3.
UN'ICONA.
Non
esiste un solo modo di scrivere, come questo: lettere dell'alfabeto, parole,
frasi, carta e inchiostro. Non c'è solo questo modo di trasmettere il messaggio
dell'amore di Dio. Dio stesso, che ama anche gli analfabeti (e un po' lo siamo
tutti) e gli stranieri, inventa e suggerisce modi diversi, perché il suo amore
possa esser "visto" da chi non sa leggere una lingua o non la sa
tradurre.
Dio
ha creato i colori e noi li adoperiamo, come adoperiamo l'inchiostro.
Un
santo monaco russo, Andrej Rublev, (canonizzato dalla Chiesa di Mosca nel 1988),
è stato incaricato e benedetto per "scrivere" una pagina dell'amore
di Dio. Egli doveva tradurre col linguaggio dei colori quel messaggio che era
trasmesso sulle pagine dei Vangeli con l'inchiostro e che era stato almeno in
parte già scritto nella carne della vita fraterna che egli viveva con gli altri
monaci del suo monastero.
Andrej
ubbidisce. Questa è la sua vita: ubbidire per amore, perché la vita del suo
Dio è amore che ubbidisce.
Ma
come "scrivere" con colori l'amore di Dio? Come trasmettere ad una
pagina di legno coperto di gesso il linguaggio di quel Dio che nessuno ha mai
visto nè può vedere? Quanto tempo avrà trascorso in preghiera, in silenzio,
in ascolto il monaco Andrej? Certamente tanto quanto Gesù ha trascorso nel
deserto allorché "seppe" d'essere il Figlio di Dio, colui cioè che,
nella propria carne e nei propri movimenti interiori ed esteriori, sa di
trasmettere la vita del Padre.
Nella
sua obbedienza Andrej comincia a preparare la pagina: una tavola di legno. Come
Dio ha preparato una storia e una cultura per accogliere il Figlio, come Maria e
Giuseppe hanno preparato una mangiatoia per il bambino, così ora egli prepara
il legno: lo scava, come per preparare una culla per la nuova... manifestazione
del messaggio d'amore.
Il
mistero di Dio si sta nuovamente avvicinando agli uomini, come figure, come
messaggio, come parola scritta con forme e colori. Dio ha bisogno di una culla.
L'icona che ne verrà fa parte del mistero grande e umile dell'Incarnazione di
Dio. L'incavo del legno me lo dice, e mi fa essere riverente e gioioso.
Dio
mi sta amando!
4.
FORME GEOMETRICHE.
Ora
il monaco santo ha già cominciato a tradurre il S. Vangelo.
Ha "scritto" delle figure geometriche: un cerchio, un triangolo,
alcune forme quandrangolari. Il cerchio è una linea che non ha inizio nè fine:
può dirmi benissimo l'eternità e la perfezione del mio Dio. Il suo amore è
senza inizio e senza fine. Il suo amore è perfetto!
Nel
cerchio stanno perfettamente le tre figure angeliche che dovranno con maggior
chiarezza parlare ai miei occhi e al mio cuore.
Il
triangolo, la cui base è il lato superiore del tavolo e il cui vertice posa nel
capo dell'angelo centrale, è la figura semplice che mi dice tre in uno, uno in
tre: Dio è uno, ma mi incontra in tre modi distinti, Dio mi ama in tre diverse
maniere, con tre cuori uniti in un sol movimento d'amore.
Cerchio e triangolo non si vedono. Ci sono, ma non si vedono. Proprio come il
mio Dio, che è presente eppure non lo vedo.
Le
forme quadrangolari invece sono ben definite, visibili, individuabili. Esse sono
le pedane, gli sgabelli, il tavolo. Sono visibili com'è visibile il creato e la
terra che essi mi rappresentano. La terra era ritenuta un grande tavolo
quadrato, segnata dai quattro punti cardinali, percorsa dai quattro grandi
venti, racchiusa dai quattro angoli.
La
terra e tutto ciò che è terrestre è vario, distinto, diviso in vari schemi e
dimensioni: alto - basso, vecchio - giovane, prima - dopo, concreto -
astratto... Le forme quadrangolari sono perciò anche nella nostra icona
numerose, diverse, separate.
Esse
mi rappresentano la terra visibile nella sua pluralità di realtà distinte.
Questa terra accoglie e ospita il cielo invisibile: il mio Dio non si vergogna
di prender posto sulla terra, di farsi ospitare come pellegrino.
5.
ANGELI PELLEGRINI.
E'
proprio questo il tema che fa apparire sull'icona i tre angeli che danno forma
al cerchio divino, contengono il triangolo e poggiano sugli elementi
quadrangolari che vorrebbero significare la terra: gli angeli pellegrini che
sono stati ospiti di Abramo, il padre del popolo di Dio, padre della fede! Essi
sono gli angeli-pellegrini, cui Abramo imbandì la mensa: le focacce impastate
da Sara, il vitello preparato dal servo, il latte acido e il latte fresco
serviti da lui personalmente. 1
Abramo
parlava con i tre ospiti come si parla con uno solo. Erano tre, ma Abramo li
vedeva così uniti, come ne vedesse uno. Essi stessi, pur essendo tre, parlavano
come uno solo. E parlavano trattando Abramo da amico che deve conoscere i loro
segreti.
E'
la terra che ospita il Cielo o è il Cielo che com-prende la terra?
Il
nostro monaco scrittore dell'icona ha preso come figura base per la sua pagina
quell'episodio così bello e caro della vita del primo Patriarca. 2
Abramo
non ha visto Dio se non attraverso i tre angeli, ma ha parlato con Lui, ha
dialogato, s'è fatto partecipe del suo colloquio.
I tre angeli seduti sotto la Quercia di Mamre possono perciò donarci i messaggi
necessari perché noi possiamo "vedere" o "intravvedere" le
tre divine Persone, il loro amore reciproco, la loro vita, la loro unità; gli
Angeli non sono Dio, ma ci parlano di Lui, ne riflettono la luce, ne riportano i
voleri, ne fanno gustare l'amore essendo anch'essi "impastati" d'amore
divino.
Guardiamoli
in volto.
Per
Dio gli anni non contano e non si contano. Egli è sempre nuovo, come l'amore
vero. Il monaco Andrej tratteggia i lineamenti dei volti dei tre angeli con
caratteristiche giovanili: esse esprimono, meglio che non i lineamenti della
vecchiaia, l'eternità di Dio. La vita e la storia sta tutta davanti a Lui, il
passato compreso. Egli può disporre oggi anche di ciò che è avvenuto ieri, e
domani di ciò che avviene oggi!
La
giovinezza di Dio è la perenne giovinezza dell'Amore.
Anche
noi sperimentiamo che "mentre il nostro uomo esteriore si va disfacendo,
quello interiore invece si rinnova, di giorno in giorno". 3 Vivendo
nell'amore di Dio l'uomo ringiovanisce.
L'anziano
che vive in compagnia del Dio dell'amore si ritrova un cuore giovane: lo
possiamo costatare ogni giorno!
Questi
angeli hanno volto d'uomo o di donna? La vita di Dio è completa, non ha bisogno
di complementarietà come quella dell'uomo.
La
vita di Dio è amore pieno, perfetto, amore forte e dolce, amore tenero e
tenace. In Lui non compare la differenza che dev'esserci nell'uomo maschio e
femmina. E' Dio che dà la vita all'uno e all'altro. Dio può essere padre e
madre insieme. Per questo chi vive con Lui, chi lo tiene costantemente davanti
agli occhi, diventa forte come un papà e dolce come una madre: anche l'uomo che
ama Dio riceve da Lui pienezza di vita che colma i vuoti della natura. La vita
dei santi ce ne dà continua testimonianza.
NOTE
1.
Gen 18,1-15 2.
Gen 18 3. 2Cor
4,16
6.
I SEGNI: IL BASTONE E LA VESTE.
I
tre angeli non hanno deposto il bastone da pellegrini. Lo tengono nella loro
mano sinistra, pronti ad alzarsi per continuare il viaggio.
