AVVOLTO NELLA NUBE

 

 per il tempo di Avvento e Natale!

La nube nasconde sempre qualcosa: nasconde le stelle, o l'azzurro del cielo o la vetta dei monti. Nello stesso tempo però la nube porta, come dono gratuito, difesa dai raggi cocenti, ristoro alla sete della terra, annuncio delle stagioni.

 

Nascosto, ma concreto, arriva a noi il nostro Dio. Egli si nasconde nella nube della nostra carne d'uomo, e nella nube delle nostre esperienze. Ed Egli si circonda della nube delle parole umane che fa giungere ai nostri occhi. Nube che mai passa invano. Chi sa ed è attento può penetrare oltre ognuna di queste nubi per godere del Sole e cogliere il messaggio ed il ristoro che esse trasmettono, pur mentre nascondono la grandezza e la bellezza e la potenza dell'amore del nostro Dio.

 

Il cuore dell'uomo pulsa allo stesso modo da secoli e millenni. Gli uomini che hanno avuto a che fare con Dio hanno reagito come reagiscono quelli che hanno a che fare con Dio oggi.

 

Dentro le brevissime frasi usate dagli Evangelisti sono nascoste ore e giornate dense di vita e di conseguenze per tutta l'esistenza. La nostra esperienza riesce a togliere un pochino il velo a quelle parole che, in modo così succinto, presentano le persone che hanno vissuto da vicino il fatto centrale della storia: la nascita di Gesù.

 

La loro esperienza illumina la nostra, che non è meno importante. Essi hanno visto la nascita del Figlio di Dio nella storia, noi vediamo la nascita dello stesso Figlio nei cuori: questa è il frutto di quella, il suo compimento. Noi ancora più fortunati, noi ancora più responsabili. I nostri occhi vedono un natale continuo. Il Figlio di Dio ogni giorno riceve vita ed esistenza tramite il nostro divenire figli per Dio. Ogni giorno Egli riceve « carne » da noi, riceve energie e luogo per vivere ed operare.

Nulla è impossibile a Dio!

 

E noi diventiamo cornice, bella o macchiata, attraente o scostante, al Suo lavoro!

 

don Vigilio Covi

MARIA

     A queste parole Ella rimase turbata.     Lc 1, 29

 

 

Quando cerco di vivere con Dio, in intimità con Lui, mi sembra che questa sia una mia azione, un modo con cui io gli do soddisfazione, se così ci si può esprimere nei Suoi riguardi. Il saperlo vicino, il sapere che la sua Presenza si fa piccola e segreta fino ad occupare il mio cuore mi dà pace. Una pace profonda, che riveste il mio spirito, acquieta l'anima e fa riposare ogni fibra del corpo. Una pace che fa vedere belle tutte le cose, e che accoglie ogni avvenimento.

Non è certamente la mia azione, la mia ricerca, che produce un così gran bene. E' la Sua Presenza.

La mia ricerca d'intimità è solo un risvegliarmi, un accorgermi della sua Presenza. E' Lui che agisce e trasforma. E' Lui la pace dell'uomo, il suo riposo.

 

Ma ecco che in questa pace, in quest'acqua tranquilla Dio immerge il Suo dito! una parola, un compito, una missione. Egli si è accorto della mia disponibilità ed Egli ora la tocca. li cuore giunto alla Sua pace Dio lo può possedere e... usare come strumento adatto del Suo amore.

 

Nei più profondo della pace dell'uomo ecco giunge una Parola di Dio. Forse che Lui non vuole la pace del cuore? Anzi, il cuore entrato nel Suo riposo è quello più adatto e pronto a ricevere la Parola. Il cuore abbandonato al Padre è quello preparato a ricevere il Verbo, il Figlio.

 

Ma rimane pur sempre cuore d'uomo. E quanto c'è ancora di umano si scuote quando il più leggero tocco di Dio lo raggiunge.

 

Il cuore di Maria, cuore giunto alla pace di Dio, immerso in Lui, si turba. Si muove ancora in Lei tutto! Una meraviglia grande, che Dio si accorga di lei, e le rivolga parola.

Quasi ella stessa non s'accorgeva più di se stessa.

Dio si accorge di Lei, una Sua Parola le giunge nuova.

