DACCI
OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
A.
Padre nostro...
Gesù
continua a rispondere ai discepoli che gli hanno chiesto d’insegnar loro a
pregare.
Finora
la preghiera che egli ha messo nel loro cuore e nella loro mente li ha portati a
contemplare l’amore del Padre e a farsi suoi servitori.
La
preghiera ha dato ai discepoli delle ali per volare al di sopra e al di fuori
del mondo che li condiziona, li ha messi in grado di vivere dentro la mente e il
cuore di Dio stesso: così sono stati pure liberati da quell'egoismo che
potrebbe rovinare la preghiera stessa, il rapporto col Padre.
Pregando
con le parole di Gesù i discepoli hanno dovuto occuparsi della sua santità,
del suo Regno, dei suoi progetti, hanno dovuto farsi servi dell'amore del Padre
per tutto il mondo: così essi hanno raggiunto - per grazia, senza saperlo - le
radici della libertà! Ora, chi ha pregato con Gesù, s'è dimenticato di sè,
ha rinnegato i propri sogni di successo, di ricchezza, d'ambizione, di lunga
vita e di salute, perché ha dovuto occuparsi dell'amore del proprio Padre! Chi
ha pregato fin qui con Gesù è libero da quelle necessità così urgenti che
fanno dimenticare quelle più profonde e più grandi, è libero di accogliere
Dio nella propria vita, perché è diventato libero dal pensare a sè.
Con
questa libertà essi possono guardare a se stessi e al mondo in cui vivono con
uno sguardo nuovo, con desideri più precisi, e quindi possono parlare al Padre
di sè e dei propri fratelli con quell'amore che incontra veramente quello
divino, perché da questo è originato.
Ora
Gesù ci porta a osservare la situazione in cui viviamo con lo sguardo nuovo e
luminoso e raggiante acquisito nel contemplare il Padre e ciò che è suo: Nome,
Regno, Volontà!
Possiamo
rivolgere gli occhi alla concretezza della nostra vita, perché nei nostri occhi
s'è accesa la luce della Sapienza divina.
Con
l'amore dei figli che conoscono l'amore del Padre, possiamo parlare con lui di
noi stessi. Un figlio che si lascia amare dal Padre e che si è offerto a fare
la sua volontà può avere libertà e gioia di domandare, di chiedere, di
intervenire affinché il Padre stesso guardi a lui e si occupi di lui.
Ora
il figlio chiede al Padre.
Gesù
però mi insegna non a chiedere per me, bensì per noi! Non solo, egli mi fa
chiedere a nome dei fratelli e insieme con loro.
Dacci oggi il nostro...
Non
sono io solo a chiedere, siamo “noi” che chiediamo. Dio esaudisce la
preghiera della Chiesa, della comunità, perché è in essa che si nasconde e si
manifesta la sua Vita che è comunione. Io chiedo non come singola persona - che
possa poi vantarsi d'essere esaudita -, ma come membro del corpo di Cristo, come
uno di tanti, come voce di molti che si presentano uniti e umili all'unico
Padre.
"Se due di voi si
accorderanno sopra la terra per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è
nei cieli ve la concederà: perché là dove sono due o tre riuniti nel mio
nome, io sono in mezzo a loro".1
E' Gesù, il Figlio, che ottiene tutto dal Padre. Noi siamo membra del suo
corpo, e ciò si rende evidente e si avvera quando diviene concreta la nostra
unità e armonia di fratelli.
Possiamo
noi chiedere al Padre qualunque cosa? Chi ci autorizza?
Gesù
stesso ha insistito: "chiedete, e vi
sarà dato"! Egli rivolge queste parole ai suoi discepoli, a coloro che
vivono già seguendolo e obbedendogli, le rivolge a coloro che fanno propri i
suoi desideri e perciò chiederanno solo ciò che rientra in un rapporto vero di
figli con Dio.
"Se le mie parole
rimangono in voi chiedete quel che volete e vi sarà dato".2
Se le mie parole rimangono in voi: quando cioè vi lasciate istruire da me e mi
amate!
"Se chiederete
qualcosa al Padre nel mio Nome egli ve la concederà. finora non avete chiesto
nulla nel mio Nome. Chiedete, e ottenete, perché la vostra gioia sia
piena!"3
Chiedere sì, ma "nel mio Nome"! Chiedere come persone che sono un tutt'uno
con Gesù, che hanno fatto proprio il suo amore e la sua offerta al Padre!
