Siamo troppo «abituati»
ad andare a Messa. Ci andiamo così come a un rito vuoto,
senza vita, purtroppo! e allora non porta alcun frutto.
Qui ti comunico qualche riflessione e anche l'eco di quel
che si svolge in me durante la Messa. Potrebbe forse
esserti gradito sentire come un prete vive la Messa; e
senz'altro anche utile per farne la parte principale
dell'esistenza.
Non ho potuto né voluto essere esauriente in queste
pagine, perché non si possono descrivere in maniera
esauriente i misteri della fede!, ma anche perché esse
sono semplicemente la raccolta di alcuni articoli scritti
in due anni per un bollettino interparrocchiale (Voci di
Primiero, dal marzo 1978 a gennaio 1980).
Leggili, se li leggi, come uno scambio di esperienze tra
fratelli! don Vigilio Covi
Un saluto
I bambini che entrano per la prima
volta in sagrestia restano a bocca aperta vedendo i
grandi armadi pieni di preziosi paramenti che la povertà
dei nostri vecchi vi ha deposto.
Quando io li indosso so di indossare non stoffe preziose,
ma la fede e lo spirito di sacrificio e il grande amore
per Dio che genitori, nonni e bisnonni alimentavano con
generosità ammirevole e ora premiata da Dio: quest'oro e
questi ricami sono la primizia delle loro fatiche, sono
un'espressione di ciò che è rimasto della loro fede,
della loro vita.
E' rimasto ancora qualcos'altro... ed è la nostra fede,
è quel senso religioso che spinge la gente a venire la
domenica, quella gente che io, uscito dalla sagrestia
vedrò sparsa nei banchi della chiesa. Talvolta - non
sempre - mi chiedo proprio se c'è solo il rimasuglio
della fede degli antenati nei banchi, o se c'è anche
della fede nuova. Ma le cose si mescolano a tal punto che
è difficile distinguerle. Anche tra le parole che io
dico nella Messa ce ne sono di antiche di duemila anni e
di quelle nuove, e ormai non si distinguono più: fanno
parte di un'unica obbedienza e di un unico atto di amore
a quel Gesù che ha detto: «fate questo in memoria di
Me».
E' bello quel gesto con cui iniziamo insieme: un segno di
croce sul corpo, un segno che ripete la nostra
consacrazione: noi siamo di Dio, di quel Dio che ha dato
se stesso senza riserve. E' il segno posto all'inizio
della vita e alla fine. Con esso cominciamo e terminiamo
la giornata. Con esso cominciamo e terminiamo questa
riunione. Anche chi arriva in ritardo non lo dimentica.
Non siamo qui per nostra volontà, ciò che facciamo non
lo facciamo a nome nostro, ma nel Nome di quel Padre che
ha mandato il Figlio e ci avvolge a destra e a sinistra
col suo Spirito. E' un segno che fa memoria del
battesimo, ma anche delle confessioni dei miei peccati:
anche allora quel segno era stato ripetuto su di me: ora
me ne voglio ricordare, con riconoscenza.
E poi io saluto (intenzionalmente anche i ritardatari)
con le parole con cui s. Paolo salutò in una lettera i
cristiani di Corinto... e tutti gli altri che lungo i
secoli l'hanno letta:
«La grazia del Signore Gesù Cristo l'amore di Dio Padre
e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi»
(2Cor 13,13).
E' un saluto stupendo. Come fare a spiegarlo? Non è solo
un «buongiorno, benarrivati», è comunicazione di
qualcosa di Dio: la bocca del prete butta fuori non cose
d'uomo, ma di Dio. Taluno, più vigilante, al suono di
quelle parole sente entrare nel suo animo una novità:
grazia, amore, unione di spirito coi fratelli presenti.
Io lo sento quasi come un'eco: «e con il tuo spirito».
Il più bel «buongiorno, reverendo» non vale questa
risposta. Con questa parola, che taluno si lascia
scappare di tra i denti solo meccanicamente senza
rendersi conto, mi date il più bel saluto della giornata
e il più bello di cui siate capaci. Vi rendete conto che
mi dite che il mio spirito sia unito a Dio?
E' ben necessario perché io possa continuare nella
celebrazione. A volte quel saluto che mi date è una
doccia fredda che mi sveglia. ... Ero arrabbiato coi
chierichetti, ero stufo di molte cose, viste e udite, ero
sconsolato del numero esagerato di banchi vuoti, ero
immerso coi pensieri in quella famiglia o in quel
problema e voi mi avete detto: «e col tuo spirito (siano
le cose di Dio e Dio stesso)»! Devo subito scuotermi e
rimettermi nell'amore del Padre e nell'offerta di sé del
Figlio. Devo immergere nuovamente il mio spirito nello
Spirito Santo, se non voglio trasformare in menzogna quel
«Signore pietà» che viene subito dopo.
I miei peccati
«Che c'entrano i fratelli coi miei
peccati ? Basta se dico: "confesso a Dio
onnipotente...". I miei peccati sono cosa privata e
guai a chi li tocca!».
Li deve toccare il sangue di Cristo. Li deve prendere in
mano proprio Lui, il Figlio di Dio, che si è fatto ormai
tutt'uno col suo Corpo, la Chiesa. Ciò che fa il corpo
lo sa il capo, ciò che fa il Capo lo sa il Corpo. Ciò
che fa Cristo lo fa il suo Corpo, la Chiesa. I miei
peccati, che hanno messo luridume sul Corpo di Cristo, la
Chiesa, sono affare di tutti: non da quando ne chiedo il
perdono, ma da quando li ho commessi: da quel momento
hanno infiacchito il Corpo di Cristo, ne hanno offuscato
la gioia, la testimonianza del Risorto, hanno trascinato
nella tiepidezza molti altri fratelli, soprattutto quelli
che non si sono accorti di nulla, che non dubitano che io
sia nel peccato. «Confesso a voi fratelli»... sono
peccatore dinanzi a Dio. Nella mia vita ci sono anche
peccati di omissione, di pensieri e parole. Perciò
abbiate pietà di me e non prendete troppo l'esempio da
me: è troppo poco. Prendete l'esempio da Gesù Cristo.
I peccati «mortali», quelli che hanno rotto l'unione
coi fratelli e con l'amore di Dio, sono stati perdonati
nel sacramento della confessione. Non hanno posto durante
la Messa, rovinerebbero troppo il clima di Spirito Santo.
Hanno bisogno di un trattamento speciale, di essere vinti
chiedendo esplicitamente perdono alla comunità
(attraverso il ministro di essa e di Dio). Ma quante
altre imperfezioni d'amore e cadute d'egoismo e quante
tentazioni non prontamente evitate e quante parole e
atteggiamenti non controllati hanno costellato la
settimana! Chiedo purificazione, e le parole del prete mi
assicurano l'amore di Dio e la sua intenzione di non
lasciarmi perdere: «Dio onnipotente abbia misericordia
di noi, perdoni i nostri peccati...»!
Quei miei peccati di ogni giorno e di ogni ora, di cui
spesso nemmeno mi accorgo, e che annacquano il mio amore
per Dio e l'amore di Dio in me per i fratelli, non hanno
più consistenza. Ora la parola del prete mi purifica,
ciò che bolliva nel cuore e mi impediva la pace ora ha
smesso d'inquietare e posso unirmi all'esplosione di
gioia degli Angeli di Betlemme: «Gloria a Dio...». A
Gesù Cristo si può batter le mani, o meglio applaudire
con questo canto, che - se accompagnato dall'organo - fa
invidia ai cori celesti!
Finito questo canto invito tutti alla preghiera e la
pronuncio io a nome della comunità riunita. E' sempre
diversa, ma sempre è frutto della nostra umiltà:
abbiamo bisogno di tutto; nessun amico e nessuna società
o organismo o assicurazione o governo o patronato può
mettere nel nostro cuore tutto quello che ci può stare:
la gioia, l'amore, la somiglianza con Dio, lo Spirito
stesso di Dio: a lui alziamo gli occhi supplicanti e
fiduciosi.
Ora mi siedo anch'io insieme con voi.
Una volta tanto anche il prete tace e ascolta. E con
piacere! La Parola di Dio, che ora un uomo o una donna
stanno proclamando, è fatta non solo per uscire dalla
mia bocca, ma anche per entrare nei miei orecchi e
trasformarsi in ubbidienza al Padre. Chiunque sia colui
che legge, è Dio che mi sta parlando. A volte - è vero
- solo il prete capisce quello che vien letto: «quel
profeta o quel libro dal titolo strano... l'avranno
capito gli Ebrei di tremila anni fa: a me non dice
niente»...
In ascolto
Siamo arrivati al momento in cui,
seduti, più o meno comodamente, ascoltiamo o facciamo
finta di ascoltare la Parola di Dio. Dico così perché
in realtà succede l'una e l'altra cosa.
La Parola che ci viene proclamata dovrebbe penetrare fino
al punto d'incontro dell'anima e dello spirito, perché a
ciò è destinata, dovrebbe diventare regola di vita e
oggetto di meditazione continua nonché di preghiera...
dovrebbe...
Ma ci sono alcuni impedimenti concreti che ostacolano a
quella Parola di fare il suo mestiere! Questi impedimenti
li conosceva anche Gesù e ci ha messi in guardia.
Un primo impedimento è quello di ascoltare la Parola
come se si stesse sopportando uno che chiacchiera sul
sedile accanto nel pullmann: «quello che dice non
m'importa, non mi tocca: egli parla delle sue cose, io ho
le mie. Dica pure, sento tutto, ma io ho già le mie
convinzioni».
Alla Messa non sembra, ma molti ci stanno così. Se così
non fosse non occorrerebbe che nel '98 ripetessi le
stesse cose che nel '95! Ci sarebbe un miglioramento!
Un altro impedimento è questo: «ha parlato bene! è
vero quello che dice s. Paolo. Bisognerebbe che tutti
facessero così». Egli aspetta che gli altri ascoltino,
ascolta per gli altri. Io spero che ascoltino i
parrocchiani, ed essi si aspettano che mi converta io. Si
fa a gara a chi aspetta di più!
