Questi «APPUNTI» provengono
dall'archivio da cui ogni buon scriba sa trarre cose
antiche e cose nuove.
Essi tengono conto di ciò che S. Vigilio ha scritto
nelle lettere a S. Sempliciano a Milano e a S. Giovanni
Crisostomo a Costantinopoli, della lettera a lui
indirizzata da S. Ambrogio, di qualche notizia sulla sua
vita contenuta nella «Passio Sancti Vigilii», di
nozioni generali di storia, dell'esperienza di vita
cristiana fondata sulle Sacre Scritture - specialmente
Nuovo Testamento - e della preghiera dei Salmi.
Colui che te li presenta sa che far
parlare i Santi è possibile solo a santi per i santi,
mentr'egli è un peccatore quotidiano che vive del
quotidiano perdono di Dio e dei fratelli: spera gli siano
perdonate da Dio, dai Santi e da te anche le imperfezioni
e le omissioni del suo lavoro. La tua santità ne
colmerà le lacune e ne renderà innocui gli errori.
Egli spera soprattutto poi di aver contribuito a dar
gloria a quel Dio e Signore che S. Vigilio e i suoi Amici
vogliono sia ancora servito da te in modo degno e
fruttuoso di salvezza per molti.
Sono passati milleseicento anni dalla
Nascita al cielo dei Tre figli e amici di cui il Vescovo
Santo ci parla: il loro sacrificio infatti fu offerto
nell'anno 397 dell'era cristiana; egli stesso poi li
seguì nel conseguire la palma del martirio - sembra -
nel 400, dopo meno di vent'anni di servizio episcopale.
Milleseicento anni, come un giorno solo! Un giorno
d'amore intenso e forte, che ti coinvolge.
Negli «APPUNTI» ci sono varie
citazioni bibliche e semplici allusioni od evocazioni
delle Sacre Scritture. Le une e le altre per lo più sono
messe in corsivo, per favorire una migliore comprensione
spirituale dei fatti ricordati o l'eventuale preghiera;
non ne sono riportati i riferimenti per non appesantire
la lettura: questo testo vorrebbe alimentare la fede e
l'amore a Gesù delle persone umili e semplici, non
abituate ad avere in mano più libri allo stesso tempo.
Al Dio uno e trino, Padre che ama gli
uomini, Figlio, che fa conoscere il nome del Padre, e
Spirito, che ne riversa l'amore nei nostri cuori, ogni
onore lode e gloria oggi e nei secoli.
don Vigilio Covi
1
Mi trovo nella cittadina di Trento,
situata in una valle delle Alpi, sessanta miglia a
settentrione di Verona. Sono nato qui e qui rimango per
tuo volere, Signore Gesù Cristo.
Tu ami il popolo di questa città, che non ti conosce
ancora. Solo una piccola parte è illuminata dalla tua
luce, ascolta la tua parola e ubbidisce ai tuoi voleri.
Gli altri - quasi tutti - servono ancora gli idoli, che,
ingannando, eccitano al libero sfogo dell'egoismo, del
piacere, dell'ambizione.
Tu mi hai chiesto di prendermene cura come Vescovo della
tua Chiesa. I presbiteri, con i cristiani della piccola e
ancora non salda comunità, mi hanno eletto a questo
servizio, e il successore dei tuoi apostoli ha confermato
l'elezione, e - imponendomi le mani - mi ha consacrato,
conferendomi così il sacro Ministero.
In esso voglio servirti portando la tua autorità, la tua
carità, il tuo amore di Padre. Coloro che mi
accoglieranno, accoglieranno te, coloro che mi
ascolteranno, ascolteranno te, coloro che mi ubbidiranno,
ubbidiranno a te. Perciò volentieri ho accettato, lieto
di poter servire Te che mi hai scelto, mi hai amato e mi
hai liberato dalla schiavitù di idoli vani e dal vuoto
modo di vivere in cui mi trovavo e che i miei padri mi
hanno trasmesso.
Sei tu, Signore, la mia speranza,
la mia fiducia fin dalla mia giovinezza.
Sono parso a molti quasi un prodigio:
eri tu il mio rifugio sicuro.
Della tua lode è piena la mia bocca,
della tua gloria, tutto il giorno.
La Chiesa, che mi hai affidata, perché
io la presieda, è un piccolo gregge, si potrebbe dire
appena nato.
Giovino e Abbondanzio mi hanno preceduto nel compito e me
ne lasciano l'eredità. Io, come terzo, vigilerò -
Vigilio è il nome che la tua Provvidenza mi ha dato -
perché il deposito della fede in te che essi hanno
predicato, e l'amore per il tuo Nome che hanno profuso,
rimanga, cresca e si diffonda. Vigilerò per attendere la
tua prossima venuta, Sposo fedele, alla quale mi voglio
tener pronto nella gioia e ad essa preparare questo
popolo!
Sono lieto perciò di rendere attuale il mio nome e di
mettere a servizio tuo, mio Dio, tutte le risorse
naturali di cui tu mi hai dotato, e le scienze che ho
appreso nelle scuole, e la sapienza che tu mi hai
riversato nel cuore frequentando i tuoi servi e meditando
le tue Sacre Scritture.
La tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere!
A Te lode e onore, a Te solo la gloria,
anche da questi fogli che scrivo per aiutarmi a far
memoria di Te, della tua Presenza e della tua continua
assistenza!
2
Ho accolto il servizio a questa Chiesa
con qualche trepidazione, e con molta gioia.
Trepidazione, perché mi sento come inviato in missione,
e che missione! Portare il tuo Nome, Gesù, come luce,
come sale, come fuoco, come vino di gioia, come vero Dio
a questo popolo, che in parte ti conosce - ma ancora
superficialmente - e in gran parte non ti conosce ancora.
Trepidazione per l'onore che ne è dato a me, indegno,
dal Padre dei cieli!
Trepidazione perché di certo il mio servizio al tuo
Vangelo dovrà manifestarsi pure come servizio ai poveri,
sempre più sofferenti a causa dei continui violenti
rivolgimenti politici in atto. Le mire dei «grandi» si
riflettono sui piccoli, che subiscono oppressioni e
sfruttamenti. Anche la fede è oggetto di violenza a
causa di eresie ed errori che gettano confusione nei
cuori di coloro che da poco sono stati battezzati.
Trepidazione per l'accoglienza delle persone di questa
città. Sono sì nato qui, ma la mia famiglia è di
origine romana. La diffidenza verso i forestieri dura a
lungo nelle piccole città. Inoltre, per di più, i molti
pagani sperano ancora in una restaurazione del culto
degli idoli, ufficialmente ormai abolito.
Trepidazione, perché m'è stato annunciato che questo
luogo è centro di confluenza di campagne e vallate dove
il tuo Nome, o Signore, è ancora totalmente sconosciuto.
Chi ve lo farà risuonare? Sarà la mia voce una tromba
efficace o un'arpa dolce che faccia conoscere e amare il
tuo Nome in cui solo c'è salvezza?
La mia trepidazione non spegne però
l'infinita gioia che mi riempie il cuore!
Poter servire Te, mia Roccia! Far risplendere per primo
la fiaccola della fede in te agli occhi di chi ancora è
cieco, far risuonare per primo l'amore tuo, o vero Dio, a
chi ancora non sa che Tu sei Padre!
Annunciare la tua Morte e la tua Risurrezione, o Figlio
dell'uomo, e celebrarne il Mistero! Cantare l'alleluia
pasquale e immergere nell'acqua salutare e vivificante
coloro che non conoscono la vita vera e la gioia della
comunione reciproca che tu doni a chi ti ama!
Far rialzare e camminare sulle tue vie questi uomini
paralitici, vissuti sempre nella paura e nell'angoscia
per le parole e i riti di stregoni e demoni inverosimili
e paurosi, per l'avidità di usurai tremendi, per le
ingiustizie palesi commesse nel defraudare gli operai del
loro salario.
E' un compito che mi mette alla pari
dei Santi Apostoli, benché indegno e inadatto! Compito
per il quale essi hanno dato la vita esultando, hanno
versato il sangue amando Te, Testimone fedele, che
moristi sul Golgotha per esser luce e salvezza! Meriterò
anch'io d'essere come loro?
