Sono
peccatore
«Chi è
senza peccato
scagli la
prima pietra»
(Gv 8, 7)
I N D I C E
« Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Il
peccato c'è: Dio lo vede»
Il
primo peccato»
Pozzo
screpolato»
Se
sei figlio ...»
Che
cos'è menzogna? »
Come
l'arcobaleno»
Io
sono il Signore Dio tuo»
1
Non avrai altro Dio all'infuori di me»
2
Non nominare il nome di Dio invano»
3
Ricordati di santificare le feste»
4
Onora il padre e la madre»
5
Non ammazzare »
6
Non fornicare»
7 Non rubare»
8 Non dire falsa testimonianza»
9
Non desiderare la donna d'altri»
10
Non desiderare la roba d'altri»
Grazie
»
«
Chi è senza peccato scagli la prima pietra»
Non c'è parola che riesca a convincere più di questa. A
convincere che nel mio cuore non c'è stato solo il bene, che dal mio cuore non
è uscito solo il bene. Dal mio cuore talvolta, spesso, sono uscite anche cose
(pensieri, parole, azioni) che non potrebbero stare nel cuore di Dio.
E' vero che dal mio cuore è uscito anche il bene, e non
poco. Ma talvolta anche il bene che è uscito, è uscito mescolato a cose che
Invece di risanare, hanno ulteriormente ferito: come il medico che curasse le
piaghe con gli strumenti adatti, ma non sterilizzati.
Il mio cuore è come quella fontana di cui parla
l'apostolo Giacomo: fontana da cui esce allo stesso tempo acqua dolce e acqua
amara. In natura non esiste una fontana così, ovviamente. Faccio fatica a
riconoscermi peccatore. Proprio come quel giusti che portarono l'adultera
davanti a Gesù (Gv 8, 1-9). Prima vedo il peccato degli altri: è sempre più
grosso, grave, Insopportabile; è un peccato che mi fa desiderare la loro morte;
ed ecco, come in una reazione a catena, s'è fatto strada nel mio cuore... il
desiderio della morte per qualcuno... Così, senza accorgermi, è entrato il
peccato che era... «accovacciato alla porta » (Gen 4, 7).
E
quando il peccato è entrato, sono entrate le tenebre: non vedo più nulla.
Proprio come quel giusti.
Con
una trave sull'occhio, una pagliuzza degli altri diventa trave.
Non
vedo più nulla nelle sue vere dimensioni. Il peccato acceca.
Il
peccato confonde. Il peccato rattrista. Il peccato assorda. Il peccato toglie
l'amore generoso. Il peccato fa morire, adagio, ma certamente.
Voglio
sapere cos'è peccato! perché non voglio esser cieco, né sordo, né senza
amore, né triste. Voglio sapere cos'è peccato, per non lasciarlo entrare nel
cuore, e - se fosse già entrato - per consegnarlo a Colui che toglie il peccato
del mondo
Il
peccato c'è: Dio lo vede
Gli
occhi di Dio sono come quelli dell'aquila, dice una preghiera.
Egli
vede dove io non vedo. Egli ha una luce per vedere nel profondo, nel buio, nel
passato e nel futuro. Dio vede il bene, che nasce da Lui, e gode. Dio vede il
male - vuoto del bene, esclusione del bene -. Lo vede e cerca di riempire quel
vuoto con il suo amore.
Bene
e male sono come un pozzo. Un pozzo con l'acqua è il bene,
pozzo
senza acqua è il male. Pozzo con acqua pura è il cuore dell'uomo riempito da
Dio. Pozzo senza acqua è il cuore dell'uomo che non ha l'amore di Dio. Non ce
l'ha, non perché Dio sia avaro con lui, ma perché il pozzo ha screpolature che
lasciano uscire l'acqua che riceve.
Dio
vede il peccato.
Anche
l'uomo può vedere il peccato: lo vede quando guarda con la luce di Dio. Lo vede
bene, lo riconosce, e non si lascia influenzare da esso - presente in se stesso
o negli altri - quando guarda con la luce di Dio.
Se
l'uomo guarda con la propria lanterna, con la propria ragione o confrontandosi
con il comportamento degli altri, allora non vede nulla: proprio come chi,
portando la lanterna davanti al volto ne viene abbagliato e non vede ciò che lo
fa inciampare e cadere. Proprio come quel tale che poteva dire: io non sono come
gli altri uomini: sono ladri e adulteri, io no. Credeva d'esser santo. Ma lo
era? Non si confrontava con il cuore di Dio, si confrontava col peccato. Illuso.
Non posso vedere senza luce.
La
luce c'è. Dio, la luce l'ha regalata agli uomini perché vedano finalmente ciò
che lui vede. Quando arriva la luce non so mai se vedo prima la luce o le cose
da essa illuminate. L'una mi fa accorrere delle altre e queste mi danno la
sensazione di quella. Dio ha mandato la luce agli uomini: «la luce splende
nelle tenebre»
«
veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo »
(Gv
5, 9).
lo
sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la
luce della vita » (Gv 8,12).