L'altro impedimento è la delusione. «Ho provato tante
volte a vivere come dice il Vangelo, ma dopo... gli
affari, il lavoro, i compagni - non sempre santi - le
preoccupazioni... bisogna arrangiarsi!» e così Dio non
può mai dimostrarti la sua fedeltà e potenza perché
non gliene dai mai l'occasione! Stai lì nel banco come
un rassegnato «La Parola di Dio è vera solo per i
santi, per me no!». Fai bugiardo Dio.
Un altro impedimento, il più diffuso e ciononostante il
meno brutto è l'ignoranza. Dico l'ignoranza specifica
dei cristiani - compresi professori e laureati -
un'ignoranza scandalosa su ciò che riguarda la Parola di
Dio, la Bibbia. Ahimè, che pena! Preferisco senza dubbio
un cristiano che ignora cosa siano i versetti e i
capitoli dei libri sacri, ma umile, piuttosto che uno che
conoscesse tutto a memoria, ma con superbia. Non è la
conoscenza che fa santi, ma lo Spirito Santo! Ma è anche
vero che lo Spirito Santo non ama l'ignoranza. Capiresti
di più la Parola che ti viene annunciata a Messa, se
avessi qualche infarinatura sulla Bibbia.
Se uno supera questi impedimenti scopre che la Parola di
Dio nella Messa è una miniera di sapienza, di coraggio,
di speranza, di forza, di amore, di certezze e di gioia!
E quando risponde al lettore e dice «Rendiamo grazie a
Dio» lo fa sul serio. Come non ringraziare un Dio che
parla con le nostre parole, che usa i nostri modi di dire
e le nostre immagini e con esse ci comunica i suoi
pensieri e progetti, le sue attese e i suoi segreti, e
così ci fa alzare il capo per la dignità che riceviamo:
essere suoi interlocutori!
Ciò che vien letto sul pulpito, da quel grosso libro
verde che si chiama «lezionario» non sono discorsi di
uno che vuol convincermi di aver ragione, non sono
comizi! ma sono parole che vengono dal cuore di Colui che
mi ha creato e salvato, di Colui che mi ha tolto il peso
dei peccati e di un mucchio di paure. Sono parole non da
soppesare, ma da prendere con fiato sospeso e farne
tesoro: non ce n'è di meglio!
Cantare... e predicare!
Cantare mi piace, anche se non sono un
buon cantore. Sento che tutto quello che c'è in me non
trova adeguata espressione con le sole parole. Ci vuole
qualcos'altro: il canto. Il canto, come una medaglia, ha
due facce: l'una sono le parole che si cantano, l'altra
è la melodia. A volte ci sono belle melodie con brutte
parole: il canto allora non è bello, a meno di
rinunciare a pensare a ciò che si dice.
Quando canto l'alleluia, prima del Vangelo, sento che la
medaglia è completa. La parola è bella (vuol dire:
lodiamo il Signore) e la melodia mi fa respirar fondo
perché dà sfogo a tutta la gioia che ho dentro. E' una
medaglia - per continuare il paragone - completa di
catenella... Voglio dire che questo canto - come quelli
del Gloria, del Santo e dell'Agnello di Dio - si lega a
tutte le generazioni dei cristiani del passato, fino a
Maria ss.ma e ai profeti e patriarchi e a tutte quelle
del futuro, a quelle viventi su tutta la Terra e a quelle
che già godono in Paradiso. Anche là si canta:
alleluia! Anche là si loda Dio, e nel modo più vero e
completo! Pur essendo una "medaglia" completa e
perfetta, questo alleluia, talvolta la porto arrugginita
e affumicata... Aprendo le labbra per cantare, non
gioisco della lode che sto dando a Dio; il mio canto
allora esce morto. Ma, normalmente, sento che quelle
poche parole sono un riassunto di tutta la mia vita, che,
col suo esistere e col suo agire, loda il Suo Creatore!
Succede inoltre che - pur senza accorgermi - questo breve
canto con la sua gioia pasquale dispone l'animo ad
accogliere con entusiasmo la Parola che Gesù mi sta per
rivolgere nella lettura del Vangelo.
Questa del Vangelo è proprio una parola del Signore,
anche se la pronunciano le mie labbra. Labbra d'uomo non
sarebbero degne di muoversi per dire parole di Gesù.
Bisognerebbe che venisse il Cherubino con carboni ardenti
per purificarle, come toccò ad Isaia profeta nella sua
visione, e come io pure prego sottovoce, senza che
nessuno se ne accorga, prima di cominciare a leggere:
"Signore, purifica il mio cuore e le mie labbra
perché possa annunciare degnamente la Tua Parola".
E poi leggo ciò che gli evangelisti scrissero della vita
di Gesù, le sue azioni e le sue Parole. Ormai c'ho fatto
il callo... e non mi emoziono più: ma capisci cosa
significa dire le parole che Gesù ha detto? Mi
premerebbe dirle con quel tono, con quella serietà e
gioia e pace con cui Lui le ha pronunciate. Ma non ci
riesco. Devo lasciare che lo Spirito Santo supplisca
intervenendo direttamente sul cuore di chi ascolta.
Questo intervento dello Spirito Santo su chi mi ascolta
lo invoco poi normalmente mentre aspetto che tutti si
siedano e si mettano comodi: "Io ora predico... ma
le mie parole non faranno nulla, se Tu - Spirito di Dio -
non le farai entrare nei cuori induriti... Le mie parole
non sono niente se non riflettono le tue, e se chi le
ascolta non le prende da Te". Altre volte, senza
dirtelo, faccio anche questo patto col Signore:
"Fammi fare brutta figura con questa predica, ma che
almeno una di queste persone cominci ad amarti sul
serio!". Le prediche talvolta le preparo io,
talvolta le prepara lo Spirito Santo, quando a me non
resta tempo per farlo. Per questo non mi preoccupo mai di
quello che dirò né di quello che dico: Egli è un buon
suggeritore: suggerisce di più a chi ascolta che non a
chi parla! Molte volte ci sono dei chierichetti che mi
aiutano a predicare: mentre io parlo, essi pregano che il
Signore intervenga nei cuori!
Le prediche dovrebbero essere una spiegazione della
Parola di Dio. Se non ci riesco a spiegarmi bene, abbiate
pietà di me - lo dico a nome di tutti i preti. Però,
senti l'ultima: "La vera spiegazione del Vangelo è
la vita dei santi!".
Me l'ha detto un professorone che insegna a Roma Sacra
Scrittura e la legge in ebraico come fosse il suo
dialetto. Dunque, se le mie prediche non ti convertono,
guarda la vita dei Santi e lasciati convertire, come essi
han fatto!
Credi?
La si potrebbe chiamare ripetizione
oppure soltanto preparazione: intendo la recita del
"Credo". E' una ripetizione di quella recita
che la Chiesa fa da secoli e secoli, e che ha fatto pure
a mio nome per vari anni. Ora ne sono più cosciente che
non al momento del battesimo. Forse però allora ero...
più vero! Provo a spiegarmi.
"Credo" ha due significati: uno, il più usato
nel linguaggio comune, è questo: "ritengo per
vero". Credo che tu vieni dal mercato = ritengo per
vero che tu vieni...! L'altro significato, quello del
Vangelo, non tocca solo l'intelligenza e la conoscenza,
ma tocca la vita: "mi fido" e "mi
affido"! oppure "mi fondo in"! Credo in
Dio = mi appoggio su Dio, poggio le mie fondamenta in
Dio, mi fido di Dio, mi affido a Dio.
Quando la parola "credo" significa il mio
affidarmi al Padre... allora posso dire che quando ero in
fasce il mio "credo" era più vero di adesso!
La recita del Credo per una persona sana, che cioè fa
quel che dice, è assai impegnativa!
E d'altronde è pure alquanto gioiosa e sicura e
rassicurante.
E' rassicurante, perché dico di credere, cioè di
poggiarmi su di un Dio che è Padre onnipotente: mi fido
di un onnipotente, di chi avrò paura? quale persona
temerò? da chi mi lascerò influenzare? ci sarà ancor
posto per il timore degli uomini o degli eventi?
E' gioiosa, perché, se c'è la sicurezza e l'amore di un
padre, posso vivere in questo mondo come un bambino che
gioca! Il suo gioco è serio, ma nella gioia!
Non sto ad esaminare tutto il "credo" che
diciamo alla domenica! Dovrei scrivere un libro. Chi ne
vuol sapere di più me lo chieda. Del resto in ogni
parrocchia un parroco - che non sia stato deluso ancora
dai suoi parrocchiani - organizza, ove è possibile, la
spiegazione del credo, senza attendere di andare in
paradiso per capire quel che proclamiamo alla domenica.
Un cristiano che non vuol vivere solo di rendita e che
desidera non solo esser sostenuto nella fede dagli altri,
ma anche diventare un aiuto per i fratelli, cerca momenti
di istruzione in modo da conoscere anche con
l'intelligenza - fin dove si può - il suo Dio!
Quanta gente usa l'intelligenza per insegnare a Dio (!)
come dovrebbe fare, e ancora non conosce i suoi pensieri!
Il cristiano che proclama la sua fede in Dio assieme ad
altri (come capita anche a te la domenica ) si
autocostringe a formarsi in questa fede per poter dar
spiegazione di ciò che dice. I momenti di catechesi - o
dottrina cristiana - delle parrocchie dovrebbero perciò
essere altrettanto frequentati che le messe domenicali.
Ahimè! e anche tu che leggi non accontentarti di questo
articoletto! Dicevo all'inizio che il "Credo"
possiamo considerarlo come un momento di ripetizione, ma
anche di preparazione: è la preparazione ad una vita
sempre più basata in Dio Padre, in Gesù e nello Spirito
Santo! Arriveremo a fondarci del tutto in Dio? Abbiamo
troppo i piedi per terra! Mi stupisco spesso nel vedere i
cristiani che esaminano le loro decisioni (scelta del
lavoro, di compagnie, acquisti, ecc.) solo da un punto di
vista finanziario o di comodità. Sto cercando invece,
con la lanterna, dei cristiani che vogliano prendere
decisioni solo basandosi su Dio, sulla Sua Parola, sui
suoi desideri. Sto cercando qualcuno che
"crede", qualcuno che, quando dice il
"Credo" insieme a me la domenica, dica la
verità!