Rimane turbata.

Proprio nel momento in cui pare di aver raggiunto ogni pienezza, lo scopo finale del vivere, d'esser arrivato alla pace, proprio allora la Parola di Dio si fa improvvisa e scuote.

L’uomo si sente... scoperto e chiamato. Chiamato a una nuova dimensione di pace con gli altri uomini.

 

Ricomincia il lavoro, la fatica dell'abbandono di se stesso, di un nuovo immergersi in Dio non più da solo, ma con tutti i propri legami e relazioni con gli altri uomini e con l'universo intero, con tutta la storia.

Ricomincia il cammino, da una pace già ricevuta ad una nuova pace più ampia, e più costosa.

Ricomincia una morte più profonda di sé, pubblica e duratura, perché possa ricevere vita e crescere e manifestarsi la Vita vera!

 

Maria è « turbata ». Un turbamento passeggero, fino a quando non s'accorgerà che la parola che la tocca e chiama è quella del suo Dio e Padre, che le aveva riempito il cuore della Sua Pace. Ecco, di Lui mi posso fidare, ecco a Lui mi voglio affidare. « Si compia in me la Tua Parola ». Ritorna la pace serena che esplode in gioia pubblica, come è ora pubblica la Parola ricevuta che le trasforma la vita in vita di madre:

« esulta il mio spirito in Dio, mio Salvatore ».

 

Il mio cuore è turbato. Quando Dio mi rivolge una parola la mia vita corre verso la morte. Quando mi raggiunge la Parola del Padre, ecco, Lui vuoi fare in me posto per il Figlio Suo. Il mio io, cosi piccolo e corruttibile, si turba perché incontra una nuova morte, ma non appena cederà e lascerà tutto il posto alla Parola, allora una nuova Vita sorge riempiendo tutto, come nuovo regno per sempre: la Tua, Gesù.

 

 

ZACCARIA

 

   Sarai muto e non potrai parlare fino al giorno...  Lc 1, 20  

 

Ci sono parole che passano e parole che non passano.

Ci sono parole che fanno parte del mondo che svanisce e parole che vengono da quel mondo che dura in eterno.

Le une e le altre vengono pronunciate dalle mie labbra uscendo dal mio cuore. La bocca, difatti, esprime ciò che sopravanza dal cuore. Il mio cuore è come un recipiente capace di contenere tesori intramontabili e capace di contenere cianfrusaglie destinate al fuoco.

 

Di lì vengono le parole. La bocca si muove per esprimere desideri, pensieri, giudizi, osservazioni, esclamazioni, volontà, ... La mia bocca si muove per esprimere anche i desideri, i pensieri e le osservazioni e la volontà di Dio!

Ma molte volte quel che io dico, le mie parole, anche se sono parole di Dio, non toccano il cuore degli uomini, non producono frutto, sono sterili.

Mi accorgo allora di essere muto. Come se fossi muto. Come se le mie parole fossero solo aria che esce dai polmoni senza comunicare nulla, senza donare vita, senza accrescere in chi mi ascolta l'amore e la gioia e la forza e la consolazione e la grazia che sono proprie della vita.

Come mai le mie parole sono sterili? come mai ciò che esce dal cuore è privo di vita?

Eccomi muto.

E' stato terribile per Zaccaria ritrovarsi improvvisamente incapace di dire alcunché. Ma per lui è stato una grazia, un dono dì Dio. Dal suo cuore che dubitava di Dio, che non ha preso seriamente la Parola di Dio, dal suo cuore divenuto disobbediente in seguito al fermarsi della sua intelligenza che non capiva come Dio fosse superiore all'esperienza dell'uomo - che, passata una certa età, non può più aver figli -, dal suo cuore bloccato nell'abbandono a Dio non sarebbero più potute uscire parole di vita.

Zaccaria avrebbe potuto e saputo pronunciare solo parole inutili, senza vita, sterili; solo parole di convenienza, solo parole senza luce divina, senza forza spirituale, senza attrazione al Signore. Le sue parole non sarebbero più state portatrici di amore e di confidenza in Dio, non sarebbero più state segno o « ombra » della Parola, del Verbo ubbidiente in tutto al Padre, del Figlio santo ed eterno. Le parole di Zaccaria, semmai ne avesse potuto dire, sarebbero state parole capaci di mettere in evidenza la sua incredulità, la forza del suo ragionamento, l'impotenza dell'esperienza dell'uomo e avrebbero nascosto, invece, l'onnipotenza e la superiorità di Dio! sarebbero state parole di menzogna, di tenebre, di quella tenebra che vuole coprire la luce di Dio.

