LETTERA DI VIGILIO DI TRENTO
A GIOVANNI CRISOSTOMO
Trad. libera di Don Vigilio
Il vescovo Vigilio fa l’elogio dei
beatissimi martiri Sisinio Alessandro e Martirio. Le loro reliquie sono state
fatte pervenire per mano di Giacomo, persona illustre, al vescovo della città
di Costantinopoli, Giovanni. Inizio.
1.
È la prima volta che mi rivolgo a te, come tuo nuovo ospite. Sono certo che
tu mi ascolti in modo degno della santità di Dio, con quell’amore che sempre
ti contraddistingue. Non lo farei se non mi stimolasse pure la certezza
d’essere premiato: tu non me l’hai chiesto infatti, e io, sconosciuto come
sono, se non avessi uno stimolo, non mi presenterei a te, mio venerabile
superiore.
2. Carissimo fratello, mi dà gioia e coraggio poter iniziare a scrivere questa lettera col nome di un apostolo: in tal modo tu puoi già comprendere facilmente quale sia il premio che ricevono i martiri.
C’è qui infatti un uomo di
nome Giacomo, un fedele che desidera vivere in maniera gradita a Dio. Egli sta
per rinunciare a dignità civili per assumere la dignità di coloro che seguono
Cristo. Ebbene, egli mi ha chiesto delle reliquie dei santi, bruciati così
di recente <da poter dire> che sono ancora fumanti. Ho detto che
quest’uomo sta per rinunciare ad una dignità: egli rinuncia agli onori di una
dignità che non può esser deposta, poiché è maturata <in una vita
vissuta> nella fedeltà a Dio. Esitai alquanto per non sembrare poco
prudente, e quindi, per riguardo, quasi rifiutai: ero combattuto interiormente
infatti dal timore di distribuire con leggerezza le cose sante. Ho fatto quel
che sempre deve fare chi avesse delle perplessità nel prendere una importante
decisione.
3.
Devo ammettere che la mia riluttanza avrebbe arrecato svantaggio a molte
persone, se non avessi avuto riguardo di Giacomo. Egli stesso avrebbe consegnato
i martiri a te, Giovanni, amico di Dio, e avrebbe così accresciuto la nostra
reciproca venerazione. L’ho
incaricato di portarli con amore, consegnandoteli con parole che mettano in luce
la loro santità. <Sono certo che> in tal modo i martiri stessi
riceveranno maggior gloria e il loro sangue rinsalderà nuovamente la nostra
fraternità, peraltro già saldamente fondata.
4.
Volentieri ho fatto mia anche questa motivazione, oltre ad altre ancora,
motivazione basata sulla fede, poiché essa, nella mia tristezza, mi dava
letizia. Ho indugiato, non ho rifiutato. Indugiai, così che da parte mia ci
fosse ancora quella lentezza per cui non ho meritato di seguire i miei amici <nel
martirio>. Ti
confesso che l’ho desiderato anch’io, ma non basta avere il desiderio per
ottenere la corona della giustizia, <il
riconoscimento cioè che si è graditi a Dio>!
5.
Ed ora credo che sei desideroso di sentire con ordine la mia narrazione.
Incomincerò dalla descrizione del luogo e del modo di raggiungerlo, e continuerò
col racconto dei punti salienti dei fatti avvenuti. Spero di non stancarti e di
riuscire a farlo in modo che il traboccare dei meriti possa risaltare
maggiormente. <Ciò avverrà> più facilmente se comincerai a seguire con
grande affetto le vicende fin dal loro inizio.
6.
C’è un luogo pertanto, chiamato Anagnia dai suoi abitanti, distante dalla
città venticinque stadi[i],
difficile da raggiungere sia per la diffidenza degli abitanti che per le asperità
naturali. È racchiuso tra gole paurosamente strette, accessibile con comodità
a mala pena da una sola parte, che chiamerei ormai la via dei martiri. <Il
villaggio> è adagiato quasi supino su di un dolce pendio, ma
circondato da ogni lato da burroni. È inoltre attorniato da abitati
posti in modo da fargli corona. Sembra quasi un anfiteatro naturale, dal quale
può offrire ai vicini, come spettacolo, cospirazioni malvagie. <Perché ciò
avvenisse> mancava a quel posto un’occasione propizia: questa divenne
Cristo, così che furono dati come spettacolo del diavolo i preparativi del
martirio.