Due famiglie: quella di Dio
quella dei suoi figli
Credo in Dio, Padre, Figlio e Spirito
santo! Il mio Dio è Trinità. Il mio Dio è una
famiglia, tanto unita da poter dire che è un Dio solo,
pur essendo Tre persone.
Quando pronuncio il Credo, a Messa, mi distinguo perciò
chiaramente da un'infinità di persone che credono in un
Dio, ma lo vedono come unica persona, e son portati
perciò a considerarlo come un dominatore assoluto, un
egoista che crea tutto per sé e pensa alla propria
gloria. Così è fatto il "dio" scoperto dai
filosofi e da un gran numero di religioni, tranne la
cristiana!
Non è perciò proprio per nulla indifferente essere
cristiano o musulmano o induista! è una grazia non
comune poter conoscere il nostro Dio: poterlo vedere come
un'unità di tre persone, ove ognuno dà gloria
all'altro, ove ognuno ama e si lascia amare! Quale
modello per la famiglia umana e per ogni comunità
cristiana!
Se fosse indifferente per me essere cristiano o buddista
equivarrebbe sostenere che Dio è bugiardo e fa cose
inutili: la morte e risurrezione di Gesù un capriccio
inutile?
Attenzione quindi, o cristiano, quando parli o pensi: hai
professato la tua fede davanti a tutti: non renderla vana
con affermazioni superficiali e gratuite!
Terminato di professare la fede in Dio, il Credo
prosegue: credo la Chiesa, una...!
Sono anche queste parole vere e vincolanti. Quanti
vorrebbero credere in Dio, ma solo fino ad un certo
punto, solo fino a quando Egli non chiede nulla di
concreto! Anche i demoni però credono che Dio c'è e che
è onnipotente..., ma si ribellano davanti alle richieste
concrete di Dio. Noi ci dobbiamo distinguere dai
demoni...! Ora, Dio ha agito nella storia. Attraverso
Gesù, suo Figlio, e lo Spirito Santo Egli ha unito gli
uomini suoi fedeli in un unico corpo, che noi chiamiamo
"Chiesa". Persone che hanno deciso di vivere
nella fede di Gesù Cristo, che hanno lo stesso Spirito,
sono unite da Dio. Perciò diciamo: "credo la
Chiesa". Bada come non si dica: credo nella Chiesa,
perché è solo in Dio che si pone fiducia. Si dice
invece "credo la Chiesa", come fosse:
"credo che la Chiesa è opera di Dio, dello Spirito
Santo che unisce (santa), credo che i cristiani sono una
cosa sola (una), ovunque essi si trovino (cattolica),
purché fondati sulla fede degli Apostoli
(apostolica)".
Ciò che Dio chiede al cristiano è che accetti di
manifestare concretamente la sua fede, cercando in ogni
modo di farsi suo collaboratore nella Sua opera, la
Chiesa. Il tuo prender parte alla Messa è già un passo,
indispensabile perché è qui che si costruisce la
Chiesa, nel sacrificio di Cristo!
Ma siccome la Chiesa non vive solo nell'ora della Messa,
bensì vive in continuità, tu ti preoccuperai di
favorire in ogni modo l'unione tra i cristiani e lo
scambio di beni spirituali e materiali, in modo che si
veda anche attraverso la tua vita che la Chiesa è opera
di Dio, vera e bella! e lo farai anche quando costa,
perché anche Gesù Cristo non ha badato a spese per
salvarti e unirti ai suoi discepoli! E poi ricorda, tu
che dici "credo la Chiesa", che quando sparli
della Chiesa ti dai la zappa sui piedi! Sparleresti di
quelli che pregano per te, di quelli che ti perdonano in
nome di Dio, di quella comunità che ti fa vivere la
salvezza; sparleresti di Colui che l'ha voluta e l'ha
preservata lungo i secoli e che le ha promesso e dato
ogni potere dando per essa Suo Figlio!
"Credo la comunione dei santi": è come dire:
credo che i "santi", (cioè coloro che sono
sottomessi a Dio) che vivono sulla terra o già in cielo,
sono legati l'uno all'altro da Dio, dal suo amore, dal
suo Spirito: perciò chiediamo aiuto ai fratelli che già
sono in Paradiso, ma pure ci aiutiamo tra noi con la
preghiera gli uni per gli altri e con l'offerta della
vita a Dio!
I "santi", cioè i credenti, son così in
comunione tra loro, tanto che il male degli uni influisce
negativamente sugli altri e il bene positivamente,
proprio come succede nel corpo umano tra le varie membra:
"Se una parte soffre, tutte le altre parti soffrono
con lei; e se una parte è onorata, tutte le altre si
rallegrano con lei; voi siete il Corpo di Cristo, e
ciascuno di voi ne fa parte" (s. Paolo, 1 Corinzi
12, 26).
Pane e vino
Continuiamo. Dopo la recita del Credo
preghiamo insieme con una preghiera detta: "dei
fedeli".
La si chiama così perché dovrebbe svolgersi in questo
modo: il sacerdote invita a pregare gli uni per gli altri
e per tutta la Chiesa; poi chi vuole tra le persone
presenti, a voce alta, propone a tutta l'assemblea
un'intenzione di preghiera. Tutti si uniscono a lui
dicendo: Ascoltaci o Signore! Di fatto ciò avviene
quando la Messa è celebrata in piccoli gruppi. Nelle
parrocchie, di solito, le intenzioni di preghiera vengono
proposte da una sola persona. Ma se una comunità
parrocchiale volesse annoiarsi di meno alla Messa,
potrebbe proprio cominciare. Coraggio!
Con questa preghiera termina la liturgia detta
"della Parola" e inizia quella chiamata
"Eucaristica". Non mi meraviglia che nessuno
capisca questa parola: difatti è greca, e quelli che
sono stati in Grecia durante la guerra non hanno fatto in
tempo ad imparare la lingua. Contiene il significato di
"ringraziare parlando bene": ciò presuppone la
consapevolezza di aver ricevuto un dono.
Abbiamo ricevuto la Parola di Dio: ringraziamo, anche se
era stata dura! Riceviamo ogni giorno cibo e tempo per
vivere: ringraziamo. Riceviamo lo Spirito Santo e la
Presenza di Gesù, ringraziamo!
Il primo ringraziamento è per il pane e per il vino: son
due cose essenziali alla vita, ma son due cose che Dio ha
fatto essenziali anche per il nostro incontro più bello
e concreto con Lui, per renderle Corpo e Sangue di suo
Figlio.
E' un ringraziamento doveroso: "Benedetto sei tu,
Signore, Dio dell'universo! Dalla Tua bontà abbiamo
ricevuto questo pane, e questo vino...". Pane e vino
sono cose molto normali, e riassumono tutto ciò che
l'uomo usa per il suo sostentamento; sono pure molto
significative per il modo con cui sono confezionate: sia
il pane che il vino non si trovano in natura: è
necessario il lavoro dell'uomo. Sono il frutto della
collaborazione tra la terra e il lavoro umano, ambedue
doni di Dio.
Benedicendo Dio per il pane, lo ringraziamo quindi e per
la creazione e per la creatività dell'uomo.
I cristiani continuano questo ringraziamento ad ogni
pasto, quando pregano e benedicono il cibo prima di
mettersi a tavola: è un atto di giustizia nei riguardi
di Dio, un atto di umiltà e di verità da parte
dell'uomo; quel cibo non è un dono di Dio? è frutto di
doni quali la salute, il lavoro, la terra, la
collaborazione tra molti!
Il prete unisce poi qualche goccia di acqua al vino
destinato alla Consacrazione. Questo gesto ha un'origine
storica: il vino usato in Palestina era (ed è ancora)
così alcolico, da dover esser sempre annacquato! Lungo i
secoli è stato dato a questo gesto un significato
diverso, e perciò è rimasto anche se il vino usato da
noi non è poi così forte! Il significato è doppio: da
una parte è riconoscimento che Gesù Cristo è Dio e
uomo (il vino simboleggia la divinità, l'acqua
l'umanità); d'altra parte è un segno della nostra
unione alla sua vita divina: noi cristiani siamo così
uniti a Gesù che il Padre riconosce in noi la presenza
del Figlio suo unigenito!
Il borsello del sagrestano
Diceva un tale che il denaro è lo
sterco del diavolo, ma che può servire come concime alla
vigna del Signore!
Eccoti sotto il naso il borsello del sagrestano. Che
c'entrano i soldi con la Messa?
Proprio niente c'entrano. Sei tu che c'entri con la
Messa. Ma la Messa non è solo una preghiera: è uno
stare insieme coi fratelli e sorelle, è far qualcosa
insieme. E per rendere questo "ritrovo" più
bello e accogliente ci vogliono campane, luci, candele,
fiori, detersivo, manodopera, assicurazioni
antincendio...; e poi, perché il nostro stare insieme da
fratelli non sia ipocrita e falso, bisogna pensare ai
più bisognosi, perché sentano di non essere
abbandonati. E poi ancora dobbiamo fare giustizia in
tutto il mondo: prendere dove ce n'è e mettere dove non
ce n'è, cioè prendere denaro dalle nostre tasche e
mettere riso in bocca agli indiani affamati, o trattori
in mano ai campesiños della Bolivia. E poi, siccome
abbiamo lasciato andare dei Missionari in tutto il mondo
per dare gratis ciò che noi gratis abbiamo ricevuto (il
Vangelo, l'annuncio del perdono di Dio, i Sacramenti) non
possiamo permetterci di abbandonarli, né obbligarli a
pesare sulle spalle dei loro convertiti, generalmente
assai più poveri e malmessi di noi.
