TORNA ALL'INDICE             LE RADICI DELL'AMORE (1)

 IL DESERTO, VIVAIO PURIFICATORE DELL'AMORE 

«Lo Spirito spinse Gesù nel deserto. Vi rimase quaranta giorni tentato da Satana. Stava con le fiere e gli angeli lo servivano» (Mc. 1, 12). 

Nel deserto nessuno ti ascolta. Non puoi parlare con nessuno e nessuno ti parla. Nel deserto vai, se vuoi, per ascoltare Dio, per parlare con lui. È il luogo dove Dio è l’unica persona presente alla tua vita, alle tue parole, ai tuoi occhi, alle tue orecchie, al tuo cuore.

Senza di lui il deserto è la morte.

Il deserto è il luogo d’abitazione delle forze contrarie a Dio, perché dove Dio può agire nel modo più forte, là più caparbio il suo nemico attacca, allo scoperto, ormai senza oggetti dietro cui camuffare la sua astuzia.

Il deserto è il campo di battaglia. Tu che entri nel deserto diventi il campo di battaglia tra Dio e il suo nemico. Il deserto, luogo senza vita, è il luogo dove, contro ogni evidenza, nasce la vita che viene da Dio, perché Dio la vuole e la chiama dal nulla.

Il popolo di Dio, quello che è entrato nella terra promessa, è nato tutto nel deserto.

La vita, che viene da Dio, nasce nel deserto: così può venire evidenziata con chiarezza la fonte di quella vita. Nessun'altra forza ha potuto intervenire in quella nascita, se non la forza di Dio. 

Il deserto, luogo straordinario, luogo fuggito dagli uomini, è il luogo dove lo Spirito di Dio spinge gli uomini, e li spinge là perché vuole che essi si incontrino a faccia a faccia con Dio, come Mosè, che nel deserto ha incontrato la voce di Dio che parlava nel roveto ardente; come Elia, che nel deserto ha camminato per quaranta giorni; come Gesù, che vi rimane, anch’egli spinto dallo Spirito, per quaranta giorni.

È luogo di nascita, luogo di crescita. Nel deserto, niente davanti ai tuoi occhi se non il tuo Dio. Il tuo Dio nel deserto diventa grande ai tuoi occhi: diventa la pienezza. Ora il tuo Dio può crescere davanti a te. Può crescere a dismisura perché nessun altro può togliergli un po' di posto, fargli un po' di ombra (Gv. 3, 30).

Il deserto è necessario alla vita. È il luogo dove tu devi passare. È il momento della tua vita dove tu non senti più nessuna voce di uomo: nessuna voce di uomo tocca il tuo cuore; è il luogo dove nessun orecchio umano ascolta le tue parole. È un momento della vita che devi passare. Se non viene da sé lo devi cercare.

Nel deserto che ti viene donato è messa a dura prova la tua fede, perché per nessun altro motivo potresti restare in questa situazione se non credessi alla presenza di Dio, al suo amore, nonostante il deserto. Nel deserto infatti scompare anche ogni tua immagine di Dio, tutto quel che credevi Dio fosse, ogni tua aspettativa riguardo al suo amore, tutto quel che immaginavi di lui, e resta solo in verità chi è Dio. Il deserto è il luogo della verità.

Nel deserto che tu cerchi vuoi mettere in atto e lasciar crescere la tua fede; vuoi lasciare che essa porti i suoi frutti. Ma nel deserto che cerchi tu stai ancora rispondendo a un invito di Dio che suscita in te la voglia di uscire dall'abitato.

Ed ancora, è Dio che opera, proviene da Dio l'iniziativa.

Nel deserto viene messo a dura prova il tuo amore per Dio.

Anche il tuo amore per il prossimo viene purificato sette volte.

Viene messo a dura prova il tuo amore per Dio, perché, se non ami Dio, non puoi rimanere solo con lui.

