NAAMAN
o
la
politica risanata
invano
vi faticano i costruttori.
Se
il Signore non custodisce la città,
invano
veglia il custode.
2Invano
vi alzate di buon mattino,
tardi
andate a riposare
e
mangiate pane di sudore:
il
Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
[dal
Salmo 127]
La
nostra vita e la vita dei popoli è un intreccio di collaborazioni, di azioni
e di omissioni, di parole e di silenzi. Il tutto avviene sotto lo sguardo
benevolo del Padre: con il suo Spirito egli offre la guida, ma quando la
libertà dell'uomo non l'accoglie Egli non smette di seguire con il suo amore
tale libertà per redimerne gli errori e per inserire gli stessi in un disegno
più vasto e completo di salvezza.
Tra
gli uomini ce ne sono alcuni che ritengono d'essere importanti; generalmente
questi sono ricchi. Essi credono d'essere anche intelligenti e perciò sono
convinti, di poter, con la loro presunta intelligenza, guidare la storia. Ma
l'intelligenza non è, di per se stessa, amore, e perciò spesso non collima
con l'intelligenza di Dio! In genere essi non s'accorgono della folla di
persone deboli e silenziose, persone povere e tranquille, sofferenti e talora
emarginate, benché essi stessi fondino la loro "grandezza" sul
numero, sulla laboriosità, sull'obbedienza, sulla maturità di questi.
E
Dio? Dio trova facile portare a destinazione e a compimento il proprio amore
attraverso i poveri e i sofferenti e gli emarginati: essi pongono pochi
ostacoli ai suoi suggerimenti, non avendo interessi da difendere. I grandi
ancor più sono debitori ai piccoli, come appare nella "storia" che
ora ci accingiamo a leggere e meditare.
Essa
si trova nella Bibbia nel primo libro dei Re al capitolo 5.
1.
1"Nàaman,
capo dell'esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo
signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la vittoria
agli Aramei. Ma questo uomo prode era lebbroso."
L'attenzione
vola al di fuori dei confini della Terra abitata dal popolo di Dio,
addirittura in un paese nemico, che da poco ha inflitto una sconfitta a
Israele. La persona cui rivolgiamo lo sguardo è nientemeno che il capo
dell'esercito vincitore.
Quest'uomo,
Nàaman, è una persona influente e stimata. Egli è uno di quelli che
contano. Il suo nome è famoso. Anch'egli però ha un problema. Il suo
problema non è una difficoltà d'ufficio, ma una situazione personale: è
malato.
La
malattia lo riporta a considerazioni semplici, che lo uguagliano a tutti gli
altri uomini.
Anche
i "grandi" sono piccoli, impotenti, incapaci di risolvere i propri
problemi personali.
Anch'essi
sono persone. La loro 'politica' non risolve i loro problemi? Possibile che la
grande politica possa risolvere solo i grandi problemi e non quelli piccoli,
personali?
Il
caso di Nàaman è provvidenziale: ci si accorge che la politica deve essere a
servizio della persona. Altrimenti, a cosa serve? Sì, la singola persona deve
essere al centro delle attenzioni e delle decisioni politiche, deve ispirarne
le scelte, guidarne le mosse. Altrimenti essa diviene una macchina che
schiaccia tutti, compreso chi la muove. Questa volta è un "grande"
che s'accorge d'essere piccola 'persona'. La sua scoperta - che la politica
deve servire la persona - potrebbe essere interpretata come tentativo di...
interferenze di interessi personali in atti d'ufficio. Infatti...
2.
2Ora
bande aramee in una razzia avevano rapito dal paese di Israele una giovinetta,
che era finita al servizio della moglie di Nàaman.
3Essa
disse alla padrona: «Se il mio signore si rivolgesse al profeta che è in
Samaria, certo lo libererebbe dalla lebbra».".
4Nàaman
andò a riferire al suo signore: «La giovane che proviene dal paese di
Israele ha detto così e così».
.
