I
due fratelli che hanno iniziato a vivere insieme nel nome di Gesù non si
sentono in alcun modo fondatori: non immaginavano come si sarebbe sviluppata la
loro vita. Essi sanno che non dobbiamo né potremmo porre alcun fondamento
diverso da quello già posto, Cristo Gesù (cfr. 1Cor 3,11). La nostra vita è
“fondata” su di lui.
Se
la mia vita e quella dei miei fratelli persevererà su questo fondamento, allora
lo Spirito Santo, che Gesù stesso ci dona, spirito di comunione e di amore, ci
edificherà e ci terrà uniti come comunità.
Fondamento
e Fondatore della nostra fraternità, come di qualunque altra, è Gesù, che
opera attraverso il suo Spirito e con la benedizione della Chiesa. A Lui solo
lode e gloria!
Già
i discepoli di Gesù si facevano questa domanda, ed è facile che sorga anche in
me e in noi, ma è solo tentazione.
“Importante”
è solo Gesù: egli è il Salvatore del mondo. É Lui che dà il giusto valore a
tutto e a tutti. Io vorrei non ritenere nessuno "più" importante,
perché non ritengo nulla "importante".
Anche
se alcune occupazioni o posizioni sembrano culturalmente o socialmente rilevanti
o apostolicamente elevate, ritengo necessario solo Gesù. Ogni persona riceve da
Lui il valore che ha agli occhi del Padre, non quello che potrebbe venire da
diplomi conseguiti con lo studio, né da professioni esercitate, né da
particolari posizioni nella società o ministeri nella Chiesa.
Io
imparo dal Padre a guardare i fratelli attraverso Gesù: li vedo preziosi perché
Egli è morto per loro, non perché sono “qualcuno” o sanno realizzare cose
“importanti”.
Prima
di tutto cerchiamo di vivere il carisma specifico e insostituibile di ogni
cristiano nella Chiesa e nel mondo: la diffusione dello Spirito Santo! In
qualunque luogo io mi trovi, nascosto o palese, solo o immerso nella folla,
desidero essere strumento di Dio per riversare sul mondo, sugli uomini o sul
creato, il suo Spirito.
Cerco
di tenermi in relazione continua col Signore Gesù attraverso la fede e la
preghiera, attraverso l'adorazione e la frequenza ai Sacramenti, attraverso
l'ascolto e meditazione della Parola di Dio e l'ubbidienza ai Pastori e l'unità
con i fratelli: così ricevo continuamente Spirito Santo che potrà quindi
effondersi attraverso di me.
Cerco
di vigilare inoltre per rimanere libero dagli spiriti di vanità e di critica,
di egoismo e di avarizia, di soggezione degli uomini e di dipendenza dalle loro
opinioni e parole, per poter ricevere e portare in me ogni giorno lo Spirito del
mio Dio e Padre!
So
di essere così utile per il mondo, che senza la testimonianza dei discepoli di
Gesù conosce ed è in balia solo di spiriti negativi e interessati. Non importa
se sarò sano o malato, efficiente o non efficiente, se avrò un compito invece
di un altro, un servizio nascosto o osservato da tutti. Rimanendo nello Spirito
Santo la mia vita fa conoscere anche agli altri il Figlio obbediente e l'amore
del Padre! Io do a Dio la possibilità di essere... visto!
In
questo modo sono prezioso per il Regno di Dio!
Come
fraternità sentiamo che il Signore Gesù ci ha riuniti per vivere insieme nel
suo nome e offrirgli così un luogo per la sua presenza. Non abbiamo altri scopi
particolari.
Non
definisco il mio seguire Gesù. Ogni definizione potrebbe portare degli
inconvenienti. Una definizione sarebbe basata su ciò che io faccio, su come
vivo, e non su come il Padre mi vede. Una definizione rischia di creare nuove
“razze” e “nazioni” in quel Regno dove queste distinzioni sono scomparse
per l'amore di Dio e il Sangue del suo Figlio.
Nel
cuore del Padre, tutti i figli sono uniti a Gesù, fin dal Battesimo, mentre i
loro diversi servizi e testimonianze nella Chiesa sono strumenti di unità
sempre maggiore. Mi definisco perciò semplicemente «cristiano».