Viene messo a dura prova e viene purificato il tuo amore per il prossimo, perché nel deserto il tuo amore per il prossimo diventa desiderio che anche lui possa incontrare Dio e nessun altro. Il tuo amore per il prossimo viene purificato dalle compassioni, dai desideri che il prossimo abbia beni materiali o considerazioni umane, dal falso amore, che cerca negli altri ancora se stesso e appagamento alla propria disperata solitudine. Qui, nel deserto, il tuo amore per il prossimo acquista le dimensioni che ha l'amore di Dio per te.

 

Il deserto è incontro.

È possibilità di incontrarsi a tu per tu, faccia a faccia. Se non riesci a rimanere a lungo nel deserto, non sai amare Dio e non sai amare il prossimo in modo purificato; quanto più amerai Dio e il tuo prossimo in modo purificato, tanto più riuscirai a rimanere a lungo nel deserto.

E quando ne uscirai, ne uscirai non vinto, ma vincitore su colui che nel deserto si sente forte: Satana.

Questi ti viene incontro con parole di Dio, usate in modo tale da distoglierti dall'adorare Dio e la sua volontà, ma tendenti a farti prendere posizione contro di lui o lontano da lui. È un modo di tentare Dio, di mettere Dio alla prova. Dio è Dio e basta; non lo si mette alla prova, ma lo si riconosce e lo si adora.

Il deserto è il luogo della vittoria di Dio in te. Qui Dio può vincere. Qui ti accorgi che colui che vince in te non sono le tue piccole, povere forze, ma solo lui. Il deserto è il luogo dove tu muori a te stesso, luogo in cui deve crescere e rafforzarsi la vita di Dio in te. Tra Dio e satana Dio è sempre il più forte, e se conti su Dio, egli è la tua vittoria.

Il deserto, dove non c'è nessuna vita, è il luogo dove si realizzano le promesse di Dio. Egli nel deserto farà scorrere fiumi, e il deserto diventerà un giardino ricco di acque e di piante da frutto. Dal momento in cui Gesù è entrato nel deserto, il deserto non è più deserto, ma un giardino dove tu puoi camminare con Gesù incontro al Padre. Nel deserto puoi entrare sapendo che lì già ci sono le orme del tuo Maestro. 

Nel deserto tu puoi entrare sapendo di essere accompagnato.

Nel deserto tu entri insieme a Gesù e ti puoi mettere con lui davanti al Padre. Ti puoi unire a lui nella lotta contro il Nemico che ti si fa innanzi.

Il tuo deserto non è più deserto, nemmeno il deserto più duro, quello in cui ti viene chiesta la vita: nel deserto infatti Gesù è già entrato, ed ha vinto. Eccolo nell'orto degli olivi. Non è un momento lungo: dura poche ore, ma è il deserto più deserto che l’uomo possa aver incontrato, deserto dove Dio raggiunge il massimo della vittoria. Gesù è solo; si trova fra un gruppo di amici e un gruppo di nemici. Egli è solo. Il gruppo degli amici dorme; il gruppo dei nemici avanza. Gesù è solo; è nel deserto.

In questo momento vediamo che cosa voglia dire deserto: essere solo con il Padre, poter dire una parola solo a Dio, poter ricevere solo da Dio la promessa. Gesù qui, nell'orto degli olivi, è arrivato al culmine del suo deserto.

Vi era entrato tre anni prima ed era rimasto come nel deserto anche in mezzo alla folla: anche là egli era solo con Dio Padre!

Quando la folla lo circondava, il suo sguardo e la sua mente erano in Dio. Gesù, uscendo dai quaranta giorni di deserto, era rimasto nel deserto. Era rimasto nell'atteggiamento che là aveva potuto sperimentare: rimanere da solo con Dio, prendere le mosse solo dai suoi cenni, dare peso solo alla sua voce e in tal modo far crescere ed approfondire se stesso.

Il deserto è il luogo dove è entrato, passato, vissuto Gesù.

Quello dei quaranta giorni è stato solo un momento di passaggio, com'è il tuo deserto: un momento di passaggio come situazione esteriore, ma un momento che continuerà a crescere come situazione interiore, come atteggiamento, come luogo di abitazione del tuo spirito.