Il Signore completerà per me l'opera
sua!
Nella tua volontà è la mia gioia.
Gioia e trepidazione si mescolano nel
mio cuore in questo primo tempo del mio santo servizio a
Trento.
3
Ho scritto una lettera al santo Vescovo
Ambrogio. Sì, ho scritto a quel discepolo del Signore
che - vescovo di una grande metropoli - ha la tua
autorità su di me, e molta esperienza; egli ha
soprattutto, grande, grandissimo amore per Te, mio
Signore Gesù. Per te egli ha lasciato una promettente
carriera politica, per te s'è applicato allo studio
delle Sacre Scritture, per te ha cambiato stile di vita
accogliendo nella sua casa fratelli con cui condividere
tutto: preghiera, lavoro, ascolto, parola,
preoccupazioni, gioia e pane.
A lui accorrono per consiglio deboli e potenti, a lui
vengono persino dal lontano Oriente, attratti dalla forza
della sua fede, di cui è strenuo difensore. Per amore
della verità del tuo Nome e della carità, egli sa
resistere a re e imperatori, e si serve delle loro
minacce per rafforzare la tua Chiesa. E tu accompagni la
sua parola e la sua preghiera con i tuoi prodigi.
Gli ho scritto per chiedere le insegne che
contraddistinguono il mio mandato nel tuo Nome e perché,
con la sapienza che tu gli hai infuso, egli doni a me
luce per espletare il compito che Tu, mio Dio, mi dai in
questa regione.
Come guidare la Chiesa di questa città
affinché si apra all'evangelizzazione delle vallate?
Come custodire i cristiani dalla tentazione di ricadere
in abitudini che sono espressione di paganesimo, di
superstizione, di schiavitù al denaro?
Come raggiungere i villaggi dispersi lungo le strade, e
quelli ancor più remoti?
Quale metodo impiegare perché i pagani - impegnati a
servire idoli inesistenti e magie pericolose e dottrine
perverse - si volgano invece a te, Stella radiosa del
mattino, cui sia gloria nei secoli?
Come impedire che nuove religioni affascinanti, ma
pericolose, importate dall'oriente da soldati e
commercianti, vengano confuse con la nostra dolce e ricca
fede, che sola dà comunione e consolazione e vita e
gioia e giustizia e carità?
Dammi la sapienza che siede in trono
accanto a te,
perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica
e io sappia che cosa ti è gradito.
Chissà che il vescovo di Milano -
Chiesa antica e con territorio in parte simile a questo -
non possa illuminarmi? o intercedere presso te, Padre,
anche per noi, perché la nostra Chiesa fiorisca e
risplenda?
4
Cantiamo con gioia al Signore, cantiamo
e inneggiamo al suo Nome! Il Vescovo di Milano ha
risposto alla mia domanda. Egli ha risposto non solo
trasmettendomi le insegne dell'autorità apostolica e
inviandomi una pergamena con preziosi consigli, ma ancora
mi ha mandato tre uomini santi!
La sua non è risposta d'uomo, è risposta tua, mio Dio.
Tu stesso - Padre di Gesù - lo hai guidato nel
soddisfare alla mia richiesta.
Dalla comunione fraterna, in cui egli vive come padre, ci
ha inviato tre figli, tre fratelli, figli di Dio e figli
suoi, fratelli di Gesù e fratelli nostri.
Egli si è privato di tre fratelli, suoi stretti
collaboratori nel ministero di evangelizzazione, e li ha
inviati qui, perché, partecipi del mio servizio e uniti
a me, siano tuoi missionari per questo popolo.
Come vero padre egli ha intuito la necessità e l'urgenza
della mia missione in questa terra. Egli è tuo servo,
Signore Gesù, e pensa a tutti gli uomini con uguale
amore, col tuo amore!
Grazie, mio Dio! Non pensavo nemmeno di
poterti chiedere quest'aiuto, ma tu previeni le nostre
stesse domande e doni più e più di quanto pensiamo tu
ci possa dare!
Ambrogio ci ha mandato tre suoi figli. E non li ha
mandati per un tempo determinato, ma per sempre: essi
sono tuo dono, o Dio!
Chi sono? donde vengono? quale fuoco portano nel cuore?
Li interrogherò non appena si saranno ristorati dal
lungo viaggio.
Il loro sguardo e il loro portamento,
la loro umiltà e il loro silenzio lasciano comprendere
che essi non vivono per se stessi, non hanno alcun
interesse, non vogliono apparire né emergere.
Essi sono veramente tua proprietà, o Risorto! Lo si
vede. Lo si capisce. Ognuno di loro vive solo per Te, e
trova in te la sua gioia. Per Te stanno insieme come
fratelli. Hanno un cuore da eremiti, portatori di
silenzio, ma per amore tuo, o Salvatore del mondo, vivono
insieme, perché Tu unisci quelli che ti amano. Sono tre,
ma sono uno nella fede e nell'amore: sono specchio della
tua unità, o santa e amabile Trinità!
La luce del loro sguardo esprime il desiderio che tutti
ti conoscano, e per questo sono qui! Sul loro volto
contemplo la verità delle parole del tuo Spirito:
Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti!
5
Senza bisogno di domande, i tre, «dono
divino», si sono presentati. Ecco quanto scaturiva come
acqua viva dal loro silenzio!
Ha preso per primo la parola il più anziano. Su di lui
riposi il tuo santo Spirito, Signore!
"Mi chiamo Sisinio. A te ci manda
il santo vescovo Ambrogio, ma a lui noi arrivammo dalla
patria di grandi santi e gloriosi martiri. Di stirpe e
lingua greca, sono nato in Cappadocia, terra povera di
beni materiali, ma ricca di fede.
Tu conosci certamente i nomi di Basilio, di Gregorio di
Nazianzo e di Gregorio di Nissa: il primo di questi da
poco ha concluso la sua corsa nella fede e il suo
servizio alla santa Chiesa, gli altri due vivono ancora
come fari in mezzo a noi.
A poca distanza si trova Tarso, che ha dato i natali
all'Apostolo coraggioso delle genti, e non lontana è
Antiochia, città nella quale la fede è stata annunciata
ai pagani, prima sede del beato Pietro, il clavigero del
Regno dei cieli!
Noi abbiamo ereditato la fede dei martiri, numerosi nella
nostra patria ai tempi che precedettero il benedetto
imperatore Costantino.
Ora sulle nostre montagne molti monaci vivono la vita
celeste nella povertà e nella solitudine, lodando il Dio
fatto uomo con la loro sottomissione obbediente, oltre
che con le parole e con il canto.
Ho desiderato anch'io appartenere totalmente a Gesù, non
serbando nulla per me. Per questo mi son fatto povero,
per non aver da dare a nessuno nulla dei beni che passano
ingannando, e per poter donare a tutti, invece, solo il
suo Nome, l'unico che dà vita e gioia anche ai poveri e
agli indifesi.
L'iniziale fatica a lasciare quanto avevo ereditato dai
miei genitori mi è stata ripagata dal Padre proprio al
centuplo, come ha promesso il Signore Gesù Cristo! Mi
sono sentito libero, pronto a tutto, col cuore pieno di
una gioia che trabocca e che vorrei comunicare a tutto il
mondo.
Pensando proprio al mondo che non conosce il figlio di
Dio, e non conosce quindi nemmeno la pace che lui solo sa
dare, ho percepito vivo e intenso il suo stesso desiderio
di raggiungere tutti i popoli con l'annuncio del suo
Nome.
Secondo la fede e la luce del santo
martire Ignazio, non volli compiere tale proposito se non
con la benedizione del mio Vescovo e padre. Egli, dopo
aver pregato sul mio desiderio, mi ha imposto le mani,
come la chiesa di Antiochia fece su Paolo e Barnaba,
quando li ha inviati alle nostre terre, e m'ha detto:
«Va', nel nome di Gesù, l'Emmanuele! Egli sia il tuo
bastone, il tuo pane, il tuo vestito, la tua parola, il
tuo compagno, la tua luce, il tuo canto!"
Sisinio s'è fermato. Il ricordo del
suo Vescovo e Padre l'ha commosso.
6
Guardai il secondo: egli s'è sentito
interpellato.