Dio
è sempre ... di passaggio. Egli passa. Devi dargli attenzione e ospitalità
quando passa. L'uomo non deve lasciarsi sfuggire le occasioni del passaggio di
Dio!
Dove
va? Egli andrà a vedere Sodoma, va a rendersi conto di persona di ciò che ha
sentito dire. Vuol vedere con i propri occhi - occhi d'amore - quel che Gli è
stato riferito. Chi altri potrebbe riferire a Dio la vera realtà delle cose o
dei fatti?
Quale
uomo potrebbe informare Dio di quanto succede sulla terra? Quale uomo
riuscirebbe a trasmettere quanto succede nei cuori altrui?
I
bastoni portano degli ornamenti all'estremità: sono scettri regali.
Dio
può esser chiamato Re, ma soprattutto dev'essere trattato come Re.
Egli
però, naturalmente, non esercita la sua regalità come un dominatore. Gli
scettri restano bastoni da pellegrino, strumento utile per il viaggio sulla
terra in mezzo agli uomini. Sono bastoni colorati di rosso. Non vantano l'oro
come gli scettri umani, che sono simbolo di potere spesso violento, oppressivo,
somigliante a quello di Satana.
Sono
rossi, del colore della sapienza che ama, dell'amore che sa pazientare. Tale è
la regalità di Dio!
Tutt'e
tre gli angeli portano doppia veste: tunica e mantello. La tunica aderisce alla
persona, ne manifesta la natura. Il mantello è ben visibile all'esterno; è il
vestito che rappresenta e manifesta il ruolo, il compito, la missione. Ogni
angelo porta una delle due vesti color azzurro, il colore del cielo. Questa
veste parla e dice: Dio! L'uno è Dio, l'altro pure e il terzo è ancora Dio.
Tre angeli che ci manifestano l'unico Dio che ci ama con tre cuori distinti. Tre
angeli che ci mostrano l'Amore divino, la Comunione delle "Persone"
divine.
Riusciranno
questi angeli a trasmetterci la conoscenza dell'amore divino in modo tale che
possiamo amare il Dio che conosceremo? E noi riusciremo a comprendere l'Amore
che per amarci si vuol far conoscere? Riusciremo a cogliere - senza distorcerli
a vantaggio di una nostra vanità o comodità o ambizione - i messaggi che gli
angeli di Dio ci donano in vari modi?
7.
GESU': VERO UOMO.
L'angelo
vestito dei colori più vistosi e che attrae anzitutto il nostro sguardo è
quello centrale. Non tutta la sua figura è visibile: la parte inferiore, con i
piedi, ci è nascosta dal tavolo bianco che distingue e unisce le tre persone.
Egli porta una tunica ampia, maestosa. Il colore di questa veste è il rosso
cupo, potremmo dire il colore del sangue versato. Egli è persona divina - ce lo
assicura il colore del mantello -, ma il suo essere intimo, profondo, quello che
a noi è maggiormente vicino è la sua umanità.
Quest'angelo ci dice che una Persona divina è uomo, uomo vero, uomo fatto di
carne e di sangue. E' un uomo proprio come noi, capace di morire come noi, che
deve anzi morire come tutte le creature fatte di carne e di sangue. E il suo
morire è un soffrire, perché comporta versare il sangue. Il colore
rosso-sangue-versato è molto eloquente: parla del morire d'un uomo che muore
per amore.
Quest'angelo ci vuol parlare di Gesù, l'uomo vero che poté esser presentato da
Pilato come il vero uomo: "Ecco l'Uomo"! 1 Certamente l'unico Uomo che
non ha mescolato l'umanità con gli idoli, che non ha sottomesso la sua carne
umana al dominio del re della morte, Satana. 2 L'unico Uomo capace di portare
con dignità e con evidenza l'amore divino: sulla tunica rossa splende il manto
azzurro della divinità.
Gesù
è vero uomo, più vero di noi. Noi presentiamo un'umanità rovinata, corrotta,
schiava di passioni, un'umanità che serve spiriti malvagi quali l'odio e
l'invidia, l'avarizia e l'impurità, la vanità e la malizia.
Gesù
è l'uomo vero. Come uomo deve essere conosciuto, avvicinato, amato,
contemplato. Sarà Lui, Gesù uomo, che mi farà conoscere e amare Dio come
Padre, come Amore. Benché Gesù sia uomo perfetto ed io lo possa quindi
"vedere" e comprendere, mi rimane tuttavia in parte nascosto. C'è
sempre in Lui qualcosa che supera le mie capacità di vedere e di comprendere.
Egli fa parte del "mistero", del disegno eterno di Dio. Con gioia dico
"grazie" per quanto mi è dato di conoscere. Con umiltà dico
"amen" a quanto ancora non mi è concesso, sapendo che sta a Lui
comunicare la sua Pienezza a chi Egli vuole. Con fiducia dico "ti
amo", sapendo che a chi lo ama Egli si manifesterà. 3 Egli è l'uomo in
cui abita tutta la pienezza della divinità. 4
Se
avvicinassi Gesù come fosse un "Dio", correrei il grosso pericolo nel
quale si è impantanato Pilato quando gli hanno detto: "S'è fatto figlio
di Dio". 5 Allora Pilato s'è lasciato prendere dalla paura. E la paura non
è stata nemmeno per lui buona consigliera. Pilato pensava a Dio come a un
padrone di cui aver paura. E così ebbe paura davanti a Gesù, ritenendolo
"figlio" di un "dio" capace di vendicarsi come i suoi
"dei".
Anche noi, se partissimo con l'idea che Gesù è Dio, potremmo pensare a Gesù
come ad una di quelle divinità che la nostra fantasia sa immaginare: e quello
non è Gesù, quello non è Dio!
Dio
stesso ci ha mandato il Figlio Suo come uomo, come bambino perchè lo potessimo
avvicinare senza paura. E' Lui che ci porta al Dio vero, che ci fa conoscere che
Dio è amore. Gesù uomo, mostrandoci il suo rapporto col Padre, ci introdurrà
alla conoscenza del vero Dio.
Guardiamo
il capo di quest'angelo: è tutto chinato verso l'altro angelo, quello appunto
che ci illumina sulla persona del Padre.
Gesù
lo ama: lo vedi da come è disponibile, pronto. Gesù dona totale fiducia alla
parola che il Padre pronuncia verso di Lui. Se le figure potessero parlare,
sentiresti le voci: sono quasi palpabili.
"Tu sei mio figlio"! 6 "Eccomi, abbà!" "Io vengo per
fare la tua volontà". 7 Io vengo per realizzare i tuoi desideri, per
rendere concreto nella carne umana il tuo amore che si vuol donare, che vuole
trasmettersi agli uomini.
NOTE
1.
Gv 19,5 2. Gv 14,13
3. Gv 14,21 4.
Col 2,9
5.
Gv 19,8 6.
Ebr 1,5 7. Ebr
10,9
8.
IL PADRE.
L'angelo,
verso cui Gesù guarda con umile riverenza e piena fiducia e totale amoroso
abbandono, ci aiuta a contemplare il Padre.
La tunica di quest'angelo è azzurra, ma è nascosta. Il Padre è Dio, ma
nessuno l'ha mai visto. 1 In compenso il mantello che comprende tutti i colori,
mentre nasconde l'intimo della persona, ne rivela la gloria: esso rappresenta
tutta l'opera di Dio, la creazione con la sua magnificenza. "I cieli
narrano la gloria di Dio e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento... per
tutta la terra si diffonde la loro voce..." 2
Le
opere di Dio manifestano la sua Presenza, la sua sapienza, il suo amore, le
"sue perfezioni invisibili"! 3
Abbiamo un Padre che sa creare, ma soprattutto sa seguire con amore le sue creature. Guarda con quale delicatezza e con quale attenzione e umiltà Egli svolge il ruolo di Padre! Da Lui ha origine la vita: la sua posizione eretta, - dignitosa, ma umile -, dice che è Lui la fonte di ogni movimento. Ed il primo movimento è l'amore col quale benedice la terra. La sua mano, con la mitezza di chi non vuol mettersi in mostra, si alza sul quadrato della mensa, che mi rappresenta la terra, per benedirla. Questa benedizione trasforma la coppa posata al centro in coppa di benedizione e il tavolo, cui è consegnata, in altare.