Eccolo muto. Dio stesso gli risparmia di diventare servo delle tenebre.

 

A me Dio non concede questa grazia. Ma mi concede di accorgermi se le mie parole sono sterili, se non comunicano sapienza né gioia né Consolazione. Egli mi concede di vedere se le mie prediche di sacerdote non danno forza ai cuori che ascoltano, se i miei colloqui con le persone non illuminano strade nuove per il loro cammino di fede, se il mio saluto a coloro che incontro per strada non comunica l'amore di Dio.

Ed allora... allora è segno che nel mio cuore qualche Parola di Dio è stata rifiutata. E' segno di una mia disobbedienza e sfiducia alla promessa del Padre, è segno che ho sottoposto gli inviti di Dio al mio ragionamento.

 

Resterò muto, saranno sterili le mie parole, fino al giorno in cui le mie labbra non si apriranno che alla lode di Dio. Fino al giorno in cui avrò fatto una nuova esperienza di abbandono e ubbidienza al Padre, fin quando la sua Parola non avrà trovato in me terreno per germogliare e crescere.

Allora la mia vita sarà nuovamente dono di Dio e non solo parole delle mie labbra, ma pure la mia presenza silenziosa comunicherà qualcosa della Vita che è nel Figlio di Dio!

 

Zaccaria ricominciò a « parlare » quando volle dire: « Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo », quando cioè Dio divenne nuovamente il suo Dio, più importante di se stesso!

 

 

ELISABETTA

 

Concepì e si tenne nascosta per cinque mesi:

e diceva:

«Ecco che cosa ha fatto per me il Signore

nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini».  Lc 1, 24 

 

Non sempre l'uomo si mette in mostra. Ci sono stati e ci saranno periodi della mia vita in cui ho cercato - e cercherò - di nascondermi.

Credo che il nascondiglio faccia parte della vita autentica, come per la pianta è necessario star nascosta sotto terra fino a che il seme non sia morto, come per l'acqua è necessario scorrere sotto i sassi, nascosta, fino a che non trova il suo spazio per donarsi, come per la vita dell'uomo è necessario rimanere nascosta nel grembo, fino alla sua ora.

 

Quando Dio mi tocca e si unisce a me - ed Egli non manca di chiamare a questi appuntamenti i figli destinati ad assomigliargli - cerco inevitabilmente il nascondiglio, fatto di silenzio, di semplicità, di spazio vuoto e libero da ogni altra cosa e persona. Sembra allora che la presenza degli altri mi rubi qualcosa, mi tolga un certo che di prezioso e di vitale. Mi tolgono quasi dalla presenza di Dio, che è l'unica che ho trovato piena e che vorrei gustare e di cui lasciarmi riempire.

 

Elisabetta si tenne nascosta cinque mesi. Elisabetta si è sentita privilegiata da Dio. Ha compreso che qualcosa di ancor più nascosto è nato in lei, di intimo e segreto. Ed allora eccola partecipare di questo nascondersi, e si ritira. Vive in un deserto nuovo, cercato, creato attorno a sé. Aveva fatto l'esperienza del deserto, sentendosi inutile alla vita perché il suo grembo era sterile, e tutti quelli che vivevano e si muovevano attorno a lei erano un richiamo a ciò che le mancava. Vedeva in tutti gli uomini dei figli, lei che figli non aveva. Ed era isolata. Costretta a rimanere esclusa dalla vita. Deserto arido, pungente, mortificante.

Ora lo continua, ma non è più così. Ora è il deserto che nasconde e custodisce la vita. Ora è un deserto di gioia e di consolazione. Un deserto che è preparazione a tornare tra gli uomini.