Ecco come il tuo "biglietto da mille" va
sprecato! il tuo biglietto da mille! Oh, non ti vergogni?
mandi in fumo sette pacchetti di sigarette alla
settimana, anche se mandi in fumo - di candele - un po'
più di mille lire non ritenerti un eroe degno del primo
posto in Paradiso. Il Paradiso non si compera. Anche se
fai un'offerta che ti lasci le tasche al verde non fai
che restituire a Colui da cui hai ricevuto anche i
pantaloni.
In qualche chiesa il denaro raccolto viene deposto ai
piedi dell'altare. E' un segno. E' il segno del lavoro
dell'uomo che viene presentato a Dio insieme al pane e al
vino: pane e vino diventano Corpo e Sangue di Cristo; il
lavoro diventa strumento dell'amore di Dio per la
comunità e per i fratelli più poveri.
Gesù ha lodato la vedova che nel tesoro del tempio aveva
messo due spiccioli. Gesù non loda il denaro, ma la
disposizione con cui ella s'era accostata alla
cassettina. Vi aveva messo il cuore: il cuore dato a Dio
pesa più di un sacchetto d'oro. Per questo, quando metti
mano alle tue mille lire e le molli nel sacchetto del
sagrestano, non dimenticare di mollare prima il tuo
cuore, di metterlo sull'altare insieme al pane,
presentarlo a Dio perché lo trasformi, da cuore fermo
che pensa solo a sé, a cuore che batte sul ritmo dei
fratelli, pronto ad ascoltare, a vedere le necessità, a
intervenire senza riserve! Intervenire con gli strumenti
oggi a disposizione: che non è solo il portafoglio!
Interventi più costosi e più necessari per il bene dei
fratelli possono essere le ore "perse "al
Consiglio Comunale o alle varie assemblee dei Soci di
Famiglie cooperative e consorzi e associazioni varie, gli
interventi doverosi - non più facoltativi per un
cristiano - ai Consigli di classe e d'Istituto nelle
scuole sia elementari che medie e superiori, gli impegni
coi Vigili del fuoco volontari, e quelli più
specificamente parrocchiali di catechisti o assistenti di
Oratorio o Consigli Pastorali.
L'offertorio della Messa viene completato qui. Altrimenti
la tua Messa ti sembrerà ben presto un... gioco da
bambini.
Dire grazie fonte di salvezza
Il latino non è mai stata per me una
lingua piacevole. L'ho imparato, bene o male, e lo
capisco ancora. E' una fortuna per i vescovi e i preti
saperla, perché da un capo all'altro del mondo si
possono capire l'un l'altro! ma se penso ai miei
parrocchiani ci son solo i più anziani che sanno qualche
frase, perché recitata o cantata centinaia di volte.
Ci sono alcune parole nel linguaggio liturgico (cioè
nelle preghiere che si dicono nella Messa) che sono state
riportate tali e quali, senza tradurle, dal latino in
italiano. Una di queste parole è il titolo della
preghiera solenne di consacrazione. Si chiama
"cànone" e comincia col "prefazio".
Canone vuol dire "regola". (Conosciamo la
parola "canonica": la casa in cui di
"regola" deve abitare il parroco). La preghiera
di consacrazione è il canone della Messa: non può
mancare e deve essere così come sta scritta sul messale:
il prete non può inventarsela, non può togliervi né
aggiungervi nulla! Non è una sola: ce ne sono quattro
normali, altre due per i tempi penitenziali e tre per le
Messe cui partecipano in maggioranza fanciulli. Il papa
ne può promulgare altre, se - d'accordo con le
conferenze episcopali - lo ritiene opportuno
Il canone inizia sempre col "prefazio". Questa
parola significa "parola di introduzione",
"discorso d'apertura". Ed è la preghiera più
bella!
Essa inizia con un dialogo tra il Sacerdote ed i fedeli.
"Il Signore sia con voi" / "E con il tuo
spirito"! "In alto i nostri cuori" /
"Sono rivolti al Signore"!
Talvolta queste frasi suonano male, perché in qualche
bocca sono menzogna. E' facile che il cuore sia rivolto -
o per simpatia o per antipatia - a qualcun altro! Com'è
difficile da guidare il cuore! In questo momento bisogna
rivolgerlo in alto, al Signore, oltre la terra, oltre i
motivi che ci fanno godere o soffrire in questo momento,
nella situazione particolare che viviamo. Non è
possibile altrimenti che "rendiamo grazie a
Dio"!
A Dio diciamo grazie di ogni più piccola cosa e di ogni
minimo fatto, perché "è cosa buona e giusta",
ma ora, insieme, vogliamo esprimere riconoscenza per
quelle Sue opere che toccano tutti, tutta la comunità
riunita e quella più vasta da essa rappresentata: la
Chiesa universale e il mondo intero.
Il "prefazio" che ora comincia "è
veramente cosa buona e giusta..." è un solenne
ringraziamento di tutta la Chiesa per i vari
"misteri" che legano la nostra vita a quella di
Dio, la nostra storia con la Sua eternità. E siccome
molti sono i fatti che Dio ha usato e continua ad usare
per la nostra felicità e pienezza di vita, molti sono
pure i motivi di ringraziamento: molti sono quindi i
"prefazi" che vengono proclamati: a Natale
ringraziamo per il fatto dell'Incarnazione, in Quaresima
per la Misericordia di Dio, a Pasqua per la Risurrezione
di Gesù, a Pentecoste per lo Spirito riversato in noi,
ai funerali per la promessa di vita nuova che alimenta la
nostra speranza... ecc.
Ogni prefazio termina col canto dei Serafini:
"Santo, santo, santo...". La prima frase di
questo canto l'hanno udita Isaia e s. Giovanni nelle loro
visioni di Paradiso (Is 6, 3; Ap 4, 8), mentre la seconda
parte è il grido di gioia dei discepoli e dei fanciulli
di Gerusalemme: "Benedetto colui che viene nel Nome
del Signore! Osanna!". Osanna è un'esclamazione
ebraica che corrisponde al nostro "evviva"! e
originariamente significa: "dà la salvezza! - salva
dunque!". In quante melodie sono state armonizzate
queste acclamazioni!... Forse siamo riusciti a suscitare
l'invidia degli angeli!
La vita nel pane
Non so come fare a commentare la parte
centrale della Messa, quella della Consacrazione. Se
cerco di spiegare parola per parola, non finisco più. Se
voglio essere completo devo tacere del tutto, perché ad
un uomo non è dato capire esaurientemente il mistero che
celebriamo, tanto meno a me che non solo sono un uomo, ma
per giunta gran peccatore.
Talvolta Dio mi fa grazia di comprendere qualcosa delle
sue intenzioni riguardo all'Eucaristia, ma è come un
lampo che viene e va, lasciando solo la certezza che c'è
stato, e una gioia profonda del mistero.
Tuttavia - dato che mi sono imbarcato in questa impresa
di commentarvi la Messa - provo a balbettare ciò di cui
sono capace.
Gesù ha atteso tre anni prima di ammettere i suoi
apostoli, gli amici più intimi, ad osservare stupiti e
godere da incoscienti quel momento che conosciamo come
l'Ultima Cena.
Non erano più santi di noi e non lo sono diventati in
quella sera! (Questo mi consola quando mi si fa osservare
che chi va a Messa - io pure ci vado - rimane
peccatore!).
Che cosa avranno capito gli Apostoli? forse nulla, eppure
quella loro esperienza è stata determinante. Mangiare
con Gesù, l'avevano fatto spesso. Mangiare un pane sul
quale erano state dette delle parole nuove, era veramente
una cosa nuova, soprattutto perché quelle parole non
erano misteriose, benché nascondessero un mistero!
"Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo
offerto in sacrificio per voi".
Quel pane - nell'intenzione di Gesù e nelle sue mani -
non è più farina e acqua impastata e cotta per stomachi
vuoti, quel pane è il corpo - la vita, l'esistenza, la
presenza - che aveva avuto da Dio e che a Dio Padre aveva
offerto. Il corpo del Figlio di Dio! A Dio era bastata
una parola per creare l'universo, e per dare la vita al
primo degli uomini di carne; a Dio basta una parola del
Suo Figlio per dare ad un pezzo di pane non solo un nuovo
significato, ma addirittura una nuova consistenza.
Avviene una nuova creazione. La Parola di Dio crea. Ciò
che mi sa strano, eppur saggio, sapiente e bello è che
quella parola di Dio oggi esca dalle mie labbra e si posi
su un po' di pane, che già c'è lì bell'e pronto. Mi sa
strano perché io son quel che sono e il pane è quel che
è e Dio potrebbe far di più e meglio..., ma mi sa
sapiente e bello che Dio adoperi la sua creazione,
ribelle e decaduta, fatta di materia che si corrompe, per
l'opera più grande che esista, per un'opera così
spirituale che tocca e "imprigiona" Dio stesso.
Così non solo quel pane cambia valore, ma anche le mie
mani che lo toccano, le mie labbra che parlano su di esso
e tutto ciò che c'entra con loro: chi mi ha insegnato a
parlare, chi mi ha costruito le mani e chi ha lavorato
per fare quel pane: ci son dentro tutte le generazioni e
tutto il mondo. Quel pane diventa la presenza eterna di
Dio nel "concentrato" di tutta la creazione,
compresa tutta la attività umana.
Non è forse qualcosa di grande e sublime?
Siamo sulla porta del Paradiso. Il silenzio
dell'assemblea che accompagna le mie parole - anche i
più sfacciati presenti in chiesa (la cui bocca nessuno
riesce a chiudere) in questo momento tacciono -, questo
grande silenzio esprime che abbiamo almeno capito di
trovarci non più sulla terra, piuttosto nell'Al di là.
Grazie a Te, Gesù Cristo, che ci fai essere presenti a
Te con tutto ciò che siamo, anche col nostro corpo che
ci tira al peccato. Gloria a Te, Gesù Cristo, che ti
metti nelle nostre mani come un pane per trasformare la
nostra vita nella tua dal di dentro e far sì che il
Padre, guardando noi, veda Te!