...
il problema personale del capo dell'esercito va a finire sul tavolo del re.
Per i problemi personali la grande politica è senza risorse; finisce per
piegarsi e sottostare ai consigli provenienti dalla parte nemica. Non è il
controspionaggio che si mette in moto. E' una schiava che s'accorge
dell'afflizione dei propri nemici, una ragazza che vede il problema della
persona e che ha conservato - nonostante tutto - la sua fede in Dio, in un Dio
che ascolta e risponde, un Dio che è persona.
La
ragazza parla ad una donna, senza curarsi delle possibili e probabili
derisioni di cui potrebbe divenire oggetto. Ella è una schiava, non ci perde
nulla. Il suo padrone è un nemico attivo del suo popolo, ma i nemici degli
uomini possono essere trattati benevolmente da Dio. Dio è al di sopra! Col
bene Dio può vincere il male. Se l'uomo "grande" diventa così
piccolo da ascoltare il suggerimento di una schiava maltrattata e da
apprezzarne la fede, non potrà Dio intervenire ed esaudire? Chi è amato e
beneficato da Dio non potrà più essere nemico!
I
pensieri possibili della ragazza non sono molto distanti da quelli del re: gli
interessi personali in atti d'ufficio possono diventare atti personali in
interessi d'ufficio! Un generale sano è più efficiente di un generale
malato. Si può attingere perciò dal tesoro del re per risolvere un problema
personale.
3.
5Il
re di Aram gli disse: «Vacci! Io invierò una lettera al re di Israele».
. Quegli partì, prendendo con sé dieci talenti
d'argento, seimila sicli d'oro e dieci vestiti.
6Portò
la lettera al re di Israele, nella quale si diceva: «Ebbene, insieme con
questa lettera ho mandato da te Nàaman, mio ministro, perché tu lo curi
dalla lebbra».
.
7Letta
la lettera, il re di Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio
per dare la morte o la vita, perché costui mi mandi un lebbroso da guarire? Sì,
ora potete constatare chiaramente che egli cerca pretesti contro di me».
.
La
diplomazia ufficiale si mette in moto. Essa si mette in moto, come sempre,
"alla grande", e crea malintesi. Essa infatti non ha tenuto conto di
due cose: anzitutto che finora la speranza è venuta tramite i piccoli, e che
non potrà perciò che continuare a sussistere e a manifestarsi se non
attraverso di essi. E poi la diplomazia non ha tenuto conto che la promessa
veniva guardando a Dio attraverso il suo profeta.
Come
mai il re di Aram non se n'è accorto? e come mai il re d'Israele non ci ha
pensato? E' semplice: i grandi la pensano sempre da 'grandi', alla maniera
secolarizzata. Tutto dipende dall'uomo: è l'uomo che agisce, l'uomo che fa,
l'uomo che costruisce, l'uomo che decide. E, naturalmente, l'uomo 'grande'!
I
'grandi', abituati a comandare agli uomini, non pensano che si può diventare
piccoli per obbedire a Dio! Obbedire? una parola distante, dimenticata,
assente dal vocabolario attivo dei grandi, presente solo nel loro vocabolario
passivo: essere obbediti! Perciò nemmeno Dio viene più alla mente, perché a
Dio si dovrebbe 'obbedire'. Questa parola "Dio" vien da loro
tradotta 'correttamente' con "ragione", "capacità
paranormali", "potere occulto".
Il
re di Aram si rivolge al re d'Israele. Ricordargli che c'è un profeta? che c'è
un Dio? non sia mai! si potrebbe canzonare di me! Un re che si piega a cose da
donne, a credenze da schiave?
Tra
re c'è la diplomazia. E la diplomazia vuole che si attribuisca al sovrano
tutto, anche più di quello che egli può.
E
così la diplomazia - opera dell'"uomo che confida nell'uomo"»1
- trova maledizione. Essa riesce a trovar pretesti e giustificazioni di
guerre, di nuove sofferenze per i piccoli, i poveri, i deboli.