La
luce, quella vera, che non deforma i colori, c'è. E' Gesù. Gesù è un sole
che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della
morte » (Lc 1, 78).
Addirittura
la città di Dio - cioè gli abitanti dell'eternità, gli uomini che hanno
scoperto che si può vivere fuori dagli interessi del mondo già da oggi
assumendosi le responsabilità del Padre -, «la città non ha bisogno della
luce del sole... perché la sua lampada è l'Agnello »... « ... non entrerà
in essa nulla d'impuro »
(Ap
21, 23 ss).
La
luce che fa vedere il male e desiderare il bene è l'Agnello. « L'Agnello di
Dio che toglie il peccato del mondo» (Gv 1, 29) « portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori »
(Is
53,12; 1 Pt 2, 24).
Il
peccato c'è, e c'è la luce per vederlo. Anzi, la luce lo porta. Chi guarda a
Gesù, quindi, vede la luce e scopre il proprio peccato: lo vede pesare sulle
spalle dell'Agnello di Dio.
Questo
è l'unico modo di guardare al peccato: guardarlo sulle spalle di Gesù.
Se
lo guardi in altro modo rischi di vederlo male, e, soprattutto, di lasciarti
scoraggiare (se vedi il tuo) o insuperbire (se vedi quello altrui).
Lo
osservo sulle spalle di Gesù:
non
mi scoraggio, perché Egli lo porta e mi salva! non insuperbirò, anzi l'aiuterò
come il cireneo, perché insieme al peccato altrui su quelle spalle pesa anche
il mio.
Il
primo peccato
La
Luce c'è, ma per goderla attende d'essere accolta: il sole splende, ma se non
apro le imposte la mia stanza rimane buia. Questo è il peccato dei peccati: chi
rifiuta la luce, anche se i suoi occhi sono perfetti, non vedrà nulla. Chi
rifiuta la luce non vede le ombre: tutto è ombra, e crede che quella sia la
realtà. E' l'esperienza di chi rifiuta Gesù, di chi cerca di far senza di Lui:
non vede più il male da alcuna parte nella propria vita. Forse ancora lo vede
negli altri, come uno che in una stanza buia non vede le proprie mani sporche,
ma muovendosi urta nella sedia del compagno. E' capace di arrabbiarsi perciò
per gli altri, ma tutto negli altri diventa facilmente male. Male, inciampo per
sé, ostacolo alla propria libertà, così vede le cose chi è senza luce. Non
vede peccato. Il peccato lo vede solo chi ha la luce.
Ma
questa tenebra è il peccato peggiore. Il più grande, l'unico
Che
porta alla morte.
Chi
vive in questa tenebra provoca certamente molti mali, pur non credendolo. E
proprio perché c'è questa tenebra non vede e non si libererà dal male.
Questo
è il peccato mortale, gravissimo: il rifiuto della luce, il rifiuto di Gesù.
Gesù è la vita che Dio ha mandato agli uomini: chi rifiuta la vita non vive,
« chi non ha il Figlio di Dio non ha la vita » (1 Gv 5, 12). E' morto. E' un
peso morto in casa, nella società.
«
Chi mi respinge e non accoglie le mie parole ha chi lo condanna: la parola che
ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno» (Gv 12, 48).
Noi
vogliamo usare questa luce, accendere questo faro sulla vita degli uomini, sulla
nostra vita, per scorgerne il male, quello che è peccato: quel male cioè che
segna una rottura dei rapporto d’amore filiale che l'uomo ha con Dio. Non
tutto il male è peccato: il mai di denti non è peccato. E' peccato quel male
che rovina la relazione con Dio, che incrina la fiducia, l'amicizia, il rapporto
di responsabilità che Egli partecipa agli uomini, come figli che ne
rappresentano la Esistenza, la Presenza e la Sapienza.
Chiamiamo
peccato tutto ciò che deriva da - provoca un rifiuto ad essere come figli
docili al Padre, figli responsabilizzati dal Padre.
Il
Figlio docile e responsabile è Gesù. Ciò che ci ribella a Lui, al suo modo di
pensare, di fare, di vivere lo chiamiamo peccato. Questa parola la può usare
soltanto chi ha voluto un incontro con Gesù, chi lo ha conosciuto ed amato, chi
ne ha conosciuto l'amore e poi se ne è allontanato, si è discostato da Lui o
dal suo insegnamento.
Non
mi stupisce il fatto che nel mondo non si usi più la parola peccato, che non se
ne abbia coscienza: questa parola è solo di chi è credente. Chi non crede
ancora, e chi non crede più, vive nella tenebra. Sente il male, ma non vede il
peccato.
La
luce è Gesù. Le sue parole sono i raggi di luce.