Gloria a Te: Tu capisci quel che noi non capiamo, ed è
meglio così: ci possiamo fidare completamente e solo di
Te.
Il sangue
Qualche prete - di quelli santi per
davvero - quando arriva a dire "Questo è il mio
corpo..." prende quasi un colpo: sente che, in
qualche modo inspiegabile, quel "mio" si
riferisce anche a lui, il suo corpo. E si vergogna di
dirlo, perché sa di non esser mai stato crocifisso per
nessuno, ma, d'altra parte, sente pure che è vero,
perché anche lui è consacrato a Gesù Cristo e forma un
tutt'uno con Lui.
Quando io pronuncio queste parole mi convinco che nessuno
arrivi a pensare una cosa simile di me, altrimenti sì
che diventerei rosso, sapendo che il mio corpo è ben
pasciuto e non "offerto" o "spezzato"
per qualcuno.
Prendo in mano quel Pane e lo alzo. Guardatelo tutti.
Vedete? è pane! guardatelo, Dio si fa capace d'esser
mangiato da noi. Prima avevo steso le mani sopra quel
Pane ed invocato lo Spirito, quello Spirito che dà vita
e che rinnova. Non ho visto nulla, ma so che
quell'ubbidienza a Gesù - quel gesto semplice con una
parola non mia - ha obbligato Dio ad essere creatore.
Guardate questo pane: Dio ha agito su di esso, non viene
più dalla terra, ora viene dal cielo. M'inginocchio.
Che altro potrei fare?
Dovrei scomparire anch'io come è "scomparso"
Gesù Cristo. La Sua presenza è ora nascosta, che solo
la fede può contemplarla e solo l'amore può saziarsene.
Chi non crede e chi non ama, a questo punto della Messa,
è costretto a pensare che siamo tutti matti: ed è vero.
Siamo pazzi della pazzia di Dio.
Prendo il calice. E succede la stessa cosa.
Mi hanno chiesto cosa "sento" in quel momento.
Non sento niente. Ma non occorre sentire Dio; non è
quello il mio compito. Se non sento nulla non significa
che non succeda nulla. Non sento, ma "so" che
questi gesti sono ubbidienza a Gesù. So che è Lui che
agisce. Mi basta, per credere che il calice che ho tra le
mani è un dono di Dio, il dono più necessario ad ogni
uomo che nasce. Ogni uomo nasce con una tara ereditaria
che risale alle generazioni di millenni trascorsi. Una
tara che, come forza nascosta, lo attira a vedere in Dio
un rivale, un nemico. Una tara che porta al peccato.
E chi è caduto nel peccato, come ristabilirà i suoi
rapporti con se stesso e col Padre di tutti? Ogni peccato
è così interiore e penetra così profondamente tutta la
persona che sembra aver avvelenato il sangue, anzi, lo ha
avvelenato per davvero. Difatti, se viviamo costantemente
nel peccato cambiamo perfino il volto, fino a farcelo
leggere in fronte e non poterlo più nascondere, come
Caino. Come purificare il "sangue"? Il popolo
ebreo conosceva quest'effetto del peccato e sapeva che
per ristabilirsi era necessario purificare il sangue (la
vita). Sostituivano il proprio sangue con quello di
animali costosi: lo versavano sull'altare per significare
la riconsegna della propria vita a Dio, pentiti di averlo
abbandonato.
Ma il sangue di animali è sangue di animali, ed è così
poco rappresentativo che ce ne vuole in continuità...!
Il sangue del Figlio è quello più prezioso del nostro.
E' gradito a Dio. Il sangue del Figlio nelle nostre mani
e nelle nostre vene obbliga il Padre ad avere per noi uno
sguardo nuovo: vede in noi la "vita" del Figlio
suo, ci vede così intimamente legati a Suo Figlio, che
la nostra carne di peccato diventa solo fonte di una
misericordia più grande. Il sangue del Figlio crea così
un'alleanza nuova ed eterna col Padre.
La prima alleanza era subito infranta... Bastava un
peccato dell'uomo e l'impegno di Dio per lui era sciolto.
La nuova alleanza non la rompe più nessuno - nemmeno col
peccato - perché Dio vede nelle nostre mani e nel nostro
corpo il sangue del suo Figlio. Dio non rompe più la sua
nuova alleanza, fin tanto che quel sangue - vita - di
Gesù è con noi.
Perciò "chi crede nel Figlio avrà la vita"!,
può dirci Gesù.
Sacrificio e calice
Ancora una parola sulla Consacrazione.
Ho già detto che non si arriva a dir tutto... ed è
vero. Ma voglio ancora soffermarti su un paio di parole
che adoperiamo di frequente e il cui significato rischia
di venire ignorato. La prima è "sacrificio".
La Messa è un sacrificio: "Questo è il mio corpo
offerto in sacrificio per voi".
Siamo abituati a capire questa parola come un qualcosa
che ci costa, di cui si fa volentieri a meno.
Gli ebrei che usavano la parola corrispondente
intendevano con essa l'azione dell'avvicinarsi,
dell'andare vicino. "Avvicinarsi a Dio"!
Pensavano, desideravano con tutto il proprio essere di
avvicinarsi a Lui, e cercavano i modi per farlo. Ed hanno
trovato quei modi che sappiamo: preghiera di lode,
raccontare i suoi prodigi, bruciare animali su un altare
di pietra, versare vino e farina e olio attorno
all'altare stesso, fare elemosine ecc... Modi tutti
lodevoli, se erano espressione di un cuore sincero e che
amava: Dio gradiva il sacrificio di "un cuore
pentito e umiliato".
Non era difficile diventare ipocriti: fare offerte
cospicue, comprare animali grossi e grassi per bruciarli
nel piazzale del Tempio, e non cambiare il cuore!
Ipocrisia che attira l'ira di Dio.
Noi ci rendiamo conto che l'uomo che desideri
"avvicinarsi a Dio" non può nemmeno fare un
passo, se Dio stesso non gli mostra la direzione. Anche
se tu compissi cose eroiche... come fai a sapere se esse
ti presentano a Dio? In fondo ogni iniziativa che ci
prendiamo è macchiata di egoismo... e l'egoismo non ci
avvicina a Dio!
Ecco a questo punto che Dio stesso prende l'iniziativa.
"Io sono la via" dice Gesù. In Gesù Cristo
t'incontri con Dio.
Egli "è passato da questo mondo al Padre" dice
san Giovanni: ha compiuto il vero
"avvicinamento", il vero
"sacrificio".
La sua morte (il corpo offerto) è l'unico
"sacrificio". Se ti incontri attraverso la fede
con Gesù Cristo sei vicino a Dio, anzi sei già di Dio!
"Mangiate tutti": questo è il modo di compiere
il sacrificio, di incontrarti con Dio. E' un modo
semplice. Non ti costa. Anzi sì, ti costa: ti costa non
lo spogliarti in primo luogo di ricchezze o il compiere
azioni eroiche, ma ti costa lo spogliarti della superbia,
del desiderio di vantarti davanti a Dio, del voler essere
qualcuno: ti costa diventare così bambino da riuscire a
credere che Dio ti vuole incontrare quando tu mangi un
pezzetto di "pane" insieme agli altri. E' il
prezzo che tocca il tuo cuore.
Altra parola che usiamo e il cui significato è più
profondo di quel che sembra è: "calice".
Quando la madre di Giacomo e Giovanni chiese a Gesù che
i suoi due figli potessero sedere alla sua destra e alla
sua sinistra Egli domandò loro: "potete voi bere il
calice che io berrò?".
Bere il calice di qualcuno non indica primariamente
l'azione del deglutire un sorso di liquido... ma
condividere la sorte, farsi socio della buona e della
cattiva fortuna... Quando vado all'osteria trovo qualcuno
felice per l'acquisto di una macchina o perché gli è
nato un figlio: vuole partecipare la sua gioia e m'invita
a bere. Vado in casa di un morto: i parenti mi vedono
partecipare al loro dolore: mi offrono qualcosa da bere.
Bevo al loro calice: il bere è solo un piccolo segno
della partecipazione alla loro gioia e al loro dolore,
alla loro vita. Una partecipazione che aumenta la gioia o
allevia il dolore. Bere il calice di Cristo Gesù indica
partecipazione al suo morire e al suo risorgere.
Partecipazione al suo amore che giunge fino a dare tutto
se stesso senza più badare al proprio interesse.
Bere il calice di Gesù insieme con altri indica sapere
che la mia vita e le mie ricchezze e le mie gioie e i
miei dolori non sono più solo miei: sono di Dio e ne
possono usare tutti.
La mia vita deve servire agli scopi di Dio. Non ho più
nulla di privato, se non in quanto possa meglio farmi
crescere verso questa dimensione d'amore universale,
d'amore divino.
Mistero e fede
"Mistero della fede". Lo dico
ad alta voce, quasi per ricordare a me stesso che quel
che sto facendo - tutta la Messa - è fondato e si svolge
nei livelli più profondi e più luminosi della mia
esistenza: al livello del mio incontro con Dio. Mi trovo
nella situazione di Adamo nel Paradiso terrestre, prima
del peccato, che, stando al linguaggio biblico,
"passeggiava con Dio". Sto vivendo azioni di
fede. Fede non è oscurità, ma luce penetrante oltre
l'intelligenza. Mistero della fede non è tenebra fitta,
è invece conoscenza di Dio, è vedere il disegno d'amore
di Dio, tanto bello e tanto intelligente, da poterlo
capire solo con la fede, solo cioè se ti metti al suo
fianco con confidenza e semplicità.
Le tue costole e la tua spina dorsale le puoi vedere solo
con la "luce" dei raggi X. Per vedere i
pensieri di Dio e le sue azioni più grandi, quelle che
sostengono il mondo della tua vita eterna, usi la
"luce" della fede.
La fede conosce i misteri di Dio. L'amore li vive. I
misteri di Dio li conosce anche la "fede" di
Satana, tanto che non li vuol neppure sentir nominare. La
tua fede sostenuta dall'amore ora li proclama ad alta
voce, con forza: "Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua
venuta".