In nessun luogo come nel deserto la tua vita può venire arricchita, completata, perfezionata.

Cerca di entrarvi al più presto. Cerca di esercitarti a vivere il deserto con dei momenti di vero deserto anche esteriore.

La vita, la ricchezza, la pienezza che ricevi dal deserto vale più di quella che ricevi dal turbinio del mondo.

 

«Non indurite il vostro cuore come a Meriba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri pur avendo viste le mie opere.

Per quarant’anni mi disgustai di quella generazione e dissi:

Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie.

Perciò ho giurato nel mio sdegno:

non entreranno nel luogo del mio riposo» (Sal. 94).

 

Il deserto è la porta di ingresso, l’atrio del luogo del riposo di Dio. Non entreranno « nel luogo del mio riposo » coloro che non hanno saputo stare nel deserto, non hanno saputo passarvi nel modo in cui Dio si attendeva da loro, con piena fiducia in lui. 

Deserto: luogo di passaggio per entrare nel riposo di Dio. Cosa c'è di più bello che entrare nel riposo di Dio?

Quando una persona ha davanti a sé solo Dio, i suoi disegni, e quando ha sperimentato che la presenza di Dio è la più forte, più forte di qualsiasi altra presenza, allora veramente quest'uomo è nel riposo: sa che Dio, presente, sta lavorando, sa già in quali mani sta la vittoria, sa che ogni situazione torna a vantaggio dell'uomo che ama Dio (cfr. Rom. 8,28).

La persona che è passata nel deserto non può più dubitare dell'oggetto della propria fede - dell'amore che Dio ha per lei - perciò nessuna situazione più la sconvolge, nessuna disgrazia la fa tremare o impaurire. 

Entra davvero nel riposo di Dio, riposo donato da Dio, riposo riempito di Dio; riposo conquistato da Dio, riposo in cui Dio stesso si fa sazietà e dolcezza per l’uomo, riposo che è condizione per amare con tutto il cuore!

Non temere il deserto, entrerai nel riposo di Dio! Non temere il deserto che ti capita addosso senza volerlo; non temere nemmeno quel deserto che non vorresti, perché entrerai nel riposo di Dio. Guarda avanti e comincia già a godere di questo riposo. Fin d'ora, nella tua attività, in ogni cosa che tu fai, che tu inizi, o che porti a compimento, ricordati che puoi essere nel riposo di DIO!

Cerca il deserto: là il tuo amore più puro nasce e si rafforza e si prepara ad affrontare con forza ogni difficoltà. Il deserto è il vivaio di ogni tuo amore vero.

 

VEDERE L'AMORE

 

«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore » (1 Gv. 4, 7-8).

 

« Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.

Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.

Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! » (1 Corinzi 13).

 

L'apostolo Giovanni, ormai molto vecchio e non più in grado di camminare, veniva portato ugualmente alla riunione dei cristiani. Non poteva più tenere lunghi discorsi, ogni volta ripeteva loro la stessa cosa: « Figlioli miei, amatevi gli uni gli altri ».

I discepoli avrebbero ascoltato volentieri qualcosa di diverso. Erano annoiati di sentire sempre le stesse cose e gli chiedevano: «Dicci qualcosa di più!»; e Giovanni: «Carissimi, amatevi gli uni gli altri; ve lo dico sempre, perché questo è il comandamento del Nostro Signore Gesù. Se voi faceste solo questo, sarebbe sufficiente».

L'amore è importante; l’amore è necessario: l’amore è essenziale.

A noi uomini succede spesso che tralasciamo l'essenziale per occuparci di molte cose secondarie.

È la tentazione in cui veniamo continuamente a trovarci.

Amare è un modo di vivere così discreto, così semplice, che non si fa notare, non attira l'attenzione: chi ama non cerca la propria gloria, ma il bene dell’amato. L'amore è come un peso, che porta verso colui che si ama. L'amore non attira a sé, ma fuori di sé. « Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ». Amare somiglia a morire. Noi faremmo più volentieri azioni grandiose ed eroiche, perché abbiamo la mania delle cose grandi, che ci fanno sentire e sembrare importanti e soddisfatti di noi stessi, piuttosto che esercitare l’amore quotidiano. Siamo sempre interessati, non sappiamo agire gratuitamente, quando davvero non ce ne viene niente, quando nessuno si accorge della nostra fatica né  può renderci merito. Amare è pericoloso per il nostro orgoglio, per il nostro io che vuole mettersi al primo posto: l’amore ci fa mettere all'ultimo posto.