Uniti
a Gesù noi abbiamo confidenza col Padre, e il Padre ci esaudisce, perché Egli
dà fiducia al Figlio. Il Padre sa che il Figlio gli ha ubbidito con un amore
che l'ha portato fino alla morte. All'obbedienza risponde l'obbedienza: il Padre
obbedisce alle parole del Figlio... anche quando sono pronunciate da noi, uniti
al Figlio.
Infatti
"il Padre stesso vi ama, perché voi
mi avete amato"!4
Non
ci stupisce quindi il fatto che Dio realizzi con la sua potenza le parole dei
santi, di coloro che hanno amato e amano Gesù!
Grazie, Padre, per il tuo
amore con cui ricompensi il nostro a Gesù. Egli si è reso amabile perché su
di noi scenda il tuo amore e ci avvolga come fiamma di fuoco che arde e non
brucia!
1 Mt 18,20 2. Gv
15,7 3. Gv 16,23s 4.
Gv 16,27
DACCI
OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
B.
Domandare,
chiedere, ... che cosa? Che cosa posso chiedere a Dio?
Da
ciò che chiedo, Dio s'accorge chi io amo: se amo me stesso o se amo lui! Che
cosa si può chiedere a Dio, da cui proviene già tutto quello che abbiamo? Che
cosa chiedere al Padre che ci ha dato la vita e ci ha fatto conoscere la sua
Volontà e ci ha mostrato la bellezza del suo Regno? Che cosa chiedere al Padre,
che mi ha fatto gustare la dolcezza e la santità del suo Nome?
"Nemmeno sappiamo
che cosa sia conveniente domandare...".1
Noi siamo
"ignoranti", non lo è però lo Spirito di Dio riversato nei cuori di
coloro che credono: "lo Spirito
stesso intercede con
insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa
quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti
secondo i disegni di Dio".2
"Del resto noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio,
che sono stati chiamati secondo il suo disegno" 3
Noi
perciò chiediamo al Padre, perché Gesù ci ha detto di chiedere. Chiediamo con
fiducia anzitutto la sapienza, "senza
esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento;
e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l'animo oscillante e
instabile in tutte le sue azioni." 4 Noi chiediamo, ben sapendo che la preghiera più
vera viene pronunciata dallo Spirito Santo, che chiede per noi più di quanto
noi stessi possiamo immaginare! Chiediamo perciò senza timore dei nostri errori
di valutazione, perché il Padre ascolterà lo Spirito e le sue richieste.
Chiediamo qualunque cosa: già nel chiedere qualsiasi cosa veniamo esauditi,
perché nel chiedere si sviluppa in noi l'umiltà e il sentirci piccoli,
atteggiamenti che attirano in noi lo Spirito Santo e l'amore delicato del Padre.
Qualora noi chiedessimo anche solo pane da mangiare, riceveremmo Spirito Santo!
E' così buono il Padre che ci esaudisce al di là e al di sopra di ogni attesa.
Mentre ci rivolgiamo a lui con ignoranza, egli ci riveste dello Spirito di
sapienza!
Chiedendo
con umiltà manifestiamo fiducia e confidenza; sapendo che "non sappiamo" se ciò che domandiamo è il nostro vero
bene, che non sappiamo "cosa sia
conveniente", diamo ancor più fiducia al Padre. La nostra ignoranza
sul vero bene per noi sposta la nostra attenzione, dalle cose che desidereremmo
ottenere, alla Persona cui ci rivolgiamo.
Proprio
perché sappiamo di essere "ignoranti"
diamo peso e ci affidiamo alla sapienza del Padre. Egli sa! Egli ascolta i
desideri dello Spirito, quelli più intimi e nascosti a noi stessi.
Se
il Padre mi esaudisse in ciò che io chiedo, chissà se arriverei là dove
desidero!
Volevo
arrivare in tempo ad un appuntamento con una persona importante. Il Padre non mi
ha esaudito: sono arrivato in ritardo. Ma quella persona aveva un ritardo
maggiore del mio! Ho chiesto al Padre la salute per un amico, ma è stato
durante la malattia, e grazie a quella, che egli è giunto alla fede.
Un
giovane mi ha promesso che, se fosse piovuto la domenica seguente, avrebbe
partecipato ad un incontro di preghiera. Ho chiesto al Padre la pioggia. Egli mi
ha esaudito, ed io ero felice. Ma il giovane non ha partecipato. Non chiederò
più la pioggia, ma direttamente la partecipazione. Anzi, nemmeno questo chiederò,
perché il mio amico potrebbe partecipare senza convertirsi! Chiederò la
conversione; e questa nei tempi e nei modi che lo Spirito Santo conosce!