Con queste parole la tua fede nascosta viene alla luce:
proclami il senso più profondo non solo della Messa a
cui partecipi, ma di tutta la tua vita che ora è immersa
nella Messa: il senso della tua vita nel disegno di Dio.
Sai qual è?
La tua vita - cristiano - è annuncio e attesa. Ogni
giorno la tua fede, quella che tu vivi, annuncia l'amore
e la redenzione di Dio per tutti gli uomini in Gesù
Cristo, e ogni giorno tu attendi (con gioia?) il tuo
Salvatore, uno che è diventato il primo in te. Non
tirarti indietro dal dire queste parole: un po' alla
volta scolpiranno il tuo uomo interiore fino a farlo
emergere sugli egoismi e le passioni del tuo corpo
destinato alla terra.
Anche la tua vita fa parte del mistero della fede: non è
una vita che finisce al cimitero, o che ogni giorno
finisce sotto le coperte, la tua vita si svolge al
cospetto di Dio: la puoi vedere e capire tutta solo con
la "luce" della fede.
Di quale fede? della tua? ricorda! anche i demoni hanno
"una fede". Non lasciarti trarre in inganno.
Vogliamo possedere ed essere posseduti solo dalla fede
della Chiesa, eredità degli Apostoli: è una fede più
grande, più forte, più santa, più sicura della
"mia".
Grossa illusione voler avere una propria fede... è
certamente limitata e condizionata dai propri vizi, dalla
propria ignoranza, dalla propria superbia ed
incredulità.
Vedi come le parole della Messa - le
tue e le mie - sono cariche di vita? Non è sufficiente
il tempo della Messa per coglierne tutto il significato
ed il valore!
Dopo l'acclamazione, mentre tu riprendi il silenzio, io
comincio una serie di "preghiere" o di
"discorsi" col Padre. Anzitutto un
ringraziamento: e il grazie non è fatto di parole, ma di
un atteggiamento del cuore: "ti offriamo questo
sacrificio vivo e santo". E' un sacrificio santo
perché viene da Dio stesso: è la vita del suo unico
Figlio! E' un sacrificio vivo per lo stesso motivo, ma
anche perché in esso c'è la mia e la tua presenza:
offrendo al Padre il suo Figlio Gesù, gli offro me
stesso, che al Figlio sono legato per sempre fin dal
Battesimo! e poi - devo dirtelo? - sì, gli offro anche
la tua vita: come tuo pastore e padre... mi sento di
poterlo e doverlo fare.
Lo Spirito e la Chiesa
Tra le orazioni che dico dopo la
Consacrazione ce n'è una che porta un nome strano:
"epìclesi". Come puoi intuire è una parola
greca: "invocazione"! E' l'invocazione allo
Spirito Santo perché operi una trasformazione. L'avevo
invocato - con le mani stese - sul pane e sul vino per la
loro trasformazione nel Corpo e Sangue del Signore, ora
lo invoco anche su di noi tutti: anche noi abbisogniamo
della stessa trasformazione: da gente separata e
distante, e talvolta addirittura nemica, dobbiamo
divenire "un unico corpo e un unico spirito",
siamo destinati a divenire noi pure "Corpo e Sangue
di Cristo".
Questa preghiera è ritenuta molto importante fin
dall'antichità. Più che la preghiera - aggiungo io - è
importante il suo esaudimento. Che saremmo noi se non
fossimo rinnovati dallo Spirito del Signore? Lo vediamo
ogni giorno quel che siamo: è per questo che invochiamo
lo Spirito di Dio ogni giorno, perché, mangiando il pane
ed il vino trasformati da Lui, anche la nostra vita
personale ed il nostro vivere insieme siano trasformati.
Noi che mangiamo il Corpo del Signore diventiamo - dico
una parola grossa - il Signore stesso: Corpo di Cristo,
è chiamata la Chiesa da s. Paolo. Con Lui formiamo una
cosa sola, un unico organismo. Potremmo vergognarci fino
all'inverosimile di non esserne degni: è vero! Ma
d'altra parte Egli, Gesù Cristo, è degno di avere un
"corpo" vivente attraverso cui agire ed essere
presente in quel mondo, per amore del quale ha affrontato
passione e morte.
Il "corpo" che Egli usa per trasformare il
mondo e renderlo più umano (meglio: più divino) è la
Chiesa. Se Egli non si vergogna di noi, nonostante i
peccati e le infedeltà, bene! meglio per noi! (di chi
non dovrebbe vergognarsi?). Egli si serve di ciò che è
debole, povero, meschino, disprezzato, si serve di noi!
E proprio perché noi non abbiamo nulla di cui vantarci,
nel bene, che per sua grazia diffondiamo in varie forme e
modi, risplende solo la Sua potenza, la Sua ricchezza, la
Sua gloria!
La debolezza e fragilità della Chiesa diviene così
strumento della gloria di Dio!
Continuando la mia preghiera mi ricordo proprio di questa
Chiesa. Per essa prego in tre direzioni: anzitutto per
quelli che vivono: chiedo al Padre di conservare nella
fede e nell'amore papa, vescovi, preti e tutti i fedeli.
Il papa e il vescovo li nomino espressamente col loro
nome: sono persone concrete, con data e luogo di nascita.
Dio si serve di loro per me e per te: non sono angeli;
hanno bisogno del nostro sostegno di preghiera e di
ubbidienza per svolgere il loro compito con serenità,
fortezza e gioia!
Poi affido alla clemenza di Dio quei defunti che abbiamo
conosciuto, che son vissuti con la fede nel cuore e nelle
opere, ma che forse devono ancora purificare il loro
spirito prima che sia libero da ogni legame terreno e
pronto per la gloria! Anch'essi fanno parte della Chiesa:
ne han fatto parte da vivi, godono ancora dei benefici
della preghiera dei fratelli.
Infine preghiamo per noi stessi, e per noi chiedo la cosa
principale: di giungere a far compagnia ai Santi: Maria,
gli Apostoli, il patrono e tutti gli altri! E' questa la
Chiesa stabile e definitiva, l'assemblea riunita attorno
al Signore per non sciogliersi più: e noi guardiamo già
fin d'ora a quei nostri fratelli, che godono stabilmente
l'amore perfetto di Dio, perché anche noi siamo già
stati chiamati e già abbiamo mosso i primi passi per
raggiungerli, per entrare nella "Gerusalemme
celeste".
L'Eucaristia che mangiamo è appunto il cibo che dà
forza per questo cammino!
Padre
Nella nostra riflessione siamo giunti
al Padre Nostro. E' la preghiera pronunciata per la prima
volta dalle labbra di Gesù. Nessuno è degno di
ripeterla. Se la facciamo nostra è solo per obbedienza a
Lui, a Gesù, e perché sappiamo che il Padre è contento
di sentirsi rivolgere la parola dei suoi figli. Perciò
"obbedienti... osiamo dire: Padre nostro..."!
Ogni parola ha un peso ed un significato di dimensioni
infinite. Il nome di "Padre" è un termine
preso dalla nostra esperienza umana. Con esso ci
rivolgiamo al Dio del cielo e della terra. Con questo
nome eliminiamo le eventuali distanze - ingiustamente
create dalle nostre filosofie ed ideologie - tra l'uomo e
Dio.
La parola "Padre" richiama alla nostra memoria
l'impegno che Dio si è preso con noi: un impegno di
amore, e di amore... anticipato! Sì, Egli ci vuol bene
prima di sentire il nostro grazie, ci vuol bene mentre
siamo ancora peccatori, proprio come un papà vuol bene a
suo figlio prima ancora della sua nascita, prima di
riceverne riconoscenza. Chiamando Dio col nome di Padre
manteniamo il rispetto (non lo chiamiamo per nome, come
non chiamiamo per nome il papà - sarebbe indice di
parità!) e nello stesso tempo apriamo il cuore ad una
fiducia affettuosa tale da permettere il nostro abbandono
alla sua Volontà ed ai suoi desideri.
Di fronte al Padre, con la fiducia in Lui nasce anche
onestà verso gli altri suoi figli: li devo riconoscere
fratelli, per poterlo chiamare "Padre nostro".
lo sono solo uno dei suoi figli, membro della sua
famiglia dalla quale sono aiutato e nella quale sono
corresponsabile. La preghiera del Padre nostro è perciò
molto impegnativa sia individualmente che socialmente: mi
mette sulle spalle le necessità, le sofferenze, le
vicende di tutti gli altri, per portarle insieme con
loro. Non mi stupisce quindi il fatto che molta gente non
preghi più, o perlomeno non riesca a fermarsi quindici
minuti a ripetere e meditare le parole di questa
preghiera: sono troppo compromettenti!
"Venga il tuo Regno": sono disponibile che Tu,
Padre, detti legge ai miei pensieri e azioni, che tu sia
il mio re!
"Dacci oggi"... il pane che serve oggi! Non
possiamo chiedere a Dio di arricchirci. A che servono i
mucchi di denaro se... stanotte devo morire? Chiedo
invece il "nostro" pane: quello che ho io non
è solo mio! Se ne volessi godere da solo sarei disonesto
col Padre, al quale ho chiesto il "nostro" pane
e che non mi ha dato pane mio, ma "nostro"!
Sono cosciente pure che l'uomo non vive di solo pane, non
vuole arrivare solo fino al cimitero, ma per la sua vita
eterna ha bisogno pure di un pane: il pane della vita:
sapienza, fede, amore, perdono, pace, ecc... Spirito
Santo! Chiedo ogni giorno anche questo!
"Rimetti i nostri debiti": non solo i miei:
chiedo perdono anche per gli altri: chi sa quanto anch'io
sono complice degli errori e della tiepidezza degli
altri? Non li accuso, per non accusare me stesso. Li
perdono con generosità, perché anch'io possa essere
perdonato da Dio, il quale usa con me la misura che io
uso con i miei fratelli: "come noi
rimettiamo"...!
"Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal
male": "fa' che non cadiamo nella tentazione,
ma liberaci dal maligno". Ogni tentazione viene dal
maligno, nemico di Dio e nemico dell'uomo.
Per il tentatore essa è un'insidia, per l'uomo la
tentazione diventa una prova del suo amore per il Padre.
Attraverso le prove l'uomo può mostrare a Dio che lo ama
veramente al di sopra di tutti, anche di se stesso.
Paura e pace
La paura è una cattiva consigliera, ed
è pure una cattiva compagna di viaggio. Nessuno vorrebbe
aver paura... ma capita così spesso invece d'incontrare
gente che mi dice: "Ho paura...".
Puoi aver paura delle cose, di avvenimenti già accaduti,
di vicende che ti attendono, di responsabilità che ti
sei assunto e che devi assumere... e puoi anche aver
paura di qualche persona (persino in famiglia), puoi aver
paura di te stesso!
Donde viene questa strana cosa che è la paura? Non certo
da Dio. Da Dio che è Padre, che è Amore, non può
venire paura. Da lui viene sicurezza, pace, serenità.
La paura che è un male, viene dal Male. Il Male - con la
M maiuscola - detto Diavolo o Satana, mette paura perché
vuol dominare l'uomo e non può farlo se non con la
paura..., mentre Dio si fa seguire con l'Amore (in questo
il Maligno non sa scimiottare Dio!).
Per questo nella Messa esprimiamo a Dio la supplica che
Egli stesso ci liberi da ogni male, perché non ci piace
la paura!
"Col tuo aiuto saremo sicuri da ogni
turbamento". Certamente! Se ci mettiamo con fiducia
sotto lo sguardo del Padre, se facciamo il ...
"salto" di fidarci di Lui, succede che la
nostra anima inizia a vivere nella pace, a godere di
serenità! Soprattutto poi se saremo "liberi da ogni
peccato" che è il "male" più adatto per
togliere una persona dalla gioia, dalla fiducia e dalla
pace del cuore.
Anche l'assemblea ratifica questa mia preghiera con
l'acclamazione: "Tuo è il Regno, tua la
potenza...". E' un atto di fede: "Tu puoi
liberarci dal peccato e dal male perché nessuno può
vincere la tua potenza. Tu sei più forte di ogni altra
forza, solo che ti permettiamo di usarla per noi".
Un'altra preghiera per l'unità e la pace della Chiesa ci
introduce a scambiarci un segno di pace. Chiediamo pace:
quella di Gesù Cristo! La pace del Signore non è
mancanza di guerre o di litigi, è molto di più.
La sua pace è scambio dei suoi doni: quello che Egli ha
ce lo dà: questa è la sua pace! La nostra pace che
godiamo coi fratelli è pure un godere l'uno dei doni e
delle ricchezze dell'altro: "ciò che è mio è pure
tuo, godi con me di ciò di cui godo io". Pace è
partecipazione, condivisione, comunione.
Gesù fa pace con noi dandoci se stesso! Noi diamo la
mano al vicino e la tiriamo subito indietro. Certo in
Chiesa non si può far di più né si deve! E' solo un
"segno" di pace. Ma non deve restare solo un
segno, dev'essere un segno della pace vera che vogliamo
si diffonda lungo tutta la settimana. E' il segno della
mia volontà di condividere con tutti i doni di Dio: la
fede, la preghiera, le esperienze, le cose materiali,
perché siamo già una sola famiglia, quella di Dio.
Agnelli e lupi
Hai dato un segno della tua volontà di
pace a chi ti sta al fianco. L'hai guardato negli occhi?
anch'egli ti vuol dire, col suo gesto semplice e
quotidiano, che vuole essere un fratello o una sorella
per te. Forse te lo ricordi anche ora, che non sei più
in chiesa nel banco. Guardati attorno: quanta gente ha
dato il segno della pace! Ovunque sei, non sei più del
tutto estraneo. Hai una famiglia grande. Perciò... se
hai bisogno di aiuto non aver paura a chiedere, e se puoi
aiutare non aver paura a donare il tuo tempo, le tue
cose, il tuo amore. Lasciati amare gratis dai fratelli e
sappi amare gratis coloro che hanno bisogno di qualcosa o
di qualcuno. Così il segno della pace che scambi alla
Messa si sviluppa e non diventa menzogna!
Ora risuona il canto "Agnello di Dio..."!: è
una parola rivolta al Tuo Signore, a Gesù Cristo.
Perché lo chiamiamo così? I motivi sono molti;
anzitutto l'ha chiamato così Giovanni il Battista. Ma
perché?
Gesù Cristo è l'Agnello di Dio perché ce l'ha mandato
Dio e col Suo Sangue non sono bagnati gli stipiti delle
porte di casa (come col sangue dell'agnello pasquale
degli Ebrei), ma col suo Sangue è lavata la nostra anima
per la salvezza eterna! Inoltre è colui su cui
carichiamo i nostri peccati, ed Egli se li porta via...
Inoltre Gesù Cristo è pure mite come un agnello, che
non si lamenta e che, piuttosto che far del male, si
lascia sbranare dai lupi...
Mentre canti queste parole perciò, oltre la figura di
Gesù ti può venire alla mente ciò che Egli ha detto:
"Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai
lupi".
Egli è l'agnello di Dio: se lo mangi... ti fai uno con
Lui: anche tu agnello, mite, arrendevole, pacifico,
incapace di pensare e di fare il male, nonché di
restituirlo. Sembra una pazzia agli occhi del mondo,
abituato ad essere violento e a rispondere al male col
male! Ma tu, cristiano, "vincerai il male col
bene!", dice s. Paolo. E s. Pietro aggiunge:
"Per chi conosce Dio, è una grazia soffrire perché
si è trattati ingiustamente" e poi: "non
rispondete con insulti a chi vi insulta; al contrario,
rispondete con buone parole, perché anche Dio vi ha
chiamati a ricevere le sue benedizioni"!
E né s. Paolo né s. Pietro sono dei deboli, né degli
illusi: sono discepoli che hanno imparato bene la lezione
del Maestro, e ce la ripetono!
"Beati gli invitati alla Cena del
Signore!". Chi sono? tutti sono invitati, tutti
quelli con cui Gesù Cristo si è impegnato: tutti i
battezzati! Anche tu! Sono beati gli invitati, perché un
invito così non lo si riceve da uomini. L'invito alla
Cena del Signore è un invito che viene dall'Alto: beato
chi lo riceve.
Lo sai d'essere beato? ti rendi conto a quale dignità
appartieni se sei invitato da Dio?
Ma se non accetti l'invito... rifiuti ciò che di più
grande Dio ti può dare. E se rifiuti o ignori l'invito
ti rendi responsabile della tua perdizione, della tua
tristezza, del tuo vuoto interiore, della tua solitudine,
del tuo tormento.
Gli invitati che partecipano alla Cena del Signore sono
beati: essi gustano la gioia dello Spirito santo - non ti
posso dire come, devi provare! -; essi sono amici di Dio,
indegnamente sempre, ma suoi amici! essi sono nella
possibilità di comprendere e accogliere i fratelli, essi
sono nell'umiltà che piace a Dio e apre i tesori della
Sua misericordia. Essi sanno con chiarezza a Chi
appartengono e ciò dà loro sicurezza e pace per la
vita, quella sicurezza e quella pace che ti fa affrontare
serenamente e con coraggio difficoltà, situazioni
penose, malattie, morte.
La comunione al Corpo di Cristo è una vera beatitudine,
una porta aperta nel cielo. Sei invitato! Va'. Non
guardare quel che pensano gli altri, non permettere che i
pensieri critici e negativi degli uomini possano avere
tale forza su di te da trattenerti dall'accogliere
l'invito del tuo Dio.
Sei invitato. Guarda chi è colui che t'invita: chi è
più grande e più importante di Lui? Va'!
Non sono degno
"Signore, non sono degno di
partecipare alla Tua mensa"! queste parole le
diciamo tutti. Le dice il prete e anche il papa quando
celebra!
Io non sono degno: se partecipo alla comunione del Corpo
di Cristo non è perché io sono qualcuno, ma solo
perché Lui mi ha chiamato; il Signore ha fatto entrare
alle sue nozze gli storpi, i ciechi, i buoni a nulla,
persino i cattivi: Egli chiama me, perché sono uno di
essi. So di non esserne degno, ma egli mi chiama
ugualmente. Nessuna delle persone che vanno a Messa sono
degne di prendere la Comunione. Bisogna ricordarlo.
Altrimenti, come sarà il tuo ringraziamento? come quello
del fariseo di cui Gesù dice che è tornato a casa
peggio di prima?
Io mai mi meraviglio che dei grossi peccatori si
presentino a ricevere la Comunione. E nemmeno che dei
piccoli peccatori vengano tutte le domeniche o tutti i
giorni: li invito io, nel nome di Gesù! Però so che
spesso i grossi peccatori godono di più la s. Comunione
che non i piccoli peccatori: questi sono tentati di
ritenersene degni, mentre quelli no! Non intendo con ciò
invitare nessuno a divenire grande peccatore, ma invece
invitare tutti a conservare e far crescere un'umiltà
vera e decisa: chi non ha commesso peccato? come puoi tu
giudicare che il tuo peccato è poca cosa? lascia a Dio
il giudizio e tu chiedi perdono perché ogni mancanza di
amore e ogni egoismo hanno allontanato lo Spirito Santo
da te. Hai sempre motivo perciò di ritenerti grande
peccatore.
Mentre distribuisco la s. Comunione -
normalmente - si canta. E' la gioia e l'adorazione che
trovano così un'espressione comunitaria. Qualcuno
preferisce un momento di silenzio e raccoglimento: è
cosa buona e santa. Chi desidera il canto non disprezzi
il desiderio del silenzio, e viceversa. Sono modi diversi
d'intrattenersi con Gesù, che ormai è diventato una
cosa sola con me, dandomi gioia divina e responsabilità
altrettanto divina: se sono divenuto Corpo di Cristo mi
comporterò come Gesù! Con pazienza, con le mie
capacità, con umiltà, sapendo che mai arrivo del
tutto..., ma anche con decisione e fiducia nel suo aiuto.