E Dio, che conosce in quali tentazioni siamo condotti dal Maligno, continuamente ci ammonisce; e il nostro Maestro e Signore Gesù, i suoi discepoli, i nostri padri nella fede non finiscono mai di «imporci», cioè di metterci dentro, di porci nel cuore questa parola: amare. Con fedeltà il Padre ci dona persone che, vissute secondo l’amore di Gesù, ci sono di aiuto, perché col loro esempio ci spronano ad amare: infatti, l’amore è contagioso; e ci ricordano che questa è la cosa più importante, perché saremo giudicati secondo l’amore. Anche molte persone, del nostro tempo, vivono amando secondo il modello di Gesù, per questo sappiamo che amare è possibile anche oggi. 

AMARE COME GESÙ AMA: questo è il centro della nostra nuova vita, di quella vita che abbiamo ricevuto attraverso Gesù; questa vita, che viene da Dio, è amore, perché Dio è amore.

E Dio ama donandosi; il Padre ci ama tanto da darci l’unico Figlio, ed egli dà la sua vita per noi. Infatti fa tutto quello che vede fare dal Padre: Gesù è sempre alla scuola del Padre. Anche noi impariamo ad amare alla scuola del suo amore, perché egli è il nostro Maestro. La vita che riceviamo, noi la diamo ancora! Del resto, quando ce la teniamo stretta, che cosa ci rimane? Forse che la sappiamo custodire meglio di Dio che ce l' ha data ? («La morte dei suoi fedeli è preziosa agli occhi del Signore»). La vita nel tempo invecchia, e come è comparsa così scompare senza lasciare niente. La nostra vita è come un cibo: se custodiamo avaramente il cibo, che è fatto per essere mangiato, esso marcisce. Le cose inerti non mutano, ma non vivono. Le cose vive muoiono, ma sono preziose e preparano il futuro. Se le conservi vanno a male. Se il seme resta fuori, va a male e basta; se muore dentro la terra, prepara la vita.

I doni di Dio devono essere consumati, usati, ma con la costante attenzione che siano subordinati all'amore e preordinati all'amore. Dio per amore nostro ci elargisce molti doni, molte doti; s. Paolo ce le descrive: poter parlare tutte le lingue degli uomini e degli angeli, fare profezie, sapere segreti, avere conoscenze sublimi, possedere una fede che fa miracoli, saper fare sacrificio dei beni e del corpo fino al martirio, e molti altri ancora, doni tutti bellissimi che Dio dà ai suoi figli. Ma perché? A quale scopo Dio elargisce questi grandi doni ai suoi figli? Essi sono come gli arnesi per il lavoro del suo amore: egli li pone nelle mani degli uomini perché possano operare come con le sue mani; questi doni non rimangono in eterno, passeranno: gli strumenti del lavoro non servono più quando il lavoro è compiuto. SOLO L'AMORE NON PASSA MAI, PERCHÉ DIO È AMORE. 

Quando uno costruisce una casa, usa carriole e carrucole, la gru, il badile, la cazzuola e molti altri strumenti impiegando molto tempo e molta fatica, ma quando la casa è terminata tutte questi mezzi non servono più.

Se i doni di Dio che noi accogliamo così volentieri, non trovano espressione nell'amore e per l’amore, anche se meravigliosi, non sono niente. Perfino la fede e la speranza non sono che come le fondamenta e i pilastri di una casa: fondamenta e colonne portano l'abitazione, ma noi non abitiamo sulle fondamenta e sui pilastri; essi sarebbero inutili se non portassero vani abitabili. Così la fede e la speranza, in cui trova stabilità la nostra nuova vita, sono subordinate all'amore e preordinate all'amore. Sì, esse sono necessarie, ma non sono tutto. 