Uno
dei fratelli della mia comunità, quand'era incaricato della coltivazione
dell'orto, ha chiesto al Padre alcune piantine di pomodoro per completare
un'aiuola. Un'ora dopo sono "arrivate" due cassettine di pomidoro
maturi! Così ascolta il Padre! Anzi, ancora più. Dal racconto di un amico
missionario: una donna musulmana cerca con perseveranza una chiesa cristiana,
fiduciosa di essere in essa ascoltata ed esaudita. Chiede a Dio che faccia
tornare suo marito adultero. Ella ha già preparato il coltello per ucciderlo.
Ebbene, cosa fa il Padre? La esaudisce, anzi, ancor più! Prima di far ritornare
il marito le mette nel cuore la capacità e la volontà di perdonare; ora ella
gode l'armonia e la pace con tutta la sua famiglia.
Noi
chiediamo qualcosa, qualcosa addirittura che ci potrebbe far del male, ma il
Padre ci dona Spirito Santo. Noi siamo capaci persino di chiedere ricchezze,
benessere, denaro, per amore del quale
molti peccano, radice di tutti i mali,
spine che soffocano la Parola seminata
in noi da Gesù!
Nonostante
la nostra ignoranza possiamo chiedere. Il Padre ci darà di più. Così noi
passiamo dalla fiducia che il Padre ci dia qualcosa alla fiducia che egli sa che
cosa!
Egli
è contento e gode che io sviluppi il mio discernimento di figlio, egli gode che
io sia attento al suo Regno: non si spaventa se di quando in quando sbaglio nel
chiedere! Perciò chiedo. Continuo a domandare, lasciando però a lui libertà
di fare diversamente, di esaudirmi a suo modo, in maniere che io non riuscirei
ad immaginarmi. Chiedo, senza pretendere!
Padre, eccomi. Ascolta la
voce dello Spirito Santo. Io non la intendo, perché egli si esprime con gemiti
inesprimibili. Ma tu, che scruti i cuori, sai interpretare questi gemiti come il
grido di uno che vuole essere tuo per sempre!
1 Rom 8,26
DACCI
OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
C.
Gesù
nella preghiera ci fa usare pure un’indicazione cronologica: oggi!
Egli ci fa chiedere oggi per essere
esauditi oggi! Gesù non ci insegna
l’attesa paziente? Egli ci vuol vedere immersi in una fiducia confidente! Noi
chiediamo a Dio di comportarsi come egli esige da noi. Egli ci dice: "ascoltate oggi la sua voce, non indurite il cuore"! Oggi!
Dio è immerso nell’eternità, e l’eternità
sembra fatta di solo “oggi”. Nell’eternità non ci sono ritardi e
nemmeno anticipi. Quando Dio dice una cosa quella s’avvera nel suo giorno. Così
egli tratta le nostre parole: quello che chiediamo lo ascolta e ci esaudisce
(per sua grazia, a suo modo) subito! L’oggi di Dio a noi, a volte, sembra
lungo; ciò succede perché misuriamo il tempo con l’egoismo, il Padre invece
lo misura con l’amore.
Chiediamo:
dacci oggi! Si, il domani infatti non
ci appartiene, e perciò non ce ne preoccupiamo. Perché chiedere qualcosa per
il domani? Ci sarò io domani? Avrò bisogno domani delle stesse cose di cui ho
bisogno oggi? Il Padre rimane Padre anche domani. Egli non sparisce nè cambia
natura. Se oggi posso rivolgermi a lui con fiducia, domani ancora di più.
La
tentazione del mio egoismo vorrebbe portarmi a chiedere a Dio tutto quanto serve
per non avere più bisogno di Lui! Chiedere in una volta sola tutto quanto serve
per la vita, così non mi devo più umiliare, non mi devo più preoccupare di
mantenere un rapporto col Padre... E’ una tentazione forte, la tentazione
dell’idolatria: mi posso occupare delle cose invece che di Dio!