La
mano benedicente è mossa in direzione del Figlio, attento e disponibile. La
parola che questi pronuncia: "Ecco, io vengo" diviene l'amen eterno
alla Volontà del Padre: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!
Tuttavia non sia fatta la mia, ma la Tua Volontà". 4
Questa
parola è accompagnata dal gesto che il Figlio ripete: anch'egli benedice
l'umanità indicando il calice che egli ha bevuto per primo.
Il Figlio, infatti, fa' ciò che vede fare dal Padre,5 perché lo ama. Egli non
attende ordini, ma ama cercando l'obbedienza. Il Figlio sviluppa il proprio
amore nell'obbedienza. Egli ama facendo ciò che fa il Padre: alza la mano per
esprimere il suo amen al cenno del Padre. Con questa mano benedicente il Figlio
prolunga il movimento dell'amore iniziato dal Padre per coinvolgere la terza
Persona: verso di essa è orientato anche il suo braccio.
NOTE
1.
Gv 1,18
2. Sal 18
3. Rom 1,20
4.
Lc 22,42
5. Gv 5,19
9.
TERZA PERSONA: LO SPIRITO SANTO
Il
terzo angelo ci annuncia una terza Persona: essa veste la tunica azzurra e il
mantello verde, il colore di ciò che vive: Egli è Dio e dà la vita.
E'la
Persona dello Spirito Santo, terza Persona che accoglie e approva e continua i
movimenti d'amore delle prime due. Terza Persona!
Hai
visto un cero? Di cos'è fatto? Cera e stoppino. Bene. Finché la cera vuol
restare cera e lo stoppino rimane "se stesso" quel cero è inutile,
anzi, occupa spazio prezioso. Quando la cera si scioglie, disponendosi a donarsi
allo stoppino per lasciarsi consumare, e lo stoppino si lascia bruciare per
accogliere la cera, allora ecco una terza realtà, ecco la fiamma! Ed è questa
fiamma che dà significato e alla cera e allo stoppino, e li rende fecondi,
utili, preziosi. E' questa fiamma prodotta dal reciproco "donarsi" di
cera e stoppino che diffonde attorno luce e calore a tutto ciò che la circonda.
Ed è ancora essa che riscalda la cera affinché possa continuare a donarsi e
ammollisce lo stoppino perché possa assorbire la cera continuando il movimento
che dà il frutto meraviglioso della luce.
Quest'esempio
ti dice qualcosa?
Com'è grande e bello il nostro
Dio! Egli è Amore che si dona, Egli è Amore che accoglie, è Amore che si
offre pronto a morire; un unico movimento del triplice donarsi reciproco:
dall'Amore che si dona, all'Amore che accoglie, ed esce la Fiamma d'amore che
avvolge anche me, e te e tutto il mondo: lo Spirito Santo, la terza Persona. E
come non posso staccare la fiamma dal cero perchè viva da sola, così non posso
pensare lo Spirito Santo senza riferirmi al continuo donarsi del Padre al Figlio
e di Gesù al Padre! E nemmeno posso pensare d'essere immerso nello Spirito di
Dio se non sono in continuo rapporto d'amore che si dona, se non mi lascio
"consumare" dall'offrirmi con Gesù al Padre!
Lo
Spirito Santo è Dio e "dà la vita". Il manto verde di questo terzo
angelo sparge il suo colore anche sotto il tavolo, davanti alle predelle, sullo
spazio che circonda i simboli della terra. Lo Spirito dà la Vita: la sua luce e
il suo calore avvolgono tutto l'universo e continuano a creare opere che cantino
la gloria di Dio: "Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia
della terra". 1
Lo
Spirito è la terza Persona: mi avvolge e mi compenetra quando, come il Figlio,
mi offro al Padre per lasciarmi consumare! quando, come il Padre, dono amore
agli uomini come a figli. Se invece mi chiudo a pretendere oppure a lamentarmi o
ancora a rifiutarmi di donare, allora torna il buio nei miei occhi, la tristezza
nel cuore e la durezza sul volto, perché lo Spirito Santo, terza Persona, in me
non trova più il rapporto di ... cera e stoppino che si lasciano morire l'uno
per l'altro.
E' questa terza Persona che, - come mi mostra il movimento dell'angelo di destra
-, accoglie la Volontà d'amore che il Padre indica al Figlio e che il Figlio fa
propria. La mano dell'angelo della Vita posata sul tavolo-altare porta a
destinazione la duplice benedizione degli altri due angeli.
E' lo Spirito di Dio che permette e rende gli uomini capaci di accorgersi
dell'amore con cui sono amati.
E'
la sua luce che apre gli occhi all'uomo perché questi possa vedere in Dio un
papà e in Gesù il vero figlio di Dio.
E'
la sua forza che riempie il cuore degli uomini di capacità di testimonianza
perché possano trasmettere ad altri quanto hanno visto.
Gli
apostoli sono stati mandati solo quando hanno ricevuto "la forza
dall'Alto" 2, la vita nuova che li ha resi coraggiosi e lieti di soffrire
per il Nome di Gesù. 3
E'
lo Spirito Santo che oggi trasforma il pane ed il vino in Corpo e Sangue del
Signore come cibo quotidiano per coloro che s'accostano al tavolo di Dio.
Lo
Spirito Santo fa giungere a destinazione, nel più profondo dell'uomo e delle
convivenze umane - famiglie e comunità - l'amore del Padre e del Figlio.
Nello
Spirito l'amore di Dio può riposare; anche gli uomini che ne sono avvolti
entrano nel riposo.
NOTE
1.
Sal 104,30 2.
Atti 1,8 3. cfr.
Atti 5,41
1O.
GESU' VERO DIO.
Con
l'orientamento di tutta la sua figura l'angelo dello Spirito riporta il nostro
sguardo al Padre attraverso il Figlio.
Lo Spirito, e solo Lui, ci fa dire: "Gesù è Signore"! 1 Solo nello
Spirito Santo, e non con le capacità della nostra intelligenza, possiamo
riconoscere a Gesù di Nazareth autorità divina sulla nostra vita, tanto da
chiamarlo "Signore". E' lo Spirito che - continuando ad amare - ci
manifesta l'uomo Gesù come Dio! Quel Gesù, che ho conosciuto come vero uomo,
lo vedo così proteso al Padre e così pieno della Pienezza dell'Amore, tanto
che posso rivolgermi a Lui con le parole: "Mio Signore e mio Dio"! 2
Lo Spirito Santo entrando in me mi apre alla vera conoscenza dell'amore di Dio
che s'è fatto uomo: il Verbo si fece carne!
Lo
Spirito Santo è fonte e luce della vera conoscenza di Dio: vera, perché non mi
lascia estraneo a Lui, ma mi fa partecipe della sua stessa "pienezza":
"Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia". 3
Facendomi
"conoscere" Gesù come vero Dio e come mio Signore e Signore di tutto
l'universo, - perché siede alla destra del Padre -, lo Spirito Santo mi mette
nel cuore la volontà di obbedire a Gesù, perché la sua Signoria si possa
manifestare in me! E attraverso l'obbedienza a Gesù lo Spirito Santo mi orienta
e mi fa giungere al Padre, mi fa contemplare il Padre come la mèta della
"via" che è Gesù stesso e a cui Egli mi invita quando mi dice:
"Seguimi". 4
Il
Figlio di Dio è seduto "alla destra" del Padre. 5 Come mai il nostro
iconografo lo ha invece posto alla sua sinistra? Non si è posto il problema,
oppure ricordava quanto disse S. Paolo, che noi, cioè, "vediamo come in
uno specchio" 6? : ora in uno specchio si vede la realtà rovesciata!
Al
Padre giungo con la confidenza del bambino che dice: abbà, papà. 7 E' lo
Spirito stesso che - rompendo in me orgoglio e falsi pudori - grida a Dio la
parola che non contiene nè sospetti nè gelosie nè fraintendimenti: "papà"!
