LE
ARMI
DELLO SPIRITO
«Ci presentiamo
con le armi della giustizia
a destra e a sinistra»
(2 Cor 6,4.7)
Esistono
ancora il «mondo» e la «carne» che ci costringono a vigilanza e prudenza
spirituale. Esiste attorno a noi e
in noi tanta forza negativa che ci impedisce di accogliere in pienezza lo
Spirito Santo, e quindi di essere attivi nel Regno di Dio.
Persino la
nostra stessa intelligenza con i suoi "ragionamenti" forma barriera
alla Grazia del Signore.
San Paolo,
in un brano usa addirittura terminologia militare per renderci attenti e
aiutarci a meditare affinché non ci lasciamo travolgere. Lo leggiamo, coi
desiderio di essere attratti potentemente dalla luce di Dio e dalla sua forza.
don Vigilio Covi
Attingete
forza nel Signore
(Ef 6, 10)
La
mia vita è un susseguirsi di vicende, un intersecarsi di volontà, di energie,
di positività e negatività, un continuo esercizio di adattamento a nuove
situazioni esteriori ed interiori, un costante affrontare ambienti d'accoglienza
e di rifiuto, d'accoglienza superficiale o profonda, un lavorio per manifestare
e per nascondere, per comprendere e per far comprendere...
La
mia vita è questo movimento, e la vita di chiunque incontro sulla strada e di
chiunque si trova seduto accanto a me.
Ed
io voglio vivere questa vita in Dio. Voglio
rimanere in lui. Voglio restare
nell'amore, nella luce, nella grazia! Voglio
vivere questi movimenti interiori ed esteriori come li vive un figlio di Dio,
perché a questo sono stato chiamato.
E'
necessaria una grande forza. Ci
sono continuamente sollecitazioni ad uscire dall'amore, a vivere di protesta, di
inquietudine, a voler determinare e piegare i fatti e le persone verso i
programmi. Vivere l'amore richiede
forza, quella forza che piega il proprio io.
Esser figlio di Dio dentro le varie situazioni richiede lotta, una lotta
incessante. Molte situazioni
diventano tentazione, impulso a dimenticare l'essenziale, a dimenticare che Dio
è amore e che io sono suo. In
alcune situazioni il diavolo stesso si intromette con le sue insidie, in altre
ci sono forze provenienti dal clima spirituale dell'ambiente, del paese, della
famiglia o addirittura di una cultura che vorrebbero impedirmi di essere figlio
di Dio.
Ad
esempio, molto spesso ho sentito dire: «ma cosa c'entra Dio con queste cose?»,
tanto che una domanda simile si è come piantata fissa nel cervello.
Ed io so che Dio è papà, e un papà vede anche le piccole cose, tutto
quello che faccio. Egli mi ama anche quando faccio cose che potrebbero sembrare
insignificanti! Il suo amore è
manifestato o nascosto anche in una giornata di sole o in un sorriso che mi è
rivolto, o in un suggerimento interiore o in un incidente o in un incontro «fortuito»!
Io lo so, perché Dio è Padre. Ebbene,
anche se lo so mi riesce difficile dirlo, e talvolta anche a dirlo a me stesso,
perché la cultura che impregna l'aria è atea, è riuscita a relegare Dio in
ambienti chiusi e in momenti circoscritti.
Ci
vuole una forza d'amore impressionante per superare le piccole e le grandi
ombre, i «dominatori di questo mondo», «gli spiriti del male che abitano
nelle ragioni celesti».
Le
giornate, il lavoro, la preghiera sono campi di battaglia dove io voglio
difendere la mia figliolanza a Dio, e dove io voglio vincere perché anche altri
siano difesi dai miei stessi nemici.
Attingete forza nel Signore e
nel vigore della sua potenza!
Mentre
scrivevo, qualcuno ha bussato alla porta. Quanta
forza per accoglierlo! Mi veniva da
far attendere, o da trattare con fretta quella persona per avere il tempo di
finire la pagina.
Il
Signore mi ha dato luce per vedere in questi pensieri delle tentazioni.
E allora ho attinto forza da Lui: Tu Gesù sai perché viene proprio ora
questa persona. L'hai mandata Tu.