Gesù
conosce questa tentazione che è piuttosto vecchia e ripresentata in vari modi
in tutti i tempi e in tutti i popoli. Anche a lui è stata presentata dal
Tentatore laggiù nel deserto dei quaranta giorni. E’ la tentazione di
arrangiarsi a procurarsi il pane senza dipendere dal Padre. "Se
sei figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane".1
Dato che sei Figlio di Dio, cos’aspetti? Usa il potere della parola di Dio: “dì” e i sassi diventeranno pane. Occupati del pane con i tuoi
talenti, con il ‘potere’ della tua divinità.
Gesù,
che è davvero “figlio” di Dio, non vuol smettere di essere tale, di
chiamare Dio “mio Padre”, non vuol
smettere di dipendere da Lui e dalla sua Parola.
Egli
è un figlio che vuol rimanere figlio, che con amore ascolta il Padre e gli
ubbidisce. Egli risponde quindi: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni
parola che esce dalla bocca di Dio”.2 Il vero figlio di Dio sta in
ascolto.
Gesù
non vuole che i suoi discepoli, e tutti quelli che crederanno in Lui, cadano in
questa tentazione, e perciò mette sulle nostre labbra quell’ “oggi”.
Questa parola non vuole limitare l’intervento del Padre, ma vuole mantenere in
noi vivo il rapporto filiale quotidiano con Lui. Noi siamo figli che non devono
dimenticare nemmeno per un giorno l’intimità e la confidenza con Dio: sarebbe
la nostra morte spirituale, e allora a cosa servirebbe il pane? Sarebbe solo un
inganno!
Dacci oggi!
Dà
a “noi”! E’ la seconda volta che incontriamo nella preghiera del Signore
l’accenno al "“noi"”. Dopo l’iniziale Padre "di
“noi”" questo riferimento non era più ritornato.
Insegnando
a pregare, Gesù non mette mai sulle nostre labbra le parole
"“io"” e “"mio"”. Egli non ci vuol vedere isolati.
Egli ci vede già membra di un Corpo, parte di un "“noi"”, ci vede
uniti saldamente e indissolubilmente, ci vede fratelli di una sola famiglia dove
non c’è proprietà privata e divisione di beni. Egli ci vede membra di quella
Chiesa che a Gerusalemme ha cominciato a “tenere ogni cosa in comune; "chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a
tutti, secondo il bisogno di ciascuno... Ogni giorno tutti insieme... spezzavano
il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando
Dio...”"3 Chi prega il Padre, con certezza d’essere
ascoltata, è la Chiesa, Corpo di Cristo, suo Capo.
Gesù
ci fa pregare uniti, attenti gli uni alle necessità di tutti, partecipi della
stessa comune fiducia nell’unico Padre. Egli ci fa pregare insieme, perché
egli stesso ha chiesto al Padre che i suoi siano uno, una sola cosa in Lui! Gesù
non sopporta che i suoi siano divisi: è la sua croce più pesante, il peccato
dentro la sua Chiesa!
La
preghiera che Gesù insegna è preghiera comunitaria, sempre, anche quando chi
la pronuncia è un eremita o un monaco benedetto per vivere una vita in
solitudine. Anche questi è membro del Corpo di Cristo e dirà soltanto: “"dacci oggi il nostro...”" Gesù non ci insegna a pensare ciascuno per sè. La preghiera
dei suoi non dev’essere impregnata di amor proprio, ma di amore, di dono di sè,
di attenzione costante al Padre che ama tutti gli uomini.
Dacci
oggi!
Grazie, Gesù, che mi fai
esercitare ogni giorno il rapporto dolce e benefico col Padre. Grazie che mi fai
desiderare la povertà, perché la mia fiducia e vicinanza al Padre non venga
mai meno! Grazie che mi ricordi d’avere dei fratelli!
1.
Mt 4,3 2. Mt 4,4 3. Atti 2,44-47
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OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
D.
Il
pane! Gesù ci fa chiedere al Padre ciò che serve alla vita. Questo termine, “"pane"”,
può esser pronunciato e inteso nel suo significato letterale, oppure in senso
figurato. Il pane è il nutrimento da cui riceviamo energia per muoverci, per
lavorare, per divertirci, per vivere.
Col
termine “pane” possiamo intendere
pure altre realtà necessarie alla vita dell’uomo: affetto, compassione,
comprensione, solidarietà, istruzione... Che cosa intendeva Gesù quando ha
insegnato a pregare ai suoi dodici? Che cosa ci è lecito pensare di questa sua
parola?
Egli
l’ha accompagnata con due aggettivi: 'nostro'
e 'quotidiano' ! Questi possono
aiutarci a comprenderlo!