1. Ger 17,5
4.
8Quando
Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re si era stracciate le vesti, mandò a dire
al re: «Perché ti sei stracciate le vesti? Quell'uomo venga da me e saprà
che c'è un profeta in Israele»
.
9Nàaman
arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della
casa di Eliseo.
10Eliseo
gli mandò un messaggero per dirgli: «Và, bagnati sette volte nel Giordano:
la tua carne tornerà sana e tu sarai guarito»
.
11Nàaman
si sdegnò e se ne andò protestando: «Ecco, io pensavo: Certo, verrà fuori,
si fermerà, invocherà il nome del Signore suo Dio, toccando con la mano la
parte malata e sparirà la lebbra.
12Forse l'Abana e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono
migliori di tutte le acque di Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per
essere guarito?». Si voltò e se ne partì adirato.
13Gli
si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Se il profeta ti avesse ingiunto
una cosa gravosa, non l'avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha
detto: bagnati e sarai guarito»".
14Egli,
allora, scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo
di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era
guarito.
Il
tutto sarebbe finito con la rottura dei rapporti diplomatici e con l'allertamento
degli eserciti, se i mezzi di comunicazione sociale non avessero recato la
notizia riservata all'uomo che sta in ascolto di Dio. Chi sta in ascolto di
Dio sente anche ciò che Dio pensa degli uomini, sente il suo amore per loro e
vi si mette a disposizione.
Eliseo
rispetta le regole diplomatiche. L'uomo di Dio rispetta le capacità di
comprensione degli uomini, ma non risparmia il rimprovero all'uomo che
dimentica Dio, foss'egli pure il re! Egli non si rivolge a Nàaman, ma al
proprio re, il re d'Israele, il re che avrebbe dovuto sapere che c'è un Dio,
ma che se n'è dimenticato o se ne è voluto dimenticare.
L'uomo
di Dio rispetta la diplomazia, ma non accontenta le attese dell'uomo, nemmeno
se 'grande'.
Ora
Nàaman si trova nei pressi dell'abitazione di Eliseo. I suoi pensieri sono
quelli di uno che tratta Dio e i suoi servi come dei maghi. Le sue attese sono
solo attese:
"Dio
agirà, senza che io debba far nulla. A me non verrà chiesto altro che quel
denaro e quei doni che ho portato con me, che ho già pensato di dover dare, e
il mio problema sarà risolto".
Nàaman,
nel suo cuore di buon pagano, ha previsto il modo di fare di Dio, gli ha
dettato cosa fare e come. Egli pensa che Dio sia, naturalmente, come lui, uno
che comanda, o, meglio ancora, uno che gli ubbidisce. Egli è capo abituato ad
essere ubbidito: non gli ubbidirà il Dio di un popolo vinto proprio da lui?
Dio
invece continua ad agire secondo i propri modi di fare; egli non s'accontenta
di agire come un estraneo che entra nella vita d'un uomo rimanendogli
estraneo, ma agisce in modo da farsi incontrare. Egli è un Dio nascosto,
anche se agisce apertamente e concretamente, e perciò l'uomo lo potrà e lo
dovrà incontrare in modi cui è totalmente impreparato.
Nàaman
si sente preso in giro: l'uomo di Dio non è nemmeno uscito per vederlo, nè
per toccarlo. Anzi, gli ha mandato un servo con un ordine. Non è egli il capo
dell'esercito? Deve un capo 'obbedire' a un servo? e per di più a un ordine
che non ha nulla di logico nè di sublime?
L'uomo
di Dio agisce proprio come Dio: si tiene nascosto, non si fa vedere nè
sentire, manda un messaggero con una richiesta che può essere accolta solo da
una persona umile e obbediente, solo da chi si fa piccolo e da chi rinuncia a
frapporre ragionamenti.
I
grandi sono piccoli davanti a Dio. E se non lo sono, lo devono diventare.
