Di ritorno dalla Turchia.
- Viaggio di settembre 2001 di don Vigilio e Giuseppe.
Sono di ritorno dalla
Turchia. Recatomi con Giuseppe a trovare le due comunità trentine presenti in
quel paese, ho voluto far visita anche ad altre persone che vivono ad Istanbul.
Anzitutto chiediamo ospitalità per la notte a Fra Alberto, superiore dei
cappuccini, nella loro parrocchia di S.Stefano. Ammiriamo questo frate di 86
anni, col sorriso sempre sulle labbra e una grande gioia sempre presente nel
cuore! È contento di essere da più di 60 anni in Turchia, a servizio di
cristiani e di musulmani, che gli sono molto riconoscenti!
Pensiamo di incontrare anche
i padri Domenicani nella parrocchia di S.Pietro, ma sono assenti. Ci accolgono
le due suore Domenicane irachene che li aiutano nella loro ormai famosa
biblioteca!
Quindi disturbiamo le Suore
di Ivrea, che nel cuore di Istanbul tengono aperta una scuola superiore,
frequentata da cristiani e musulmani. Molto bella l’esperienza che queste
suore ci raccontano. Collaborano con i loro insegnanti, in gran parte musulmani.
Con l’insegnante di religione islamica tengono incontri congiunti per le loro
allieve. E queste sono molto riconoscenti. Quando poi si sposano non mancano di
tornare a ringraziare le suore, che con rammarico ci dicono: dai cristiani non
possiamo aspettarci un grazie così sentito!
Le piccole Sorelle di Gesù
vivono in un quartiere povero e si recano ad aiutare in un ospizio per poveri.
Ci accolgono con grande gioia. Esse erano a Konya prima di noi! In casa loro
siamo raggiunti dal Vescovo Caldeo cattolico: purtroppo porta la notizia dei
fatti di New York, con grande preoccupazione. Preghiamo con lui e riceviamo la
sua benedizione, quindi ci affrettiamo alla Chiesa di S.Antonio. Questa è una
grande chiesa, sempre aperta e sempre visitata da cristiani e musulmani. Anche
questi sono devoti di S.Antonio di Padova, entrano con devozione, accendono
qualche candela, osservano i piccoli libri in turco che presentano vite di santi
o sfogliano un vangelo. Incontriamo gli italiani P.Davide e P.Luigi, il rumeno
P. Anton e il superiore polacco. Ammiriamo il loro impegno e assistiamo alla
S.Messa celebrata in turco nella sagrestia per pochi cristiani e qualche
curioso.
Riprendiamo il volo per
Konya. I turchi che incontriamo in pullman e sull’aereo sono tutti amareggiati
da quanto è successo in America. E anche nei giorni seguenti, potendo scambiare
qualche idea con qualcuno di loro, si dimostrano sicuri che non la loro
religione porta a tali eccessi, ma l’amore al denaro! Si mostrano convinti che
ci sono sotto interessi di altri americani, capaci di cose simili!
A Konya incontriamo la gioia
delle nostre sorelle e dei fratelli che normalmente sono in Cappadocia. In
questi giorni però stanno con noi: abbiamo in programma dei lavori che
necessitano il loro aiuto. Vogliamo cambiare una parte dei tubi
dell’acquedotto, interrare cavi elettrici e telefonici, posare delle pietre
nel piccolo spazio davanti alla chiesa, riparare una buona parte del cancello
che stava marcendo, e vari altri lavoretti di manutenzione che le nostre
sorelle, da sole, non riuscirebbero mai a fare!
Vengo a contatto così con
artigiani e negozianti! Come dovunque, anche qui c’è chi vorrebbe
approfittarne del fatto che siamo stranieri per aumentare i prezzi, ma ogni
volta troviamo pure chi ci aiuta e ci difende. Tra questi si segnalano gli “aggè”,
i “santi”! Sono chiamati così coloro che sono stati in pellegrinaggio alla
Mecca. Essi si distinguono per il loro portamento posato, portano una barba
leggera, sono rispettati e quasi venerati da tutti. Si direbbe che si sentono
particolarmente investiti di una missione di onestà, di sapienza, di posatezza
e di cordialità.
Mentre i fratelli sono
impegnati nei vari lavori, le sorelle continuano il loro servizio. Accolgono i
numerosi gruppi di pellegrini, che ripercorrono le tappe di S.Paolo. Questi
gruppi chiedono loro, prima o durante la celebrazione, di raccontare notizie
sulla chiesa, sulla città, sulle loro difficoltà, sul motivo della loro
presenza, sul rapporto con i musulmani, sulla presenza di cristiani in questa
terra che è stata la culla del cristianesimo europeo.
Inoltre le sorelle sono
impegnate a rispondere al campanello, che suona varie volte al giorno: sono
giovani che vogliono vedere la chiesa, donne piangenti perché abbandonate dal
marito e chiedono una preghiera, cristiani che desiderano scambiare qualche
parola, avere un consiglio, fermarsi un po’ a pregare in chiesa. Qualche
giovane musulmano tenta pure di fare qualche domanda sulla nostra fede, confida
le sue difficoltà di vita, domanda di imparare qualche preghiera, di quelle che
vengono dal cuore.
È a questo punto che io
rimpiango di non avere vent’anni di meno per… riuscire ad imparare il turco
e fermarmi in questa terra! Anche se i musulmani non diventano cristiani, è pur
bello poter parlare loro della paternità di Dio, dell’amore di Gesù, della
comunione che nasce dalla nostra fede! Essi non sono sordi, condividono e
integrano le loro conoscenze religiose con la pace del Signore Gesù Cristo!
Devo accontentarmi di celebrare la messa in turco alla domenica: vengono i pochi
cristiani, tra i quali anche profughi iracheni in attesa di destinazione
europea, che portano con sé un bravo chierichetto, Polòs, che col suo nome, la
sua obbedienza e la sua vivacità mi ricorda il mio chierichetto di Tavodo,
Paolo!
Un saluto a tutti i trentini
dai nostri fratelli e sorelle ormai “turchi”!