Pozzo
screpolato
Gesù
non ha avuto vergogna a raccontare agli amici cose intime della sua vita. E i
suoi amici non hanno avuto vergogna a raccontarle a noi, a metterle sulla piazza
del mondo. Eccole: le tentazioni del suo cuore. Anche Lui è stato provocato al
peccato. Una forza estranea al suo cuore lo voleva convincere, aiutare,
incoraggiare ad incrinare il suo amore filiale coi Padre. Ad incrinarlo e
addirittura a rinunciarlo.
Gesù
non ha avuto vergogna a dirlo, perché sapeva che quella forza si accovaccia
alla porta del cuore d’ogni uomo fin dalla giovinezza, e l'uomo facilmente si
lascia sedurre. Lui è riuscito a smascherarla, ad assegnarle un nome, ad
intuirne le finalità e le eventuali conseguenze profonde per sé e per gli
altri.
E
non ha usato molta intelligenza. Ha usato invece la sua semplicità ed il meglio
che aveva nel cuore: l'amore per i! Padre, per la Parola che il Padre aveva già
espresso tramite qualcuno degli uomini precedenti. L'amore per il Padre, Gesù
lo esprimeva ubbidendo alle parole degli amici di Dio. E questo atteggiamento lo
chiamiamo umiltà. Con l'umiltà semplice Gesù ha smascherato e svigorito una
forza tremenda.
Le
ha dato il nome «Satana » (cioè «avversario», tradotto in greco dagli
evangelisti con la parola « diavolo », cioè il calunniatore o provocatore di
discordia e divisione), l'ha smascherata come padre di menzogna e padre delle
tenebre. Ha intuito che come scopo ha la ribellione a Dio e come conseguenze il
dominio degli uomini, divenendone avversario, e considerando quindi tutti gli
altri come suoi avversari, e se stesso come giudice universale del bene e del
male, al posto del Padre.
L'umiltà
filiale e semplice ha dato a Gesù luce e forza per non accogliere la seduzione.
Ma Gesù ha raccontato il fatto - e noi gli siamo riconoscenti - perché nessuno
l'avrebbe vissuto come Lui e noi avremmo potuto cadere nella sfiducia
all'apparire di forze contrarie e rimanerne abbagliati e vinti.
Ora
invece abbiamo la sua furbizia, la sua sapienza e l'appoggio della sua forza.
Gesù
dunque ha smascherato il padre delle tenebre come padre di menzogna. Il
generatore delle tenebre è generatore di menzogna. Intendiamo con questa parola
non solo il dire ciò che non è o il ritenere bene ciò che è male: ne è solo
un aspetto superficiale. Menzogna è tutto ciò che nasconde Dio: che non lo
lascia apparire come Padre, come Figlio, come Spirito Santo o lo tiene nascosto
del tutto.
Menzogna
è ogni forza interiore o esteriore che provoca parole o silenzi o atteggiamenti
o gesti che di Dio non dicono nulla, che di Dio non portano nulla, che di Dio
non manifestano nulla.
Pensieri,
parole, opere e omissioni che nascondono o escludono l'amore di Dio: li
chiamiamo peccati o vita di peccato. E vengono da! padre della menzogna, sono
frutti della menzogna.
Il
pozzo che lascia uscire l'acqua dalle crepe non mostra e non dà nulla di ciò
che ha ricevuto. E' solo illusione. E chi si ferma per bere muore di sete e di
delusione.
Ecco
la menzogna: una vita che non mostra e non dà ciò che riceve dall'Alto: non
lascia vedere e non dona la pazienza di Dio, la dolcezza di Dio, il disinteresse
di Dio, la bontà di Dio, il perdono di Dio, la delicatezza di Dio, la fermezza
di Dio, l'umiltà di Dio, la sapienza di Dio, la presenza di Dio, la gentilezza
di Dio, la vita di Dio.
Ogni
peccato è menzogna, pozzo vuoto. Ogni menzogna è rivelazione di peccato. Ogni
atteggiamento senza Dio, o con Dio fuori del posto che Gli compete, è
atteggiamento menzognero: e genera guai.
Se
sei figlio ...
I
tre tentativi dell'«avversario » sono apparentemente diversi, ma provengono
dalla stessa bocca e dalla stessa mente. Sono inoltre dello stesso tipo di quel
tentativo usato con Eva, così com'è raccontato dalla Bibbia.
Si
potrebbe riassumere così: «fa la prova per vedere se è vero ciò che ha detto
Dio»
Sembra,
a prima vista, una cosa innocua; la ragione non trova subito una convinzione da
opporre. Se ci si ferma a ciò che la mente capisce, sembrerebbe logico e ben
fatto provare: provare la verità di Dio... per essergli più fedeli!
Ma
l'uomo non è solo mente. Nel concepire un ragionamento simile è necessario un
cambiamento di spirito: dallo spirito di fiducia filiale, d’abbandono
semplice, d’amore totale, si passa ad uno spirito di dubbio della verità di
Dio, della sua Sapienza, della sua onnipotenza, della sua paternità. Non più
abbandono di figlio, non più fiducia completa. Anzi, sottopongo Dio ad un
giudizio in cui io sarò il giudice: sto a vedere se Dio supera la prova. In tal
modo Dio non è più il mio Dio, sono io divenuto pari a Dio, anzi, superiore.