7.
Non risulterà inutile per chi mi ascolta la descrizione dei luoghi. Un ambiente
chiuso che rimbomba, infatti, non è mai stato favorevole alle buone notizie.
Quando vi ascese per la prima volta il gruppetto consacrato a Cristo, quella
popolazione pagana e focosa,
eccitata spesso dalle trombe, s’accese di furore con strepiti di guerra. Uno
solo è stato il modo di affrontare la
battaglia sostenuto dai santi, il modo veramente perfetto: sopportare tutto, cedere se provocati, tollerare pazientemente i
persecutori, contenere il furore pubblicamente manifestato con la propria
mansuetudine, vincere ritirandosi[ii].
Ma la gloria, che i martiri avevano desiderato, si stava avvicinando tramite
pretesti generati dalle premesse ricordate. Ed ora, omettendo discorsi superflui e troncando i giri di parole,
riferirò soltanto quelle cose di cui si è alimentata la fortezza che sostenne
il martirio: cercherò di essere breve, sperando di non sminuirne il plauso.
8.
Il nome del Signore era ancora del tutto straniero nella suddetta regione e non
esisteva in essa nessun segno che ne potesse essere un indizio. Ebbene, questi
fratelli, allora per il loro numero e ora per il loro merito, furono persone
veramente straordinarie. Essi erano stranieri sia per la religione professata
che per la nazione di provenienza. Hanno annunciato in maniera lodevole il Dio
che là era completamente sconosciuto.
Vissero insieme in tranquillità per lungo tempo finché non sorsero interessi
in contrasto con la fede.
9.
Quale fu la causa dello scatenarsi dell’odio contro Dio? Ora appunto, chi la
cerca la trova nella vera pace, <suo dono>! Uno di loro, di nome Sisinio,
costruì coi propri mezzi una chiesa. Egli era più anziano degli altri due, e,
anche semplicemente per l’età, già venerando. Più ricco di fede che di
averi, degno di stima per la sua vita interiore, povero di denaro, egli consegnò
l’ovile al Pastore[iii]!
Divenne custode di ciò che egli stesso aveva fondato, ma proprio l’ovile
risultò ripugnante ai lupi: la costruzione, eretta allo scopo di soccorrere, suscitò
l’invidia del diavolo, che invece brama distruggere. La prima conseguenza del
martirio fu proprio questa, che le pecore fossero uccise mentre seguivano con costanza l’agnella[iv].
10.
Ma, affinché essi divenissero vittime sacrificali, s’aggiunse una motivazione
maggiormente gradita a Dio. I pagani smaniavano di menare tutt’intorno ai
confini dei campi le vittime del loro sacrificio sciagurato con spettacolo
lugubre. In tal modo avrebbero calpestato e insozzato i campi seminati che già
stavano spuntando, e avrebbero calpestato
pure i germogli di Cristo. Inghirlandati con meschini ornamenti, urlando
selvaggiamente canzoni diaboliche, eressero contro il vero Dio trofei di
differenti animali, come bandiere pronte per la battaglia del tiranno <nemico
dell’uomo>. Essi stavano costringendo uno di loro, convertitosi di recente,
a offrire le vittime per le opere delle tenebre. I ministri del Signore
s’accorsero che ciò a mala pena sarebbe accaduto senza loro colpa; decisero
perciò di assisterlo. Allora fu imposto anche ad essi di partecipare a quelle
opere torbide. I corpi dei santi in quel giorno furono dati in pegno per
un’immolazione cruenta; la palma, premio della loro vittoria, fu tuttavia
differita.
11.
A questo punto, fratello, voglio discorrere un po’ con te riguardo alle
motivazioni che hanno portato al martirio. Esso a nessuno deve sembrare banale,
benché sia stato ricevuto con umiltà. Normalmente infatti riteniamo di poco
conto le cose buone, mentre ne godiamo, benché esse siano ammirevoli e
straordinarie e benché non abbiano da invidiare per nulla quelle del passato.
Questo avvenimento è stato suscitato e portato a compimento in modo tale che, nè
prima qualcosa di simile lo ha preceduto, nè poi seguito, ma appare eccezionale
nella sua unicità anche solo per il fatto che sia accaduto.
12.