 

« Si tenne nascosta per cinque mesi ». Un deserto necessario: in esso ella è ancora rivolta con i pensieri e col cuore a se stessa, e in esso vede il Signore chinato su di lei. E' il periodo di passaggio. Aveva visto se stessa rifiutata dal Signore, per tutti gli anni della sua vita, ed ora il Signore la accoglie.

Ora contempla ancora se stessa come accolta da Dio, e gode di questo dono che le viene fatto. E nel dono di Dio che ha ricevuto vede la benevolenza del Padre per se stessa. Non più vergogna! non più umiliazione! ora è come tutte le donne!

Sono cinque mesi di gioia, cinque mesi di lode a Dio per quel che le ha concesso, cinque mesi di attenzione a se stessa!

E' un deserto che prepara una nuova stagione.

Cinque mesi per preparare Elisabetta a vedere il proprio dono come dono di Dio all'umanità, come dono del Padre al Figlio, cinque mesi per prepararsi ad unire se stessa al Padre nel donare il proprio figlio, per considerare il dono ricevuto come un compito, per comprendere che il proprio figlio non era destinato a lei, per una sua personale soddisfazione, ma che quel figlio era per lei l'occasione di donarsi, di sacrificarsi, di offrire se stessa al Signore per la salvezza degli uomini.

 

Mesi di nascondimento per Elisabetta, perché mesi di maturazione, di passaggio dal possesso egoistico del dono di Dio all'unione di sé, della propria vita, a quel dono! Passaggio dal ricevere al donare, dall'attenzione a sé (che produce vergogna prima e poi vanto) all'attenzione ai progetti di Dio.

Solo dopo questa maturazione, dopo questo passaggio, lento ma necessario, Elisabetta sarà pronta ad incontrare la Madre che l'avvicina al Suo Signore!

 

Il mio nascondiglio, il mio deserto terminerà. E' sempre e solo un passaggio. E' luogo di maturazione.

Luogo in cui dovrò staccarmi da me stesso, imparare a distogliere lo sguardo dalla mia vita senza compiacermi se il Padre vi ha posto il Suo. Se Egli mi sta arricchendo di doni, non sono per la mia gloria, ma perché la mia vita possa entrare in un servizio più pieno e deciso alla Sua Volontà. Se il Padre mi ha dato qualcosa, me ne chiederà il frutto, perché ha nascosto nel mio cuore un seme; cerco il deserto, cercherò di rimanere nascosto: il seme di Dio, quando germoglierà e porterà frutto, toglierà la mia vita dal buio, dal riparo e la metterà sul moggio. Ma non voglio farlo io. lo non conosco i tempi che conosce Dio. Cinque mesi? anche più, se Egli lo vuole. E ancora di nuovo, ogni volta Egli vuole usare la mia vita per diffondere la Sua.

 

 

GIOVANNI

 

Il bambino le sussultò nel grembo Lc 1, 41

 

Avviene di quando in quando che provo una grande gioia, una di quelle spinte interiori che mi fanno esser contento, senza avere un qualche plausibile motivo negli avvenimenti esteriori. La mia vita interiore ha subito un qualche impulso segreto per cui porta tutto il mio essere ed esultare e godere. L'interrogativo - da dove venga tale gradita sorpresa - mi si scioglie quando contemplo i bambini. I bambini godono di una libertà tutta particolare. Una libertà in cui si possono manifestare con evidenza e sicurezza i frutti dello spirito che li avvicina. Ti avvicini a loro con spirito ci superficialità o di possessività, ed essi cercano rifugio altrove, fuggono. T avvicini con rispetto e con amore, rimangono sereni e limpidi. Ti avvicini con libertà, parli loro di Gesù, doni loro anche solo il Suo Nome con amore per Lui, ed essi gioiscono, aprono cuore, occhi, viso ad una luce nuova e chiara. La gioia della vita, la bellezza del creato, la soavità di una forza interiore li sfiora. Il Nome di Gesù, che giunge ai loro orecchi pronunciato dall'amore, li fa vivere. Anche solo la presenza di Gesù nel tuo cuore, se è presente, li attrae. E i genitori sono costretti, costretti dalla inerme violenza del bimbo ad avvicinarsi a Gesù, a lasciarsi muovere le viscere più interiori, come se una piccola violenza interna producesse un terremoto nella propria storia, nelle proprie decisioni di autosufficienza, nelle proprie sicurezze raggiunte.