La
lotta con l'avversario è a livello spirituale: per ingannare egli fa apparire a
livello cerebrale, dove gli sarebbe più facile la vittoria, la lotta dello
spirito. E' una lotta difficile, interiore. Gesù, attento allo spirito, è
vincitore.
L'uomo
spirituale, quando è attento allo spirito, vince, con Gesù. L'uomo carnale,
quello che non conosce e non dà importanza allo spirito, non riesce a vincere:
si lascia attirare con la mente su un terreno svantaggioso: su quello della
ragione.
Gesù
viene affrontato così: «se sei figlio di Dio... ». Che fosse figlio di Dio
gli era stato confermato prima di entrare nel deserto: «Tu sei il mio figlio
prediletto...». Ora gli viene proposto di fare la prova, perché... potrebbe
non essere vero! Ecco il dubbio della Parola di Dio. E poi, in che modo viene
suggerita la prova? In due modi falsi: modi che impegnino in maniera
straordinaria la potenza divina: trasformare le pietre in pane, gettarsi dalle
mura! Obbligare Dio a ciò che umanamente è impossibile. Non credere all'amore
che Dio esercita già nei modi cosiddetti « naturali normali.
La
terza tentazione è più spudorata ancora delle altre due. « Ti darò questa
potenza... poiché è stata messa nelle mie mani». La menzogna diviene sempre
più palese. E' vero che l'avversario si è fatto padrone del regni e della
potenza, e che - spesso - è proprio lui a guidarli e trascinarli, ma non è
vero che tale potenza gli sia stata messa nelle mani. Se ne è impossessato ogni
volta.
Gesù
riconosce il padre delle tenebre, menzognero fin dal principio: da sempre e fin
dalla prima parola che pronuncia!
Gesù
sa che lo Spirito Santo, Spirito di verità, avrebbe parlato diversamente:
se
sei figlio di Dio, non preoccuparti. Egli ti è Padre.
Se
sei figlio di Dio, godi che ti ha protetto e abbi stima della vita che hai
ricevuto da Lui.
Se
sei figlio di Dio, lascia che Egli governi cielo e terra e amalo, amalo fino a
donargli la tua vita, fino a servire gli uomini che Egli ha creato: così sei
vero figlio che compie le opere del Padre.
Gesù,
amando il Padre, distingue ciò che non viene da Lui: distingue gli spiriti.
Amando il Padre trova le Sue parole che lo rassicurano: «non di solo pane vivrà
l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»! « Non tentare il
Signore Dio tuo.» «Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto ».
Gesù,
amando il Padre sopra tutto, trova nell'amore la luce per discernere e la forza
per vincere lo spirito di menzogna.
Che
cos’è menzogna?
Menzogna
è ciò che nega la verità. La verità può essere negata in vari modi:
mettendola da parte, ignorandola, affermando il contrario di ciò che la verità
dice.
Ma
che cos'è verità? Superficialmente si ritiene che verità sia il racconto di
un fatto accaduto, o il riferire di una cosa o persona come veramente è. Ho
detto «superficialmente »: difatti uno stesso fatto può essere vissuto e
quindi riferito in modi contrastanti: e tutti pensano d'aver detto verità.
Verità
è la vera realtà. La realtà duratura ed eterna è Dio, ed il rapporto che ha
Dio con le cose, con le persone e con gli avvenimenti.
Come
si può conoscere la Verità? Come si può conoscere Dio ed il Suo rapporto con
noi e le nostre cose? Nessuno, se non il Figlio ce lo può rivelare. E il Figlio
lo ha fatto donandoci lo Spirito di verità: « Chi vede me vede il Padre». «
La verità venne per mezzo di Gesù Cristo ». « lo sono Verità ».
Gesù,
Parola di Dio, con la vita, le opere e le parole ci ha fatto conoscere il cuore
del Padre e la sua volontà. Gesù è Verità. Lo Spirito Santo, che ci ricorda
le parole di Gesù e ci fa riconoscere Dio come Padre, è Spirito di verità.
Verità dunque è colui che ci rivela » il Padre! Partecipazione alla Verità
sono quelle persone, quegli. atteggiamenti, quei sentimenti, quelle parole che
ci fanno vedere o gustare qualcosa di Dio Padre. Una persona che ama, che
perdona, che ha pazienza, che coglie il lato positivo, che è fedele, che dona
il meglio di sé, con questo suo agire ci lascia intravedere qualcosa
dell'amore, del perdono, della fedeltà di Dio Padre. Una persona che ama e
ubbidisce a Gesù, partecipa all'amore del Padre per il suo Figlio prediletto, e
lo rivela. Questa persona in qualche misura è Verità.