Io penso che colui che custodisce la
pecora dal predone dimostra di non essere un mercenario, ma un vero discepolo di Cristo. Il mercenario fugge; chi non
abbandona il pericolo è il vero pastore. Chi mette a disposizione la propria vita vive davvero; chi cerca di
difendersela in realtà la perde. Che cos’altro fece infatti il
Maestro e Signore? Egli non ha
lasciato a se stessi coloro che lo hanno
abbandonato. O che cosa ha fatto l’agnello se non difendere l’agnella4? Se non spendersi
per le pecore come sacrificio offerto
a Dio?
13.
Ora, dopo aver esposto la causa del martirio che si è manifestata in vari modi,
incomincio a descriverne i fatti veri e propri. Cercherò di non rimpicciolire né
di defraudare la lode che si meritano i tre stranieri. I martiri infatti non
desiderano i meriti altrui, e i sacerdoti non vogliono ingannare. Riconosco
tuttavia che, come mi è stato impossibile seguirli, così mi è impossibile
parlarne degnamente; e in questo ritengo di essere ancora meno capace, perché
so esprimere <solo i fatti che si vedono, e sono> quelli di minor
importanza.
14.
Il vessillo del diavolo, come già riferito, da segnale dei riti pagani, doveva
ben presto diventare segno della gloria : dietro ad esso, in una sola notte, dalla denuncia
si arrivò al premio. Infatti, nelle prime ore del mattino, mentre l’aurora
rompe la notte e la tenebra si ritira dal cielo, si mette insieme una banda di
uomini, improvvisata sì, ma ben compatta. Essi sono armati di pali bruciati in
punta e di scuri e di altri arnesi fendenti trasformati in armi dalla rabbia del
diavolo. I ministri di Dio stanno già cantando l’inno del mattino <al
Signore> insieme con alcuni altri nella chiesa. Proprio là vengono sorpresi,
mentre la chiesa stessa viene orrendamente saccheggiata, con ferocia. Tutto
viene profanato, sia le cose segretamente riposte che i divini misteri: in
breve, tutto ciò che sa di sacro diventa loro bottino.
15.
Nessuno deve ritenere che la lotta affrontata
sia stata cosa ordinaria, come quando idoli senza vita vengono demoliti dai
viventi, oppure costruzioni massicce di pietre vengono rimosse dai loro stessi
costruttori: in quei casi non sai valutare chi sia più resistente, se colui che
lavora o ciò che viene lavorato. In tutti questi fatti veniva maltrattata la pietra[v],
cioè Cristo; la pietra angolare
veniva rifiutata dai pagani, e doveva rendersi nuovamente gradita versando il
sangue puro, ed esser innalzata come nuovo
edificio al posto del cumulo di macerie. Tra queste vicende la nostra fede
aveva l’occasione di farsi ammirare!
16.
Il corpo del diacono Sisinio era costretto a stare sul giaciglio. Era già stato
trafitto infatti e ferito dai colpi inflittigli in precedenza, allorquando
dissuadeva la pecora dall’offrire la vittima, e gli veniva ingiunto di farsi
lui stesso vittima, se non avesse
acconsentito a offrire vittime agli idoli. Era stato percosso
con la tromba con cui facevano riecheggiare il cantico del diavolo. Non
c’è da farsene meraviglia: egli aveva introdotto per primo la parola della
fede! È stato mutilato con scuri, lui che respingeva la
scure dall’albero senza frutti del paganesimo![vi]
17.
Ma non mi attardo oltre a raccontare quant’è successo: egli viene sorpreso -
come abbiamo detto - a letto, nel meritato riposo. Io penso <che Dio ha
permesso> che fosse trafitto per raggiungere più in fretta la partecipazione
al mistero della croce, e così, per mezzo del legno[vii]
a cui è stato legato con funi, sciogliesse il popolo <spiritualmente>
paralizzato.
18.
Anche Martirio, il lettore, fu allo stesso modo rivelatore <del
mistero di Dio>,
attestando pure la verità del proprio nome. Egli aveva cantato per primo in
quella terra straniera il canto nuovo <a
lode del Signore>;
ora lo canta da solo. Egli dopo aver innalzato a Dio già a quell’ora le lodi
di una dolce conversazione tra gli strepiti e le grida selvagge tipiche dei
pastori, aveva portato dei medicamenti al diacono per lenire le sue sofferenze,
come ho già detto, benché anch’egli stesse per essere malmenato.