 

Giovanni, senza coscienza e senza capacità di vedere e sentire, nascosto nel grembo della madre, vive protetto da tutto, da ogni cosa: solo lo spirito lo può raggiungere e muovere dall'esterno.

Un'altra Madre si avvicina alla sua. Egli non la vede, non la ode. Ma egli sente avvicinarsi lo Spirito del Suo Signore, di colui per cui egli nascerà, e vivrà e morirà. Un incontro misterioso, incontro muto di due vite racchiuse e custodite nell'oscurità. Due vite che hanno già un nome, segreto. Nessuno lo pronuncia ancora, ma esiste già! « il bambino » ancora incapace di vita propria è capace di una propria gioia! L'avvicinarsi di Gesù è pienezza di vita, l'avvicinarsi di Gesù è lo scopo di tutto, è raggiungere il tutto. La gioia dei bimbo nascosto è violenza per Elisabetta, la madre. Una dolce violenza che la risveglia, che la rende attenta e la spinge a docilità.

Ella si chiede il perché della gioia improvvisa del proprio figlio, del frutto delle sue viscere: una gioia che raggiunge colui che ancora nulla può decidere. Come può egli gioire, godere, sussultare? Egli che ancora non possiede tutta la vita, è stato raggiunto dalla Vita. La madre s'accorge, ella che sa che la gioia non viene dal mondo e dalle cose e promesse del mondo, s'accorge di esser preceduta e avvisata e vinta da chi può ricevere impulso solo dallo spirito. S'accorge che il figlio ha notato la presenza di Colui che dà pienezza e significato ad ogni cosa e ad ogni vita!

Egli comincia già, inconsapevolmente, il suo compito!

Egli annuncia ora alla propria madre la presenza di Colui che la salverà, come l'annuncerà poi con altra veemenza ad uomini legati dal male e bisognosi di colpi violenti e forti per scrollarselo di dosso ed esserne liberi.

Solo nello spirito Giovanni riconosce e riconoscerà il suo Signore. La sua vita dovrà diffidare da quanto scoprono i suoi occhi e sente la sua carne: questa lo porterà a dubitare, ad essere incerto, ad interrogare. Solo lo Spirito, che precede e non tiene conto di evidenze ed esperienze di odio e di morte, solo lo Spirito gli rivelerà, con la Sua gioia e la Sua pace, la presenza e la grandezza dell'amore dello Sposo.

 

Come bambino voglio lasciarmi toccare io pure da ciò che i miei occhi non vedono e i miei sensi non toccano. La vita, la vita vera ed eterna del Figlio di Dio mi raggiunge nel buio, nella notte, quando intelligenza e sentimenti e sensi tacciono. Quando non lascio influire su di me gli uomini coi loro odio e il loro peccato, quando non bado alle urla che si accavallano accanto a me, quando torno col cuore all’ascolto segreto di Colui che mi avvicina - segreto anche Lui - allora la mia vita esulta e in me un nuovo canto - come di bimbo ignaro dà dolcezza e forza ai miei giorni. Ritorno bambino e potrò udire ciò che nessuno ode, potrò esser toccato da ciò che nulla può toccare, potrò godere gioie nascoste e così - senza saperlo - risvegliare i cuori del mondo ad accorgersi di un'altra Presenza.

 

MARIA

Lo avvolse in fasce

e lo depose in una mangiatoia  Lc 2, 7       

 

Uno spirito strano - se così si vuol dire - possiede le persone che si fanno guidare in semplicità da Dio. E' uno spirito di profezia. Essi nemmeno s'immaginano che le loro azioni sono dirette da lontano e preludono fatti lontani, fatti in cui Dio stesso sarà all'opera. Ma lo stesso Dio anticipa segni e parole, lo stesso Dio quasi vuole preannunciare, mettere al corrente i suoi amici più attenti e più semplici, di quali saranno le sue intenzioni e a quali vicende li sta preparando. I fatti della mia vita hanno avuto tutti il medesimo Coordinatore e sono stati permessi e accolti dal medesimo Padre sapiente. Non posso dire che abbiano avuto il medesimo Autore, perché talvolta ho lasciato agire in me qualcuno che non era Amore di Padre, né Amore di Figlio.