Donami quanto è necessario perché io l'accolga, l'ascolti, la ami come
si ama la tua Persona.
Ecco,
attingendo forza dal Signore le tentazioni divengono occasione per esercitare
l'amore, per vivere la Tua vita, o Dio!
Signore Gesù, Tu hai forza
per ogni situazione, perché in ogni circostanza io possa restare nell'amore.
Vengo a Te, che hai vinto ogni tentazione, vengo a Te, che sei rimasto di
Dio persino sulla croce.
In Te trovo forza per vincere
i pensieri del mondo, così diversi dai tuoi, per scegliere ciò che Tu scegli
nella tua luce, che vede sempre il Padre.
Signore Gesù, abbi pietà di
me!
State
dunque ben fermi,
cinti i fianchi con la verità
(Ef 6,14a)
Inizia
così la descrizione dell'armatura di
Dio, quella che il cristiano deve indossare per resistere a tutte le prove, le
sollecitazioni contrarie alla fede.
Un'armatura
interiore, descritta usando le immagini di quella del soldato in stato
d'allarme. San Paolo confida così
di esser capito dai cristiani di Efeso: cercheremo di comprendere anche noi.
Il
soldato sta in piedi e si cinge le vesti. Le
vesti sciolte intralciano i movimenti: una cinghia è necessaria per potersi
muovere con destrezza e libertà in ogni direzione.
Che
cosa corrisponde a questa cinghia nel cuore del cristiano?
Che cosa dà libertà e destrezza e prontezza?
La
verità! La verità è il primo
criterio di discernimento spirituale che aiuti il credente a vivere in mezzo ai
pericoli della sua fede. Vorrei
spendere qualche parola a tradurre il termine «verità».
Lo usiamo in troppe accezioni senza arrivare al fondo del suo
significato. L'etimologia di questa
parola nella lingua del Nuovo Testamento (greco) ci fa pensare a qualcosa «che
non è nascosta», «che non è nell'oscurità».
Quante cose sembrano essere nell'oscurità per la mente dell'uomo, quante
nascoste ai suoi occhi! Gli uomini
in cerca della verità non si contano, tanto che più d'uno, arrendendosi, crede
che la verità stia nel non esserci verità.
Se guardiamo bene, l'ultima realtà che rimane nascosta agli occhi umani
è il Volto di Dio. La verità è
Lui, l'inizio e la meta di tutto: è Lui che scoprendosi o rivelandosi, dà
luce, significato e valore a tutto.
Egli
ha trovato una strada per manifestarsi, per farsi vedere dall'uomo:
la
Persona umana di Gesù: Gesù è la verità, la rivelazione di Dio.
E
Gesù dà a chi lo ama lo Spirito di verità: mette i suoi nella possibilità di
rivelare qualche aspetto della vita, della gloria, dell'amore di Dio.
Così
io comprendo la parola di s. Paolo, che cioè il rivestirsi della verità è
un'arma che tiene a bada le varie tentazioni e tensioni mondane dalla vita di
fede.
Poco
fa, parlando con una persona che mi adulava - così almeno sembrava a me - sorgeva nel mio cuore un movimento di
stizza, di
di rabbia. Ed ecco, grazie alla
bontà di Dio, il ricordo: «rimani nella verità»: «tu ora devi manifestare
qualcosa di Dio, tu ora devi far risplendere la pazienza del Padre». E così sono
riuscito a dominare la rabbia.
Un'altra
volta avevo premura: era già suonata l'ora di iniziare una celebrazione, e una
persona mi intratteneva con i suoi problemi.
La fretta stava entrando in me, quella fretta che non permette un ascolto
vero e nemmeno un servizio di Dio adeguato. «Sta nella verità»: «in te
questa persona deve sperimentare l'ascolto di Dio, in te quelli che ascolteranno
la Messa devono vedere la misericordia e la pace del Padre».
Così la tentazione della fretta s'è dileguata.
Il
ragazzino che rubava in canonica è stato scoperto: due possibilità o
tentazioni fanno capolino: o prenderlo a calci, o lasciar correre con un po' di
compassione.
«Cingi
la verità»: «Tu riveli l'amore e la serietà di Dio, la misericordia e la
fermezza». E allora trattenni i
piedi, ma lo portai con fermezza alla restituzione.