Egli cercava, porgendo piccoli sorsi, di richiamarne l’anima, che
sembrava sfuggire: pareva sfuggire non tanto al corpo, bensì alla <grazia
di vedere> la
passione di ambedue. Ma in verità il santo, già destinato ad arrivare a Cristo
sulla strada del martirio, rifiutava di bere l’acqua: aveva ormai ottenuto
il vino della passione[viii]!
La corrente di una vita più vera aveva versato quel vino nel calice
che egli stava già assumendo.
19.
Fu sorpreso così mentre offriva la propria sollecitudine, lui che era sempre
premuroso della salvezza delle anime. <Sapendo di> non esser nato solo per
se stesso e volendo certamente continuare a vivere non per sé solo, si ritirò
in un luogo nascosto dell’orto contiguo. <Voglio sottolineare il fatto
che> in tal modo egli non si allontanò dalla Chiesa. La Chiesa infatti -
come tu meglio sai - è il giardino
circoscritto dalle siepi dei comandamenti che danno la vita. Non offrì
il proprio corpo spontaneamente alla morte, pur non volendolo rifiutare; e
la sua fiducia in Dio non divenne audacia temeraria, come si dice nelle regioni
africane: «Coloro che si eccitano alla morte volontaria, quello che fanno senza
paura lo cercano per paura ».
20.
Il futuro martire, catturato, se ne stette invece libero, coraggioso nel
professare la propria fede, riconoscente <a Dio> mentre veniva ferito,
sanguinante nel corpo, tranquillo nell’animo, col capo lacerato, lavato
nel battesimo del suo proprio sangue.
Nessuno ha avuto il merito di seguire lui, che si pensava fuggisse. Egli, col
ritirarsi, manifestò la medesima fede di quando poi fu catturato: allora
manifestava una fede che assomiglia al timore, ora invece la esprimeva con una
conveniente pubblica dichiarazione. È rimasto così fermo da risultare
vincitore; si era ritirato solamente perché il persecutore stesso non fosse
umiliato nei suoi motivi di gloria.
21.
Il futuro martire viene dunque portato fuori dal giardino. Il fatto che egli si
sia appartato è una sorta di mistero: in tal modo la rosa, il fiore rosso che
cresce nei luoghi che in primavera ricominciano a germogliare, ha avuto il
merito di tingersi, preannunciando il nuovo fiore del martirio; ed è tornata la
morte, tra le chiome dei gigli, immacolate[ix]
grazie al battesimo, ad irrigare <col sangue> tutte le piante: così
si è imposta silenziosamente la volontà di vita, <di
vita eterna>.
Martirio, trapassato anch’egli con pali, veniva trascinato verso l’idolo, ma
meritò di essere vittima prima di
arrivare davanti all’altare del diavolo.
22.
La terza corona è stata completata
per Alessandro, una corona che avrebbe dato grande gloria a Dio. Con la facilità
di uno che ama, egli ha trovato il modo di entrare, lui che vegliava
alle porte che immettono <alla comunione> con Cristo. Sotto la sua
vigilanza i cuori ottenebrati dei pagani avevano strappato
il velo del tempio[x],
<entrando così
in comunione con Dio>!
È stato ricercato scrupolosamente dalla plebaglia, poiché era abbastanza
conosciuto da tutti per il fervore della sua fede. Venne preso sì dal timore,
ma da esso non si è lasciato soggiogare. Spesso era stato deriso, anche in questo vero discepolo di Cristo. Perché non fosse
per nulla inferiore tra i tre, si è reso degno di una pena più duratura: ci si
esprimerebbe così se per i martiri si potesse parlare di diversità nella
sofferenza e se ci fosse per loro la possibilità di ricambiare con i propri
meriti l’accesso alla passione <del Signore>.
23.
Per gli altri infatti il furore <dei forsennati> non ha protratto a lungo
i tormenti, mentre a lui è stata riservata una pena prolungata, sofferta per
amor di Dio. Era cosciente di ciò che gli stava accadendo, dovendo vedere lo
strazio del proprio corpo. Le ferite inferte avevano già trasformato il diacono
in martire, quando i tormenti fecero sì che Alessandro si custodisse da solo.