I fatti che mi hanno toccato nella vita, piccoli e grandi, hanno perciò tutti un significato unitario e profondo. Ma per scoprirlo o per vederlo semplicemente è necessaria la trasparenza dell'acqua viva e la sottigliezza dell'aria pura, è necessario lasciare completamente la vita, con la sua intelligenza, memoria, forza, volontà, in balla di quello Spirito che guida gli eventi verso il traguardo finale.

 

Un gesto semplice, il più ovvio che Maria poteva compiere e che ha compiuto certamente ignara dei miei pensieri, mi comunica ora messaggi grandi e gloriosi.

Ella ha avvolto il corpo nudo e fragile del suo piccolo figlio in fasce. Lo ha deposto in un luogo semplice e custodito. Certamente ella non pensava e non sapeva che il suo gesto così spontaneo era già preludio di un altro gesto che ella stessa avrebbe accompagnato. Lo stesso Spirito muoveva le sue mani ed il Suo cuore.

Fasce e grotta cambieranno nome e diverranno sudario e sepolcro: e sarà ancora lei ad avvolgere e deporre. E sarà ancora Lui, quel figlio, ad esser avvolto e deposto. Maria già dall'inizio posseduta dallo Spirito Santo, che muove la storia secondo disegni d'amore, preannuncia un inizio nuovo, quello definitivo. Quel bimbo uscirà da quella mangiatoia per essere adorato, quel corpo fasciato uscirà dal sepolcro per esser glorificato. Lo Spirito di profezia muove le mani di Maria, senza che ella stessa se ne accorga! Ella lo prepara alla gloria!

Lo Spirito Santo, che in ogni circostanza e attraverso ogni cosa ci vuoi parlare del Figlio, che ci vuoi far conoscere e accogliere l'amore del Padre, ecco che fa compiere a Maria un gesto che ci preannuncia ogni cosa.

Il Padre metterà Gesù là dove tutti lo vedranno, ed Egli, il Figlio, si porrà là dove potrà essere mangiato.

Lo Spirito Santo oggi mi avvicina al tavolo ove la mia vita si nutre e cresce verso l'eternità e là lo Spirito stesso mi prepara ancora un Corpo da mangiare, un pane che è la Vita di quel Figlio. Le mani di Maria, senza saperlo strumento dello Spirito di Dio, mi sono profezia, mi danno gioia di sapere che fin dall'inizio quel Figlio è stato deposto in una mangiatoia perché gli uomini - da animali qual sono purtroppo - possano nutrirsene e divenire figli.

Ma lo stesso Spirito è ancora all'opera e soffia e muove mani e cuore d'uomo per annunciare e donare amore e cibo divini.

Riconoscerlo? Sì, è importante, ma è un dono di luce che Egli stesso concede a chi non pretende!

Piuttosto lasciarmi muovere il cuore e le mani da Lui: affinché il mio cuore e le mie mani divengano segno per coloro che sanno leggere i segni anche se io non so, e affinché il mio cuore e le mie mani portino quell'Amore che, anche se non decifrato, contiene la potenza ed il cuore e la sapienza del mio Dio.

Lo stesso Spirito muove ancora i gesti degli uomini e i fatti del mondo, che divengono e sono per me segni: segni del tempo. Segni che è tempo d'amare, tempo di lasciar fare a Dio, tempo di affidargli la mia vita, tempo di lasciarmi fasciare e deporre insieme al Figlio di Dio dalle mani dell'uomo. E saranno come mani di madre, che senza saperlo realizzano un amore più grande e preparano un amore più lontano e perfetto.

E' Spirito di profezia lo Spirito di Dio. I miei occhi sono quasi costantemente annebbiati, che non vedono se non l'apparenza: come occhi che vedono muoversi i burattini senz'accorgersi di Colui che li muove e dà loro voce!

Vieni, Spirito Santo! perché io veda al di là, intraveda l'Amore del Padre, e accettando ogni evento con serenità mi prepari a quell'evento che mi vien sempre preannunciato e richiesto: la mia deposizione nella mangiatoia del mondo, il mio incontro coi sepolcro, e la mia uscita gloriosa verso l'Amore del Padre.

 

 

GIUSEPPE

continua...