1 Partì di
là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
2 Venuto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltandolo,
rimanevano stupiti e dicevano: "Da dove gli vengono queste cose?
E che sapienza è quella che gli è stata data?
E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?
3 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di
Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui
con noi?".
Ed era per loro motivo di scandalo.
4 Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato
se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".
5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani
a pochi malati e li guarì.
6 E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva
i villaggi d'intorno, insegnando.
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Signore Gesù,
con gioia mista a trepidazione devi aver intrapreso il cammino verso la
tua patria, il luogo che senti come tuo, perché vi hai trascorso
molti anni: là hai giocato con i bambini tuoi coetanei e là
hai lavorato come tutti i ragazzi e i giovani. Là hai vissuto le
normali relazioni di parentela e di vicinato come tutti gli uomini. Questa
volta a Nazaret non sei solo: vengono con te i discepoli, che ti conoscono
in modo diverso da come ti vedono gli abitanti del villaggio. Essi hanno
visto i tuoi prodigi e hanno cominciato a dare adesione alla tua persona:
ti seguono! Gli abitanti di Nazareth così ti possono vedere per
la prima volta come un Rabbi e ti possono accogliere con fede.
L'occasione per incontrare la gente arriva nel giorno consacrato. Tu rispetti
le abitudini e le leggi e non inventi novità. Il sabato ti dà
l'occasione per parlare a tutti quelli che vogliono vivere la fede, ascoltare
la parola di Dio e lodare la sua onnipotenza. Tu puoi alzarti a spiegare
le Scritture, e proprio esse ti danno occasione di insegnare. Quali belle
notizie puoi donare ai tuoi parenti e a quelli che hai conosciuto e amato!
Anche per loro l'amore di Dio e la sua vicinanza e la sua attesa di essere
amato sono sorpresa che si ascolta con gioia! Le tue parole suscitano
stupore e meraviglia sia perché esse rivelano una grande e bella
novità, sia perché sei tu a pronunciarle. Le tue parole
non vengono da sapienza umana, non sono frutto di studio e di ragionamenti
intelligenti. Tutti percepiscono che le tue parole sono sapienza di Dio,
quella che solo lui può averti dato, così come i prodigi
da te altrove compiuti possono essere solo opera di Dio.
La sapienza e la forza sono di Dio (Gb 12,13) e del suo Spirito (Is 11,1)
e perciò tu, senza difficoltà, potresti essere riconosciuto
come colui che è mandato da Dio "per portare il lieto annunzio
ai poveri" (Is 61,1).
Gli abitanti di Nazaret fin dalla tua giovinezza ti avevano visto lavorare
nelle loro case, chiamavano tua Madre per nome, e, forse, di lei conservavano
un'opinione certamente non informata della sua prodigiosa maternità,
e perciò diffamatrice. Nell'espressione "figlio di Maria"
sentiamo la continua sofferenza per l'incomprensione che ha accompagnato
sia la Madre che Gesù stesso per trent'anni. Tutta la tua parentela
era presente alla memoria dei Nazaretani, che con essa avevano a che fare
quotidianamente.
Questa loro "conoscenza" così concreta impediva di prendere
sul serio le tue azioni e le tue parole divine e di trarne le conseguenze.
Tu stesso diventi per loro ostacolo alla fede in te. Non tu, Gesù,
ma la conoscenza umana di te, con il giudizio che questa conoscenza porta
con sè, fa emergere un orgoglio che impedisce il sorgere della
fede.
Tu, Gesù, te ne accorgi. Ti accorgi che i tuoi paesani non traggono
le conseguenze della loro meraviglia per le tue parole sapienti. Tu te
l'aspettavi già, perché i profeti, coloro che pronunciano
le parole di Dio, non vengono presi sul serio da coloro che conoscono
la loro umanità. È tentazione comune agli uomini di tutti
i luoghi e di tutti i tempi pensare che Dio non possa manifestarsi attraverso
uomini deboli, normali, semplici. L'idea che gli uomini hanno di Dio esige
che egli si manifesti semmai attraverso persone straordinarie: non sono
pronti ad accogliere il mistero della tua incarnazione, il mistero di
un Dio povero, umile, semplice, che si fa partecipe della nostra storia.
Eppure conoscono la promessa di Dio pronunciata da Mosè: "Il
Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli,
un profeta pari a me; a lui darai ascolto" (Dt 18,15). Tu percepisci
proprio a Nazaret di essere disprezzato e puoi riconoscere perciò
ancor più che sei tu colui di cui Isaia dice: "Era disprezzato
e non ne avevamo alcuna stima" (53,3). Tu sei davvero il profeta,
e più che profeta!
A Nazaret non c'è la fede di Giairo, né quella della donna
impura per le perdite di sangue. Eventuali prodigi non avrebbero senso,
non porterebbero nessuno a credere in te: verrebbero accolti solo come
benefici di un amico. Ma non possiamo generalizzare: anche qui qualcuno
si distingue, anche qui qualcuno, pochi, riconoscono Dio all'opera in
te! E attraverso di loro anche gli altri ricevono un segno: "Ascoltino
o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro"
(Ez 2,5)!
L'incredulità dei tuoi parenti e amici ti lascia meravigliato,
sbalordito. E con questa strana meraviglia ti allontani per continuare
il tuo annuncio profetico altrove, dove nessuno ti conosce.
Gesù, talvolta mi chiedo se sono anch'io come quelli di Nazaret.
Da tanti anni ti conosco, sento parlare di te, al punto che non ci faccio
più caso. Abbi pietà di me. Non voglio essere indifferente
a te: tu sei il mio Signore, tu sei il mio Dio!
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