Ammucchiati i loro corpi, legati persino al loro giaciglio, e trascinati per la
pubblica strada come fossero cani; ma non erano davvero di quei cani
che tornano a lambire il loro vomito[xi]!
Tra di essi Alessandro, ancor vivo, veniva trascinato coi piedi legati, mentre
le pietre gli strappavano brandelli di carne dalle membra ricche di vitalità,
finché non approdò al termine
della strada e della propria vita.
24.
Dopo questi fatti si buttarono contro le sacre costruzioni, che, benché in
second’ordine rispetto ai corpi, sono anch’esse templi di Dio[xii].
Gettate a terra le varie parti del tetto, fu improvvisato un rogo con le sacre
travi davanti all’idolo dell’antico Saturno, che fa durare a lungo la sua
sciagura! Per primi furono gettati nel fuoco i corpi dei suoi due fratelli, uno
di fede e uno di sangue. Alessandro, straziato e insanguinato, stette in piedi
per professare per la seconda volta la fede. Gli fu offerta in premio la vita se
avesse rinunciato alla Vita, se avesse
voluto evitare il fuoco del rogo accogliendo la loro tenebra.
Egli però, guardando oltre e respingendo le ricompense
degli empi, vide la Luce che
contrastava la luminosità <del fuoco>. Il
timore della pena <eterna> gli impedì di subirla, ed egli, per
l’ardore della fede, disprezzò il rogo. L’ordine con cui fu ricevuta la
passione rispettò i gradi del sacro ministero. Alessandro viene accolto per
ultimo, ma tra i fratelli non riceve un premio inferiore!
25. Fratello, ora i tre ministri <di Dio> hanno preso posto certamente al banchetto della gioia del Cielo. In essi si è manifestata la pienezza del mistero della Trinità. Altri avrebbero potuto soffrire una simile sorte con un’immolazione generosa, se ogni cosa non si potesse ritenere del tutto perfetta quando raggiunge il numero tre.
In questi avvenimenti noi
abbiamo avuto un ruolo non indifferente. Per questo siamo stati
offesi dai pagani, tuttavia non abbiamo abbandonato i nostri
collaboratori; la scelta di Dio però non tiene conto della differenza dei gradi
<gerarchici>.
26.
Inoltre, mentre s’avvicinavano i giorni della passione dei martiri, molte
realtà non sono state solamente indicate, ma furono anche realmente rivissute.
Le ricordiamo riassumendole, per poter illustrare con maggior completezza i
misteri per mezzo di questi pochi fatti accaduti. Spero tu abbia il desiderio di
rileggere così, assieme a me, i fatti riferiti fin dall’inizio della loro
vita di fede.
27.
Sisinio fu appunto Cappadoce di nascita, ossia greco. Quando si trovava presso
di voi apparteneva a una delle
famiglie più in vista; era sollecito nel vivere la fede, di spirito generoso,
disponibile a lavori faticosi, perseverante
in tutti gli impegni. Stava per raggiungere la meta, da lui desiderata, con un
premio immediato, quello che gli veniva dalla
settima promessa <delle
Beatitudini>[xiii].
Sempre unito col vincolo della carità,
amante d’essere un cuor solo nella pace, teneva strette le briglie della disciplina
per esser fedele a Dio, e tirava con fatica il timone di un popolo così grande.
Indice di Cristo, con la sicurezza di un maestro che parla per esperienza della
realtà delle cose, indicò infine anche
dove si trova il gregge futuro e qual
è il sangue puro e autentico <accetto
a Dio>. Egli,
che tenne la direzione del cammino, fu riconosciuto coraggioso premonitore del
pericolo, e consigliere per coloro che lo potevano così seguire con sicurezza.
In tal modo il nostro <fratello>, che dal primo mattino indicava la vera
fede, ottenne il primo posto sia nel versare
il sangue che nella guida: dopo aver additato il percorso, condusse <gli
altri> alla vita vera, o meglio, li introdusse alla gloria, innamorato
com’era della salvezza e già ben illuminato sulla verità, proprio come
afferma il Profeta: «Egli è colui che Mi
indica fin dal mattino»[xiv].