Voglio
dar gloria solo al Nome di Gesù, e non al "titolo" che mi potrebbe
essere attribuito. Questo mi appare come un pericolo per me, perché potrebbe
diventare occasione di separazione, se non addirittura d'orgoglio.
Lo
stesso "titolo" potrebbe risultare pericoloso per gli altri: lo
potrebbero usare per esonerarsi da ulteriori chiamate di Dio. Qualcuno potrebbe
dirmi, infatti: "Per te va bene vivere così come vivi, perché sei «religioso»
o «consacrato», ma io sono laico, perciò non devo fare queste cose"! In
tal modo questa persona, proprio a causa del mio titolo non si lascerebbe
interpellare dalla mia testimonianza, e il mio modo di seguire Gesù non
diverrebbe significativo per lei: la mia vita, in altre parole, non riuscirebbe
ad essere per lei voce del Signore che può chiedere a tutti nuovi passi di fede
e di amore. Questo a causa del “titolo” che distingue alcuni suoi figli.
Dalla testimonianza dei suoi fedeli Dio vorrebbe invece che scaturisse lo
stimolo perché altri vivano qualche nuova obbedienza alla sua Parola.
In
quanto ai classici consigli evangelici di obbedienza, povertà e castità non
diamo tanta importanza al formularli, ma piuttosto al viverli come risposta del
nostro amore a Gesù e sostegno per la vita fraterna.
Non
rinuncio a possedere beni sulla terra perché il vivere assieme ad altri mi dà
sicurezza o garanzia per il futuro, ma perché so che chi decide di essere
povero per amore di Gesù è amato, accompagnato dal Padre e dichiarato beato
dal Signore.
Personalmente
decido di fidarmi di lui per sempre, anche per il futuro. Egli è la mia
sicurezza. Se Dio riceve testimonianza da questa mia rinuncia sono contento: so
che con questa mia scelta offro al Padre l'occasione di manifestarsi Papà nella
mia vita e in quella dei miei fratelli. Prendo questa decisione in piena
coscienza e libertà: coscienza delle possibilità di Dio, e coscienza della
incapacità sia mia che degli altri uomini di garantirmi un solo giorno di vita!
"Non avete il potere di aggiungere
un'ora sola alla vostra vita..."!
Mi
fido del Padre e di Gesù, proprio di loro, per il presente e per il futuro. Non
cerco garanzie da parte di nessuno: quando sarò malato o vecchio mi fiderò
ancora di Dio: egli avrà sempre la capacità di occuparsi di me.
Non
voglio sostituirmi a lui nemmeno per garantire il futuro a chi vive con me:
ciascuno dei miei fratelli ha deciso la sua povertà di oggi e di domani!
Inoltre io non so se domani sarò in vita!
Prendimi
anche tu sul serio e fidati del fatto che ho consegnato la mia vita al Padre con
decisione e libertà piena: non assicurarmi nulla!
E
se al Signore piacerà vedermi tendere la mano come mendicante, lo farò con
gioia, felice di testimoniare in un modo nuovo che Gesù è la vera salvezza
dell'uomo. Voglio che la mia vita sia fondata in tutto, proprio in tutto, solo
su Gesù, che ha detto: "Cercate il Regno di Dio, e tutto il resto ve lo
troverete dinanzi". Finora questa sua Parola è stata confermata da
fatti quotidiani, lo sarà anche nei prossimi anni: Dio è fedele.
L'unica
garanzia che voglio è di essere nella vera fede apostolica: per questo cerco di
rimanere nell'obbedienza alla Chiesa cattolica e nell'unità con i suoi santi.
Nella
nostra sequela di Gesù vorremmo non essere troppo lontani dal modo con cui egli
ha vissuto la povertà, come piena dipendenza dal Padre. Gesù non pretendeva e
non chiedeva nulla, ma usava ciò che il Padre gli dava; così, ad esempio,
accettava che le donne lo assistessero con i loro beni.
Egli
poi ha affermato: "Cercate anzitutto
il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù".
