmi da fare per trovare
spazi di luogo e di tempo in cui l'azione dello Spirito Santo (la preghiera)
divenga percepibile alla mia anima e cosciente.
Li devo cercare perché sono peccatore,
incline al male, e vivo in un ,mondo che dà molto spazio al male.
Cerco perciò il luogo adatto, senza
rumori, senza distrazioni per gli occhi, senza oggetti che mi portino via la
memoria a dover ricordare impegni, lavori, persone...
Cerco il tempo più adatto alla mia
attenzione: non sarà il tempo in cui ... non so fare altro per la stanchezza!
Sarà un tempo in cui sono ancora riposato. Sarà un tempo sufficientemente
lungo, misurato sui miei ritmi personali interiori. Se per... depositare
preoccupazioni e ricordi e immagini mi ci vuole mezz'ora, il tempo della vera
Preghiera comincia dopo quella mezz'ora.
Voglio infatti che il Dialogo d'amore
di Dio non rimanga sottinteso e inconscio, ma che mi prenda tutto!
Quando sono sicuro di... sentire la
Preghiera di Dio in me?
Quella preghiera che comincia con la
parola “ io ” è iniziativa mia.
Spesso mi inganna, non è vera
Preghiera.
Quella che comincia coi “Tu ” ha
garanzia d'esser vera Preghiera: Tu Padre!
Tu Gesù sei degno...
Tu Spirito Santo...
Così la preghiera di quei due che sono
saliti al tempio a pregare: l'uno diceva: io non sono come... e l'altro: Tu,
abbi pietà di me!
Questa era preghiera! è la preghiera
che Gesù, annoverato tra i peccatori, rivolge al Padre. L'altra non era
preghiera, era solo illusione.
Sto attento e accolgo la preghiera che
comincia col “ Tu ”! Infatti Gesù e il Padre sono sempre attenti l'Uno
all'Altro!
Esercizio: dopo
un po' di silenzio, provare ad osservare Gesù unito al Padre: il Padre è
contento di Gesù, perché?
e
provare, lentamente, a iniziare frasi con queste parole: Tu, Gesù, sei degno di
onore, perché...
Tu,
Gesù, sei degno di...
Tu,
Gesù, sei...