Lo
Spirito mi fa diventare bambino, proprio ciò che è necessario perché io possa
entrare nel Regno, perché possa sedere anch'io a quella mensa privo di
soggezione, gioioso di libertà infantile! 8
NOTE
1.
1Cor 12,3
2. Gv 20,28
3. Gv 1,16
4.
Mt 9,9
5. Mc 16,19
6. 1Cor 13,12
7.
Gal 4,6 8. cfr.
Mc 10,14
11.
CIRCOLAZIONE DELL'AMORE.
Ritornato
così con lo sguardo al Padre, vedo ricominciare il movimento dell'amore. Il
Padre non attira su di sé le mie attenzioni. Egli mi indica il Figlio suo, Gesù,
uomo rivestito della divinità, uomo vero e Dio vero, portatore dell'amore del
Padre fino alla morte, fin dentro la morte.
Il
Padre mi indica il Figlio che porta sulle spalle il clavo: una striscia dorata,
(segno della più alta dignità presso gli antichi romani) il cui significato può
esser paragonato a quello della stola che portano i nostri sacerdoti, giogo
dell'obbedienza volontaria cui Egli si è sottomesso con amore e per amore. A
chi ubbidisce pienamente si può dare totale fiducia!
Al Figlio che s'è fatto obbediente fino alla morte il Padre dà perciò pieni
poteri, e a noi dice: "Ascoltatelo". 1 Ascoltate Lui. Prendetelo come
maestro, il maestro che parla a nome mio, che dice la mia volontà, che indica
le mie vie, che vi fa conoscere i misteri, che vi guida sulle vie della salvezza
e della santità. "Ascoltatelo". Il giogo dell'obbedienza diventa il
segno della dignità e autorità divina di cui Gesù è stato insignito.
Ma
ancora "il Figlio fa ciò che vede fare dal Padre". 2
Il
Padre non attira su di sé i nostri sguardi. E così fa pure Gesù: Egli
continua a orientarci al Padre perché gli diciamo ogni giorno
"eccomi", e continua a indicarci lo Spirito dicendo: "Egli vi
guiderà alla verità tutta intera". 3 "Egli vi ricorderà ciò che io
vi ho detto".4 Egli vi metterà in bocca le parole da dire quando dovrete
parlare davanti ai grandi della terra. 5 Egli, lo Spirito, vi coprirà di forza
dall'Alto perché siate testimoni miei 6; Egli sarà il vostro Consolatore, Egli
vi difenderà. 7 Addirittura "Egli pregherà in voi e intercederà per
voi". 8
E
il movimento dell'amore continua: un angelo chiama l'altro in un'unità
perfetta. La vita del Dio uno e trino è unità, unità fatta di fiducia e
obbedienza reciproche che manifestano e realizzano e diffondono un amore pronto
a lasciarsi consumare.
Padre, Figlio e Spirito Santo: movimento perenne d'amore! Amore che parte dal
Padre e che lo Spirito ci permette di vedere, comprendere e ricevere quando
"accogliamo il Figlio" Gesù! 9
NOTE
1.
Mc 9,7
2. Gv 5,19
3. Gv 16,13
4.
Gv 14,26
5. cfr. Lc 12,12 6. cfr. Gv 15,27
7.
cfr. Gv 16,8-13 8. cfr. Rom 8,26
9. cfr. Gv 1,12
12.
ALTARE E CALICE.
Il
reciproco amarsi delle tre Persone non forma un cerchio chiuso: il loro amarsi
è aperto da quell'altare cui è consegnata la coppa.
E'
verso quella coppa che sono diretti gli sguardi e orientate le mani degli
angeli.
Dio
contempla l'umanità simboleggiata dal tavolo quadrangolare: la vede perduta e
la vuole salvare. La vede affamata e la vuole nutrire; la vede abbandonata e la
vuole sposare.
Tutto
quest'amore che vuol risuscitare, nutrire e sposare l'umanità è contenuto in
quella coppa.
E quella coppa è consegnata agli uomini, consegnata sì, ma continuamente
osservata e benedetta e accolta
direttamente dall'attenzione di Dio. Quella coppa è nelle mani degli uomini
rimanendo sempre il calice di Dio su cui si posa la benevolenza, la compiacenza
e la compassione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
A
quel calice bevono gli uomini. Essi bevono così l'amore triplice di Dio.
Ricevono la vita divina, l'amore capace di rappacificare, unire perdonando,
l'amore che rende accoglienti e pronti a trasmettere il dono di Dio col dono di
sé.
Io
posso dire soltanto grazie! E' già un grazie, anzi, il più vero grazie,
l'accostarmi per bere. E' il rendimento di grazie che il mio Dio attende e per
il quale si consola e si compiace. E' eucarestia: render grazie. Il mio mangiare
e bere a quella coppa rallegra il cuore del Padre, che vede giungere a
compimento per mezzo dello Spirito il sacrificio del Figlio.
Gioia
di Dio! Il volto del mio Dio è insieme gioioso e afflitto.
Non
è triste della cattiva tristezza, ma di quella che "soffre" perché
vede rifiutato l'amore e la gioia e la vita da Lui offerti: "soffre"
perché vede gli uomini perdersi ancora.
E' una "tristezza" che mi fa alzare per dire: Kyrie eleison!
Ecco,
io vengo! Eccomi,
manda me!
13.
FUORI DEL CERCHIO.
All'esterno
del cerchio e del triangolo, ma in armoniosa connessione con essi, notiamo delle
figure, anch'esse destinate a comunicarci una parte del messaggio: le realtà
create completano ciò che gli angeli vogliono dire. Tutto il creato, che è
plasmato dalle mani di Dio, ci manifesta qualcosa della sua bellezza e della sua
grandezza, del suo amore. Anche i fatti che avvengono nella storia del mondo e
degli uomini sono causa di stupore, ci fanno sussurrare: "O profondità
della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio"! 1
Dietro
la figura dell'angelo dello Spirito vediamo ergersi qualcosa di indefinito. Che
cos'è? una montagna? una vampata di fuoco? una folata di vento? Che cos'ha
voluto rappresentare il nostro fratello iconografo?
Una
montagna? è nel silenzio del monte che lo Spirito parla e agisce: è là che
Egli ha attirato Mosè ed Elia perché stessero alla presenza del Dio Salvatore.
Ed è sul monte che Gesù ha portato i suoi per rivelarsi trasfigurato; è sul
monte che Gesù consegnò lo Spirito; è sul monte che Gesù salì per essere
innalzato e sedere alla destra del Padre.
Una
fiammata? lo Spirito di Dio è come fuoco, come fiamma che scende sul capo dei
discepoli di Gesù: un fuoco che illumina dall'interno coloro che lo ricevono
affinché vedano l'amore e la direzione dell'amore. Un fuoco che il Figlio di
Dio vorrebbe fosse già acceso e divampasse sulla terra per purificare e
rinnovare.
Una
folata di vento? vento è lo Spirito, un vento che non si può fermare, che non
si può racchiudere: non puoi dire "io ho lo Spirito": da quel momento
non ce l'hai più, perché lo Spirito è vento, è movimento d'amore. Se mi
ripiego a guardare me stesso esco dal movimento dell'amore che è dono di sé
continuamente rinnovato. Se mi vanto di quel che ho fatto non sono più nel
dinamismo del vento divino: Egli soffia sempre verso l'angelo di centro, verso
il Figlio Gesù: è Lui degno di attenzione, è Lui mèta di contemplazione. Lo
Spirito mi porta a guardare sempre a Lui.
Dietro
al Figlio s'alza l'albero verde, le cui fronde sono mosse sempre dal vento
divino. Quest'albero mi richiama quello che con la sua ombra ristorava i tre
pellegrini ospiti di Abramo, la Quercia di Mamre. Qui invece è diventato
l'albero della vita, l'albero del Paradiso che produce frutti di vita per ogni
stagione e foglie che sono medicina per ogni malattia. 2
Il frutto di quest'albero è il Figlio di Dio stesso, Germoglio del
tronco di Davide. 3
Una
preghiera della liturgia bizantina dice che dall'albero della vita del paradiso
terrestre è stato preso il legno per la croce, vero albero che ha dato la vita
al mondo e ha guarito le nazioni dal peccato.