28. E affinché i fatti potessero manifestare un maggior numero di misteri <di Dio>, e a colui che li indicava non mancasse il mezzo per farlo, mentre trascinavano il corpo esanime del santo Sisinio come un animale, legarono al collo del testimone un arnese di bronzo dal suono fosco, che la gente chiama campanaccio. Insultando così il corpo, beffandosi della morte, rinfacciando a Cristo di non essere capace di difendere <i suoi>, prendendosi gioco del discepolo del Signore, essi compirono un mistero di salvezza.
Che altro vuol significare
infatti quel sonaglio dal suono incessante, utile agli animali e adatto anche
per il loro ornamento, appeso al collo, se non un modo rauco per indicare il
banditore di Cristo - la cui voce è diventata rauca per il tanto gridare a
sordi -, e per farlo accettare, come guida in tutte le cose, sia al gregge che
ai pagani?
29.
Per primo infatti egli fece rintronare la parola dell’insegnamento religioso,
per primo la fece riecheggiare in quelle difficili valli a gente ancora simile
ad animali bruti o perlomeno a giumenti; quale vera guida, Sisinio riconobbe il pascolo
non ancora calpestato, col tintinnìo vi attirò le genti ruminando la parola
di sapienza che fa ringiovanire e
dà bellezza!
30.
Secondo l’ordine già presentato, anche Martirio, coerente col proprio nome,
realizzò la profezia che esso conteneva: presentò con tale chiarezza il
significato del termine, da svelarne la verità in ogni cosa. Il nome con cui
era chiamato, infatti, gli apparteneva davvero, ed egli lo colmò di meriti;
fece sì che il suo nome, come aveva accompagnato la sua nascita, così
esprimesse la sua passione.
31.
Devo svelare ora i già ben conosciuti segreti del giardino[xv]?
In un primo tempo egli vi si rifugiò, e vi entrò di nuovo come martire, dopo
essersi già esercitato nel casto desiderio del paradiso ed aver pregustato le
gioie consuete della sua primavera. Fu indicato dalla vergine cui apparteneva il giardino: egli stava per piantare nelle
aiuole della vita eterna il fiore della sua cara giovinezza, pur non avendo
ancora sperimentato pienamente le spine
della vita terrena.
32.
Ma perché mi fate nuovamente ripensare ai misteri verificatisi? Lo manifestò
quella vergine, <la
Chiesa, fidanzata dell’Agnello>,
che ha sempre desiderato conservare i suoi cari. Non volle mandar via colui che
accolse; scelse di amare colui che le piacque[xvi].
Già il conoscere le sue consuetudini di vita vincolò con legami d’amore
anche Dio, attirato, come dice Salomone nei Cantici: «Il mio fratello discenda nel suo giardino»[xvii].
Discese, discese davvero: non volle infatti che andasse fuori colui che Dio, con
magnifica volontà, innamorò di sé persino nel momento della passione, per
accennare al fatto compiutosi ai nostri giorni. È nel giardino che l’Iscariota coi
Giudei catturò il Signore. Nessuno voglia far riferimento al tradimento di
un tale discepolo: invece <si badi al fatto che> il Maestro e Signore
viene trovato nel giardino, che è stato scambiato per un giardiniere[xviii]
l’irrigatore dei viventi, colui che pianta
e coltiva le anime. La bellezza del giardino ha meritato di
simboleggiare il paradiso: per coloro
che capiscono quindi esso è un aiuto, non per chi sta fuggendo, ma per chi vi
si rifugia.
33. Che cos’ha potuto poi arrecare ad Alessandro il mistero della morte? Egli lo ha completamente condotto a termine da vivo. Il suo nome arrise alla depravazione dei pagani, una depravazione tale da ritenere l’Anagnia un’altra Alessandria. Presa da superstizioni per occulte mostruosità, stipata di demoni, biforme per gli idoli di Anubi, multiforme per semiuomini sprezzanti della legge, pervasa dall’alienazione di Iside, seducente per la fuga di Serapide, in breve madre dei delitti dei suoi abitanti, quindi piuttosto matrigna, discendente da una razza di vipere[xix], schiatta pregna di veleni; essa non sa essere concepita se non si rallegra della perdita del padre, non sa crescere se non nasce dalla morte, non sa campare se non misconoscendo la madre[xx], come prole di perfida stirpe concepita nello stravolgimento della fede. Essa fa affronto a Dio Padre mentre rinnega il proprio capo, nasce dal seno trafitto della madre, come conciliabolo che ha partorito l’autore della morte a scapito dei santi.
