serie 6. parte 9
Testo
del Vangelo |
Lectio |
22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa "Luogo
del cranio", 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne
prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su
di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando
lo crocifissero. |
Signore Gesù, vieni condotto fuori della vigna,
verso un luogo di morte. È il luogo indicato come il sepolcro di Adamo,
il luogo che raccoglie la paura e la sofferenza e lo sgomento di tutta l'umanità.
La tua presenza cambia significato a quel luogo, che diventa il centro della
terra da cui sgorga la vita santa ed eterna! Gli uomini ti vorrebbero stordire con bevande narcotiche, ma tu vuoi rimanere sveglio, vigilante, presente al tuo dolore e alla tua offerta, come avevi sempre raccomandato ai discepoli. I chiodi ti fissano al legno. Il tuo evangelista non vuole ricordare i particolari, il supplizio è troppo crudele, lo sappiamo. Poi la tua povertà raggiunge l'apice: le tue vesti vengono prese dai soldati, così che si avvera quanto è scritto: "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò" (Gb 1,21). È l'ora in cui nel tempio inizia la preghiera con il sacrificio: tu la rendi efficace, per sempre. La scritta posta sulla croce ti esalta: sei tu il re, il re dei Giudei, di quel popolo che porta il salvatore alle nazioni. Non importa con quali sentimenti ironici è stata scritta o con quale rabbia poteva essere letta. Noi la leggiamo ad alta voce sapendo che è Dio che ti ha fatto re. E così i due ladroni, come assistenti al trono, non ci fanno vergognare di te. Non siamo tutti peccatori? Tutti meritiamo la morte e riceviamo salvezza dall'essere con te. La tua sofferenza non è solo quella dei chiodi, ma quella del rifiuto di tutti i presenti che bestemmiano, ripetendo le accuse dei capi e sfidandoti a scendere dalla croce, a salvare te stesso dalla morte. Essi non sanno che proprio questa tua morte è salvezza per loro e per me. I capi addirittura ricordano che tu hai operato per il bene dei sofferenti e dei malati: "Ha salvato altri", si dicono tra loro. Perché ti hanno condannato se sei benefattore degli uomini, se li hai liberati dal potere del diavolo? Essi poi ripetono la richiesta di un segno per credere e, come segno, con malizia ti propongono di operare il contrario di ciò che essi hanno fatto: ti hanno messo sulla croce, ti chiedono di scendere. Ma è inutile, tu lo sai: non crederanno nemmeno quando uscirai dal sepolcro. L'insulto che ti fa maggiormente soffrire è quello dei due crocifissi accanto a te: non ti accolgono come compagno del loro soffrire e morire. Il sole, al momento del suo massimo splendore, rifiuta di dare la luce: "Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre, non luce" (Am 5,18-20); "In quel giorno farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno" (8,9-10). Il peccato dell'uomo è giunto al culmine, persino il sole se n'è accorto e se ne vergogna: lo vuole nascondere. In quel buio risuona la tua ultima preghiera: non vedi più il Padre, non scopri più il suo volto e la sua luce, ma ti rivolgi ancora a lui, sicuro che, anche se non ti può rispondere, almeno raccoglie il tuo dolore. E così inizi la grande preghiera del salmo 22: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? … 3 Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c'è tregua per me. 4 Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d'Israele. 5 In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti". Gli uomini non ti comprendono, e ti fraintendono. Non sanno che fare, pensano a interventi celesti, comunque straordinari, come l'arrivo del grande profeta Elia, e si contraddicono. Tu li sorprendi ancora con un grido. È il grido di vittoria di chi è liberato dal potere del maligno (9,26), un grido che esprime la tua superiorità sulla morte, un grido che dice quanto avresti ancora voluto dire agli uomini che non ti vollero ascoltare, un grido che completa il tuo gridare nel tempio quando volevi farti conoscere come la luce e la fonte dell'acqua viva (Gv 12,44; 7,37). Il tuo grido ci ricorda quello con cui hai chiamato Lazzaro dalla tomba: ora tu chiami il tuo spirito, che esca libero dal tuo corpo per librarsi nuovamente sulla creazione e darle nuova vita (Gen 1,2), vita d'amore e di pace. Il tuo "spirare" diventa forza dall'alto per strappare il velo che fa del tempio un luogo sacro, riservato a pochi consacrati. Ora nel tempio possono entrare tutti, anzi, Dio stesso esce dal tempio per rendersi presente a tutti, ovunque si trovino, ovunque risuona il tuo grido. Infatti, lo stesso centurione, pagano, riconosce nel tuo grido la voce di Dio che chiama tutti ad essere figli, e può esclamare: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio". Gesù, non ci sono solo nemici attorno a te in questo momento culmine della tua vita: le donne sono qui, quelle che ti seguivano e ti servivano. Non possono fare nulla, ma possono testimoniare tutto. Ti hanno seguito davvero, riconoscenti che le hai beneficate. Nulla si attendono da te, per questo stanno con te anche in questo momento, il più atteso da te. |