E cosi potemmo mangiare insieme la torta della riconciliazione e
stringere amicizia.
Grazie, Signore Gesù, che ci
rivesti della verità: Tu sei la verità e doni a noi di trasmetterla, di
esserlo con la nostra vita che traduce in gesti umani l'infinita bontà e
grandezza e fedeltà di Dio, del Padre tuo e nostro.
«Rivestitevi
con la corazza della giustizia»
(Ef
6,14b)
Ho
pensato per lungo tempo, sotto l'influsso di un proverbio latino, che la
giustizia fosse il dare a ciascuno il suo.
Con questo proverbio si è fatto strada ben presto il concetto che gli
altri a me devono il mio, e quindi l'attenzione ai diritti, ai doveri degli
altri verso di me, ad un orientamento chiaramente egocentrico nelle relazioni
interpersonali, anche con Dio.
Le
conseguenze nessuno le immagina, perché tutti le conoscono, perché sono le
conseguenze del peccato originale: «a me spetta ... », «io voglio», «io mi
appartengo»...
Quando
faccio qualcosa penso: «Che cosa me ne viene?». E quando programmo un'azione o una giornata penso: «Cosa o
quanto ci guadagno?». E se
qualcuno mi chiede un servizio lo subordino alla mia «giustizia»: la
ricompensa.
Mi
sono accorto che questa comprensione della giustizia mi porta fuori del «cuore»
di Dio, fuori della sua vita. Egli
non è cosi, Egli non pensa in termini di guadagno.
Dio è gratuità, è amore di papà.
Essere giusti secondo Dio significa essere disinteressati, avere amore di
padre, essere dono.
Mi
trovavo a svolgere un servizio gratuito per i miei compagni di scuola.
Scrivevo
a macchina gli appunti del professore. Lo
facevo con gioia e libertà di cuore. Mi
hanno detto che era giusto che mi fossi fatto pagare: era «giusto».
Sono entrato in questo concetto di giustizia e ho cominciato a lasciarmi
pagare, poi a farmi pagare, a calcolare il guadagno: non servivo più i miei
compagni, servivo me stesso. Ho
perso la gioia e la libertà interiore. Fretta,
pensieri di denaro e di guadagno occupavano il mio cuore.
Ero uscito dalla «giustizia» di Dio, non ero più nel suo modo di
agire, avevo perduto una dimensione importante dell'essere uomo: non ero più un
«uomo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera».
Avevo perduto la dimensione paterna dell'amore, della vita, e avevo
acquistato la dimensione egocentrica, fonte di schiavitù alle cose, al denaro,
a sentimenti legati a ciò che passa.
La
giustizia di Dio è la corazza, una difesa sicura dai pensieri e sentimenti
dell'egoismo. «I giusti vivono per sempre» (Sap 5,15), quelli che indossano la
giustizia come corazza! Quelli che
si coprono dell'amore misericordioso di Dio, della sua pazienza, della sua
gratuità, e a sua paternità. Questa
è la giustizia di Dio! Questa è
la vera giustizia che conferisce all'uomo la somiglianza con Dio, vita eterna,
santità e gioia. L'uomo che sa di
assomigliare a Dio nella sua pazienza e nella sua gratuità diviene forte,
capace di serenità e di gioia anche nella tribolazione.
L'uomo che sa di vivere la gratuità di Dio diviene capace di portare
senza turbamenti situazioni difficili, di incomprensione, di solitudine, come
Giuseppe, sposo di Maria, uomo giusto.
Tu, Gesù, sei il giusto.
Tu sei colui che mostra agli uomini gli atteggiamenti paterni di Dio.
Tu sei forte nelle tue decisioni e deciso nelle tribolazioni perché sai
di avere nel cuore i sentimenti del Padre, nella mente i suoi pensieri, nei
fatti la sua volontà. Tu sei
giusto, perché sei «come il Padre», dono gratuito.
Gesù, grazie per la giustizia
di cui rivesti anche la mia persona quando sto con Te e mi immergo in Te.
Abbi pietà di me!