34.
Ma ormai quella discendenza è resa più fruttifera dalla perdita <che si è
procurata>, più vigorosa dalla morte <che ha arrecato>, più gioiosa
dopo l’afflizione. Infatti diviene comprensibile e compiuto del tutto ciò che
è rivelato dalle Scritture, le quali ripetutamente affermano: tutto
è stato racchiuso in un solo peccat,o affinché tutti potessero ottenere
misericordia[xxi].
Questi sono i frutti centuplicati del martirio: [xxii]ha
assolto ormai i pagani dalle loro colpe, la prigionia li ha resi liberi, il
perdono ha dato sollievo agli imprigionati.
35. Allora il cielo stesso si amalgamò con le tenebre, la luce raccapricciò per la passione avvenuta, avendo ottenebrato perfidamente le menti accecandole. Fratello, credi agli occhi di un fratello: l’ombra di una nube tenebrosa coprì, anzi, impregnò l’intero paese; i fulmini crepitarono a raso terra, spaventosi tuoni rimbombarono con frequenza, divampò un bagliore più rosseggiante del fuoco: avresti detto che il cielo stesso era cosciente del sangue versato.
Non possiamo più continuare
a nascondere la verità ormai evidente, dopo che l’oscurità di quella
notte - sopraggiunta, come ho già detto, inaspettatamente - aveva già tentato
di farlo sotto le sue nubi.
36. Anche il giorno rivelò l’onore del martirio, non tanto perché scomparso per un momento, quanto invece per sua natura. Infatti era sorta la benefica luce del venerdì, giorno che, dopo Dio ovviamente, è sempre molto caro ai martiri!
Questo giorno, degno di onore <perché
in esso si compì il mistero della salvezza>, pronto ancora ad accogliere, attraverso i santi fratelli,
una porzione del Corpo del Signore, prestò servizio ai servi di Dio: quel
Giorno cercò di anticipare, pur senza invidia, la sorte gloriosa che sarebbe
toccata alla fede. Così si afferma il
Signore nelle sue opere; così si offre come amico in tutte le circostanze,
per rimanere con noi come uno di noi in tutte le situazioni.
37.
Potei contemplare direttamente questi misteri - lo riconosco - e vegliai presso
le ceneri dei santi: non mi fu tuttavia concesso di esser partecipe <della
loro gloria>.
Compresi la grazia cui non mi è stato possibile arrivare; ho visto, e a
tutt’oggi a mala pena riesco a rendermene conto. Gli avvenimenti accaduti sono
tanto degni di venerazione che non si trovano parole per descriverli
adeguatamente: lascio perciò a Dio, caro fratello, il compito di far
comprendere ciò che egli stesso ha scelto
e di rendere credibile colui che dà questa testimonianza.
38. Accogli ora, fratello, i doni dei tre fanciulli, anzi i tre fanciulli come loro stesso dono, tratti fuori dal rogo di un fuoco divorante ancor mentre sembrava che stessero quasi respirando fiamme. E se la veemenza invidiosa del fuoco non li avesse accolti già quasi tutti morti, avremmo rivissuto l’esempio narrato dalla storia sacra, talmente essi ne riprodussero i particolari, che spesso rifulsero in modo del tutto simile: la voce, la rugiada, il numero, la fornace: <[xxiii]> la voce nella fede concorde, la rugiada nella pioggia, la fornace nel rogo, il numero nella Trinità.
Termina la lettera di san Vigilio al santo vescovo di Costantinopoli, scritta in elogio dei beatissimi martiri Sisinio Alessandro e Martirio, le cui reliquie, per mezzo del nobil uomo Giacomo, pervennero al su ricordato Giovanni.
[i] 25 stadi: corrispondono a quattro chilometri. Tenendo conto che la distanza della città di Trento da Sanzeno era di circa 40 Km, è stata formulata l’ipotesi che S.Vigilio o i suoi copisti abbiano sbagliato scrivendo stadi anziché miglia (1 miglio corrisponde a circa 1,5 Km).