Anzitutto
“nostro”: è il pane che serve
alla comunità, quel pane senza del quale la comunità non vivrebbe, si
disgregherebbe. E’ quel “pane” che viene posseduto insieme, “mangiato”
insieme, e mantiene così uniti i fratelli in un’unica famiglia, in un unico
corpo. Questo pane è quindi quel cibo che è necessario perché “noi”
viviamo come Corpo di Cristo! E’ il nutrimento necessario perché si sviluppi
l’unità delle varie membra.
Quotidiano:
attorno a questo termine, presente sia nel vangelo di Matteo che in quello di
Luca, ci sono molte ipotesi e spiegazioni, essendo un termine poco usato dagli
scrittori greci. Esso può avere il significato di "“per il giorno che
viene"”, oppure "“per quel tanto di cui c’è bisogno"”,
cioè "poco", lo strettamente necessario. Lo stesso termine potrebbe
aver pure il significato di "“soprasostanziale"”, che è al di
sopra e al di fuori delle cose materiali.
Questa
varietà di traduzioni ci permettono di comprendere nella preghiera aspetti e
significati della nostra vita sempre più vasti, più profondi e spirituali. Così
possiamo vedere come il Signore è "ecumenico"! Egli sa accogliere la
preghiera di chi chiede il pane della sopravvivenza terrena e quella di chi
chiede il pane della vita eterna! Dio è Padre di tutta la nostra vita in tutti
i suoi aspetti, e, come sa rispettare e favorire la nostra crescita “in età”,
così rispetta e ama e favorisce la nostra crescita
“in sapienza e in grazia”!1
Il
libro del Siracide descrive gli uomini intenti nei lavori materiali: “
"La loro preghiera
riguarda i lavori del mestiere" 2!
Poi aggiunge:
"“Differente è il
caso di chi si applica e medita la legge dell’Altissimo... Di buon mattino
rivolge il cuore al Signore, che lo ha creato, prega davanti all’Altissimo,
apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati. Se questa è la volontà
del Signore, egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza, come pioggia
effonderà parola di Sapienza, nella preghiera renderà lode al Signore..."
3
La
preghiera di Gesù è per gli uni e per gli altri: egli unisce tutti in sè!
Egli stesso ci ha dato un motivo di riflessione, quando, seduto sul mezzogiorno
sull’orlo del pozzo, disse alla Samaritana: "“dammi
da bere". Non c’era nessun altro: egli stesso aveva permesso ai suoi
di entrare in città a comprare da mangiare. Ma quando essi tornarono col cibo,
li prevenne: "Ho da mangiare un cibo
che voi non conoscete".” E i discepoli si domandavano l’un
l’altro: "”Qualcuno forse gli ha
portato da mangiare?” "4
Gesù
sa che è necessario bere e mangiare, e sente anch’egli la sete e la fame, ma
sa pure che mangiare e faticare senza la sapienza di Dio non giova.
Ci
fermiamo al primo e più immediato significato della parola “pane”.
L’uomo ha bisogno di nutrirsi e lavora e fatica per questo. L’apostolo Paolo
raccomanda: "Chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni
fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla... A questi tali ordiniamo,
esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in
pace." 5 Il lavoro e il cibo rientrano nel disegno di Dio,
che ha sottomesso all’uomo tutta la creazione. Eppure a causa del suo peccato
l’uomo prova la sofferenza della fatica e della fame, e ogni giorno incontra
affamati e assetati.
Il
popolo di Mosè nel deserto fece l’esperienza della preghiera per il pane:
"Alla loro domanda fece scendere le quaglie e li saziò con il pane del
cielo".6
Il
Padre è certamente “contento” che ci rivolgiamo a Lui, anche se i motivi
per cui lo facciamo sono semplici e banali. Ma nulla è banale, nessuna cosa è
normale, quando essa ci porta ad un rapporto di figli col Padre. Nulla è al di
fuori del suo sguardo, nulla, nemmeno quel pane che c’è in tavola tutti i
giorni. Gesù stesso ci dà l'esempio: ogni volta che egli si mette a mangiare,
prima di spezzare il pane alza gli occhi al cielo e benedice il Padre. Egli
riconosce così che la nostra vita, anche solo l’essermi svegliato stamattina,
è dono di Dio; il continuare a vivere è dono suo. Il lavoro, con cui l’uomo
si procura il pane e il pesce, è dono di Dio. Anche questi doni, così
materiali, sono occasione per contemplare e amare il Padre, occasione per
mantenere vivo un quotidiano rapporto con Lui. Non c’è nulla di così piccolo
che rimanga al di fuori della grandezza di Dio. Se Egli non si interessasse
delle mie piccole cose, sarebbe forse grande? Non sarebbe più Padre!