Quest'albero,
mosso dal Vento dello Spirito, spinge le sue fronde verso una casa: orienta il
nostro sguardo verso la dimora che il Padre ha preparato, e che apre porte e
finestre per accogliere chiunque, mosso dallo Spirito, si nutre dall'Albero di
vita.
Quella
casa è destinata ad accogliere i figli degli uomini, diventati fratelli di Gesù.
Dentro di essa ricevono l'amore del Padre, si ritrovano uniti, per far festa ed
essere partecipi dei segreti eterni.
La
casa non è un'opera della creazione di Dio come l'albero e il vento o il fuoco
o la montagna. La casa, per essere edificata, richiede il lavoro dell'uomo, la
collaborazione e l'armonia di più uomini. Il Padre dona a chi giunge a Lui il
suo amore, attraverso il calore di persone umane, che si sono lasciate riunire
in edificio santo. Il Padre accoglie e ama tramite la Chiesa, la comunione dei
suoi figli riuniti dal Figlio. La Chiesa: grande mistero della manifestazione
dell'amore di Dio, Dono che il Padre adopera ormai per amare il mondo; e non può
non adoperarlo: il Figlio obbediente e lo Spirito d'amore l'hanno costruita con
sapienza e sudore di sangue.
La
Chiesa: edificio già completo e ancora in costruzione. Ne sono anch'io una
pietra viva? 4
NOTE
1.
Rom 11,33
2. cfr. Apoc 22,2
3. cfr. Apoc 5,4; Is 11,1
4.
cfr. 1Pt 2,4-5
14.
IL MIO POSTO.
I
tre angeli silenziosi sono in colloquio. Quali sono le loro parole? Quale
l'argomento del loro ascoltarsi?
Potessi
udire! Potessi intervenire! C'è per me un posto dentro il loro cerchio?
Mi
avvicino.
Non posso entrare nell'intimità della loro comunione dal retro, in maniera
furtiva per non esser visto: ci sono le ali angeliche che mi impediscono di
vedere, di ascoltare, di parlare.
Mi
è possibile accedere solo davanti, là dove io posso esser fissato negli occhi
e perciò interpellato. Senza questa disponibilità dovrei rinunciare a stare
alla presenza del mio Dio!
Qui,
davanti, trovo subito lo spazio per appoggiare i piedi: uno spazio verde,
promessa e già dono di vita! Basta solo iniziare il cammino d'avvicinamento al
Dio dell'amore e subito si sperimenta la gioia della vita! Il mio spazio verde
ha la forma precisa di coppa, assomiglia a quella consegnata sull'altare. La
vita che ricevo è vita che già ora inizia a donarsi, a offrirsi per essere
sostegno e sollievo per qualcuno.
Le
mie ginocchia si troveranno all'altezza della piccola apertura che si trova sul
lato anteriore dell'altare: luogo tradizionalmente occupato dalle reliquie dei
martiri di Gesù.
Lo
spazio della tovaglia di cui posso godere ripete la forma di una coppa:
anticipo, presentimento o profezia? Persino lo spazio che le figure dei due
angeli laterali mi aprono, 1 presenta la forma di un grande calice. In esso si
trova già immerso l'angelo del Figlio.
Gesù
infatti è il pastore che offre la vita e la offre da sé stesso 2, è colui che
si consacra, cioè si offre in sacrificio per i suoi, è il vino nuovo destinato
a otri nuovi; a Lui mi posso unire. Ecco il mio posto, quello che mi permette di
intervenire nel dialogo d'amore dei tre angeli, che parlano e ascoltano l'amore
effondendolo attorno a sé.
Il
continuo ripresentarsi della forma della coppa (anche le ali di ciascun angelo
sono disposte in modo da alludere ad un calice) ha senza dubbio un benefico
influsso sul mio sguardo: quello è il mio posto, bere il Figlio di Dio, il suo
amore fatto di umiltà e di benedizione; mentre bevo divento bevanda che si
lascia consumare.
Il
mio entrare nel Dialogo Divino così non segna una interruzione nè una
deviazione al motivo del Colloquio, e nemmeno un cambiamento al tono delle voci.
La mia presenza non crea disturbo, ma può inserirsi pienamente e
armoniosamente.
Il
posto pronto per me è quello stesso occupato dall'uomo Gesù.
Non
occorrerà che mi inventi nulla, perché tutto è già compiuto da Lui: basterà
che io mi immedesimi nel suo ruolo, per quel tanto che mi sarà dato dalla
benedizione del Padre e dal soffio dello Spirito.
Eccomi,
vengo!
Gesù,
Figlio di Dio, abbi pietà di me.
Spirito
Santo, purificami e vivificami.
NOTE
1.
(lo vedi prolungando verso il basso e verso l'alto le linee laterali della
tovaglia bianca).
2.
Gv 10,18
15.
PROPOSTE.
L'icona
del monaco S. Andrej ci ha guidato nel contemplare qualcosa della luce con cui
la conoscenza di Dio Trinità ci abbaglia.
Ti
propongo ora tre esercizi e una conclusione, affinché non sia vano il tuo aver
letto e contemplato e goduto durante questo momento di riflessione sulla SS.
Trinità.
1)
Cerca un luogo tranquillo, senza rumori nè distrazioni per gli occhi.
Immedesimati
nel cuore del Padre e sussurra il nome del Figlio, come per chiamarlo. Egli è
bambino e dev'essere svegliato, Egli è in croce e dev'essere consolato.
Pronuncia il suo Nome adagio per alcuni minuti, al ritmo del respiro: Gesù...
Gesù... Gesù...
Poi
per altrettanti minuti immedesimati nel Figlio per rispondere:
Abbà,...
Papà... eccomi... eccomi... abbà... io vengo...per fare, o Dio, la tua volontà!...
A
cosa serve? A non restare "ascoltatore smemorato" che "illude sé
stesso". 1 Serve a partecipare, con la semplicità del bambino, al primo e
facile dialogo dell'Amore eterno.
2)
Prova - sempre stando in un luogo silenzioso - a metterti in
ascolto,
come origliando, delle parole che scorrono tra Padre e Figlio e Spirito.
Cosa
sta dicendo il Padre a Gesù per me? Quale risposta dà il Figlio? Quali
proposte vengono dallo Spirito? Come le accoglie il Padre?
E'
un esercizio che ti abitua ad ascoltare il silenzio. Il silenzio alla presenza
di Dio è grembo di madre che genera le parole dell'amore vero ed eterno, genera
vita d'amore santo e puro.
3)
Ed ecco, puoi ora esaminare il tuo modo di vivere in famiglia, in
comunità,
in parrocchia. Quali dei tuoi atteggiamenti ripropongono
quelli
che contempli nei tre angeli? Quanto è penetrato nel tuo modo di vivere insieme
agli altri lo stile di vita trinitario: l'amore che dà fiducia, l'amore che
ubbidisce, l'amore che si offre, l'amore che non si lamenta di nulla perché
cerca solo di offrire sé stesso? Gesù dice al Padre: "Padre Santo,
custodisci nel tuo Nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola,
come noi". 2 e ancora: "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data
a loro, perchè siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perchè
siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai
amati come hai amato me." 3
Troverai
qualche pista nuova per un cambiamento o perfezionamento dei rapporti umani,
affinché il tuo modo di vivere in famiglia, parrocchia e paese, possa aiutare
queste realtà ad essere specchio della comunione trinitaria.
Ed
ora la conclusione.
Scrivi
su un foglio gli aspetti positivi, il valore immenso che ha per Dio e per gli
uomini il vivere una vita come quella che ti hanno mostrato i tre Angeli.
Su
un secondo foglio scrivi che cosa e quanto costerebbe a te una
simile
vita: che cosa rinunciare, che atteggiamenti cambiare...
Alla
fine decidi: sì? no? Voglio mettere i piedi in quel piccolo spazio dalla forma
di calice? Voglio entrare e immergermi nel grande calice con Gesù per diventare
con Lui una sola bevanda d'amore divino per dissetare l'arsura del mondo?