Menzogna
è invece ciò che tiene nascosto Dio!
Lo
si può tener nascosto con azioni malvagie, ma anche con azioni normali, vissute
in modo piatto e ambiguo, ma anche con una vita superficiale, con omissioni del
bene, con una vita vissuta senza diretto riferimento a Dio. Noi nascondiamo Dio,
che è amore, ogni volta che non amiamo. Ogni volta che i nostri pensieri si
chiudono nell'egoismo siamo menzogneri. Ogni volta che diciamo la verità senza
amore siamo menzogneri. Ogni volta che parliamo bene di Dio, senza amarlo, siamo
nella menzogna. Ogni volta che parliamo di un uomo, di uno qualsiasi, senza
amarlo e senza vederlo come amato dal Padre, siamo nella menzogna.
La
menzogna è più diffusa in noi stessi di quanto crediamo. Anche molto di
quell'amore che crediamo di donare agli altri, parenti ed amici, è menzogna,
perché non è l'amore che il Padre ha per il Figlio.
Quando
desideriamo per i figli o per altre persone che non abbiano a soffrire ci sembra
di amarle: come Pietro che augurò a Gesù di non subire tormento e
persecuzione. Ma Gesù riconobbe in
quell'augurio la menzogna: «via Satana. Tu non pensi secondo Dio ma secondo gli
uomini ». Molti dei nostri auguri sono menzogna.
Quando
diciamo: « sono sincero se ti dico così e così... » (es. vado a Messa quando
sento veramente ...) siamo menzogna, perché di Dio in tal modo di fare o di
dire non si vede nulla. Anzi Dio viene nascosto, viene nascosta la Sua Volontà,
il suo desiderio di Padre per noi, desiderio di raccogliere i figli come la
gallina raccoglie i pulcini.
Questa
menzogna - spirito di menzogna - pervade molti ambienti, molte persone, e molti
dei nostri più «normali » atteggiamenti. Ogni peccato è menzogna che diviene
concreta. E diviene concreta anche in situazioni che non chiamiamo peccato, ma
che ugualmente escludono o accantonano Dio.
L'amore
rivela Dio. L'amore di Dio smaschera la menzogna. Per questo il comandamento «Ama
il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze» è salvezza
e dà la vera luce per l'amore del prossimo, per questo motivo questo comando
racchiude tutta le legge e tutta la volontà che Dio ha manifestato tramite i
profeti.
L'amore
è la completezza della legge. Dio è Amore.
Come l'arcobaleno
Dio
è Amore. Tutto ciò che non è Amore è menzogna, perché non rivela Dio. Ma io
- uomo - molte volte ritengo che siano amore delle azioni e pensieri e
atteggiamenti che non riflettono la Parola di Dio, la sua Volontà: ritengo
amore ciò che non è Amore del cuore di Dio. Perché il mio amore sia Amore di
Dio o espressione dell'Amore che c'è nel cuore di Dio devo misurarlo sul Suo,
lasciarmi guidare e orientare da Lui, in una parola: «ubbidirlo ».
I
comandi di Dio non sono ordini, obblighi, sono piste per le varie situazioni
della vita, per le varie relazioni umane, piste entro le quali si può
esercitare l'amore del Padre, o meglio, piste fuori delle quali siamo menzogna,
nascondiamo le intenzioni del cuore di Dio.
I
comandi di Dio sono quindi Sapienza, sono un dono fatto alla nostra ignoranza e
distrazione e superficialità. Sono come i sette colori dell'arcobaleno, che
sommati danno la luce del sole! L'unica luce del sole si manifesta con i sette
colori! Se sono vissuti tutti in armonia i comandi di Dio lasciano trasparire la
luce dell'amore del Padre! E a loro volta sono ciascuno una luce che riassume
con una parola sola molteplici atteggiamenti del cuore e decisioni di vita.
I
comandi di Dio potrebbero essere elencati in una lunga serie...
interminabile,
perché interminabili sono le situazioni in cui ci troviamo a vivere durante
l'esistenza. Ma già dall'antichità i profeti e sapienti di Dio hanno cercato di rendere l'elenco breve a portata della memoria
dell'uomo e. del resto, riassuntivo di tutte le situazioni. Gesù stesso ha
usato tale elenco, come possiamo leggere in qualche passo del Vangelo.
Sto
alludendo all'elenco dei dieci comandamenti, o decalogo, così come Mosè li ha
letti sulle due tavole di pietra. Un elenco di comandi che dice troppo ad
alcuni, e troppo poco ad altri. Ognuno di essi è come il capofila di una serie
di atteggiamenti che il cristiano vero deve assumere o cercare di evitare: solo
il capolista! Per es.: il comandamento - non uccidere - indica la prima delle
azioni da evitare di una interminabile serie che continuerebbe così: non far
del male, non offendere, non danneggiare la salute, non togliere nessuno dal
cuore, difendi, esercita la pazienza, perdona...