I
benefici 'personali' sono concessi ai piccoli. La politica deve beneficiare di
questa scoperta. Davanti a Dio non esistono 'i grandi', perché Egli non
guarda le apparenze, ma guarda il cuore. Nel cuore ogni uomo, anche il più
grande funzionario, è solo un uomo che può essere messo in ginocchio da una
semplice lebbra.
Nàaman
sarebbe tornato in patria sconfitto dal proprio orgoglio se i suoi servi non
fossero intervenuti a smorzargli le reazioni superbe. Sono ancora i servi,
persone senza nome e senza gloria, che si fanno strumento di Dio. Essi sono
piccoli, sanno accettare le cose semplici e piccole e col loro ragionare umile
e semplice trasmettono al grande condottiero la capacità di piegarsi, di
umiliarsi, di scendere nell'acqua sette volte. Un'obbedienza da bambino, senza
logica.
La
vita del glorioso Nàaman è nelle mani dei suoi servi: Dio agisce, compie
prodigi, ma vuole l'umiltà dell'uomo, vuole essere riconosciuto come colui
che agisce da solo, come colui che trae tutto dal nulla. Dal nulla delle acque
del Giordano viene la vita dell'uomo, la salute di Nàaman.
Ora
egli è guarito. Dopo d'essersi umiliato. Sarà guarita anche la politica?
Può
l'acqua che guarisce la lebbra risanare anche la politica?
Un
altro dovrà entrare in quelle acque per accollarsi la lebbra di tutti gli
uomini, perché la politica prenda una svolta definitiva!
5.
15Tornò
con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e si presentò a lui dicendo: «Ebbene,
ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele». Ora accetta un
dono dal tuo servo».
Ora accetta un dono dal tuo servo».
16Quegli
disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò».
. Nàaman insisteva
perché accettasse, ma egli rifiutò.
Il
viaggio di Nàaman subisce un ritardo. Egli torna indietro. Ritorna a
ringraziare. Questa volta l'uomo di Dio lo riceve, lo incontra. Colui che
viene a bussare alla porta non è più un grande funzionario, ma una persona
umile, un uomo che si riconosce debitore.
Dio
stesso si fa incontrare dalle persone umili che si riconoscono debitrici a
lui.
L'uomo
di Dio gode del cambiamento: davanti a lui sta non un capo dell'esercito, ma
un uomo sulle cui labbra è fiorito il 'grazie' al posto della parola di
comando.
Nàaman
è diventato piccolo. Ma l'uomo di Dio lo vuole ancor più piccolo.
Nàaman
ritiene di poter soddisfare con denaro il debito della salute riavuta. Egli è
ricco, e può. Egli è amico del re, e può. Egli può dare ciò che gli
uomini cercano dalla politica: denaro!
L'uomo
di Dio non vuole denaro e non vuole che Nàaman si sdebiti nè con lui nè con
Dio.
Il
denaro non paga i debiti che l'uomo ha con Dio.
L'uomo
deve rimanere sempre cosciente d'esser sempre debitore con Dio. L'uomo deve
portare in politica la propria debolezza e la propria riconoscenza a Dio,
anche la riconoscenza dei benefici personali.
Riconoscenza
personale in atti d'ufficio!
Quando
Nàaman tornerà dal proprio re, tornerà umile e riconoscente. Egli sarà
riconoscente a Dio che gli ha fatto incontrare il suo profeta. Ma egli sarà
riconoscente alla schiava di sua moglie e a sua moglie, al re, agli ignoti
informatori dell'uomo di Dio, al suo messaggero e ai propri servi che l'hanno
accompagnato e lo hanno svuotato dell'orgoglio e dell'ira con cui ha reagito
alle richieste del Dio d'Israele.
Come
fare a ricompensare tutti? Come sdebitarsi con tutti? E' tutto un popolo,
persino il popolo nemico, che lo ha beneficato!
Inizia
una nuova politica nel palazzo del re di Aram: ora vi rientrerà non più un 'capo',
ma un uomo riconoscente verso Dio e verso gli uomini.