Abbiamo cercato, almeno un po', di vivere secondo questa parola di Gesù, ed
abbiamo costatato che egli mantiene le promesse. Ci siamo trovati addirittura
nella condizione di non mancare proprio di nulla, poiché con il denaro ci si
poteva procurare tutto: rischiavamo di non sapere cos'è povertà...! Abbiamo
deciso allora di affidarci al Padre per alcuni generi di alimenti e di vestiario
in questo modo: pur potendo disporre del denaro necessario, non li avremmo
acquistati, se proprio non ci fosse stata una necessità particolarmente
urgente.
Abbiamo
così conosciuto ancor più la premura del nostro "Papà": egli
provvede non solo a ciò che ci è necessario, ma anche a ciò che ci rallegra.
Egli vede quando sta per esaurirsi qualcosa nella nostra dispensa, e ci pensa
prima che noi ce ne accorgiamo. Egli è veramente sapiente, misericordioso e
provvidente: secondo il nostro bisogno, sa dispensarci l'abbondanza o sostenerci
in qualche piccola rinuncia!
In
questo modo siamo giunti, più che a conoscere la povertà, a conoscere il
Padre!
Più
di una persona chiede: "Quando diventerai prete?" o "Quando
diventerai suora?". Molti, infatti, pensano che solo i sacerdoti e le suore
si donino al Signore e ritengono perciò che una persona che vive in comunità
solo per Gesù non sia a posto finché non «raggiunge» quest’altra meta.
La
meta ultima è l'unione con Gesù, l'offrire a lui giorno per giorno la propria
vita. Questa, del resto, é la chiamata di ogni cristiano. Riconosciamo che il
Signore ci ha chiesto di vivere quest'offerta insieme ad altri, aiutandoci. Non
cerchiamo null'altro che quanto lui ci ha domandato.
La
vita del discepolo di Gesù non ha come meta il diventare qualcuno o qualcosa,
il raggiungere uno scopo predefinito, l'assumere una funzione di guida o di
prestigio nella Chiesa: unica meta è Gesù. Quando siamo con lui non attendiamo
né desideriamo altro. Il Salvatore mio e di tutti è lui!
D’altronde
nemmeno il sacerdote, se non offrisse ogni giorno a Gesù concretamente la
propria vita, non porterebbe frutto nel Regno di Dio.
Gesù
è sempre stato segno di contraddizione. Se il nostro vivere insieme avviene nel
suo Nome, egli è presente e la sua vita porta frutto di gioia e consolazione a
molti.
Questo
non sarà per me motivo di vanagloria: io sono peccatore, non merito lodi, anzi!
É necessario che io sia umile, e perché l’umiltà sia vera è necessario che
io venga umiliato.
Per
il nostro bene, e talora a causa della nostra tiepidezza e del nostro peccato,
il vivere insieme nel Nome di Gesù può essere oggetto anche di incomprensioni,
di giudizi, di risentimenti, di critiche e di accuse. Queste potrebbero anche
provenire dalla mentalità efficientista del nostro ambiente o dall'odio che il
Maligno sviluppa contro la testimonianza di Gesù. Con lui le sopportiamo, le
offriamo e ci interroghiamo: chi ci critica potrebbe obbedire a Dio, che vuole
purificarci o provarci o semplicemente darci occasione di testimoniare il suo
Amore. Lo ringraziamo, e rinnoviamo il dono della nostra vita a Gesù, sempre più
decisamente. Egli avrà pietà dei nostri peccati! Per noi è importante essere
nella volontà di Dio anche se alcuni non la capiscono o non la capiscono
subito.
Il
Vangelo afferma che Gesù è stato "sottomesso"
ai suoi genitori e "obbediente"
al Padre fino alla croce. Gesù glorifica il Padre e lo rende presente al mondo
facendo "sempre quello che gli è
gradito" (Gv 8, 29).
Nella
sequela di Gesù, perciò, non può mancare l'aspetto dell'«amore che obbedisce».
Come obbedire a Dio concretamente?
La
tendenza naturale è di fare la nostra volontà, o, perlomeno, di cercare ciò
che ci pare più logico o intelligente o migliore. In questa ricerca, però,
possono manifestarsi interessi di comodità o interessi economici, ambizioni
personali o di comunità.