Osserviamo ancora un'altra immagine: la cera e lo stoppino della candela sono necessari per la fiamma, ma ciò che riscalda non è lo stoppino né la cera, è invece la piccola fiamma! Ciò che ci dà luce, ciò che colpisce l’occhio, che ci rallegra, non è né la cera, né lo stoppino! Queste cose passano, esistono per la fiamma: noi adoperiamo il calore e la luce della fiamma.

Fede e speranza sono ora necessarie per portare l’amore; se non generano amore restano inutili anzitutto perché noi veniamo giudicati dal nostro amore, poi perché è dal nostro amore che il mondo viene indirizzato a Gesù e al Padre, e solo dal nostro amore esso potrà essere rivoluzionato. L'amore inoltre rende credibili la fede e la speranza.

 

Com'è l'amore? come lo si vede?

Possiamo paragonarlo ad un cristallo dalle molte sfaccettature, oppure ad un caleidoscopio. Lo giriamo e lo rigiriamo: si formano sempre nuove e diverse e meravigliose figure!

L'amore è altrettanto infinitamente nuovo e vario, poiché è rapporto fra viventi; ed ogni vita è diversa, ogni uomo muta ogni giorno, e perciò mutano le sue relazioni con gli altri.

Infiniti sono i modi che l'amore inventa per esprimersi. L'amore è, con te, oggi, pazienza; con un altro è bontà, tra cinque minuti diventa umiltà, più tardi si esprime con un canto poiché quel fratello vuol farmi partecipare alla sua gioia.

L'amore può diventare sopportazione benevola, spesso diventa perdono o pentimento. Può succedere che l’amore mi faccia piangere con chi piange. L'amore lascia pure russare il fratello e diventa preghiera per lui!

Ci accorgiamo che l'amore abbraccia tutta la vita e tutto il mondo; ci accorgiamo pure che quanto più grande è l'amore, tanto più si piega alle piccole cose, poiché è molto attento e delicato.

Grande amore non significa grandi azioni. Raramente abbiamo la possibilità di compiere grandi azioni d'amore. È l’amore invece che rende grandi le azioni piccole.

E l’amore non termina mai!

Se esso è in me, si sviluppa in questo momento, anche mentre parlo o leggo; se l’amore è in me può manifestarsi durante il pranzo, durante il lavoro, addirittura durante il lavoro più impegnativo, e durante il tempo libero, sempre. Ciò che vive esiste anche se non si fa notare!

Non lasciarsi amareggiare, non tenere conto del male ricevuto, non cercare il proprio interesse, non gonfiarsi, ma sopportare e sperare tutto: questi sono dei comportamenti che l’amore inventa e che possono essere del tutto nascosti allo sguardo degli uomini, e tuttavia trasformano noi stessi e gli altri: l'amore infatti è discreto, ma nulla gli resiste; usa la debolezza, ma per esser forte. C'è più forza in colui che ama che in colui che desiste dall'amare.

Ci dà gioia e ci incoraggia sapere che l'amore è possibile a tutti gli uomini, poiché esso ci è donato da Dio: egli vuole che tutti conoscano la gioia di amare. Amare è innanzitutto un dono di Dio: se non lo sapessimo ci scoraggeremmo con facilità, perché nessuno sarebbe capace di inventare l'amore, se Dio stesso non amasse in noi.

Paolo stesso dice: « L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo »!

L'amore perciò c'è già: noi semplicemente lo lasciamo agire.

Esso è l'amore di Dio stesso, l'amore che Dio Padre ha verso il Figlio e verso lo Spirito Santo, l'amore che il Padre ha per noi uomini. Non siamo nella verità quando diciamo: “il mio amore”; dovremmo dire piuttosto: “L'amore di Dio che è in me”. 

Noi siamo, come diciamo spesso, un canale attraverso il quale scorre l'amore di Dio. Se l'amore che è in me viene da Dio, è illimitato, va verso tutti coloro che Dio ama. Se Dio ama anche colui che mi odia, anch'io posso amarlo, poiché il Padre fa sorgere il suo sole sopra i cattivi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 6).