Grazie della tua Parola: e «forma
alla giustizia» e plasma in me l'uomo vero che piace al Padre e che sa donare
gioia e pace agli uomini.
Avendo
come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. (Ef 6,15)
La
calzatura ovviamente non è un'arma, ma è una componente essenziale del
vestiario di un soldato. Senza scarpe il soldato si muove ben poco, deve temere
le spine, i sassi, i serpenti... deve perdere tempo a badare a questi 'nemici'
così banali, che nonostante la loro poca incidenza rischiano di fargli perdere
terreno, di impedirgli l'attenzione al vero nemico e di farlo cadere nelle sue
mani.
Trasferire
queste immagini nel campo della vita spirituale: che cosa sono le spine, i sassi
appuntiti, i serpenti e gli scorpioni che ritardano i movimenti? Con che cosa ci
si può difendere stabilmente da queste cose?
Il
cristiano s'imbatte ogni giorno ed ogni momento della sua vita in cose e fatti
che attirano la sua attenzione e rischiano di impegnare - inutilmente - le sue
energie.
Possono
essere piccole malattie del corpo, piccole offese che suscitano risentimenti
nell'animo, permalosità, occasioni di gelosia o di invidia, brutte figure
temute o fatte, sbagli nell'amministrazione del denaro, peccati di omissione,
spirito di tristezza che ci troviamo addosso senza sapere il perché... Queste e
altre cose ci impediscono di essere testimoni del Signore Risorto, ci
impediscono di ricevere e di trasmettere lo Spirito Santo attorno a noi, ci
fanno ripiegare su noi stessi, e così cadiamo in atteggiamenti egocentrici che
distruggono la vita spirituale e rendono inefficace la Presenza di Gesù nel
nostro cuore.
Calzatura
che ci fa passare sopra a tutti questi 'piccoli' impedimenti con grandi effetti
è lo zelo per propagare il Vangelo della pace. Zelo! Desiderio ardente che Gesù
sia conosciuto e accolto.
La
Buona Notizia (vangelo) che Dio ci comunica le sue ricchezze, che Dio ci ha dato
il suo Figlio e con lui il perdono e la vita, è una notizia che non deve
trovare ostacoli, una notizia così importante per tutto il mondo, per cui non
si può badare a piccolezze. Lo zelo per il Vangelo, l'amore per Gesù che dev'essere
fatto conoscere a tutto il mondo ci rende insensibili alle offese, alle
ingiurie, ai risentimenti, ci rende superiori alle brutte figure, agli sbagli,
ai motivi di gelosia, ai nostri stessi peccati.
Lo
zelo per il Vangelo riesce a ridicolizzare e minimizzare tutti questi piccoli
inciampi occasionali che, se ci si badasse, potrebbero ostacolare davvero il
Regno di Dio in noi e attorno a noi. E lo ostacolano per davvero in molte anime
di cristiani, anche di sacerdoti, che non hanno la calzatura ai piedi: non hanno
zelo per la proclamazione e la propagazione della Buona Notizia.
Chi
pensa solo a vivere, magari onestamente, chi pensa solo a guadagnarsi il
Paradiso, chi vive il proprio essere cristiano come un dovere o un piacere
personale continuerà ad esser vinto da piccole cose, a cadere e inciampare in
sassolini che paiono montagne.
Chi
è zelante per l'annuncio della salvezza che viene da Gesù, chi cerca che il
suo Maestro sia conosciuto e amato, chi impegna la fantasia e le energie in
questo messaggio non vede e non s'accorge neppure di tante cose che - altrimenti
- lo rattristerebbero, scoraggerebbero, e gli impedirebbero di essere testimone
dell'amore di Dio.
Vivere
con Gesù, per farlo conoscere come il dono gioioso di Dio che trasforma in luce
i nostri giorni tristi! Gesù!
Grazie, Signore Gesù, che mi
hai messo nel cuore il tuo Vangelo, la buona notizia della tua Presenza da
diffondere con le mie parole e con la testimonianza della mia vita, che è
serena e fiduciosa perché ci sei Tu!
Grazie, Signore Gesù!
Tenete
sempre in mano lo scudo della fede
con
il quale potrete spegnere
tutti
i dardi infuocati del maligno
(Ef
6,16)