Abbiamo
perciò deciso: affidiamo incarico e benedizione a uno di noi, a turno, affinché
ci guidi lungo le giornate assegnandoci occupazioni e servizi. Ognuno, da parte
sua, con libertà e amore, cerca di eseguire tutto in obbedienza e nulla al di
fuori di essa: ogni gesto effonde così il profumo della sequela di Gesù e
ottiene la promessa della sua benedizione.
Attraverso
la sottomissione voluta e cercata conserviamo il vincolo della pace, l'unità:
Gesù allora è presente poiché "Dove
due o tre sono riuniti nel mio Nome, là Io sono".
A noi preme solo proprio questo, che Gesù sia presente: è lui l'unico
Salvatore nostro e di tutti; per questo siamo disposti a pagare il prezzo
dell'unità, l'amore obbediente e sottomesso. Per amore di Gesù!
Gesù
è stato ritenuto "fuori di sé"
dai suoi parenti. Egli non li ha messi al centro della sua attenzione, né li ha
accontentati sempre. Ha detto anzi: "Chi
non odia suo padre e sua madre e persino la propria vita non è degno di
me"( Lc 14, 26). La parola «odiare»
sulla bocca di Gesù non ha certo un significato negativo, ma ciò non toglie la
serietà dell'espressione.
Anche
su questa strada vorremmo seguire Gesù. Ognuno lascia definitivamente la
propria famiglia, parenti e amici, non li cerca più e li affida al Signore.
L'amore di Gesù, cui abbiamo dato tutto il cuore, ci basta e assorbe l'impegno
di tutta la vita. Se il Signore, che ama più di noi i nostri parenti ed amici,
vorrà che andiamo da loro o che di loro ci occupiamo, lo suggerirà ai
fratelli: essi ci daranno compito e benedizione per visitarli o per servirli. La
nostra visita e il nostro servizio saranno così un «dono di Dio» per loro, e
non soltanto un segno di affetto umano: questo sarebbe veramente troppo poco per
suscitare santità ed unità vera! Il Signore Gesù, poi, potrà beneficare i
nostri parenti e amici anche grazie alla nostra obbedienza a lui!
La
nostra comunità ha ricevuto dal Vescovo il compito della preghiera.
Pregare
è dovere e gioia per tutti i cristiani. Se noi ne abbiamo ricevuto il compito
dal successore degli apostoli..., la preghiera non può essere un'attività come
un'altra nella nostra vita! La consideriamo come la prima occupazione: alcune
ore al giorno, un giorno in settimana, una settimana l’anno…
Noi
sappiamo di non essere capaci di pregare, ma abbiamo fiducia che lo Spirito
Santo prega in noi.
Il
Vescovo ci ha affidato anche la custodia del silenzio. Parlare poco? Tacere?
Parlare sottovoce? Dire solo ciò che Dio direbbe?
Sì,
tutto questo. Perciò manteniamo un clima di silenzio in casa, cerchiamo di non
raccontare fatti negativi, di non parlare male di nessuno, perché il Padre non
lo farebbe, egli che ha "dato"
il Figlio per il peccatore.
Attraverso
il nostro silenzio lasciamo posto e tempo a Dio stesso di far udire la sua voce
a noi e a chi a noi si avvicina in cerca di lui.
Gesù
ha detto ai due discepoli che lo seguivano e gli chiedevano dove abitasse: "Venite
e vedrete"!
Ci
sono persone desiderose di «stare» con Gesù, di abitare con lui qualche ora o
qualche giorno. Dato che Gesù è presente "dove due o tre sono riuniti nel mio Nome", possiamo dire, anche
se peccatori: "Venite e vedrete"!
Venite e vedrete Gesù: lo incontrerete.
Teniamo
perciò le porte aperte e qualche stanza pronta per chi è alla sua ricerca,
servendolo, per quanto possibile, sia spiritualmente che materialmente, nella
povertà, senza chiedere compenso. Cerchiamo di ricordarci che egli sta cercando
Gesù: desideriamo che si incontri con lui!