6.
17Allora
Nàaman disse: «Se è no, almeno sia permesso al tuo servo di caricare qui
tanta terra quanta ne portano due muli, perché il tuo servo non intende
compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore. 18
Tuttavia il Signore perdoni il tuo servo se, quando il mio signore entra nel
tempio di Rimmòn per prostrarsi, si appoggia al mio braccio e se anche io mi
prostro nel tempio di Rimmòn, durante la sua adorazione nel tempio di Rimmòn;
il Signore perdoni il tuo servo per questa azione»" 18Tuttavia il Signore perdoni il tuo servo se,
quando il mio signore entra nel tempio di Rimmòn per prostrarsi, si appoggia
al mio braccio e se anche io mi prostro nel tempio di Rimmòn, durante la sua
adorazione nel tempio di Rimmòn; il Signore perdoni il tuo servo per questa
azione».
19Quegli
disse: «Và in pace»
. Partì da lui e fece un bel tratto di strada.
Nàaman
è proprio riconoscente. Ed è diventato umile davvero. Egli che disprezzava
le acque del Giordano ritenendole inferiori a quelle dell'Abana e del Parpar -
fiumi di Damasco -, ora chiede in dono quattro sacchi di terra, di quella
terra che da nemica è diventata luogo della sua salvezza. Quattro sacchi di
terra su cui innalzare un altare al Dio nascosto che guarisce la lebbra agli
umili servendosi delle parole dei piccoli, dei servi, di chi non conta!
Nàaman
vuole rimanere riconoscente anche rientrando nei propri confini, vuole
rimanere piccolo anche là dove è considerato grande! Egli decide di
mantenere fede a quel Dio strano che non vuole denaro e che non si vendica
delle sconfitte del proprio popolo, ma che sa donare vita anche ai nemici!
Nàaman
non si riconosce la stoffa del martire. Continuerà a rispettare con animo
ecumenico e benevolo le iniziative e le capacità religiose del proprio
popolo; anche questa debolezza lo aiuterà a rimanere umile e sottomesso. Ma
egli non dimenticherà più il Dio vivo, con la bontà che gli ha dimostrato.
Egli servirà solo lui e a lui solo innalzerà la lode.
La
fede nel Dio amico degli uomini è entrata nel cuore di Nàaman mentre dalla
sua pelle spariva la lebbra. Questa, una guarigione prodigiosa, quella un
prodigio ancora più grande, un prodigio che porterà guarigione dentro la
politica di un popolo!
La
fede nel Dio vivo distacca il cuore dell'uomo dalle ricchezze, e quindi
dall'egoismo, e perciò da quella cecità che impedisce di vedere le
sofferenze dei piccoli che non hanno voce.
La
fede nel Dio vivo rende l'uomo attento alla vita degli uomini, dono prezioso,
prodigio continuo, debito che non si può soddisfare!
7.
20Ghecazi,
servo dell'uomo di Dio Eliseo, disse fra sé: «Ecco, il mio signore è stato
tanto generoso con questo Nàaman arameo da non prendere quanto egli aveva
portato; per la vita del Signore, gli correrò dietro e prenderò qualche cosa
da lui».
.
21Ghecazi
inseguì Nàaman. Questi, vedendolo correre verso di sé, scese dal carro per
andargli incontro e gli domandò: «Tutto bene?».
.
22Quegli
rispose: «Tutto bene. Il mio signore mi ha mandato a dirti: Ecco, proprio
ora, sono giunti da me due giovani dalle montagne di Efraim, da parte dei
figli dei profeti. Dammi per essi un talento d'argento e due vestiti».
.
23Nàaman
disse: «E' meglio che tu prenda due talenti»
e insistette con lui. Legò due talenti d'argento in due
sacchi insieme con due vestiti e li diede a due dei suoi giovani, che li
portarono davanti a Ghecazi. 24Giunto all'Ofel, questi prese dalle loro mani il tutto e
lo depose in casa, quindi rimandò gli uomini, che se ne andarono.