Colui che mi odia ha maggior bisogno di amore che non gli altri. Non dovrei io amare colui che ha maggior bisogno d'amore? Se Dio ama il peccatore, se Dio ama colui che non lo ama, se Dio ama gli ortodossi, i protestanti, i cattolici, se Dio ama i non credenti, se Dio ama i colleghi di lavoro, se Dio ama il datore di lavoro, se Dio ama gli zingari, posso amare anch'io tutti costoro. Posso amare anche colui che mi odia, perché Dio ama me che sono nulla.

L'amore è perfetto.

Anche se esso ora deve essere appoggiato da altri doni, è perfetto. Ciò non significa che non possa crescere ancora. Noi possiamo dare sempre maggior spazio all'amore in noi. Quanto? Tutto: finché potremo dire non più “io ho amore”, ma “io sono amore”! L’io non vive più: è diventato amore, anzi, vive pienamente nell'amare. Se il mio “io” è diventato amore, possiamo leggere i versetti da 4 a 7 del cap. 13 della prima lettera ai Corinzi cambiando la parola « amore » con il nostro nome; se mi chiamo Paolo, potrò leggere: «Paolo è paziente, Paolo è benigno, non è invidioso Paolo, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode della ingiustizia, ma si compiace della verità. Paolo tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta». 

Se si parla dell'amore, si parla del cielo. S. Paolo lo sa e (come dice nello stesso capitolo 13 citato in parte all'inizio) vorrebbe far penetrare il nostro sguardo nel cielo, là dove tutto è completo, tutto è perfetto, là dove noi vedremo l'amore perfetto e la perfetta comunione d'amore tra Dio e i suoi figli, faccia a faccia.

Attraverso questo sguardo noi sperimentiamo che amare è un esercizio molto importante, che ci introduce nella vita celeste, nella vita di paradiso.

È un esercizio che vale, perché l'amore è una porta aperta verso il Cielo.

Attraverso di esso partecipiamo già, se pur come di riflesso, come in modo fanciullesco, in maniera ancora un po' confusa, come uno che si prepara a vivere in un altro paese, tuttavia partecipiamo già alla vita intramontabile e meravigliosa con milioni di testimoni di Gesù.

Attraverso l’amore noi possiamo già qui ed ora gustare la gioia celeste. Il paradiso comincia già qui, dove un uomo accetta di amare con l'amore di Gesù.

Gesù ci ha dato il comandamento dell'amore proprio perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena, perfetta. Costi quello che costi, ne vale la pena! L'amore di Dio è gratuito, ma l'amare costerà: non facciamoci illusioni; svuotarsi costa! Osserviamo l'esperienza di Gesù e quanto costi amare. Egli visse sulla croce, sulla croce dell'incomprensione, dell'abbandono, della solitudine, dei dolori; sulla croce di legno. Tutto ciò gli costò l'amare; ogni giorno. Ma noi vogliamo osservare anche il frutto del suo amore: la redenzione di tutto il mondo, e la gloria più grande! 

Gesù, noi ti lasciamo vivere in noi, affinché attraverso il nostro corpo, il nostro spirito, la nostra anima, tu possa riversare ancor più il tuo amore sul mondo per redimerlo e glorificare sempre più te stesso.

Signore Gesù, tu hai aperto gli occhi al cieco di Gerico, affinché potesse vederti; apri anche i nostri occhi, affinché ti vediamo e vediamo come e dove noi possiamo esercitare l’amore che il Padre ha riversato nel nostro cuore! Tu, Gesù, sei paziente; tu sei benevolo; tu non sei invidioso; non ti vanti; tu non ti gonfi; non manchi di rispetto, non cerchi il tuo interesse; tu non ti adiri, non tieni conto del male ricevuto; tu non godi dell'ingiustizia, ma ti compiaci della verità.

Tu copri tutto, credi tutto, tutto speri, tutto sopporti, tu non avrai mai fine.

  continua