E,
d'altra parte, tutt'e dieci i comandamenti non avrebbero bisogno di essere
elencati se si vivesse appieno l'unico comando dell'amore: Amerai il Signore Dio
tuo, amerai il prossimo tuo.
Ma
per l'ignoranza dell'uomo e le sue continue distrazioni e la sua capacità
costante di lasciarsi ingannare da quel che piace, è stato, è e sarà sempre
necessario sminuzzare questo comando in tante piccole norme. La mamma che manda
il figlio a far la spesa basterebbe dicesse: « Va' a far la spesa ». Ma,
conoscendo le debolezze del ragazzo ella aggiunge: «Non fermarti a guardare le
vetrine, non fermarti a giocare, osserva bene prima di attraversare la strada,
attento a non perdere i soldi». Il ragazzo si rende conto che ognuna di queste
norme sono per lui un'occasione di amore alla sua mamma, e che l'amore che le dà
facendo la spesa sarebbe falso se rovinato dalle altre disobbedienze.
L'uomo
non dovrà prendere nessuno dei comandamenti come un ordine a sé stante, bensì
solo come una Indicazione o un ricordo di uno dei campi dell'esistenza in cui va
vissuto l'amore.
Pienezza
della legge è l'amore! Pienezza di vita è l'amore!
Io
sono il Signore Dio tuo
Prima
di donarci le parole della sua sapienza per la nostra vita, i dieci capisaldi
dell'esistenza umana, Dio vuole ricordare ancora all'uomo che Egli è Persona,
Egli è uno che sta di fronte a noi. lo sono il Signore Dio tuo.
L'autorità
dei comandamenti che pronuncerà non sta nella più o meno comprensibile
ragionevolezza degli stessi, ma nella sua persona.
Egli
è colui che ci ha creati, Egli è colui che ci ha salvati, Egli è colui che ci
ama, l'unico che ci dona amore eterno e perciò i suoi comandi sono autorevoli:
e sono autorevoli perché Egli ci ama, ci ama davvero.
L'uomo
assomiglia sempre a quel notabile, che, incontrando Gesù (Mc 10, 17) gli disse:
«Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?
L'uomo
cioè è sempre alla ricerca di fare per avere: in fondo e una ricerca di se
stesso, di potersi dire padrone della propria situazione, di poter vantare
qualche cosa o qualche diritto, di fidarsi di sé, delle proprie forze e propria
bontà. L'uomo è in cerca della bontà: con essa crede di avere qualche diritto
su Dio.
Gesù
non vuoi lasciar equivoci. E pur di non illudere rifiuta Egli stesso
l'appellativo di buono. Solo Dio è buono! Nessuno è buono! Nessun uomo in sé
può avere la bontà! L'uomo può obbedire, entrare in relazione con Dio - unico
buono - con la propria adesione alla sua Volontà. In tal modo Dio stesso sarà
presente nella sua vita.
Ciò
che importa all'uomo - per entrare nella vita - non è il suo fare, ma la sua
relazione con Dio! E' una relazione che si manifesterà certamente coi fare, ma
non inizia né si esaurisce nel fare. Riconoscere la bontà è riconoscere la
vita divina. Chiamare Gesù « buono» senza seguirlo, equivarrebbe quindi a
riconoscere Dio senza adorarlo: proprio come fanno i demoni: essi riconoscono la
presenza divina, ma non tacciono e non si inginocchiano con amore davanti a Lui.
Così
l'uomo che riconoscesse la «bontà» di Gesù, ma non lo segue si autocondanna:
con le proprie parole condanna la propria vita. 0 con la vita smentisce le
parole vere che ha pronunciato. Proprio come il demonio che mentre dice: « lo
so chi tu sei: il Santo di Dio » coltiva nel cuore ed esprime coi gesti: « Sei
venuto a rovinarci! » (Mc 1,24).
Quell'uomo
ricco aveva osservato i comandamenti fin dalla giovinezza. Eppure egli stesso si
è accorto che tale osservanza non gli aveva dato vita, non aveva costruito in
lui l'uomo nuovo, non lo aveva riempito. - Aveva fatto ma non « aveva » la
vita. Cercava ancora qualcosa da «fare
Gesù
si è accorto: osservare i comandamenti, per quell'uomo, era stato menzogna,
inganno. Perché non amava la Persona di Dio al di sopra di tutto. Non aveva
donato l'amore, non aveva donato la vita al suo Dio. Aveva fatto qualcosa per avere qualcosa. Il centro
dell'attenzione era la propria persona. E così era rimasto nell'egocentrismo,
nell'egoismo. Gesù perciò propone il rimedio, un rimedio sicuro: se vuoi
essere perfetto, cioè se vuoi essere nell'amore, se vuoi che la tua vita sia
immersa in quella di Dio, togliti le illusioni e tutto ciò che ti costringe a
pensare a te stesso e ad aver cura di te, vendi cioè tutto e disfatene, poi
vieni e seguimi». Mettiti davanti agli occhi Colui che hai riconosciuto come
buono, e seguilo. Una persona davanti a te, non un ideale. Una persona concreta
esige amore concreto. L'amore, per esser tale, deve essere concreto. Tu non ti
farai, dei comandi o della sapienza di Dio, un idolo, né un ideale, perché Dio
stesso è davanti a te: « lo sono il Signore Dio tuo ».