Grazie, Padre, che
t’interessi di tutto! A te non sfuggono le mie necessità, nemmeno le più
piccole. Ti benedico per il pane, per quel pane che ritengo un diritto, e invece
è un dono! Ogni volta che mi siedo a tavola vedo la tua paternità!
1. cfr Lc 2,52
2. Sir 38,34b 3. Sir 39,1-8 4. Gv
4,7.32-33 5. 2Ts 3,10-12 6.
Sal 105,40
DACCI
OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
E.
Dà
a noi il nostro pane d’ogni giorno, il pane che basta per oggi. La mancanza di
cibo, di tutto ciò che è necessario alla vita, compreso l’affetto e la
compagnia degli uomini, - di cui oggi si sente tanto il bisogno, - mette in luce
i segreti del nostro cuore. Queste situazioni sono occasioni nelle quali si
rende manifesto ciò che c’è nel nostro intimo: fede o incredulità,
riconoscenza o pretesa, abbandono fiducioso o ribellione, obbedienza o
disobbedienza.
"Nel
loro cuore tentarono Dio,
chiedendo
cibo per le loro brame;
mormorarono
contro Dio
dicendo:
”Potrà forse Dio
preparare
una mensa nel deserto?
Ecco,
egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e
strariparono torrenti.
Potrà
forse dare anche pane
o
preparare carne al suo popolo?”
Non
ebbero fede in Dio
nè
speranza nella sua salvezza." 1
Così
è scritto del comportamento del popolo nel deserto: fame e sete erano banchi di
prova della fiducia in quel Dio che s’era già ripetutamente dimostrato
grande. Ma l’uomo ha difficoltà, non vorrebbe sempre fidarsi, vorrebbe
finalmente aver nelle proprie mani la propria sorte. E’ da questa radicale
sfiducia in Dio che l’uomo si muove per garantirsi il proprio futuro: e
l’uomo non dice più “dacci il nostro
pane quotidiano”, ma si preoccupa del “mio pane per tutta la vita”.
Quando
un cristiano entra in questa tentazione non si sente più fratello di nessuno,
abbandona la comunione profonda coi suoi fratelli, comincia a “disertare
le riunioni”2 e finisce col perdere la fede. Egli diviene
sempre più inquieto, non s’accorge più delle povertà altrui, l’ascolto
della Parola di Dio lo stanca al punto che non la cerca più.
"Molti
sono andati in rovina a causa dell’oro,
il
loro disastro era davanti a loro.
E’
una trappola per quanti ne sono entusiasti,
ogni
insensato vi resta preso." 3
Il
peccato genera morte ancora. Il peccato d’avarizia e di egoismo causa la
morte. Il pane dei popoli sottoalimentati è finito nelle tasche dei popoli
ricchi, chiuso nelle casseforti delle nostre banche, che lo adoperano a
continuare l'ingiustizia in modi sempre più subdoli e violenti.
Quando
dico "dacci oggi il nostro pane
quotidiano" pronuncio un giudizio contro me stesso, se ho i magazzini
pieni: chiedo il pane “nostro”, mi dichiaro pronto ad amministrare quel pane
che dal Padre è destinato “a noi”, e invece lo riservo al mio proprio
futuro, che del resto non so se ci sarà. S.Paolo esorta così i cristiani: "Chi
è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con
le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità.”4
“In tutte le maniere io vi ho dimostrato che lavorando così si devono
soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi
è più gioia nel dare che nel ricevere." 5
E
S.Giacomo: "E ora a voi che dite: «Oggi
o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e
guadagni», mentre non sapete cosa sarà domani!" 6
Le
parole dei profeti e degli apostoli stessi sono dure e tremende per coloro che
ammassano ricchezze, perché tale preoccupazione manifesta un cuore idolatra: è
segno che la fiducia è posta nelle cose invece che nel Padre! Questa idolatria
poi è fonte di sofferenze e di ingiustizie sempre crescenti: "Ai
ricchi di questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la
speranza sull’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con
abbondanza perché ne possiamo godere; di fare del bene, di arricchirsi di opere
buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, mettendosi così da parte un
buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera." 7
S.Paolo stesso si fa promotore di una colletta a favore della Chiesa povera di
Gerusalemme ed esorta i cristiani della Grecia ad essere generosi, a non temere
la povertà, perché "Anche Gesù
“da ricco che era si è fatto povero per voi". 8
La
preghiera che Gesù ci mette nel cuore e sulle labbra ci vuol aiutare anche in
questo: a desiderare solo il puro necessario, a vedere i beni di cui disponiamo
come un dono di Dio per la nostra comunità di fratelli nel Signore; e la nostra
comunità ne dispone per donare i segni dell’amore del Padre a tutti, anche a
quelli che si dimostrano nemici: così anche i beni terreni divengono strumento
per l’annuncio concreto della paternità di quel Dio che Gesù ci vuol far
conoscere e amare a nostra salvezza.