25Poi
egli andò a presentarsi al suo padrone. Eliseo gli domandò: «Ghecazi, da
dove vieni?». Rispose: «Il tuo servo non è andato in nessun luogo». 26
Quegli disse: «Non era forse presente il mio spirito quando quell'uomo si
voltò dal suo carro per venirti incontro? Era forse il tempo di accettare
denaro e di accettare abiti, oliveti, vigne, bestiame minuto e grosso, schiavi
e schiave? 27 Ma la lebbra di Nàaman si attaccherà a te e alla tua
discendenza per sempre».
L'uomo
di Dio non ha apprezzato nè voluto il denaro di Nàaman. Egli voleva che il
"ricco" apprezzasse la povertà e da essa fosse aiutato a rimanere
sempre presente al Dio "ricco di misericordia".
Ma
la tentazione del denaro esiste, esiste ancora. Ed essa può colpire e far
cadere persino il servo del servo di Dio. Ghecazi vuole davvero vantaggi
personali, dato che ce n'è l'occasione. E inventa una menzogna, e poi
un'altra per salvarsi la faccia. Ma la faccia esteriore a che serve, se
l'interno è marcio?
"Per
amor del denaro molti peccano."1
"L'amore
del denaro è la radice di molti mali."2
E
Ghecazi si ritrova addosso la lebbra sparita dalla pelle di Nàaman.
Una
lezione per lui.
Ma
anche per me.
Non
solo i grandi, anche i piccoli devono risvegliare e mantenere la fede nel Dio
vivo se vogliono conservare i "benefici personali", la salute del
corpo e del cuore!
La
politica risanata non serve all'uomo peccatore; "il salario del peccato
è la morte".3
Se
"i grandi" cominciano a fare il loro dovere, non devono smettere
"i piccoli"!
1. Sir 27,1
2. 1Tim 6,10
3. Rom 6,23
Se
il Signore non costruisce la casa,
invano
vi faticano i costruttori.
Se
il Signore non custodisce la città,
invano
veglia il custode.
Invano
vi alzate di buon mattino,
tardi
andate a riposare
e
mangiate pane di sudore:
il
Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
[dal
Salmo 127]
Conclusione
maggiore:
[Dal
Vangelo secondo Luca c. 22]
24Sorse
anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande.
25Egli
disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di
esse si fanno chiamare benefattori. 26 Per voi però non sia così;
ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa
come colui che serve. 27 Infatti chi è più grande, chi sta a
tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in
mezzo a voi come colui che serve.
28
Voi siete quelli
che avete perseverato con me nelle mie prove; 29e
io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me,
30 perché
possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a
giudicare le dodici tribù di Israele.
Signore
Gesù,
tu
ti sei immerso nelle acque del Giordano anche se Giovanni non avrebbe voluto,
e ti sei sottomesso alle sue mani e al suo carisma, tu, il Signore del creato!
Tu non eri lebbroso quando entrasti in quelle acque: non tu sei guarito, ma tu
vi hai risanato l'umanità, tutta quell'umanità che si unisce a te
nell'obbedire al Padre come figlio.
Uscendo
da quelle acque Tu hai vinto la tentazione di fare il capo, di accettare il
regno da Satana e dagli uomini; tu hai accettato il regno solo da Dio Padre.
Ed egli te lo ha consegnato quando tu offristi la vita. Egli te lo ha
consegnato sulla croce.
La
tua "politica", accolta e vissuta da noi, ci fa tutti fratelli
davvero, tutti attenti gli uni ai bisogni degli altri. La tua politica è
l'unica che dona agli uomini comunione reciproca, è l'unica politica
risanata, che trasforma la vita dell'uomo in una vera grande festa!
Sei
tu il mio re! Sei tu il nostro re! Sei tu il "vero"Re!
Nihil
obstat, Mons. Iginio Rogger, cens. eccl.,
Trento, 23.05.1995