NOTE
1.
Gc 1,25
2. Gv 17,11
3. Gv 17,22-23
*** *** ***
16.
CERTIFICATO DI BATTESIMO.
Io
sono stato battezzato nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Quale significato hanno queste parole? Sono stato immerso, e lo sono ancora, nel
Nome... cioè nella Vita, nell'Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo.
Io
sono come una spugna imbevuta dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo.
Provo
a scrivere il mio certificato di Battesimo!
-
Sono battezzato nel Nome del Padre:
Io
... sono immerso nell'amore paterno di Dio.
Egli
mi ha amato per primo. Mi ha fatto conoscere il Figlio e m'ha dato comunione con
Lui, mi ha circondato dell'amore degli uomini, mi ha perdonato tante volte senza
tenerne il conto.
In
me c'è il suo amore paterno. Anch'io son divenuto capace di amare per primo, di
occuparmi delle necessità degli altri e di offrirmi, di sacrificarmi
gratuitamente per loro. Sono capace di perdonare: l'ho già fatto da bambino e
da adulto. Non ho contato quante volte l'ho fatto.
In
me c'è l'amore del Padre.
-
Sono battezzato nel Nome del Figlio:
Io
... sono immerso nel Nome del Figlio. Gesù è morto per me, per provocare in me
una risposta d'amore e salvarmi così dall'egoismo che mi ripiegherebbe su me
stesso. Gesù è il Figlio che accoglie la volontà del Padre e la fa propria.
In
me c'è amore di figlio. Trovo in me la capacità di dire 'sì' a chi mi chiede
un servizio, a chi mi chiede di offrire tempo ed energie. Sono capace di
rispondere: "eccomi", accogliendo iniziative degli altri, obbediente
ai progetti d'amore che Dio Padre ispira loro.
C'è
in me l'amore filiale.
-
Sono battezzato nel Nome dello Spirito Santo:
Io
... sono immerso nel Nome dello Spirito Santo. Da Lui sono aggregato a vivere la
comunione nella Chiesa. Da Lui ricevo gioia nello stare insieme ai fratelli di
Gesù. Posso mettermi al loro fianco per amare insieme a loro, per collaborare
in progetti d'amore per altre persone, per altri gruppi, per altri popoli.
In
me c'è amore fraterno, o sponsale: amore che si unisce, talora soffrendo, ad un
altro amore per divenire famiglia che accoglie, che dona un amore più grande,
più completo, perché realizzato da vari carismi e da servizi diversi. Son
capace di vivere da fratello e da sposa nella Chiesa-Sposa: il mio amore,
solamente se unito a quello degli altri credenti, diventa fecondo!
Ecco
il certificato del mio Battesimo, celebrato come Rito sacro molti anni fa, ma
tuttora valido e operante.
Qui, oggi.
Nome ... Cognome...
* * *
17.
SEGNO DI CROCE.
Spesso
traccio sulla mia persona il segno della Croce di Gesù. Accompagno questo gesto
con le parole: "Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo".
Sono
le parole che fanno memoria del Battesimo.
Quando le pronuncio, all'inizio della giornata, della preghiera, del lavoro, del
pasto, del riposo, di un viaggio, di una celebrazione, mi ricordo che sono
immerso nell'Amore Trinitario, che sono portatore dell'Amore del Padre e
dell'amore obbediente del Figlio e dell'amore fraterno e sponsale dello Spirito
Santo.
Qualunque
cosa io faccia è dono di Dio per me ed è dono che io presento a Lui vivendolo
in Lui.
Col
gesto della mano, una croce tracciata sulla mia persona, mi voglio ricordare
quanto è costato a Dio amarmi come un Padre: gli è costato consegnare il
Figlio alla morte e deporre in me, peccatore, il suo Spirito eterno e santo.
E inoltre con lo stesso gesto, segno di croce, mi ricordo qual è il prezzo che
io devo pagare perché l'amore paterno filiale sponsale di Dio possa passare
attraverso la mia vita, le mie azioni, le mie giornate: mi costa il morire,
rinunciare al mio amor proprio, all'ambizione, alla vanità: mi costa croce. Il
mio morire non è un annientarmi, ma un unirmi all'offerta di Gesù, all'atto
d'amore col quale Egli ha trasformato la morte in sorgente di vita.
Decido
il segno di croce: voglio unirmi al sacrificio di Gesù, voglio morire a me
stesso perché l'amore di Dio si effonda sulla terra in cui mi trovo a lavorare,
riposare, pregare.
Lo
faccio con riconoscenza, perché dalla croce Gesù consegna al Padre lo Spirito
per me!
* * *
18.
GLORIA.
E'
la preghiera che dico con le labbra, ma è gradita a Dio quando è espressa
nella vita!
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!
Il
termine "gloria", in ebraico, contiene il significato di peso. Dar
gloria è perciò dar peso, dar importanza assoluta.
La
parola "gloria" nella Sacra Scrittura è abbinata spesso alla nube che
riempie il tempio e che rivela la presenza di Dio: una nube occupa tutto lo
spazio, compenetra i vestiti ed entra nei polmoni di chi ne venisse avvolto.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo: alle tre Persone divine peso e
spazio!
Dio
è degno di tutta l'importanza ed è degno di occupare tutto lo spazio della mia
vita, interno ed esterno, interiore ed esteriore: spirito, anima e corpo, il mio
tempo e i miei pensieri, le mie intenzioni e la mia casa, le strade e i luoghi
di lavoro!
La
mia preghiera - Gloria - diventa vera preghiera, perciò, non quando ne
pronuncio o ne canto con cura le parole,
-
ma quando dò peso e spazio all'amore del Padre, amando per primo e perdonando i
nemici e prendendo iniziative d'amore;
-
quando dò peso e spazio in me all'amore del Figlio, obbedendo alle richieste di
servizio che Dio mi propone attraverso altre persone;
-
quando collaboro come amico e fratello con lo Spirito d'amore nella Chiesa
sposa!
Gloria
a Te, Padre, Figlio e Spirito Santo! come era in principio, ora e sempre, nei
secoli dei secoli. AMEN.
ANNOTAZIONI
1.
Com'è
possibile per noi "conoscere" Dio, cioè "conoscere" la
Pienezza dell'amore divino?
Noi
siamo non solo limitati, ma anche 'rovinati' dall'egocentrismo, dall'attenzione
talora esasperata alla nostra sofferenza e al nostro comodo; siamo alla ricerca
della gioia, che possiamo confondere con la ricerca del piacere.
Il
nostro modo di conoscere corre seri rischi. Il nostro ragionamento non può
bastare, né può fondarsi solamente sulle nostre esperienze, nelle quali si
nasconde sempre un po' del nostro materialismo e delle nostre idolatrie.
"Conoscere"
l'amore divino, e quindi le Persone divine, è possibile solo nella dimensione
del rapporto d'amore: "chi ama conosce Dio"!
Amare
è un atto di relazione, è un pormi di fronte ad un'altra persona per offrirmi,
è movimento di offerta e accoglienza, come, nell'esempio già citato, la cera
si scioglie e lo stoppino l'accoglie e dal loro consumarsi procede la fiamma.
Dio
stesso è Amore, perché vive in relazione: il Padre ama il Figlio, il Figlio
ama il Padre, lo Spirito frutto d'Amore è Amore che unisce donandosi al Padre e
al Figlio.
Se
non vivessi in relazione a Dio come ad un Altro, non amerei e non conoscerei il
Dio vero.
Che
dire di coloro che, presumendo di conoscere Dio lo scoprono dentro di sé, ma
non come un Altro, bensì come il più profondo 'sé'? Questi danno forse a Dio
il nome di amore, ma intendono i propri sentimenti, si identificano a Dio. Per
essi Dio è solo un'idea che esprime il loro intimo, ingannando gli altri non
'iniziati' alla loro 'conoscenza'.