Padre, nostro, dacci il
pane nostro: con esso ti faremo conoscere, con esso divulgheremo il tuo amore,
tramite esso annunceremo la tua paternità a coloro che non ti hanno ancora mai
visto e mai amato! Padre!
1.
Sal 78,18-20.22 2. Ebr 13 3. Sir 31,6-7 4.
Ef 4,28 5. Atti. 20,35
6. Gc4,13 7. 1Tm
6,17-19 8. 2Cor 8,9
DACCI
OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
F.
Gesù
aveva insistito con i suoi discepoli : "Per
la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per
il vostro corpo, di quello che indosserete... Di tutte queste cose si
preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno
date in aggiunta." 1 Forse che egli, insegnandoci la
preghiera, ci fa tornare indietro? Il Padre sa..., perché dunque
ricordarglielo, perché dirglielo? Gesù non vuole contraddirsi. Il pane, cui
Egli accenna nella preghiera, è sì il pane materiale, - e ci insegna a
desiderare sotto lo sguardo del Padre solo quel poco che è necessario giorno
per giorno -, ma di certo è anche un altro pane, un altro nutrimento necessario
alla vita.
Egli
stesso aveva respinto la tentazione del Maligno dicendo: "Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce
dalla bocca di Dio”." 2 L’uomo ha bisogno della parola
di Dio per vivere. Io devo sentire rivolta a me la parola del Padre: "Se tu non mi parli io sono come chi scende nella fossa." 3
Senza la Parola del Padre non viviamo, siamo tristi, senza amore, ci
distruggiamo a vicenda. Gesù ha detto quelle parole mentre sentiva la fame di
quaranta giorni. La Parola "che esce
dalla bocca di Dio”" è più necessaria del pane materiale, è quella
parola che dà la vita, la parola che crea. Anche i poveri hanno bisogno
anzitutto di questa Parola. Anche i miseri apprezzano "una parola più del dono”" ! Senza la vita interiore
formata e nutrita dalla Parola di Dio, a che serve il pane?
"Poco
con il timore di Dio
è
meglio di un gran tesoro con l’inquietudine.
Un
piatto di verdura con l’amore
è
meglio di un bue grasso con l’odio." 4
La
parola di Dio che crea in noi la vita, che forma in noi l’amore, che ci fa
portatori della sua luce e della sua sapienza, è un pane necessario,
indispensabile, quotidiano. Ogni giorno questo pane dev’essere sul nostro
tavolo, a portata di mano, sempre pronto.
La
parola di Dio ci conforta, ci dà luce, e ci indica pure i voleri di Dio. Questa
Parola chiede al Padre: dacci oggi il
nostro pane. Dacci le tue parole, i segni della tua volontà, perché
sappiamo ciò che dobbiamo fare. "Nella
tua volontà è la nostra pace". Gesù stesso, ai discepoli che lo
invitavano a mangiare quello che avevano comperato, rispose: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere
la sua opera." 5 Senza
questo cibo, che serve mangiare? Se non conosco lo scopo della mia vita e
non uso le mie energie per raggiungerlo, a che serve acquisirne ancora? Il pane
della Parola dà significato al pane della mensa.
"Questo
tuo alimento manifestava
la
tua dolcezza verso i tuoi figli.