"Mi chiamo Martirio, ed è mio
desiderio e mia volontà essere ciò che il mio nome
significa: «testimone» di Gesù. Sono stato soldato,
arruolato nell'esercito dell'Impero, e sono abituato a
viaggi e disagi. Quando ho conosciuto la decisione di
Sisinio e la preghiera del Vescovo, che è Padre anche
della mia fede, ho seguito la voce che già mi chiamava
al servizio del Re dei re, del Signore dei signori!
Quanto è bello servire il Figlio di Dio!
Dopo aver io ricevuto il Santo Battesimo, Sisinio mi ha
accolto nella sua nuova regola di vita, fatta di povertà
e di preghiera, mi ha insegnato l'obbedienza di Gesù e
la radicalità d'amore a lui.
Avevo timore di comunicare alla mia famiglia il
cambiamento di esercito - da quello terrestre a quello
celeste, da quello delle armi e della violenza a quello
dell'amore -, perché non avrei più portato loro quel
soldo che ricevevo. Quando vinsi questa paura per amore
di Gesù - sia Egli amato da tutti -, quale non fu la mia
sorpresa! Sembrava che il mio giovane fratello non
attendesse che quel momento!"
"Sono io! - esplose il terzo -.
Non conoscevo altre prospettive per me che seguire
l'esempio di Martirio arruolandomi per portare le armi di
morte. Che gioia invece accompagnarlo per seguire il vero
Pastore datore di Vita! I nostri genitori non si sono
opposti, perché la loro fede e il loro amore al Signore
sono più grandi dei miei. Ma se si fossero opposti avrei
ugualmente seguito la voce che già mi chiamava: Seguimi!
Segui Me!
Gesù ha parole più convincenti di quelle dei genitori.
Dentro di me poi sentivo risuonare spesso la preghiera
della santa Chiesa:
«Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
In mezzo ai popoli narrate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi!»
Perciò anch'io vedevo un dovere e un
onore partecipare alla missione di Sisinio per narrare ai
popoli i prodigi del Signore e la gioia della sua
conoscenza!"
7
Ascoltavo con grande gioia dello
spirito il racconto dei miei tre nuovi figli e
collaboratori.
L'ultimo dei tre, il più giovane, si chiama Alessandro:
egli è giovane, ma il suo amore a Te, Agnello di Dio, è
maturo e saggio!
Poi Sisinio continuò:
"Abbiamo nel cuore solo Gesù, il
Vivente. Abbiamo davanti agli occhi l'amore al Dio Trino
vissuto dal nostro popolo e negli orecchi l'eco del canto
dei monaci delle nostre montagne.
Vivemmo con loro qualche tempo prima di dare l'addio alla
nostra terra: sapevamo infatti che non si può
intraprendere né una vita di comunione nella fede né
una missione di evangelizzazione senza aver imparato,
senza esserci lasciati formare alla scuola dei saggi e
degli innamorati del Figlio di Dio.
Oltre alla povertà, segno dell'abbandono fiducioso al
Padre dei cieli, e alla castità del cuore come dono di
tutto il nostro amore allo Sposo, abbiamo imparato da
loro il modo di amare stando sottomessi, come Gesù:
dall'obbedienza infatti nasce la bella e preziosa
libertà dalle proprie volontà, che porterebbero
all'egoismo e impedirebbero tra noi la comunione!
Perciò eccoci: tu d'ora in poi sei il
nostro padre, e noi tuoi figli. Affidaci il compito che
vuoi, mandaci dove vuoi, usaci per il Regno del nostro
Signore Gesù Cristo. Vogliamo vivere e operare uniti a
te e dipendendo da te, che sei il pastore; nulla faremo
senza di te, ma seguiremo in tutto te, come il Figlio di
Dio segue il Padre!
Questo è il mandato che abbiamo ricevuto pure da
Ambrogio, tuo fratello nel Signore e nel suo servizio.
Noi saremo sottomessi come il Figlio è sottomesso in
tutto: il nostro Dio e Padre si serve della tua voce per
donarci i segni della sua volontà santa e buona."
Piansi di commozione, di gioia, di
riconoscenza.
Mio Signore, tu che hai la chiave di Davide, quanto sei
grande! Quale dono hai fatto alla mia Chiesa! Quale
Chiesa grande e amante deve fiorire su questa terra, se
il seme che tu vi nascondi è così promettente! Quale
risurrezione potrà vedere questo popolo, che vive ancora
come morto, sordo e cieco, perché nessuno fa brillare la
tua luce e risuonare la tua Parola!
Grazie, mio Dio e Salvatore, mio amico e amico degli
uomini peccatori!
Voglio cantare al Signore finché ho
vita,
cantare al mio Dio finché esisto!
8
Trattengo i tre fratelli con me qualche
tempo per godere del loro amore per te, mio Sposo, e
perché li conosca la Chiesa di questa città. Essi si
ambientano così pure al nuovo clima e al dialetto di
queste popolazioni.
Li trattengo fino a che tu non mi abbia concesso di
godere con loro piena comunione di fede e di amore per
te, e non mi abbia dato luce sul compito da affidare ad
essi.
Non è tempo perduto: tu mi stai
mostrando i talenti di fede e di natura che essi
nascondono nel loro silenzio.
Sisinio è il più anziano e il servo
dei tre. Egli è mosso da grande spirito missionario: si
può dire che egli è l'«Indice di Cristo», tanto egli
si offre per indicare a tutti Te, Gesù, come il vero
Maestro, la vera luce, la salvezza e il ristoro per i
cuori e il Centro che unisce in un solo gregge le pecore
disperse e discordi. Egli è perseverante e fedele,
capace di portare la tua croce senza lamento, pronto a
subire oltraggi e sofferenze per il tuo Nome senza
sentirsi offeso.
Sisinio potrà portare il peso della responsabilità
della loro vita e missione. Egli sarà il diacono, colui
che lava i piedi, colui che prepara i cuori ad essere
offerti a Te, Figlio di Dio, come sacrificio gradito.
Egli ha maturità e sapienza per discernere il cibo
adatto a ognuno e distribuirlo a suo tempo, l'alimento
della tua parola, latte e cibo solido per ogni età
spirituale dei cristiani e dei neofiti.
Martirio, il «testimone», sarà
lettore. Egli canterà le tue lodi, farà risuonare le
parole del tuo Vangelo nelle valli di questa regione;
egli, che ha imparato a maneggiare la spada, ora terrà
in mano la spada dello Spirito, che è la tua Parola, mio
Dio! Egli ha imparato a parlare lingue non sue mentr'era
al servizio dei re, ora tradurrà le tue parole per le
orecchie che non vi sono abituate.
Egli pratica il digiuno, come tu, Primogenito dei morti,
hai mostrato con l'esempio prima di iniziare la tua
predicazione. Col suo digiunare egli si fa segno dei beni
più grandi, si fa annunciatore di te, Pane che sazia e
Vino che dà gioia!
Alessandro, con la sua giovinezza e la
sua gioia semplice e festosa, sarà l'ostiario: egli
aprirà le porte a coloro che vogliono ascoltare la tua
Parola e ricevere il tuo Pane.
La sua fede in te è forte e generosa. Egli, pronto ad
aprire la porta del tuo ovile, sarà pure pronto a
chiuderla perché non vi entrino né le ombre né i nomi
degli idoli muti e mostruosi che soggiogano le genti di
questa terra! Egli attirerà i titubanti, renderà
accettevole ai giovani e ai piccoli il cammino arduo che
li porterà a Te, Amico degli uomini, per formare la tua
Chiesa santa!
Sono certo che tu stesso, Pescatore
divino, li benedirai e renderai feconda la loro vita,
perché il tuo Spirito ha profetato:
Ecco quanto è buono e quanto è soave
che i fratelli vivano insieme!
Là il Signore dona la benedizione
e la vita per sempre.
9
Ho accompagnato i tre fratelli, dono di
Dio, in una delle nostre valli, la più vasta, non la
più lontana, ma la più difficile da raggiungere.
Ora sono tornato, mio Signore, Via e Verità; affido a te
la loro vita e la loro missione.