1.
Non avrai altro Dio all'infuori di me
Ma
è possibile? Dal momento che c'è un Dio solo, non si può averne un altro,
pensano molte persone. E così credono che Il primo dei comandamenti sia proprio
superfluo.
E
invece è proprio possibile, e succede molto spesso in ambienti cristiani, che
esistano altri dèi.
Cos'è
«dio »? Con questa parola designiamo ciò su cui si basa la vita di un uomo,
ciò su cui una persona appoggia le decisioni, le scelte, ciò che ispira i moti
del suo cuore, ciò a cui un uomo ubbidisce ciecamente.
Dio,
il Signore, lo sapeva che l'uomo è capace di avere altri dei. E noi pure lo
sappiamo, perché lo vediamo. Vediamo persone ubbidire ciecamente alle leggi
dell'economia (cioè dell'aumento del denaro nel proprio portafoglio), altre che
appoggiano scelte e decisioni sulla sete del potere e della carriera, altri che
vivono fidandosi del comodo, molti che ubbidiscono al « come fanno tutti», e
quei tutti sono solo i più in vista e i meno fidati.
Sono
alcuni dèi moderni (ma abbastanza vecchi ed esperti).
Ci
sono quindi altri dei. E chi se ne fa servitore rimane schiavo: non conoscerà
la libertà né la gioia. Rimane schiavo di leggi assurde: arriverà
all'imbroglio, all'omertà, al chiamare bene ciò che gli procura del male perché
quei che fanno tutti non gli procura il bene della libertà e della gioia
profonda. Con questi dèi così infidi, sicuri solo della paura che procurano
continuamente (paura della povertà, paura del giudizio altrui, paura dei
clienti, paura dei colleghi, paura del pericolo, paura di... tutto) l'uomo è
attratto verso cose che promettono una sicurezza maggiore, anche se
irragionevole: oroscopi, superstizioni, riti magici, profezie di maghi, di donne
che leggono mani e carte, ecc.
E
l'uomo diviene sempre più schiavo.
E
sempre più menzognero e tenebroso: non manifesta nulla della vita di Dio Padre:
in lui, nella sua vita, non si può «leggere o «vedere » nulla dell'amore
disinteressato del Padre, perché tutta l'esistenza è tesa verso di sé.
Dio
all'infuori del Padre di tutti, devo coltivare un rapporto d’amore. Se voglio
sbarazzarmi di questi dèi, o idoli, ed avere nessun altro re con Lui.
Coltivare! Se il rapporto d'amore non è coltivato, non cresce, né vive.
Come
si può coltivare un rapporto d'amore?
Generalmente
chi si ama cerca di avere relazioni frequenti; si cerca, si visita, si telefona,
si scrive. Queste relazioni, con Dio, le chiamiamo preghiera.
Con
questo primo comandamento siamo perciò richiamati ad un amore verso Dio che si
fa ricerca di Lui, preghiera, ascolto, adorazione, attenzione alla Sua volontà,
lode e ringraziamento.
Una
persona che lascia passare una giornata senza trovare il tempo di stare col suo
Dio, puoi dire che lo ama sopra tutte le cose? la preghiera è per il credente
un dovere quotidiano: altrimenti :a sua vita è menzogna a se stesso: ha di
certo un altro dio, qualcosa di più importante di Dio.
Difficilmente
chi non si tiene unito a Dio con costanza saprà rimanere libero dagli dèi del
mondo!
Se
una persona vuole rimanere nella verità e manifestare con la propria vita
qualcosa della vita di Dio dovrà desiderare l'unione con Lui in ogni momento:
l'unione del cuore e l'unione della mente! Non si accontenterà quindi di
recitare preghiere, di dire più o meno in fretta alcune formule a memoria:
questo non è pregare! Cercherà invece di entrare coi cuore nel cuore di Dio,
con la mente nei suoi pensieri, perché l'amore non si accontenta di dire « ti
amo », ma ama per davvero e desidera trasformarsi per piace re all'amato.
Chi
ama Dio si appoggia su di Lui e si fida di Lui: « Non angustiatevi di nulla ».
« Il Padre sa ciò di cui avete bisogno! ».
L'agitazione
e le preoccupazioni sono un'offesa, come non ci fidassimo del Padre, che ci
stima e si occupa di noi più che dei passeri, ai quali non manca nulla. La
tristezza e la noia sono altre offese alla presenza di Dio, come se Egli non
valesse nulla per il nostro cuore.