Altra ipotesi: da Mecla (luogo presidiato dai soldati dove, secondo l’unica tradizione attestata, è avvenuto il martirio) la distanza di 25 stadi porterebbe alla roccia dove ora sorge l’eremo di S.Romedio: qui si potrebbe situare l’abitazione dei martiri in un primo periodo della loro permanenza in Anaunia. (Cfr. Mons. M.Zambiasi in Studi Trentini, anno VII, cl. I, F. II, 1926, Trento, ppgg. 95-129)
[ii] Cfr. 2Cor 6,3-10; 1Cor 4,12; 1Pt 4,14
[iii] cfr. Gv 10,11; 1Pt 2,25
[iv] l’agnella = la Chiesa
[v] cfr. 1Pt 2,4ss; 1Cor 10,4; Sal 118(117), 22
[vi] cfr. Mt 3,10; Lc 3,9
[vii] “È evidente l’allusione all’episodio evangelico del paralitico, cfr. Mt 9,1-8; Lc 5,17-26”. (Nota di I. Rogger in o.c., pg 30)
[viii] cfr. Mt 20,22; 26,39; Mc 10,38; Gv 18,11
[ix] cfr. Col 2,15
[x] “Allusione all’ufficio di Ostiario e al velo del tempio che fu scisso al momento della morte di Cristo, cfr. Mt 27,51 e Mc 15,38”: (Nota in I. Rogger in o.c., pg 33.)
[xi] cfr. 2Pt 2,22
[xii] cfr. 1Cor 3,16; 6,19; 2Cor 6,16; Ef 2,21
[xiii] cfr. Mt 5,9 «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio ».
[xiv] Et index meus in matutino: Sal 73(72),14, come da antiche traduzioni latine (Nota in I. Rogger, o.c. pg 35)
[xv] cfr. Gv 18,1; 19,41; 20,15
[xvi] cfr. Vareschi, o.c., pg 65: “Vigilio innesta - rovesciando in positivo la figura della ragazza di Anaunia - un motivo molto frequentato dall’esegesi patristica del Cantico dei Cantici, che parla della vergine che nell’orto chiuso cerca il suo amato. I due personaggi del Cantico sono... la Chiesa e il suo Signore.”
[xvii] Cfr. Cant. 5,1
[xviii] cfr. Gv 20,15
[xix] cfr. Mt 3,7; 12,34; 23,33; Lc 3,7; Atti 28,3
[xx] Altra
possibile traduzione / interpretazione, da qui fino alla fine del capoverso:
Così,
nella conversione alla fede poté esser concepita la Chiesa quale
discendenza di una stirpe perfida, che ha fatto affronto a Dio Padre
rinnegando il capo, e che nascendo ha squarciato il grembo della madre;
venne partorita, pur nel peccato - fonte di morte -, per mezzo dei santi.
(cfr traduzione di I.Rogger, in Vareschi, o.c., pg 115)
[xxi] cfr. Rm 11,32
[xxii]
Le tre frasi seguenti fanno accenno alla
grazia per gli uccisori, ottenuta presso l’imperatore con ogni probabilità
dal Vescovo S.Vigilio stesso. (cfr. Vareschi, o.c., ppgg 69-70)
[xxiii] cfr. Dn 3,24.50-51. Per lettori che non avessero familiarità con il testo biblico propongo di sostituire così:
·
<La lode cantata a Dio da
Sadrach, Mesach e Abdenego, - che rifiutavano di adorare la statua di
Nabucodonosor di Babilonia, e da lui perciò gettati nella fornace accesa -,
è stata riproposta dalla testimonianza
di fede dei martiri,
·
la fornace
in cui essi camminavano incolumi si è ripetuta nel rogo
dei nostri testimoni,
·
la rugiada,
con cui Dio protesse dalle fiamme quei giovani, si è rinnovata nella pioggia
che ha spento il fuoco dei nostri amici e ce ne ha conservato le reliquie,
·
anch’essi
tre come quelli, a rivelare il
numero della comunione perfetta d’amore dell’unico Dio, Uno e Trino!>
A S.SIMPLICIANO |
TESTO LATINO - LIBERA TRADUZIONE ITALIANA di d.Vigilio Covi |
A S.GIOVANNI CRISOSTOMO | |
Appunti di Vigilio, santo Vescovo di Trento: profilo del Vescovo e aiuto a comprenderne la figura in relazione ai tre Martiri Cappadoci, Sisinio Martirio e Alessandro, venuti come missionari! |