Essi sono tre, ma è come fossero uno
solo, tanto il tuo amore li unisce. E tu li hai uniti a
me, così che ho lasciato là parte di me stesso.
Viaggiammo a lungo, salendo sui monti, passando per
foreste dove la strada - a tratti - sembrava scomparire
nei dirupi. Ma la fatica era ripagata dalla tua gioia:
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio:
Cresce lungo il cammino il suo vigore!
Tu mi hai indicato per loro un luogo
adatto, luogo centrale nell'ampia vallata attraversata da
torrenti e burroni.
Là staziona un presidio di soldati romani: un dono di
prudenza. La popolazione è già abituata a trattare con
forestieri, e la stessa presenza militare potrà
scoraggiare eventuali proteste e aggressioni che, per la
presenza dei messaggeri della fede, potranno sorgere da
parte degli adoratori di idoli.
In quella valle infatti sono molte le parvenze di
religione che regnano. Vi è presente il culto di Mitra,
e quello di Anubi con le sue forme di semiuomini e
animali, quello di Iside, perfido come la vipera portata
dal suo simulacro, quello di Serapide incitatore alla
ribellione, oltre a tutte le altre divinità mute, che
fanno gridare malvagità e ingiuria contro di Te, o Dio
vero amante degli uomini.
Questi demoni lasciano all'uomo tutto il suo peccato e ve
lo trascinano continuamente, facendolo soffrire terribili
paure e angosciose solitudini.
La loro vite è dal ceppo di Sodoma,
dalle piantagioni
di Gomorra.
La loro uva è velenosa, ha grappoli amari.
Tossico di serpenti è il loro vino, micidiale veleno di
vipere.
Là io voglio far risuonare il tuo Nome
santo, Gesù, l'unico che porta pace e salvezza. E lo
proclamo con la vita dei tre figli, preziosi
collaboratori che mi hai dato.
Li ho lasciati a Mecla, villaggio in posizione centrale
d'Anagni. Essi mi sono stati riconoscenti: a poca
distanza, lungo la strada, hanno scorto delle rocce
simili a quelle in cui essi sono abituati a scavarsi le
abitazioni, le chiese e i monasteri nella loro terra
d'origine, la Cappadocia!
Li sentii mormorare: "Potessimo abitare qui, come il
profeta Elia, come Giovanni il precursore, nascosti, come
il seme che muore"!
Ho benedetto il loro desiderio, ben sapendo che Tu,
Signore del cielo e della terra, procurerai loro presto
una dimora in mezzo agli uomini che devono ascoltare la
tua Parola!
Li ho lasciati là, ma li porto qui,
nel cuore e al tuo altare.
Essi sono la mia voce in quelle sorde regioni, il tuo
faro in quella tenebra, la tua sposa, la Chiesa,
destinata a ingrandirsi e diffondersi, a generarti figli
dal fonte vivo del battesimo, e destinata ad accendere il
fuoco dell'amore.
Sì, essi sono già il germe della Chiesa, perché vivono
del tuo pane e sono uniti dal tuo santo Spirito!
10
Da qualche anno i miei tre figli sono
consegnati alla terra d'Anaunia. Ogni giorno ho pregato e
prego per loro, ogni giorno li consegno a te, Padre, e
ogni giorno ti ringrazio per il loro servizio al tuo
Regno.
Oggi essi sono venuti a farmi visita: quale gioia il
rivederli!
Non hanno lasciato il loro campo, ma hanno voluto venire
a ricevere ancora il seme della tua Parola dalla mia
bocca!
Quale consolazione mi hanno arrecato!
Essi sono consolazione per la fedeltà
e la semplicità del loro amore per te; anche quanto
hanno raccontato della tua opera è grande gioia: tra gli
abitanti di quella regione ora c'è una piccola Chiesa!
Alcuni uomini e alcune donne hanno ricevuto la luce,
hanno abbandonato gli idoli vani e gioiscono della
confidenza con Te, Padre, del tuo perdono, della sapienza
che tu doni, dell'amore reciproco e della comunione del
tuo santo Spirito. Le difficoltà e le inimicizie, che li
fanno soffrire, non li scoraggiano.
Ho goduto, Principe della pace, per il
racconto dei tuoi servi. Essi sono vissuti per un lungo
periodo in silenzio, un silenzio operoso: la loro vita
era la tua vita, e la tua vita è luce.
Pregando e amando vivevano e vivono nell'unità, per
amore del tuo Nome, sapendo che dove due o tre sono
riuniti nel tuo nome là sei tu! Essi sapevano che tu eri
e sei nella loro unità - unità che costa abnegazione e
rinuncia. Essi ti offrivano e ancora ti offrono questa
croce, accompagnata dalla sobrietà in tutto, e Tu eri e
sei presente e attiri a te - non a loro - i cuori di
quanti sono assetati di Verità, di Luce, di Amore.
Hanno sopportato e ancora sopportano molte contrarietà e
vessazioni per l'aperta ostilità con cui molti pagani li
trattano.
Sono però sereni e sicuri, fondati sulle tue promesse:
Il nostro Dio è un Dio che salva;
il Signore Dio libera dalla morte.
Essi cercano sempre la pace, vincono il
male con il bene, non reagiscono in maniera violenta né
in opere né in parole.
Come tu hai detto, o Agnello immolato, essi non si
oppongono al malvagio.
Per la forza di questa testimonianza alcuni adoratori di
idoli si sono aperti alla tua pace e hanno cominciato a
chiedere il tuo Nome santo e la tua Parola nutriente e la
tua Lode gioiosa!
Ed essi sono divenuti annunciatori di Te, lieti e fedeli,
senza smettere di vivere uniti e oranti, perché sempre
consapevoli che tu sei presente là dove due o tre sono
riuniti nel tuo Nome, e coscienti che senza di te non
possiamo far nulla! Così il profumo della tua carità
comincia a espandersi tra quelle violente e dure
popolazioni!
Essi sono perseveranti, sotto la guida di Sisinio, ad
annunciare la tua Parola: per primi l'ascoltano, la
custodiscono e ne fanno seme di vita nei loro colloqui
con chi si apre alla fede in te. In questa fede vivono ed
esprimono comunione spirituale, che genera gioia e aiuto
reciproco. Il tuo santo battesimo poi, con l'unzione del
S. Crisma, unisce, chi vi rinasce, a te e a me, tuo
apostolo, incaricato di consegnarteli come buon grano per
il tuo granaio.
In questo modo essi edificano la tua Chiesa, che nutrono
poi con la S. Eucarestia, nella quale si compie il tuo
amore, quello che tu ci dimostri e quello che tu riversi
in noi per renderci partecipi della vita divina, per
inserirci nella circolazione dell'amore trino, del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo!
Consigliere ammirabile, tu hai
benedetto la loro vita e benedici le loro parole, che
risuonano come le corde d'una cetra sulla cassa di
risonanza della loro vita, unita nell'obbedienza e
nell'amore reciproco.
Essi portano al colmo la mia gioia perché la loro vita
è un tuo prodigio più grande ancora di quei prodigi che
tu compi per rispondere alla loro fede, e con i quali
accompagni chi ti annuncia ai popoli.
Essi vivono uniti al loro Vescovo, perché vogliono
essere solo tua Gloria: sono ben lungi infatti dal
cercare la gloria degli uomini!
Lode a te, mio Dio, amante degli
uomini!
Lode a te che ci fai degni di presentare - noi peccatori
- la tua santità al mondo! Lode a te, che ami e salvi!
La risposta del santo vescovo Ambrogio
è stata veramente tua ispirazione, tuo dono.
Tu non solo dai consigli o buone proposte, tu mandi
persone! A noi hai mandato il tuo Figlio! Tuo Figlio ha
inviato gli Apostoli. Gli Apostoli hanno inviato altri
apostoli. E quando io non avrò altri da inviare, andrò
io stesso, come mandato da te!
Questi tuoi figli, tue pecore a me
affidate, con la piccola Chiesa da essi generata e
riunita, hanno costruito un sacro edificio: una casa dove
vivere pregando, lodando e cantando, dove vivere servendo
chi ha fame e sete della tua Parola, dove accogliere chi
vuol iniziare il cammino della tua conoscenza, dove
essere il segno concreto della tua carità con l'amore ai
poveri e agli indifesi, dove raccogliere i santi per i
divini Misteri.