La
rabbia, le arrabbiature quotidiane, sono ancora un'offesa a Dio, che sa contare
i capelli del nostro capo. Egli sa usare tutto, anche le cose che vanno storte,
per il bene di chi lo ama. Perché arrabbiarsi? La rabbia nasconde l'amore di
Dio, è menzogna. E spesso provoca la bestemmia e l'ira... Un grave peccato la
rabbia: segno di idolatria.
2. Non
nominare il nome di Dio invano
Il
nome di Dio, nessuno lo conosce! Almeno si può dire che nessun uomo può
con le sue labbra pronunciare il nome di Dio; l'uomo non può dare a Dio un nome
adeguato, perché non conosce Dio in modo adeguato. L'uomo può conoscere Dio
per quanto riguarda il reciproco rapporto che Egli ha stabilito e rivelato. Già
l'affermare quindi di conoscere il Nome di Dio è un'usurpazione, una bestemmia!
Quando Dio stesso si è rivelato ha dato alle labbra umane del nomi che, se da
un lato dicono qualcosa di sé, d'altro lato Lo nascondono ancora più!
Il
famoso nome rivelato a Mosè «Io sono colui che sono » («io sono colui che
salva») dice che l'uomo può affidarsi a Dio del tutto, ma non dà delle
sillabe con cui chiamarlo. E il «nome che Gesù ci ha messo nel cuore non è un
nome, ma solo un termine di relazione che ci aiuta ancora più a realizzare
l'abbandono e la fiducia piena di amore: Padre! Abbà!
Tuttavia
gli uomini vogliono un nome di Dio sulle labbra. A loro serve. A loro serve non
tanto per lodarlo o parlargli (cosa che si può fare senza «nomi »), quanto
per distinguersi dagli altri uomini, per distinguere il proprio «gruppo
religioso» dagli altri.
E'
il caso tipico dei Testimoni dì Geova, che usano questo nome per proclamarsi
gli unici conoscitori di Dio e non avere nulla in comune con nessun'altra fede
religiosa, vantandosi superiori a tutti. Agli uomini poi, purtroppo, il nome di
Dio serve anche per esprimere e sfogare scatti d'ira e di rabbia; ed allora si
accontentano anche del nome comune «dio »! E infine agli uomini serve il nome
di Dio per giustificare le proprie azioni, non importa se contrarie all'amore di
Dio.
E
così è successo che durante la guerra un esercito proclamava a se stesso «Gott
mit uns», Dio con noi! per togliere dal cuore dei soldati gli ultimi residui di
dubbio sulla verità e « bontà delle foro conquiste e battaglie. Caso limite,
questo, ma frequente nelle piccole dimensioni personali: di chi ad es. con la
propria fede giustifica il proprio arrabbiarsi con gli altri, o la propria
ironia e mormorazione.
In
ognuno di questi casi è riconoscibile l'azione del maligno, che vuole farsi
uguale a Dio, anzi superiore: vuole dominarne il nome, e in pratica tratta se
stesso da suprema divinità. In ognuno di questi tre casi non viene riconosciuta
alcuna divinità al di sopra di se stessi, non ci si ritiene doverosi di
adorazione, di amore, di ubbidienza e abbandono fiducioso al Padre. E tutto
questo avviene abusando dei nomi che noi uomini attribuiamo al nostro Creatore e
Salvatore e che abbiamo consacrato solo a Lui.
Chiamiamo
generalmente questo modo di... parlare o di agire coi nome di bestemmia! Ancora
il nome di Dio viene usato «invano» o chiaramente senza amore per Lui quando
si giura superficialmente e senza reale grave necessità o quando si fanno voti
senza senso o senza approvazione.
Pronunciare
li nome di Dio in questi modi e a queste condizioni è chiaro che a Lui non dà
gloria e di Lui non manifesta nulla, anzi, manifesta di Dio ciò che di Dio non
è. L'uso del nome divino per giustificare le guerre è il caso più lampante:
si vuoi attribuire a Dio ciò che invece ha origine dal maligno. Così pure la
domanda retorica frequente - come mai Dio permette le uccisioni, il male ecc...
- quando sappiamo bene che Dio non le approva.
Chi
si sfoga nella rabbia con il nome di Dio, attribuisce - anche involontariamente
- al Signore il male che lo adira. E così ogni bestemmia è una grossa
menzogna! Ed è un grosso scandalo, perché - ripetuta - penetra nelle menti e
nella memoria di chi le ascolta anche contro volontà: nella mente, a lungo
andare, può diventare ossessione e « scappa fuori », procurando o
assuefazione o sofferenza spirituale enorme, a seconda della delicatezza o meno
della coscienza.
Ogni
bestemmia, volontaria o involontariamente detta, sa più di diabolico che di
umano. Tutte le forze devono essere impiegate per vincerla: le forze della
volontà e le forze spirituali, fino a ricorrere alla benedizione o
all’esorcismo.
La
nostra voce, le nostre parole devono essere solo portatrici di lode, di
ringraziamento, di adorazione a Dio e di serenità, di sapienza e di pace agli
uomini.