Essi
quindi fanno esercizi per avvicinarsi a Dio, cioè - sarebbe a dire - per
risvegliare la propria divinità, meglio ancora, per rendersi coscienti della
propria natura divina. Fanno esercizi di meditazione. Questa meditazione però
è solo concentrazione su di sé, sforzo d'impassibilità, tenacia di ascetismo
faticoso. La loro meditazione non è contemplazione del volto del Padre, del
Figlio e dello Spirito, non è riconoscenza per i fatti meravigliosi della
salvezza, fatti storici irripetibili e concreti, non sfocia nella lode e nella
comunione con chi loda Dio Trinità!
Possiamo
conoscere Dio, proprio perché è Altro, solo se Egli si fa conoscere a noi! E
questa è 'grazia', dono gratuito che Egli concede solo agli umili. Così dice
Gesù: "Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai
piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te. Tutto mi è stato dato
dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il
Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare". (Mt
11,25-27)
Conoscere
Dio è un dono per il quale bisogna pregare: "Non cesso di render grazie
per voi ricordandomi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù
Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione
per una più profonda conoscenza di lui." (Ef 1,16-17) Così scrive
S.Paolo. E ancora nella prima lettera ai Corinzi (2,10 ss) lo stesso Apostolo
dice: "I segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo
Spirito di Dio. Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito
di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato".
E'
lo Spirito Santo la luce che ci permette di vedere la bellezza e grandezza
dell'amore di Dio ed è lo Spirito Santo la lingua di fuoco che ci trasmette ciò
che Dio vuol comunicarci. E' lo Spirito Santo: noi perciò potremo conoscere Dio
solo rimanendo nell'influsso dello Spirito, che è sempre Terza Persona: se noi
non siamo in relazione d'amore con Gesù e con il Padre siamo fuori della luce
della Terza Persona, siamo in balia di noi stessi, dei nostri ragionamenti. E
questi, per quanto sottili possano apparire, ci faranno ripiombare nel
materialismo. Saremo tentati di rendere tutto comprensibile alla mente dell'uomo
- che rimane egocentrico. In tal
modo il mistero di Dio vien distorto e ridotto a quel poco che noi possiamo
comprendere: potremo noi stessi farci giudici di un Dio così 'conosciuto',
oppure il nostro ragionamento innalzerà noi stessi ad un ruolo divino, che in
realtà non abbiamo. Ci potremmo ritenere possessori di divinità nascosta. In
tal caso ci priveremmo del rapporto personale con Dio come altra Persona, non lo
vedremmo più come Padre che ci ascolta, né come Figlio che ci parla o che ci
chiama a qualche servizio, e saremo così ancora fuori dello Spirito Santo,
Terza Persona.
Questi
modi di 'conoscere' Dio sono detti "esoterici" e danno vita a
movimenti di "esoterismo" e di "gnosticismo".
Essi
esprimono la pretesa di poter penetrare nella realtà (questo significa il
termine 'esoterico') e capirne i 'misteri'. Per essi, per es., Dio Padre sarebbe
nient'altro che l'amore che io ho per gli altri. In tal modo io conosco me come
'dio'. Dio non è più un Altro!
Ne consegue che non è Dio che salva l'uomo con un'iniziativa esterna all'uomo,
ma l'uomo salva se stesso tramite la conoscenza che raggiunge. Non c'è bisogno
di fede, ma solo di conoscere se stesso come arbitro di tutto, come dio! Qui non
c'è più posto per l'umiltà né per l'ubbidienza a un Dio che parla, ma solo
per l'ascolto di sé.
Essi
ritengono di scoprire ciò che è nascosto ai semplici, alle folle. Essi si
possono ritenere sapienti, iniziati ai misteri, che per loro non sono più
misteri, perché ne hanno piena conoscenza.
Queste
persone sono alla ricerca di una verità astratta, mentre noi sappiamo che la
verità è la rivelazione di Dio nella persona storica di Gesù Cristo e
cerchiamo perciò un rapporto personale di amore con Lui.
La
vera conoscenza di Dio o 'gnosi' è quella che ci vien data dallo Spirito Santo
che ci rivela Gesù come Figlio di Dio venuto nella carne, mandato dal Padre per
la salvezza dal peccato (cfr. 1 Gv). L'altra è una falsa 'gnosi', 'pseudognosi',
come dicono i Padri della Chiesa fin dall'antichità.
Ora,
coloro che ricorrono ai ragionamenti esoterici di cui si servono i moderni
assertori dello gnosticismo, - ragionamenti di provenienza antica o recente,
indiana (guru) o americana (Nuova Era), inclusi anche in rituali di magia
cerimoniale e nelle credenze della massoneria, - non riconoscono importanza
all'incarnazione del Verbo di Dio, né ai fatti della vita del nostro Signore
Gesù Cristo, passione morte e risurrezione, fatti attraverso i quali egli ci ha
salvato.
Essi
prescindono dalla storia della salvezza, storia realizzata da Dio con gli uomini
nel tempo.
Ad
essi bastano i pensieri, le idee, i ragionamenti fondati sulle proprie
esperienze umane interpretate alla luce di fantasticherie seducenti. Anche se
essi praticano una severa ascesi e dedicano tempo alle loro
"meditazioni", tu però ti accorgi subito che con loro non nasce la
gioiosa comunione che scaturisce invece nell'incontro con coloro che amano Gesù
e il Padre.
Essi
vivono una gioia che non unisce. Non è gioia, ma soddisfazione di sé, orgoglio
di superiorità su tutti gli altri, che li rende incapaci a godere la comunione
fraterna e spirituale. Solo nello Spirito Santo è possibile la comunione tra
figli di Dio, perché solo nello Spirito Santo è possibile per noi contemplare
Dio Padre e Dio Figlio e ricevere il loro amore!
Potremmo
rileggere anche solo la prima pagina della prima lettera di S.Giovanni (in tutta
la lettera si sente la preoccupazione di contrastare i ragionamenti esoterici e
gnostici), dove l'Apostolo dichiara di annunciare l'umanità vera di Gesù
Figlio di Dio, per poter godere la comunione con i credenti nel Padre e in Gesù,
e in tal modo essere nella gioia profonda di Dio!
"Ciò
che era fin da principio,
ciò
che noi abbiamo udito,
ciò
che noi abbiamo veduto con i nostri occhi,
ciò
che noi abbiamo contemplato,
ossia
il Verbo della vita (poiché la Vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta
e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso
il Padre e si è resa visibile a noi),
quello
che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi,
perché
anche voi siate in comunione con noi.
La
nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.
Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta. (1Gv1,1-4)
2.
Non
potrei dire ad un musulmano, o al seguace di una qualunque religione, che Gesù
è Figlio di Dio. Egli mi obietterebbe subito che questa è una bestemmia. Perché?
Egli immagina Dio come Padrone assoluto. Se così fosse, avrebbe piena ragione:
Gesù non è figlio di un padrone! Inoltre un Dio-Padrone potrebbe temere che un
suo eventuale figlio diventi usurpatore. Un Dio-Padrone non ammette perciò di
avere un figlio-Dio. I Giudei stessi, nelle discussioni con Gesù presentateci
dal Vangelo secondo Giovanni, avevano questa concezione di Dio e perciò non
capivano e non ammettevano che Gesù
stesse in rapporto d'amore con Dio, come un figlio col padre, cui somiglia e cui
obbedisce.
Prima
di dire ad un musulmano o ad un pagano che Gesù è Figlio di Dio, e quindi Dio,
gli dobbiamo presentare la vera 'immagine' di Dio, il suo vero volto di Padre.
Come fare? Anzitutto lo avviciniamo a Gesù-vero Uomo. Contempliamo, amiamo,
ascoltiamo Gesù-uomo. E' Lui, e solo Lui 1 che ci fa conoscere Dio come Padre
2. In seguito potremo dire al nostro interlocutore, o meglio egli stesso sarà
illuminato, che Gesù è "Figlio" del Padre: di un Padre non geloso
della sua divinità che consiste nell'amare! Un Padre gode d'avere un figlio
uguale a sé nell'amore, un figlio che impara tutto da lui, che con amore gli è
sottomesso, che realizza i suoi disegni.