Il
Nome di Gesù è il Nome che porta in sé tutto il Vangelo, la Notizia che dà
gioia a tutto il mondo. É il Nome che annuncia che Dio è amico degli uomini e
li vuol prendere con sé nella pace e nella gioia, togliendoli dalla situazione
di non senso, di tenebra o di peccato in cui si trovano, salvandoli
dall'influsso negativo e terribile del loro Nemico. É il Nome di Gesù che
salva dalle sempre forti tendenze di divisione originate dall'egoismo e
dall'individualismo.
É
il Nome di Colui che realizza l'incontro dell'uomo col Padre! Per questo,
l'apostolo Pietro dice: "Non vi è
infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che
possiamo essere salvati" (Atti 4, 12)! E l'Apostolo Paolo aggiunge: "Nel
Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto
terra" (Fil 2, 10).
Il
Nome di Gesù portato nel cuore tiene l'uomo nel cuore del Padre. I piccoli e
gli umili, quanti sono adatti al Regno di Dio, pronunciano il Nome di Gesù;
essi non si vergognano di Lui.
Chi
pronuncia il Nome di Gesù con amore diventa testimone della salvezza di Dio.
A
Maria, che avrebbe concepito e dato alla luce il Figlio dell'Altissimo, l'angelo
disse: "Lo chiamerai Gesù"
(Lc 1, 31)! Dato che «Gesù» significa «Salvezza di Dio», potremmo tradurre
così la frase dell'angelo: annuncerai con questo Nome che Dio vuol salvare gli
uomini, e che li salva attraverso tuo Figlio; pronunciando a voce alta questo
Nome diverrai sua testimone, sua «martire»!
Il
Nome di Gesù è nel cuore e sulle labbra dei testimoni, di coloro che non
cercano nulla per sé e perciò non perseguono una propria grandezza agli occhi
degli uomini: essi vogliono solo essere figli per il Padre, a costo della croce
che ciò inevitabilmente comporterà.
A
S. Paolo, al momento della conversione, è stata affidata questa missione:
"Egli è per me uno strumento eletto
per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io gli
mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (Atti 9, 15-16). Portare
il Nome di Gesù gli è costato davvero sofferenza e persecuzione. Egli poi
definiva così i cristiani: "Quelli che in ogni luogo invocano il nome
del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro" (1Cor 1, 2)!
Anche noi lo invochiamo trovando in esso forza, consolazione e vittoria nelle
tentazioni, soprattutto se lo invochiamo insieme ai fratelli!
Spesso
Gesù dice: "Nel mio Nome";
e spesso in quest'espressione la preposizione «nel» indica un movimento che ha come meta il Nome.
Anche
nella frase "dove due o tre sono
riuniti nel mio Nome" il "Nome" appare come la meta di
un'azione, di una corsa, come il luogo che accoglierà chi si riunisce.
Dove
due o tre persone si riuniscono in vista del Nome di Gesù, per glorificare lui,
per obbedire al suo comando dell'amore reciproco, per lasciarsi «salvare» da
Dio Padre attraverso Colui che Egli ha mandato, là egli stesso si manifesta.
La
presenza di Gesù, presenza che offre l'amore del Padre cui egli è unito, è
Presenza divina: essa è reale e concreta là
dove due o tre discepoli si riuniscono per lui. Solo nel Nome di Gesù è
possibile vivere veramente uniti.
Se
il riunirsi è stabile e stabilmente motivato dall'essere protesi verso il
"Nome di Gesù", anche la
sua Presenza consolante ed efficace sarà stabile: egli è fedele!
Gesù
è risorto! Gesù è vivo!
Questa certezza per un cristiano non è una novità: Gesù è vivo e agisce.
Le
sue opere però vengono spesso scambiate per il risultato del nostro agire, o
per un... caso! Desideriamo abituarci a vedere il «miracolo» dei suoi
interventi, sembrino essi piccoli o grandi, in noi o attorno a noi. Rimanendo in
contatto continuo con lui lo Spirito Santo ci avvolgerà!
Grazie,
Signore Gesù!
"Ogni
onore e gloria a Te, che siedi sul trono, e all'Agnello!".
Nulla
Osta: cens. Eccl. P. Modesto Sartori, 26.06.2002