In quella Casa Sisinio è il diacono attento e generoso,
Martirio proclama, per sé e per gli altri, la tua Parola
e intona il canto della tua lode; Alessandro, vigile,
apre la porta, e la porta dei cuori con la sua fede
spontanea e con la sua dolcezza!
Padre, ti ringrazio e ti adoro col
Figlio e con lo Spirito Santo!
Questi tre fratelli fanno risplendere il mistero della
tua Tri-unità nel suo triplice amore: amore paterno,
poiché amano tutti con disinteresse; amore filiale,
perché si ubbidiscono reciprocamente con gioia; amore
sponsale, uniti come sono in una famiglia che, nello
Spirito, ti genera sempre nuovi figli!
11
Sono impegnato alla costruzione della
chiesa per la comunità della città, in Trento.
I contatti con gli architetti e i vari direttori dei
lavori mi occupano molto, richiedendomi continua
attenzione. E' un lavoro per te, Pietra angolare, per la
tua Sposa: tutto il tuo amore per lei vi deve
risplendere, e tutto il suo amore per te vi dovrà
risuonare!
Questo lavoro per costruire l'edificio sacro s'accompagna
a quello quotidiano per edificare la tua comunità sulle
solide basi della fede.
Le difficoltà sono radicate dentro i cuori degli uomini.
Tra le altre riscontro questa, mio Signore Gesù: i
giovani battezzati, facendosi trascinare dai propri
sentimenti e passioni, talora scelgono la propria sposa
tra le ragazze che non credono in te. E i genitori
cristiani, influenzati dalle apparenze, badano più alla
condizione sociale e alla sicurezza illusoria della
ricchezza che alla santità del Matrimonio: concedono le
figlie al primo che le chiede, anche se pagano. Così le
membra del tuo Corpo sono date in balìa dei demoni, che,
non solo le fanno soffrire, ma, impedendo la formazione
di famiglie veramente e pienamente cristiane, impediscono
pure il consolidarsi del tuo Gregge.
Altra difficile situazione: coloro che
danno ospitalità trattano con mal garbo i loro ospiti,
incapaci come sono a mostrare un volto benevolo e
accogliente. Ad essi ricordo gli esempi della Sacra
Scrittura, l'episodio dei figli di Beniamino, distrutti
per non aver rispettato l'ospitalità a causa del loro
egoismo e della loro dissolutezza.
Nonostante le incomprensioni io continuo ad annunciare il
tuo Vangelo, affinché gli uomini entrino nel mistero
della tua morte e resurrezione anche per questi aspetti
importanti e fondamentali della vita.
Se dovessi camminare in una valle
oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
***
Oggi un pensiero fisso mi occupa la
mente e il cuore; una sofferenza continua, accompagnata
dal ricordo dei tre missionari d'Anaunia e della loro
Chiesa, s'insinua nella mia preghiera.
Perché, mio Signore e mio Re, questo pensiero e questa
sofferenza? che essi ti abbiano tradito? No, non è
possibile. Essi sono santi, hanno dato tutta la loro
esistenza al tuo Regno. Essi sono umili e obbedienti, e
agli umili e agli obbedienti tu fai grazia!
Che si trovino in difficoltà? Che il tuo Nome - odiato
dal Maligno - sia occasione per loro di sofferenza e di
persecuzione? Tu l'hai detto, Gesù: il mondo vi odia!
Perché sono turbato tutto il giorno da questi pensieri?
Perché le genti congiurano,
perché invano cospirano i popoli?
Voglio andare a vedere. Voglio visitare
questi tuoi figli, miei fratelli, mia mano e mia voce.
Se tu li avessi resi degni del martirio, oh come li
invidio! Li hai preferiti a me: ne sono ben degni!
Lascerò la costruzione, e m'avvierò
con un diacono, semmai abbiano bisogno del mio aiuto. Che
dico? del tuo aiuto, che Tu dai servendoti di me. E se
c'è pericolo, che sia il pastore per primo ad essere
affrontato dal lupo, perché siano salve le pecore.
Prendi me, tu che dai le vesti bianche, se mi ritieni
degno del tuo Regno, e lascia qui ancora a servirti i tre
che sono divenuti uno in te e sono luce e sale in quella
terra ancora tenebrosa.
Possa la mia vita darti lode!
12
Ti ringrazio, o Cristo Gesù, della
pace che mi doni.
Sono tornato con i Tre. Essi ti sono stati fedeli fino
alla fine: hanno terminato la corsa, hanno conservato la
fede, dopo averla trasmessa ad un popolo che la farà
fruttificare. Essi sono il seme caduto nella terra, seme
che muore e dà molto frutto.
Quando stavamo per arrivare a Mecla,
sentimmo nell'aria un silenzio particolare, e un acre
odore di fumo, come di casa bruciata.
La chiesetta dei cristiani, con l'annessa abitazione dei
missionari, era devastata. Il tetto non c'era più. Esso
non era crollato, semplicemente non c'era.
Qualcuno, là attorno, piangeva.
Un uomo s'è accorto del nostro arrivo e del nostro
stupore, e, in triste silenzio, ci ha accompagnati lungo
un sentiero che scende nella campagna. L'odore di fumo si
faceva sempre più intenso; vedemmo allora ergersi -
annerita dal fuoco - la statua di un dio. Capii.
Ci inginocchiammo davanti ad un mucchio di ceneri
fumanti, pregando. Neri carboni e ossa bianche stavano
là, insieme, come voci confuse che a un tempo lodavano e
accusavano: canto di lode per i tuoi fedeli, per i pagani
grida di accusa.
Con le lacrime agli occhi pregammo a
lungo silenziosamente, finché non entrò in me la tua
pace e la tua luce, Sacerdote eterno, vita dei Santi:
Chi rimane in me porta molto frutto.
Il sangue dei martiri, seme di nuovi cristiani!
E' preziosa agli occhi del Signore
la morte dei suoi fedeli.
Cominciò a sgorgare sulle mie labbra
la lode per la grande messe che già vedevo biondeggiare
in tutta quella grande vallata sprofondata fra le
montagne, e oltre, oltre quei monti in altre vallate.
Quale messe... quale raccolto per te!
Un popolo nuovo darà lode al Signore!
La gioia cominciò a trasparire dai
miei occhi, e allora quei cristiani, che s'erano fatti
attorno a noi, cominciarono a raccontare.
Mentre delicatamente raccoglievo quelle
ceneri e quelle ossa, da cui s'innalzavano ancora lievi
volute, come d'incenso a Te gradito, e le riponevo in un
lino candido, ascoltavo, come s'ascolta la tua Parola,
mio Dio.
13
La popolazione stava preparando la
grande festa di primavera: processione attorno ai campi,
sacrificio all'idolo, orge e danze.
Ogni anno una famiglia deve offrire l'animale per il
sacrificio e dare l'avvio alla festa innalzando
l'apposito vessillo.
Questa volta sarebbe stata di turno una famiglia che da
poco tempo era divenuta cristiana ed era stata lavata dal
lavacro battesimale.
Dare o rifiutare l'animale? Darlo significa annunciare
che Saturno è vivo, che quella superstizione è
importante. Rifiutarlo significa attirare su di sé l'ira
e l'odio di tutto il villaggio.
Viene interpellato Sisinio. Egli accompagna la sua
risposta con la preghiera fervente di tutt'e Tre. Non
c'è dubbio, non tradiamo Gesù, il Signore, non lo
rinneghiamo. Siamo pronti a donare ai poveri anche più
di un animale, ma non vogliamo distogliere lo sguardo
dall'unico Salvatore nostro per continuare l'inganno
diabolico! E' lui che ci ha salvati con l'unico e
perfetto sacrificio, ed Egli è vivo, risorto, in mezzo a
noi. Altro dio non c'è all'infuori del vero Dio, uno e
trino!
Gli organizzatori della festa non
ragionano. Con loro non si può parlare. La festa si deve
fare, la festa è di tutto il paese, tutti devono
partecipare: perché alcuni si rifiutano? La colpa è dei
tre venuti dall'Oriente.