Non
solo i musulmani e i pagani hanno bisogno di conoscere la paternità di Dio:
molti anche tra noi, per paura di dover ubbidire ad un Padrone -
e quindi di diventare schiavi - non si mettono alla ricerca di Dio, o lo
fuggono!
Chi
trova il Padre, invece, trova libertà, serenità e gioia!
NOTE
1.
cfr. Gv 1,18
2.
cfr. Gv 17,6.26
3.
Noi
adoriamo l'unico Dio contemplando Tre Persone. Proprio per questo ci sentiamo
dire da altre 'religioni': "siete idolatri", oppure: "siete
ignoranti, uno non può essere tre!".
Immaginare
Dio unica Persona è facile. E' naturale. Il nostro egoismo ci porta a
considerare la nostra vita perfetta quando non abbiamo bisogno degli altri. Il
nostro egoismo inoltre ci porta a vedere l'uomo forte e libero quando conquista
la sua 'indipendenza'. Sappiamo d'aver bisogno gli uni degli altri, ma questo lo
consideriamo sempre un limite. Non vediamo la nostra capacità e bisogno di
comunione umile e pacifica come un tutt'uno col nostro essere, un valore insito
nella nostra vita, senza del quale non saremmo 'completi', 'perfetti'.
Noi
inoltre proiettiamo su Dio ciò che vorremmo per noi mentre siamo preda degli
istinti di indipendenza.
Contemplare l'unico Dio nella diversità e distinzione delle tre Persone non lo
troviamo immediatamente facile, né logico, né semplice: più facile
rifiutarlo.
Ma come sarebbe Dio se non fosse 'Tre Persone'? Proviamo a 'immaginarlo'!
Anzitutto dovremmo dire che Egli non è Amore.
L'amore
è dono di sé, è movimento verso un 'altro'. L'amore lo si esercita nel
movimento di fiducia e di obbedienza, di accoglienza e collaborazione. Se Dio è
amore (e se non fosse amore non lo vorrei!) egli deve poter vivere questo
"movimento" in se stesso. Altrimenti, per poter essere amore, Egli
dovrebbe creare qualcuno verso cui esercitare le caratteristiche dell'amore. Ma
se Egli fosse costretto, non sarebbe libero, gli mancherebbe quest'altra
caratteristica divina. Oppure le sue creature sarebbero assunte sullo stesso suo
piano di divinità.
Inoltre questo 'Dio' come potrebbe sostenere o manifestare la propria divinità
di fronte a colui che gli si ribella? Egli non avrebbe alcun'altra risorsa che
l'uso della violenza, del dominio, dello stroncamento.
L'islamismo,
che contempla Dio unica persona, non può sopportare il ribelle; uccide colui
che passa ad altra religione. Il Testimone di Geova non può dialogare con chi
manifesta dei dubbi riguardo alla sua Società: lo minaccia e lo priva del
saluto: il suo Dio infatti stroncherà per sempre chi non lo serve, non lo
tollera nemmeno all'inferno!
Dove
Dio è conosciuto e contemplato in questo modo le conseguenze sulla società
sono...dittatoriali. Gli esempi potrebbero essere numerosi.
Persino la conoscenza di Dio dell'Antico Testamento - conoscenza incompleta e imperfetta - portava i tenaci
assertori della fede monoteistica a comminare con facilità la pena di morte al
peccatore. Conosciamo la fatica sostenuta da Gesù nei suoi dialoghi-discussioni
con i Giudei. Essi volevano la morte dell'adultera perché si sentivano
autorizzati a uccidere. Il Dio che ritenevano di conoscere appariva loro come un
Dio che non sopporta ribelli. Le parole dei profeti che annunciavano Dio
misericordioso, che non vuole la morte del peccatore, non venivano facilmente
accolte, proprio perché l'"immagine" che essi avevano di Dio
prevedeva un'unica Persona. Gli stessi Giudei poi vollero la morte di Gesù,
perché egli ci faceva vedere Dio come un Padre che può essere imitato
dall'uomo, Padre che può accogliere l'uomo come figlio, collaboratore e
realizzatore dei suoi progetti, Padre che accoglie il figlio pentito.
Anche
tra i cristiani c'è chi vorrebbe che Dio intervenisse a punire i malvagi, a
paralizzare i violenti, a castigare i nemici... Vorrebbero che Dio esercitasse i
metodi di Satana! Vorrebbero un Dio che realizza i loro sentimenti egoistici e
cattivi. Hanno dimenticato che Dio è Trinità, che Dio è Padre che ha dato il
Figlio per redimere l'uomo peccatore e renderlo capace di accogliere il suo
Spirito.
Noi,
prendendo seriamente le parole e l'esempio di Gesù contempliamo un Dio che vive
in se stesso l'amore. Vediamo Dio che dona se stesso: lo chiamiamo Padre in
quanto dona la propria 'vita' e chiamiamo Figlio Colui che da questo donare è
generato. Il loro reciproco donarsi e accogliersi è allo stesso tempo frutto e
movente della loro relazione: lo chiamiamo Terza Persona, o Spirito. Gesù ha
usato questo termine, spirito, vento, soffio: col movimento insito nel suo
essere, il vento dice continuità di relazione! La fiamma di un cero, frutto e
causa del reciproco donarsi di cera e stoppino può rendere l'idea (cfr. pg 16
dell'opuscolo). Un Dio Amore in Tre Persone può essere realmente Amore anche
prima dell'esistenza delle creature. Egli non è costretto a creare qualcuno per
poter essere se stesso, per poter essere amore.
Egli
può creare liberamente e per amore.
Se le sue creature Gli si ribellano, Egli, amandole ancora, si dimostra
superiore! Dimostra la propria divinità con l'amore, perché essa si esprime
nell'amare.
"Dio
non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva"!
Egli
fa sorgere il suo sole sui giusti e sugli ingiusti! E il Figlio diviene uomo e
sale la croce perché tutti s'accorgano d'essere amati.
Coloro che contemplano Dio Trinità diventeranno capaci di amare anche coloro
che non li amano!
Ecco
perché noi possiamo amare anche i non cristiani e dare la vita per loro, come
stanno facendo molti nostri fratelli e sorelle che vivono e si offrono in paesi
dove non possono nemmeno sperare che una persona sola si converta a Gesù. Ecco
perché noi possiamo accogliere l'invito del Signore ad amare i nemici.
Lo possiamo fare perché davanti al nostro sguardo sta un Dio che è Amore e
rimane Amore anche di fronte al ribelle. Gesù, il Figlio di Dio divenuto carne,
a causa del peccato e a favore del peccatore ha offerto la vita salendo sulla
croce. Da quel momento l'amore dei nemici diventa il distintivo del vero
credente, del vero adoratore del vero Dio, che è Amore, Trinità.
Dalla
contemplazione di Dio Trinità fiorisce attenzione e amore ai piccoli, ai
poveri, agli 'inutili', agli ammalati, agli abbandonati.
La fede in un altro Dio non riesce a suscitare il movimento d'amore che fa
nascere tra i cristiani sempre nuove forme di comunione: comunione
nell'adorazione al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e, contemporaneamente,
nel servizio ad ogni tipo di bisognosi.
Dalla
contemplazione dell'Unità delle Tre Persone divine le famiglie cristiane
traggono forza per la loro fedeltà, per la loro unione, per il loro aprirsi
alla vita dei figli e alle necessità di altre persone. Dalla contemplazione di
Dio Trinità singole persone sono sostenute nel rendere accogliente e armonioso
qualunque ambiente esse frequentino.
Se
Dio non fosse "Trinità", e noi non lo conoscessimo così, come
sarebbe povera e vuota la nostra esistenza, come sarebbe debole l'amicizia e
impossibile la fraternità. Saremmo incapaci di perdono e perciò sempre preda
della paura e del sospetto, perché la vendetta potrebbe insidiarci ovunque.
Quale
"grazia" conoscere Dio Trinità! Egli non può essere diverso, non
sarebbe amore e noi non saremmo capaci di un vivere "umano"
Nulla osta: P.Germano Pellegrini, Trento, 20.6.1992