Chi non partecipa alla Comunione, per i motivi più
svariati (o perché si trova in peccato mortale, o
perché ha mangiato appena prima, o perché ha già
partecipato ad una Messa nella sua parrocchia, o perché
ha paura che i colleghi di lavoro lo chiamino
"mangiaostie" e gli "amici" lo
definiscano "mezzoprete'', o perché non ha
perdonato a qualcuno, o perché sua moglie o sua madre
non gli hanno detto di fare la Comunione) chi non
partecipa, può sempre fare la "Comunione
spirituale": intavolare cioè un dialogo con Gesù e
invitarlo a prender posto nel cuore: "Vieni in me,
Gesù; desidero la tua presenza. Incontrati con me; ti
amo, ti ringrazio che mi ami e sei morto per me. Appena
potrò parteciperò alla tua Mensa" ecc. ecc. così
nessuno rimarrà spettatore. Alla Messa, e tanto meno al
momento della Comunione, non ci sono spettatori. O sei
uno che partecipi col tuo io, direttamente, o sei falso!
Lo stesso Pane, che ricevi tu, viene portato - o subito o
durante la settimana - anche agli ammalati. Essi sono
impediti dal venire in chiesa, ma non vengono privati di
questo dono di Dio, che è la loro più grande
consolazione.
Essi sono coloro che partecipano in maniera più
sensibile alle sofferenze di Gesù Cristo e "le
completano, a pro del suo Corpo che è la Chiesa"
dice s. Paolo. Perciò noi siamo loro riconoscenti e
rendiamo più vero il dono della Comunione visitandoli
noi pure, dando loro il segno concreto - con la nostra
visita - che la loro Comunione al Corpo di Cristo è una
comunione anche con noi, che siamo membra dello stesso
Corpo!
Normalmente è il prete che compie questo servizio. Ma
per accontentare il desiderio dell'ammalato - che è pure
desiderio del Signore - di avere la s. Comunione spesso,
il parroco può farsi aiutare da qualche fedele che sia
stato preparato e abbia ricevuto lo speciale incarico dal
Vescovo. Il malato sa che riceve Gesù: gli importa poco
quali siano le mani che glielo offrono. Come sa che egli
è indegno di riceverlo, così sa che ognuno è indegno a
portarlo!
Va', dona ciò che hai ricevuto
La s. Comunione mi fa partecipare in
modo semplicissimo (mangiando un pezzetto di pane) alla
fede di milioni di credenti sparsi in tutto il mondo: mi
fa partecipare della vita spirituale dei cristiani che
vivono nella semplicità delle campagne e nella
confusione delle città, dei cristiani che combattono
ogni giorno contro le tentazioni del loro egoismo e dei
cristiani che sono ogni giorno combattuti da un'opinione
pubblica contraria a Gesù Cristo. Attraverso la s.
Comunione sono partecipe della fede di cristiani che
vivono in carcere pentiti dei loro delitti, di altri che
sono abbandonati in ricoveri o che languono negli
ospedali ecc.!
Ogni volta che partecipo alla Comunione mi metto in
sintonia spirituale con i fratelli che sono passati su
questa terra e godono ora il frutto della salvezza in
Cielo: coi martiri, con le vergini, i pastori, i monaci,
gli eremiti, le madri ed i padri di famiglia, con tutti i
santi!
E in comunione con essi vivo le mie giornate, vivendo di
fede. E spero di non dover arrossire troppo di fronte ad
essi quando li incontrerò faccia a faccia!
La s. Messa ha così termine, con questa Comunione
sacramentale al Corpo di Cristo, Pane eucaristico e
Famiglia che di esso si nutre! Ancora un attimo: partirai
dalla chiesa senza che nessuno te lo dica? sei entrato
perché invitato dal Signore. Sarà Lui a dirti di
partire. Ma te lo dirà affidandoti un compito, una
missione.
Egli ti benedice: ricordalo, sei una persona benedetta da
Dio, da Dio Padre, dal Figlio Gesù, dallo Spirito Santo.
Porti su di te i nomi di Dio, porti in te la benedizione.
Ora va', diffondila là dovunque tu arrivi.
"Andate in pace". Non è un invito ad uscire
dalla chiesa: è invece un invito a portare ciò che hai
ricevuto da Gesù Cristo laddove trascorri il tuo tempo.
Porta ai fratelli e agli uomini del mondo la comunione
dello Spirito Santo, porta la gioia e la speranza, porta
il perdono e la luce nuova che hai ricevuto.
Termino con le parole che il card. Ursi C. ha pronunciato
a Canal san Bovo il 5 agosto 1979:
«Fratelli miei, dopo la Messa uscite voi di chiesa come
uomini nuovi? o voi uscite così come siete entrati? È
triste pensare che di domenica in domenica noi dovremmo
rinnovarci per progredire in questo
rinnovamento-spiritualizzazione nella comunione col
Padre, comunione coi fratelli in una civiltà di grazia e
di amore. L'impressione che si ha è che di domenica in
domenica cresca la corruzione dei costumi, anche nei
paesi cristiani, anche nei cristiani. E allora vi
domando: quale è la ricerca che noi abbiamo quando
veniamo in chiesa? in concreto: siete voi alla ricerca
del Cristo che diventa l'acqua che sazia la sete? il cibo
che sazia la fame? Ve ne andate, insomma, pieni di Cristo
luce, pieni di Cristo grazia?
Ve ne andate come Chiesa più unita, più fusa intorno al
Vescovo, intorno al parroco? se non avviene questo, miei
cari fratelli e sorelle, dopo la Messa, vuol dire che la
vostra ricerca è stata vana, è stato un rito che avete
fatto, ma a che è servito? a niente! niente! Il
rimprovero di Gesù fatto a quelli di Cafarnao è il
rimprovero di Gesù che viene a me, a voi, se noi non
veniamo qui per immagazzinare la sua Parola e per
trasformarci nella sua carne risorta, diventando uomini
risorti, per vivere una vita nuova nella giustizia, nella
verità, nella grazia e nella carità sociale!».
Passato e futuro: oggi!
Dopo aver dialogato con gli uomini sul
momento più importante del mio incontro con Te, Signore
Gesù Cristo, vengo davanti alla Tua Presenza.
Nella Messa ho vissuto, molto distrattamente,
l'esperienza che Tu hai avuto una volta sola, a
Gerusalemme, nel Cenacolo, con gli amici che ti seguivano
da tre anni.
Mi sono reso conto un pochino dell'amore che adoperavi
per loro e attraverso di loro anche per me. Hai agito in
modo così semplice e quasi normale, per far vivere loro
con dei segni il più grande evento della tua vita e
della storia di tutta l'umanità: la tua morte e la tua
risurrezione. E' con questo tuo passaggio dal mondo dei
peccatori al mondo del Padre che tu ci hai salvati.
E' veramente alla tua morte e alla tua risurrezione che
ho preso parte durante questa Messa: vi ho preso parte
con dei segni - i tuoi - ma la partecipazione si è
realizzata nella realtà. La mia vita è presente al tuo
Calvario: non come erano presenti i soldati o i tuoi
amici, ma come eri presente Tu, perché ora si realizza
in me e nei miei fratelli, adagio adagio, il tuo
passaggio da questo mondo al Padre. Me ne accorgo quando
vivo secondo la Tua Parola: allora constato, anche con
sofferenza, che questo mondo si distanzia, e qualcuno me
lo sottolinea dicendomi di tener i piedi per terra! Ma tu
sai che voglio proprio spostare i miei piedi da questo
mondo al mondo del Padre!
E' il mondo che attendo: il mondo che verrà!
E Tu, con questa Messa, mi hai già fatto pregustare
qualcosa del mondo che verrà! mi hai fatto pregustare il
banchetto di Nozze dell'Agnello, la gioia dell'incontro
con Te quando tornerai nella gloria. Mi hai fatto
anticipare i tempi futuri... un pochino... Oh, so che Tu
vorresti che io godessi in pienezza già fin d'ora la
gioia eterna, ma io sono così incapace di contenerla!
vivo in questo corpo che aspetta la morte, e fin che non
è morto non può arrivare a completezza, perché gli
manca un passo necessario: così la tua gioia l'attendo!
L'attendo però con piena fiducia e speranza perché so
che Tu stai pregando per me e per tutti coloro che
credono in Te. Lo hai detto ai tuoi discepoli proprio
durante l'Ultima Cena. Tu sei davanti al Padre come
Agnello sgozzato, come Sacerdote sommo col tuo prezioso
Sangue versato: sei davanti al Padre così, per me, per
noi! Stai intercedendo per noi: so che stai chiedendo al
Padre di mandarci lo Spirito Santo!
Ed il Padre ti ascolta e ti esaudisce! Anche oggi ha
mandato lo Spirito a santificare quel pane e quel vino,
mentre le mie povere mani vi erano stese sopra in un
gesto di obbedienza! E, attraverso quel Pane e quel Vino
mangiati, lo Spirito ha nuovamente formato il Tuo Corpo,
quel corpo vivente che siamo noi, uniti a Te, Gesù.
Come lo Spirito ha formato il tuo Corpo santo nel grembo
di Maria, così lo Spirito oggi ha dato vita nuovamente
al tuo Corpo, un Corpo che rende presente il tuo amore su
tutta la terra: la Chiesa!
Gesù, l'Eucaristia non ha termine! continuo a dirti
grazie - ed ogni mia azione vuol esserne la prova -
perché posso esser membro del tuo Corpo, perché
tenendomi legato al tuo Corpo, la Chiesa, passa anche in
me la potenza del tuo Spirito! Prendi ogni mio respiro
come un grazie e come una nuova supplica!
Grazie, perché sono già in Te, nel tuo cuore; pietà di
me, perché non vi sono ancora del tutto: i miei peccati
sono sempre in agguato, ma il Padre ascolta la Tua
preghiera!
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