Sull'imbrunire - è il giovedì
ventotto maggio - alcuni entrano con forza
nell'abitazione dove si raduna la piccola Chiesa; con una
tromba e con una scure colpiscono gravemente il già
anziano Sisinio. Quindi si allontanano.
Hanno forse paura dei soldati? Questi devono garantire la
libertà di culto! I cristiani non possono essere
perseguitati. Persino l'imperatore è cristiano!
La notte trascorre silenziosa, come una
grande veglia per Martirio e Alessandro, che con i loro
poveri mezzi cercano di dissetare Sisinio e di
alleviargli le sofferenze.
Nonostante tutto, fedeli al proprio compito, anche
all'alba del venerdì ventinove maggio, con alcuni dei
nuovi cristiani, essi cantano le lodi del Signore:
O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti
cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne!
Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode!
E' venerdì, giorno propizio ai
martiri!
14
Al risuonare dei canti di lode e di
supplica fa eco uno strano e sinistro clamore. Ritornano,
più numerosi della sera precedente. Sono armati di
accette, di pali appuntiti e di altri strumenti di morte.
Colpiscono ancora Sisinio, facendo strazio del suo corpo.
Così egli, il primo, per primo offre la vita.
Martirio riesce a rifugiarsi in un
giardino attiguo alla casa, ma la donna, cui esso
appartiene, lo addita a quei furibondi che lo stanno
cercando. Essi lo colpiscono, lo riportano in casa e lo
trafiggono con i pali che hanno portato con sé.
La chiesetta viene profanata e scoperchiata; vengono
profanati persino i divini Misteri.
Alcuni si occupano di trascinare le tavole del tetto e le
travi fin giù, fin qui, davanti a quest'idolo.
Viene preso anche il più giovane,
Alessandro, e legato per i piedi insieme ai corpi di
Sisinio e di Martirio. Col giaciglio sono poi trascinati
fino al rogo, che nel frattempo è stato accatastato e
acceso.
Al collo di Sisinio viene appeso, in segno di derisione,
un campanello, di quelli che si mettono al collo degli
animali al pascolo.
Martirio, come secondo, muore nel tragitto, mentre
Alessandro, perdendo brandelli di carne sulle pietre
scheggiate della strada, vi giunge ancora vivo.
Si fa in fretta: Saturno sarà contento, se al posto di
una vittima gliene sono sacrificate tre!
Sisinio e Martirio, già compiuta la loro offerta a te,
Dio vivente, vengono subito gettati tra le fiamme.
Ad Alessandro si chiede: "Rinunci al tuo Dio?"
Quei barbari si comportano come i prefetti romani dei
tempi passati: «Se bestemmi il tuo Dio avrai salva la
vita!»
«Perché bestemmiare colui che mi ha
amato, che mi ha salvato e mi ha dato vita eterna? Chi
vuol salvare la propria vita la perderà.
Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io so che Egli ama anche voi!»
E Alessandro, gettato vivo tra le
fiamme, come già il beato Policarpo nella sua terra,
consegna lo spirito e il corpo in soave odore per la tua
gloria, mio Dio!
Le fiamme non hanno ancora finito il
loro compito che la natura si ribella. Sì, il creato non
può assistere in silenzio all'oltraggio che si fa al suo
Creatore!
Così ripaghi il Signore, o popolo
stolto e insipiente?
Non è lui il padre che ti ha creato,
che ti ha fatto e ti ha costituito?
Viene notte prima di mezzogiorno. Il
cielo si copre di nubi così nere e dense che tutti
fuggono. Lampi radenti il suolo, tuoni terrificanti e un
acquazzone forte e impetuoso da far tremare la terra
precedono il tingersi di rosso spaventoso dell'orizzonte.
***
Di quando in quando il racconto era
interrotto da grida minacciose e da azioni di evidente
ostilità con cui i pagani avrebbero voluto impedire la
nostra venerazione. Ero fiducioso e sereno, perché tu
ascolti la preghiera:
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
proteggimi all'ombra delle tue ali,
di fronte agli empi che mi opprimono,
ai nemici che mi accerchiano.
Noi rimanemmo quieti e benevoli, senza
rispondere al male col male.
Terminato il racconto, continuammo il silenzio, adorando
il mistero dell'incommensurabile tuo amore, o Dio,
nascosto in quel sacrificio mirabile.
Con le tue parole consolavo e rafforzavo la fede dei
cristiani trepidanti:
Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio!
Ci si avvicinarono poi alcuni soldati.
Con aria soddisfatta volevano assicurarmi che i
responsabili erano stati arrestati e che saranno
consegnati alla giustizia dell'imperatore.
15
Io, vescovo della tua santa Chiesa,
Signore Gesù Cristo, voglio che si compia la giustizia
del tuo Regno.
Andrò dal sovrano e otterrò che i colpevoli non vengano
giustiziati.
Verrò da Te, e otterrò che essi si convertano, che
accolgano quella fede e quell'amore per Te che i Tre miei
Figli hanno vissuto e testimoniato: così i peccatori
vivranno e saranno «giustificati»!
Io otterrò la «giustizia» dei Tre Testimoni. La loro
giustizia è che tutta questa regione si converta e viva,
che tutti possano ricordare i propri peccati cantando di
gioia per il perdono ricevuto, che tutti possano lodarti
a una sola voce e dire:
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.
Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
I nomi dei tre Martiri devono restare
in benedizione anche per coloro che, accecati da credenze
false e dalla sete delle orge, li hanno sacrificati alla
loro festa!
Essi si accorgeranno che la fede di
Alessandro è meravigliosa e forte, come quella di
Abramo, che aprì la porta ad accogliere la visita di Dio
sulla terra e credette che Egli può risuscitare i morti!
Essi impareranno a cantare le tue lodi, o Dio, e godranno
di associare al nome di Martirio il ricordo di Davide, il
santo cantore della tua misericordia!
E, godendo dell'intercessione di tutti e Tre, imiteranno
il servizio umile, caritatevole e generoso del diacono
Sisinio e ne invocheranno ancora la fede e l'amore come
rimedio ai loro mali, a quel male soprattutto che viene
dal Maligno!
Deve cadere davanti al tuo Nome, Amen
di Dio, anche l'idolo della vendetta, che è dentro i
racconti menzogneri delle mitologie pagane e sostiene il
dilagare dell'odio e della violenza, strumenti del
Maligno. Quando gli uccisori, attraverso il perdono mio e
della tua Chiesa, conosceranno il nome del Padre, che tu
ci illumini e ci fai amare, s'accorgeranno che Egli è il
Dio vivo e vero, l'unico al di sopra di tutti gli dei,
l'unico che ama gli uomini peccatori: e ascolteranno te,
l'Inviato santo e buono!
Li fece uscire dalle tenebre e
dall'ombra di morte:
mandò la sua parola e li fece guarire!
16
Beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio!
Queste tue parole, Signore che possiedi i sette spiriti
di Dio, mi sembrano illustrare la strada e la meta dei
tre Testimoni. Essi hanno portato la tua pace al popolo
lontano da te. Hanno distrutto, col loro operare e col
loro offrirsi, il muro che lo separava da te e hanno
portato ad esso perfetto il mistero della tua Morte e
Risurrezione. Essi sono veramente tuoi figli!
Ripenso a tutte le tue opere,
medito sui tuoi prodigi.
Man mano che i giorni passano il mio
spirito è sempre più illuminato dal fulgore del mistero
che s'è compiuto nella loro morte gloriosa. Essa non mi
è motivo di pianto, perché la tua gloria vi risplende,
o Dio uno e Trino. Essi si sono offerti con un unico atto
di fede: il mistero della tua vita, nascosta ai nostri
occhi, si è fatta visibile, s'è fatta presente nel loro
numero. E la tua pace raggiunge la nostra terra per opera
loro, perché si sono innestati perfettamente nell'unica
vera Pasqua.
Ho imparato dai tuoi santi e dalla tua
Parola, o mio Creatore, che nella nostra dimora, nel
mondo da te plasmato, nulla avviene a caso. Tutto è tuo
messaggio, tutto è ricettacolo del tuo amore e della tua
gloria.