...
perché
i tuoi figli, che ami, o Signore, capissero
che
non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo,
ma
la tua parola conserva coloro che credono in te".6
La
parola del Padre è il pane che gli chiedo. Questa Parola e questo Pane è Gesù
stesso! "Il pane di Dio è colui che
discende dal cielo e dà la vita al mondo”."7 "Io
sono il pane della vita: chi viene a me non avrà più fame”!" 8
"Prendete e mangiate; questo è il mio corpo." 9
Ecco
il pane di cui non solo io, ma tutta la comunità cristiana, la Chiesa, ha
bisogno ogni giorno. Questo è il pane che chiediamo insieme per tutti noi e per
tutto il mondo: il pane del rendimento di grazie, il pane eucaristico, il corpo
di Cristo! Questo è il pane che la Chiesa possiede, che la Chiesa amministra
per tutti i suoi membri. E’ mangiando questo Pane che la Chiesa acquista
energie d’amore per divenire fermento di comunione, di perdono, di unità per
tutti i popoli.
Ma
questo pane ci viene dato da Dio tramite lo Spirito Santo. E’ lo Spirito Santo
invocato dalla Chiesa sul pane che trasforma questo in Corpo di Cristo. Ed è lo
Spirito Santo che fa di noi, che mangiamo quel Pane, un solo corpo! Mangiando
quel Pane cotto dal fuoco dello Spirito, riceviamo anche noi il calore
dell’amore, la luce della sapienza, la forza e la dolcezza della comunione.
Mangiando quel Pane diventiamo una sola cosa nello Spirito, riceviamo lo Spirito
che ci unisce per essere dono di vita al mondo!
E’
bello constatare che anche Gesù pensava allo Spirito Santo quando nominava il
pane. Nel vangelo secondo Luca, Gesù, subito dopo aver donato la preghiera del
Padre nostro ai suoi discepoli, racconta una parabola, quella dei tre pani.10
"Un amico va a
mezzanotte da un amico a dirgli: Prestami tre pani da mettere davanti a un
amico...; quello glieli darà per la sua insistenza." E poi conclude l’invito alla fiducia così: “"se
dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più
il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo
chiedono!”" Lo Spirito Santo è il pane ‘soprasostanziale’ di cui
si nutre la comunità dei cristiani. Senza di esso la comunità non riesce a
stare unita, senza di esso la comunità non diventa luogo d’amore per gli
uomini nè riflesso di Dio, non è comunità. Se c’è Spirito Santo in noi e
tra noi, la nostra vita è sazia, e la nostra unità è sicura.
Quando
prego con le parole di Gesù io chiedo al Padre lo Spirito Santo: Padre, dacci
il nostro pane quotidiano, donaci lo Spirito Santo perché senza di lui non
saremmo tua comunità, tua Chiesa, non saremmo il Corpo di Cristo, tuo Figlio.
S.Pietro
ci esorta così: "Come bambini appena
nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la
salvezza." 11
Che
cos’è questo puro latte spirituale, nutrimento necessario per crescere nella
vita cristiana, se non lo Spirito Santo? Il latte è il primo nutrimento che la
madre offre dal proprio corpo e dona ai figli appena nati. La Chiesa ai suoi
figli fa succhiare lo Spirito Santo nei segni sacramentali che la manifestano e
la rendono madre. Attraverso i santi Sacramenti, che sono il suo
"“corpo"”, il “luogo” dove essa si rende concreta, la Chiesa
dona lo Spirito di Dio, quello che essa stessa ottiene dal Padre con la sua
preghiera quotidiana e con la sua sequela costante al Signore Gesù. Egli lo ha
consegnato sulla croce e lo ha alitato da risorto. Da lui, presente in mezzo ai
suoi ministri, riceviamo ancora il soffio Santo; dalla sua bocca riceviamo
l’Alito che ci rende capaci di perdono e di comunione!
Padre, donaci il pane
della tua Parola! Donaci da mangiare ogni giorno il Corpo del tuo Figlio! Dacci
da bere il latte dello Spirito, che ci fa amare il tuo Figlio e ci fa
comprendere la tua Parola: diverremo anche noi figli tuoi e anche noi saremo tuo
pane che sazia la fame del mondo. Anche da noi si effonderà la luce e il calore
del tuo amore, e la terra sarà nuova, riceverà un volto nuovo sul quale le
lacrime saranno asciugate.
Padre, ascolta il tuo
Spirito stesso, che prega in noi!
1. Mt 6,25-33 2. Mt
4,4 3. Sal 4. Pr 15,16-17
5. Gv 4,34 6. Sap
16,21.26
7. Mt 6,33 8. Mt
6,35 9. Mt 26,26 10. Lc
11,5-8.13 11.
1Pt 2,2