Tu fai dei venti i tuoi messaggeri e delle fiamme
guizzanti i tuoi ministri; tu doni al tuo popolo, per
l'incontro con te, giorni stabiliti, tu parli dal tuono,
tu comandi alla colomba di portare l'olivo a Noè e al
pesce di custodire la moneta d'argento per Simon Pietro;
tu poni l'asinello sul cammino di Gesù perché egli
possa rivelare la propria messianicità e farsi conoscere
come re mite e umile dei tuoi fedeli.
In tutto ciò che è avvenuto in terra d'Anaunia tu hai
deposto la parola che vuoi far giungere a noi perché ti
conosciamo, ti amiamo e ti adoriamo nel mistero del tuo
Figlio incarnato, mistero che è ormai dentro la nostra
vita.
Fu venerdì il giorno dell'offerta dei
tre Martiri: essi si sono uniti a te, Sommo Sacerdote,
nel giorno in cui tu ci hai salvati, giorno in cui la tua
Chiesa fa memoria del tuo essere innalzato. Tu dall'alto
della tua croce attiri tutti a te.
E' profezia il giorno: il tuo e il loro sacrificio sono
un unico dono, un' unica obbedienza gradita al Padre: i
pagani, che udranno i fatti, saranno attirati a volgere
lo sguardo a te, e i tre martiri continueranno a
testimoniare e a donare la tua salvezza!
Pure l'ora in cui furono catturati e messi a morte, «al
sorger della luce», fa parte del mistero: a quell'ora tu
sei stato consegnato a Pilato e a quell'ora tu sei
risorto. Non a caso i tuoi Martiri a quell'ora compirono
la lode con l'offerta della propria vita: il loro unirsi
a te ha fatto sorger la luce della vera fede in questa
tenebrosa regione.
Sono rivelazione pure la tromba e la
scure con cui fu colpito Sisinio e il campanello che gli
è stato appeso al collo, come furono segno per te, o
Crocefisso, il manto di porpora, la corona di spine e la
scritta di Pilato.
La tromba pagana, divenendo strumento di morte, suona ai
quattro venti che la religione, che essa serve, non può
che togliere la vita, non è che onore dato all'omicida,
al Menzognero.
Sisinio invece, con la sua opera evangelizzatrice, ha
tenuto lontano da quel popolo senza frutto la scure che
abbatte gli alberi inutili.
Il campanello poi, ultimo insulto al banditore della fede
in te, indica a tutti chi è il buon pastore di quelli
che sono ancora come animali bruti! E in verità Sisinio
fece risuonare per primo la tua Parola che chiama
all'ovile vero, o vero Pastore di tutti!
Il nascondersi di Martirio non è da
osservare come viltà, o come fuga paurosa del pastore di
fronte al lupo. Egli non fu mercenario. Egli, quale vero
discepolo, non volle presumere di se stesso offrendosi
spontaneamente. Quest'atto di umiltà gli diede forza per
non rifiutare la croce che era pronta per lui.
L'orto infatti, in cui egli si rifugiò, è la tua
Chiesa, che, come Madre, accoglie e protegge tra rose
purpuree e candidi gigli i suoi nati. Il Martire, membro
eletto della Chiesa, irrigava col suo sangue tutte le
piante perché potessero ricevere la vita nel tuo santo
battesimo.
Egli sapeva che il tuo discepolo non vive per se stesso e
non muore per se stesso: perciò egli non decise la
propria morte, e con fede intrepida e riconoscente non la
rifiutò. Il frutto è grande nel giardino, che ora
continua a germogliare nuovi battezzati, la tua Chiesa!
La giovane donna, che volle che il tuo servo fosse
afferrato nel giardino, non è forse la Chiesa che vuole
trattenere Te, Gesù, suo amato?
E poi Martirio, dal giardino - dove come te è stato
catturato - passò a quel Giardino dove tu ci attendi
tutti per la festa dei redenti e il canto dell'alleluia!
Benedetto tra i figli è Alessandro:
rimasto solo, lui, il più giovane e amante della vita,
è ammirabile nelle sofferenze più prolungate che ha
sopportate - come te, o Agnello,- da solo; rimase solo a
confessare con la propria voce il tuo nome davanti alle
fiamme che già innalzavano i suoi fratelli come buon
odore di Cristo.
Con la sua fede, fuoco acceso nel suo petto dal
Salvatore, vinse la paura del fuoco, che avrebbe voluto
respingerlo nel mondo dei tuoi nemici.
Quando egli, come ultimo, ancor vivo,
fu gettato nelle fiamme, è stata riscritta la pagina
della Scrittura Santa dei tre fanciulli, Sadrach, Mesach
e Abdenego, (le iniziali dei loro nomi corrispondono a
quelle dei miei figli): essi nel fuoco della fornace
cantavano al Padre il grazie di tutto il creato e
dicevano:
Potessimo essere accolti con il cuore
contrito
come olocausti di montoni e di tori!
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito.
Nabucodonosor li vide accompagnati e
protetti da un quarto personaggio, simile nell'aspetto a
un figlio di dei. Sisinio, Martirio e Alessandro,
trafitti e uccisi, ardenti nelle fiamme, erano uniti a
te, o unico Figlio di Dio!
Attraverso il loro sacrificio il mistero della tua Morte
e Resurrezione è entrato nella nostra storia.
Signore Gesù Cristo, tu
sei salito in alto conducendo
prigionieri,
hai ricevuto uomini in tributo:
anche i ribelli abiteranno presso il Signore Dio.
Nella persona dei tre testimoni sei tu,
mio Redentore, che hai perpetuato la tua ascesa, e hai
salvato e salverai i ribelli portandoli al Padre.
Ora la tua Chiesa in questa regione è
veramente fondata su pietre vive e piantata con radici
sicure. Nulla più la smuoverà, nessuna Potenza ostile
la strapperà, perché anche qui la tua Pasqua è stata
vissuta nelle membra del tuo Corpo.
***
Là, sul luogo del sacrificio, che non
è stato offerto né ai demoni né a Saturno, ma a te,
Dio uno e Trino, farò sorgere un edificio a lode della
tua santità che tu partecipi agli uomini, un edificio
per celebrarvi il mistero della Morte e Risurrezione del
Figlio, là dove esso concretamente ha toccato e
coinvolto la nostra vita, là dove è apparso il tuo
Regno.
Quel luogo è la sorgente dove io stesso, e molti dopo di
me, si recheranno per bere il Sangue e l'Acqua che lava,
nutre e ristora, che salva e dà vita!
17
L'amore per te, Signore Gesù,
Testimone del Padre, mi ha sollecitato ad inviare due
lettere:
la prima al Vescovo succeduto ad Ambrogio: questi ha
potuto accogliere in cielo i nostri Testimoni e gioire
con loro: due mesi prima tu l'hai ricevuto nella celeste
Gerusalemme. La sua Chiesa terrena deve conoscere e
ricevere vita dalla testimonianza resa dai Tre, che per
un periodo sono stati suoi figli.
Con questa lettera al vescovo Sempliciano ho mandato pure
una parte delle ossa raccolte: preziose reliquie, memoria
dell'amore che dà la vita.
Ho consegnato la seconda lettera
all'insigne Giacomo, che ha lasciato la sua nobile e
impegnativa carica di conte per servire te, Signore, ed
ora è in procinto di partire per la lontana Chiesa
d'Oriente, Costantinopoli. Là ama e soffre il vescovo
Giovanni, che annuncia la tua Parola, con «bocca
d'oro», Crisostomo! Anch'egli deve conoscere e dire ai
suoi cristiani quali gloriosi patroni essi hanno in
cielo!
Ho scritto loro narrando i fatti e
lodando te, mio Signore e Dio, che voglio servire per
meritare io pure la corona del martirio per te!
Ai santi della mia Chiesa lascio le
preziose ceneri riposte nel nuovo sacro Edificio eretto a
Trento, nel cuore della Diocesi, perché essa ricordi
sempre su quali fondamenta è costruita, con quali pietre
vive e preziose è stata edificata, da quale generoso
sangue è irrigata.
Al mio Ovile lascio pure il dono e il compito dello
sviluppo della fede e della tua carità, Signore Gesù,
Pietra angolare. Queste si sono incrementate col
sacrificio dei Tre Testimoni, grano caduto a terra che
porta molto frutto, e col perdono dato ai loro uccisori.
Quando questa mia Chiesa di Trento, tua
Sposa, sarà salda e prospererà, non potrà dimenticare
la Chiesa di Milano, né quella d'Oriente: all'una e
all'altra potrà restituire - per grazia tua, mio
Salvatore, - la testimonianza della fede santissima che
ha ricevuto gratuitamente dalla preghiera silenziosa,
dall'annuncio sicuro e gioioso del tuo Nome, dal canto,
dalla testimonianza di carità e dal sacrificio dei tre
Martiri Santi.
Essi stanno davanti al tuo trono, o Agnello immolato,
vestiti di vesti candide con le palme nelle mani, e
cantano:
Alleluia!
A colui che siede sul trono e all'Agnello
lode, onore, gloria e potenza
nei secoli dei secoli! Amen.
OGGI,
1600 ANNI DOPO
Gli «Appunti» sono terminati.
Segue ora una parola riguardo al desiderio che il santo
vescovo Vigilio ha espresso concludendo la sua ultima
riflessione.
***
* Da secoli la Chiesa di Trento invia
suoi figli e sue figlie come annunciatori della Parola
del Dio vivente e del suo Amore in tutte le direzioni, a
tutte le genti! La fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e
la speranza seminate da Vigilio e dai Tre suoi figli dà
frutto per la gioia e la salvezza dei popoli! Alleluia!
* Con lo stesso spirito missionario la
Chiesa Tridentina ha offerto alla Chiesa di Milano, per
qualche anno, tre sacerdoti. Ha risposto in questo modo
all'indicazione del suo Fondatore! E vi risponde ancora:
ci sono cristiani trentini che, pur senza mandato
ufficiale, vivono nella diocesi di Milano, testimoniando
il Signore Gesù. Sono laici e religiosi, che, forse
senza nemmeno saperlo, donano alla Chiesa di Ambrogio una
piccola restituzione di quanto egli ha dato alla Chiesa
di Vigilio.
* E la Chiesa di Cappadocia? Oggi
questa regione fa parte della Repubblica Turca: questo
stato, esteso due volte e mezzo l'Italia, conta circa
sessanta milioni di abitanti, quasi tutti musulmani.
Pochi sono i cristiani presenti in Turchia, e gran parte
di essi sono discendenti di europei (sono chiamati
'levantini') e parlano lingue europee. Inoltre essi sono
divisi tra varie Confessioni Cristiane (Cattolica,
Ortodossa, Armena, Siriaca, Caldea, Anglicana,
Protestante...).
Il Nunzio Apostolico ad Ankara cerca di
mantenere buoni i rapporti diplomatici della Sede di
Pietro con le autorità civili. Un Arcivescovo cattolico
(a Izmir - l'antica Smirne) e un Amministratore
Apostolico (a Istanbul) provvedono al servizio della fede
dei cattolici con pochi sacerdoti stranieri. Un altro
Amministratore Apostolico, nominato nel 1993 per
l'Anatolia, cui appartiene anche la Cappadocia, provvede
alle poche migliaia di cristiani presenti nel sud-est del
paese. Vi sono inoltre alcune centinaia di migliaia di
'Criptocristiani': cristiani che tengono nascosta la
propria fede per paura, per poter lavorare, per non aver
persecuzione o discriminazioni.
È difficile infatti vivere tra i musulmani se si è di
fede diversa. Fa pensare il fatto che all'inizio del
secolo XX° i cristiani in Turchia fossero il 32% della
popolazione e che oggi essi siano meno dello 0,1%! Dieci
anni fa circa, al quartiere del Fanar, in Istanbul,
vivevano circa centomila Cristiani ortodossi: oggi meno
di quattromila. Sono emigrati: se non sei musulmano non
trovi lavoro.
Il popolo turco è un popolo ospitale,
cordiale e generoso. Purtroppo però lo spirito di
superiorità e lo spirito settario, che l'Islam più
fanatico diffonde, lo sta rendendo per qualche aspetto un
popolo difficile.
La speranza dei cristiani è riposta in Dio Padre, che
certamente sa trarre anche da questo popolo frutti di
santità: a migliaia fedeli musulmani salgono
quotidianamente al piccolo santuario, chiamato «Casa
della Mamma Maria», situato sul monte che sovrasta le
antiche rovine di Efeso. (Esso fa memoria di una tardiva
tradizione che pone ivi un nascondiglio dell'apostolo
Giovanni con Maria durante una persecuzione.)
La Madre di Gesù e dei cristiani non può che ispirare
pensieri e sentimenti di amore e comprensione.
La Cappadocia, terra dei nostri
Testimoni, è una regione distesa sull'altopiano
centrale. E' sempre più frequentata da turisti, attratti
dalle tipiche scene rupestri dei camini di fata, dalle
impressionanti città sotterranee e dalle meravigliose
chiese, monasteri e villaggi scavati nelle rocce.
Di cristiani però non ce ne sono.
Il turismo ha permesso che una delle
chiesette rupestri, spoglia e isolata, a venti minuti a
piedi dal villaggio di Avanos, fosse aperta al culto nel
1992. E' curata con amore, in accordo con le autorità
locali, da un sacerdote italiano che vive nella capitale,
a varie ore di automobile. I turisti e i pellegrini
cristiani, se lo chiedono, vi possono accedere per
pregare e celebrare l'Eucarestia.
***
La fede della Chiesa di Trento
riuscirà a «inviare» qualcuno che faccia risuonare
anche in quella terra la lode al Padre e il Nome di Gesù
e il gemito dello Spirito che i Santi Martiri Sisinio
Martirio e Alessandro fanno risuonare ancora nei nostri
cuori?
Ci sarà ringraziamento per il dono ricevuto da quelle
terre??
Il desiderio del santo Vescovo Vigilio si compirà?
Potrà elevarsi ancora da quei luoghi benedetti e a noi
cari l'ALLELUIA festoso della Chiesa?
Nel 1995 l'Arcivescovo di Trento ha
dato benedizione ad una piccola comunità della nostra
diocesi perché invii due sorelle ad essere un piccolo
seme, una fiammella del fuoco cristiano nella terra cui
siamo debitori del primo annuncio della nostra fede. E
simile benedizione è stata data nel 1996 ad altra
comunità perché mandi due fratelli in Cappadocia. Essi
con la vita e la preghiera rendono presente Gesù là,
donde i nostri Missionari hanno lasciato tutto per amore
suo e sono giunti a noi.
L'Arcivescovo di Trento, Giovanni M.
Sartori, il 26 giugno 1995, solennità di S.Vigilio, in
Cattedrale disse:
"E' con gioia che ho favorito
quest'anno l'invio di una piccola comunità contemplativa
di due sorelle laiche della nostra Diocesi a Konya
(l'antica Iconio) e prossimamente di un'altra
nell'Anatolia (che comprende il territorio dell'antica
Cappadocia) per ravvivare quel legame storico che risale
alle origini della nostra chiesa. Sono grato alle
comunità di Tavodo e di San Valentino di Ala per averci
dato la possibilità di offrire anche in questo modo una
testimonianza viva della nostra riconoscenza, unita alla
volontà di accentuare in futuro il nostro impegno di
dialogo e di comunione con la chiesa ortodossa."
***
Padre santo,
il tuo Figlio Gesù Cristo ti ha chiesto, per i suoi
discepoli, il dono dell'unità perfetta:
tu ascolti la sua preghiera, alla quale noi, suo Corpo,
partecipiamo:
per intercessione dei Santi Martiri Sisinio Martirio e
Alessandro
concedi alle Chiese d'Oriente e d'Occidente, - della cui
unità essi furono testimoni e servitori -, di crescere
nella santità e nell'amore reciproco.
Per Gesù Cristo nostro Signore. AMEN.
***
BENEDIZIONE DI S. VIGILIO (da un antico
manoscritto)
Il Signore Gesù Cristo diriga i tuoi
passi nella via della pace,
ti custodisca come la pupilla del suo occhio,
ti accompagni con la sua grazia e la sua misericordia;
ti confermi e ti corrobori in ogni opera buona,
nella giustizia e nella vera santità.
Ti benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito
Santo. Amen
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